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Autore: ohfreakingbambi74    08/05/2012    2 recensioni
Cosa sucederebbe se Blaine e Kurt fossero di due epoche diverse?
Si incontrerebbeo lo stesso?
Tocca a voi scoprirlo..!
"Lo conosceva da poco e tra loro c’erano fin troppe differenze, prima fra tutte la morte e la vita, a Blaine però pareva che questo aspetto, per quanto ingombrante, non fosse meno insormontabile di altri." (dal capitolo 7)
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1.
 



Abbandonare tutto. Tutto ciò che conosceva e che amava era difficile. Sebbene i suoi genitori avessero atteso la fine della scuola per il trasferimento, Blaine non si sentiva per nulla grato. Aveva fatto dei progetti per quell’estate, l’estate del suo diploma. Voleva andare al mare, fare un viaggio con gli amici, uscire la sera per tornare al mattino, magari avere una cotta estiva ma, soprattutto, voleva divertirsi. Divertirsi coi suoi amici fino allo sfinimento. Dopo tutta la fatica e l’impegno che aveva messo per uscire dalla Dalton con quasi il massimo dei voti, se lo meritava, no?
Ai suoi genitori, però, ciò non pareva interessare. Secondo loro, doveva essere grato del fatto che gli avessero fatto terminare la scuola in quell’accademia ed essere felice del loro trasloco.
“Tanto,” continuava a ricordargli sua madre, “Non resterai con noi che pochi mesi, poi te ne andrai a Yale.”
Perché era già deciso da tempo, precisamente da diciassette anni e quattro mesi, che Blaine, una volta terminato l’istituto privato Dalton, sarebbe stato ammesso alla facoltà di medicina di Yale, con l’aiuto dell’amico del padre, famoso cardiologo. Poi, avrebbe conosciuto una ragazza giusta e meritevole, possibilmente con un carattere compatibile e, quindi, accettabile, dalla madre e, intanto, avrebbe fatto carriera, diventando un medico importante. Quando avesse raggiunto un certo grado di notorietà avrebbe sposato la propria ragazza e, dopo massimo un paio di anni, sarebbe divenuto padre, continuando poi la propria vita perfetta ed organizzando altrettanto alla perfezione la vita dei propri figli, tre al massimo.
Blaine non si era mai sottratto a tale destino. Solo da bambino, un giorno, osò chiedere a sua madre: “E se non volessi diventare dottore?”
La donna l’aveva guardato dolcemente, carezzandogli, senza spettinarlo, i boccoli neri, “Potrai scegliere se diventare avvocato come papà o manager come lo zio. Ma medicina è molto meglio per te tesoro, fidati.”  
Sentendosi ingenuamente soddisfatto per quel ristretto margine di scelta, il piccolo Blaine aveva dato ascolto alla madre, cominciando a immaginarsi la sua vita tra i migliori ospedali d’America. 
Quando realizzò di essere gay, il mondo gli crollò addosso. Vedeva metà del piano per la propria futura, idilliaca felicità bruciarsi come un pezzo di carta in un braciere.
Dopo mesi di dolore, bugie e autocommiserazione era giunto alla conclusione che non poteva continuare a nascondersi, non su quel fronte. Avrebbe deluso immensamente i suoi genitori, magari sarebbe diventato il disonore della famiglia, ma non poteva annullarsi fino a quel punto.
Suo padre e sua madre, infatti, non la presero per nulla bene. Lo fecero andare da uno psicologo per più di un anno, finché anche quell’estraneo non disse loro che l’omosessualità del figlio non era una presa di posizione o un tentativo di ribellione. Sua madre lo accettò. Divenne più dolce e, in modo forse morboso, più attenta. Suo padre non lo guardò negli occhi per più di un mese, per poi sorprenderlo chiedendogli se ci fosse qualcuno ad attirare la sua attenzione.
In effetti c’era un ragazzo che gli piaceva, tanto, ma non abbastanza da mettersi in gioco e rivelare all’intera scuola, esclusi i suoi amici che lo sapevano già, ciò che realmente era. Per tutta la vita aveva sempre avuto un solo e unico amore: la musica.
Senza di essa non sarebbe mai riuscito a tirare avanti. Quando da bambino suo padre l’aveva portato a visitare Yale per la prima volta, Blaine era rimasto ammaliato dal luogo, dalla storia… e dalla facoltà di musica e teatro.
Non voleva però infierire sui piani e le aspettative che i genitori ponevano in lui ulteriormente, chiedendo loro il permesso di iscriversi a tale dipartimento al posto di medicina o giurisprudenza.
Poteva essere considerato sciocco, ma fin da piccolo era cresciuto sentendosi dire di essere l’unico erede della famiglia, il pilastro del loro futuro, il faro che, dopo anni di tentativi e dolore, aveva rischiarato la loro grigia monotonia.
I saluti prima della partenza riuscirono, nonostante tutto, a strappargli una lacrima, raccolta dall’abbraccio col suo migliore amico, David.
Con molti amici, David compreso, si sarebbero ritrovati a Yale, ma non sarebbe stata la stessa cosa. Perché alle superiori, una strana forza e sicurezza tiene in ostaggio le persone. Ci si sente immuni dal mondo esterno, eppure pronti e smaniosi di dimostrare quanto si vale. Quando ci si ritrova faccia a faccia col futuro, però, si capisce di non essere altro che un minuscolo punto interrogativo tra mille esclamativi. Non si vorrebbe fare altro che tornare indietro nel tempo, per avere solo un’altra giornata in quella splendida, rassicurante monotonia, da cui si è stati strappati da appena pochi mesi.
Ma Blaine, da quella monotonia, non sarebbe mai uscito, perché sapeva ciò che lo attendeva, sapeva ciò che avrebbe fatto passo dopo passo.
Un avvenimento “inaspettato” come quello, quindi, era stato un colpo per lui, anche se solo per pochi mesi avrebbe dovuto cambiare abitudini e adattarsi ad un nuovo tran-tran. Non che fosse spaventato, solo… seccato.
La nuova casa non era molto lontana da Westerville, ma tanto bastava per renderla meno accessibile dato che si stagliava imponente in tutta la sua bellezza vittoriana al centro di un grande giardino, abbellito da roseti e floridi alberi. La fontana, spenta, davanti all’entrata principale faceva intuire quanto in passato quella casa fosse frequentata e piena di vita mentre ora, non era che una vecchia villa ingrigita dal tempo e dalla solitudine.
Giunti all’entrata, Blaine non poté evitare di sentire un brivido freddo e un senso di nausea. L’aria che si respirava era pesante e fredda, come se anch’essa suggerisse di abbandonare quel luogo dimenticato.
Guardando quelle finestre impolverate, gli sembrò quasi che la casa lo guardasse, giudicandolo abbastanza coraggioso o meno per farlo entrare.
Fin da bambino percepiva sensazioni strane in determinati posti. Come in casa della nonna, dove, dopo la dipartita di quest’ultima, lui continuava a percepire il suo profumo di frittelle  dolci e rose appena annaffiate. I fornelli, però, erano spenti e senza gas, e i fiori sul balcone secchi e aridi.
Sua madre gli aveva sempre ripetuto di smetterla con certe fantasie infantili, ma non era stata una fantasia sentire la rabbia e la frustrazione di quella ragazza investita dall’autobus una mattina di due anni prima, o percepire l’ombra di un bambino abbracciare la madre all’ospedale qualche mese prima. Certo non li considerava avvenimenti normali e lo spaventavano non poco, ma non poteva cambiare le cose. Non poteva cambiare nulla.    
Le ignorava. Aveva imparato ad ignorare tutte quelle strane sensazioni che si impadronivano di lui di tanto in tanto. Come la maggior parte degli adulti di fronte alle cose che non comprendono, non gli prestava la dovuta attenzione, volgendo ad esse le spalle.
Le finestre di quella casa, però, continuavano a fissarlo insistentemente, quasi come se gli leggessero nell’anima. Senza saperselo spiegare si ritrovò a stringere i pugni, sentendosi come nudo.
Quando suo padre lo richiamò, scuotendolo piano ad una spalla, fu come cadere da un ramo spezzato dal vento.
“Tutto bene figliolo?” chiese l’uomo preoccupato di fronte al respiro affannato del figlio e al suo sguardo incerto. Annuendo, Blaine si mise in spalla la chitarra ed afferrò il suo trolley trascinandolo fino alla madre, intenta a cercare la chiave che aprisse la grande porta di legno massiccio. I batacchi su di essa ricordavano due grotteschi volti di leone sfigurati dal dolore. In un qual’modo, Blaine li trovava perfino buffi. Inclinando la testa da un lato, infatti, si lasciò sfuggire una piccola risatina.
Sua madre lo guardò sorridendogli incuriosita, tra loro erano abituati a porsi domande senza aprire bocca. Come risposta, Blaine scosse il capo.      
Se l’esterno era da brividi, l’interno era agghiacciantemente superbo. Il tappeto che ricopriva l’enorme atrio era di un rosso porpora scuro talmente intenso da sembrare nero nelle zone d’ombra, i colori della tappezzeria erano oscuri e pesanti ma non privi di classe e fascino. I mobili, anch’essi in stile vittoriano, coperti da lunghi lenzuoli bianchi, sembravano non essere mai stati spostati dalle loro antiche postazioni, come fossero nati per stare lì. Era come entrare in un mondo passato, dove tutto era stato congelato per paura che il tempo, impietoso, rovinasse la sinistra bellezza di quel luogo.
“Ci sarà da lavorare.” Soppesò la signora Anderson una volta entrata in casa e appoggiata la valigia sul tappeto, “Prima di tutto, voglio ridipingere le pareti. Sembra di soffocare qua dentro.”
“Blaine,” lo chiamò nuovamente il padre scostandolo ancora una volta dal rimirare la grandezza della scalinata che portava ai piani superiori, “perché non vai di sopra a scegliere la tua stanza?”
Senza farselo ripetere il giovane corse su per le scale fino a raggiungere un lungo corridoio costellato di porte. Guardò le stanze una ad una, finché non trovò quella perfetta per lui.  Persino sua madre si stupì del fatto che avesse scelto la camera più semplice della casa. Ciò che veramente importava a Blaine, però, era lo spazio per la sua chitarra.
Aveva appena iniziato a pensare su come sistemarsi al meglio in quella stanza, che uno spiffero di aria gelida lo colpì dietro il collo. Voltandosi di scatto però, non vide nulla. la porta era chiusa, così come le finestre.
Dopo aver appoggiato lentamente il trolley sul letto, interamente nascosto da un pesante panno, si affacciò alla porta, squadrando da entrambe le parti il corridoio. Poco distante da lui, sulla sinistra, un’altra porta aperta da cui trapelava la luce del sole gli faceva capire quale sarebbe stata la stanza dei genitori. Alla sua destra, il corridoio si stendeva in quasi tutta la sua lunghezza. Uno specchio a muro, sopra un piccolo comò, rifletteva il candelabro spento e opaco sul mobile e la tappezzeria scrostata che aveva davanti. Non poté fare a meno di piantare gli occhi su quel vecchio specchio appannato dalla polvere, sentiva che, se ci avesse guardato dentro, sarebbe stato risucchiato dal passato.
L’aria, intanto, si faceva sempre più fredda fino a farlo rabbrividire, nonostante la calura estiva.
Facendogli finire il cuore in gola, suo padre lo chiamò dalla finestra. Dandosi dello stupido, si affacciò dalla camera, notando così la vista che la stanza gli offriva sull’entrata principale: il piccolo lago con la fontana spenta, il boschetto di betulle che copriva una piccola parte del giardino e la vista sulla tenuta fino al cancello di ferro battuto, a circa quaranta metri dalla villa.
Davanti all’entrata, il signor Anderson chiamava il figlio per aiutare i traslocatori a scaricare le loro casse e scatoloni dal camion.
“Allora?” chiese compiaciuto il padre quando Blaine lo raggiunse, “Ti piace?”
Il ragazzo annuì emettendo un leggero verso d’approvazione a labbra chiuse.
“E del pianoforte del salotto? Che mi dici?” lo incitò l’uomo sapendo di prenderlo per la gola. Gli occhi di Blaine, infatti, presero a brillare appassionati, mentre il volto gli si illuminava di speranza e aspettativa.
“Quale pianoforte?”  







NdA: 

Premettendo che non so che diavolo scrivere in questo angolino alquanto penoso... dunque... 
Se state leggendo anche "Best Holiday Ever (Wooo!)" (ebbene sì, sto facendo pubblicità occulta!)...
-Prima di tutto vi amo! Amo anche coloro che non la laggono (leggetela!!) e che sono comunque arrivati fino alla fine di questo primo capitolo... c'è tanto ammmmooore nell'aree.
-Secondo, delle due pazze che scrivono quella FF sono Fede, in questa Chià è la beta (vi saluta calorosamente),
-Terzo... non aspettatevi di ridere con questa nuova fanfiction... Ci saranno dei momenti carini, ovviamente, ma non grandi risate. 

Detto ciò... Grazie ancora per aver letto e per le vostre eventuali recensioni (vi-prego!! ditemi qualcosa anche se vi fa schifo. Posso sembrare una disperata... e probabilmente a mia insaputa lo sono... ma mi piacerebbe davvero sapere il vostro parere).

And sooooooo... Alla prossima!;)
 
Fede
  
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