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Autore: Hymn    08/05/2012    1 recensioni
Quel giorno, mancavano appena una manciata di settimane al mio diciannovesimo anno di età.
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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« Torna a casa, Shaw. »

Improvvisamente, un boato; tutto divenne nero, poi rosso, con alte lingue di fuoco che salivano vorticosamente verso il cielo, anch'esso di un colore vermiglio, simile a... Simile a sangue.
Mi sveglia di soprassalto, il volto imperlato di microscopiche gocce di sudore. Le mani avevano afferrato saldamente il lenzuolo del mio letto; un letto anonimo, che avrei visto solo in quell'occasione. E probabilmente, mai più.
Solo in quel momento ricordai, come se fosse facile dimenticarlo, dove mi trovavo. Il dolce sobbalzare del treno sulle rotaie cozzava prepotentemente contro l'apatia che mi aveva colto subito dopo la Mietitura.
Il mio destino, era già segnato. Dentro di me speravo di poter tornare, alla conclusione dei Giochi, al mio distretto, rendendolo privilegiato per l'anno seguente. Questo avrebbe significato, tuttavia, uccidere Ashlynn; sperai che qualche altro Tributo la uccidesse prima di me.
Dodici distretti, ventiquattro tributi. Quale era la mia speranza di rimanere in vita? Mi lasciai sfuggire un sorriso amaro, che di gioia non aveva neanche l'ombra.
Quindi, una voce oltre la porta.

« Esci da que-quella came-mera, ragazzo. Ci-ci siamo.. »

Il sorriso sul mio volto divenne una smorfia; Haymitch, il nostro mentore. Un uomo ubriaco, che era il vincitore dei cinquantesimi Hunger Games, il secondo e ultimo vincitore, fino a quel momento del Distretto Dodici.
Sarebbe stato lui il mediatore a Capitol City, tra "noi" e i nostri eventuali Sponsor. Gli sponsor, per i tributi, rappresentavano spesso l'unica ancora di salvezza, avendo loro la possibilità di inviare ai propri pupilli oggetti di cui, generalmente, c'era assoluto bisogno.
In lontananza, come potei notare dal vetro, si stagliava, finalmente, Capitol City.

* * *

Mi lasciai sfuggire un gemito, quando un pettine iniziò a snodare i miei capelli ribelli; la lunga coda che portavo fino a mezza schiena... Ammetto che l'avevo sempre curata poco; non era nelle mie priorità essere vanitoso. La priorità numero uno, nel Distretto Dodici, era sopravvivere.
E fu così che, per svariate decine di minuti ogni centimetro quadrato del mio corpo fu lavato a dovere, perfezionato da mani esperte di persone fin troppo silenziose; non che io, personalmente, avessi voglia di parlare. Certo era che potevano in qualche modo alleviare le sofferenze, più che altro psicologiche, di noi poteri agnelli da macello. Perché questo eravamo, per gli Strateghi.
Tuttavia tutte quelle attenzioni, l'acqua tiepida che scorreva sul mio corpo, fu sufficiente a farmi sciogliere i muscoli, e liberarmi in parte dalla tensione del momento. 
In quella che mi parve un'infinità, la toilettatura era finita.
Come se non bastasse al mio imbarazzo, una delle donne che aveva in parte contribuito al mio "lavaggio", si complimentò; mai, secondo lei, aveva visto dei capelli così belli (una volta ordinati, si intende). Lisci, neri, che a tratti sembravano blu. Optò per legarli in una coda, tenendola bassa, all'altezza delle spalle.

« Adesso ti portiamo da Chloè, così concluderai i preparativi per la parata, bel ragazzo! »

Guardai la donna con sguardo interrogativo, mentre assicuravo bene l'accappatoio in vita; solo dopo la mia mente partorì l'immagine di una donna, capelli color del rame, di una bellezza rara. Era la mia stilista, probabilmente. Rabbrividii, ricordando alcuni dei vestiti che furono prodotti per rappresentare il Distretto Dodici alla Grande Parata. Una volta, i due tributi (e non li invidiavo per niente), furono obbligati a percorrere la sfilata ricoperti di polvere di carbone. Completamente nudi. E l'idea, non mi piaceva affatto.
Sperai che tutta quella fanfara, quell'allegria stucchevole, finisse in fretta.
 

* * *

Su quel carro, accanto ad Ashlynn, mi sentivo un pesce fuor d'acqua. I nostri stilisi, lo stesso Haymitch, ci consigliarono di mostrare una certa spavalderia, sperando di far colpo sul pubblico, e quindi indirettamente, sugli sponsor. Io e Ashlynn, non sapendo bene come comportarci, pensammo che una certa indifferenza alla cosa, qualche rapido cenno di saluto verso il pubblico... Forse un simile atteggiamento poteva farci sembrare degli ossi duri; o almeno, così sperammo.
I vestiti che Chloè e Amaranth ci avevano procurato, beh, non erano poi così male. Non erano proprio il massimo, ma nell'insieme erano buoni. Colori complementari; per lei, una gonna nera, stretta in vita e più ampia sul fondo, svolazzava al trotto dei cavalli; sopra, una camicia simile nelle forme, ma di colore più sul rosso, con numerose sfumatore dal rosso più chiaro al rosso più scuro. Stretta al busto, accentuando le curve del seno di Ashlynn, più larga in vita, da una parte era più lunga, con un taglio obliquo, e non il solito orizzontale. 
Il mio vestito, un semplice abito da cerimonia, aveva le stesse colorazioni, solo invertite per i pantaloni e la giacca. I capelli erano stati acconciati in modo che, stando vicini, risaltasse molto la differenza di colore; i miei neri, i suoi castani dorati.
La notte ed il giorno.
Sorridendo per farci coraggio a vicenda, consci di ciò che stava per accaderci a pochi giorni di distanza, ci mettemmo schiena a schiena. La mia coda sul suo petto, la sua sul mio, in un mix di nero e oro che sembrava mescere le nostre persone.

« And may the odds be ever in your favor! »

L'ironia di quella frase mi scuoteva i pensieri, mentre procedevamo lungo il viale, pronti per ricevere il comune discorso d'inizio dei Giochi. Un'onda anomala di folla accompagnava noi e gli altri ventidue tributi al centro dello spiazzo in cui i carri si sarebbero fermati.
Mi parve di udire qualcuno chiamare i nostri nomi; una speranza mi brillò nel petto. Forse c'era davvero la possibilità che la sorte fosse in mio favore, o al limite, in favore di Ashlynn. Che vincessi io, o che vincesse lei, il nostro distretto, per un anno, avrebbe avuto vita più facile.
Solo che, per una famiglia, la vita non sarebbe affatto stato più facile.

   
 
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