giustizia.
[
novembre, 17 anni ]
Aveva le nocche delle dita
rosse, tutte spellate, a forza di scontrarsi contro il legno
massiccio. I pugni battevano contro la porta della sua stanza
intenzionate a non dargli un attimo di tregua, e sempre più
forte, e chissenefrega che si stava facendo sangue alle mani, e
chissene frega se svegliava tutti. Quello era l'ultimo dei suoi
problemi.
- Apri la porta, Yu. - intimò Lavi per l'ennesima
volta, con voce stanca ma seria, autorevole, la voce di chi non è
per nulla intenzionato ad andarsene da lì. C'era rimasto per
più di quaranta minuti filati, poteva anche continuare. - Apri
questa cazzo di porta!
Yu non avrebbe aperto, Lavi lo sapeva bene.
Il giapponese sapeva essere odiosamente testardo alle volte -quasi
sempre, in realtà-; specie se si trattava di cose importanti,
per le quali lui non avrebbe mai lasciato correre. Non che barricarsi
dentro la propria camera servisse a qualcosa, visto che il giovane
Bookman forse era anche più testardo di Kanda.
- Non me ne
vado da qui, a costo di passare la notte in corridoio.
Aprimi.
Passarono i minuti, forse le ore. E alla fine Yu Kanda
aprì. Aveva i capelli sciolti sulle spalle, le bende che gli
fasciavano cicatrici ancora fresche e dolorose, e uno sguardo
arrabbiato e incredibilmente colpevole negli occhi.
Mentre gli
ripuliva le ferite una a una con devozione, seduto sul bordo del suo
austero letto singolo, Lavi pensava a tutti i misteri celati dietro
l'esistenza dell'amico. Il vecchio Bookman sapeva perchè le
ferite di Yu si rimarginavano tanto in fretta, ma non gliel'aveva mai
voluto spiegare; ogni volta che provava a farne parola, il Panda
rispondeva con silenzi eloquenti o laconiche divagazioni (volte a far
cadere i dubbi nell'incertezza per un altro po' di tempo ancora).
Quella volta però le ferite non si erano rimarginate. Non
velocemente come al solito, almeno, non abbastanza da lasciare la
pelle chiara senza cicatrici. Erano profonde, e facevano male, anche
dopo un'intera settimana di riabilitazione. Yu era fuggito
dall'Infermeria ancora prima di venir dimesso, stanco di aspettare, e
ora c'era lui, lì, a cambiargli le garze.
- Perchè
diamine l'hai fatto, si può sapere? - sussurrò, posando
un batuffolo di cotone sulla spalla a ripulire il sangue.
- Di
che parli? -
- Lo sai perfettamente. -
Yu Kanda lo sapeva,
eccome. Dopo una battaglia lunga e cruenta, durata giorni, sapeva
bene a cos'era andato incontro, il modo assolutamente oltraggioso in
cui aveva sfidato la morte. Buttarsi solo, debole e ferito tra le
braccia di un Noah nel pieno delle forze era un gesto che andava ben
oltre l'avventatezza, e superava la linea della mera stupidità;
non era proprio una cosa facile da dimenticare.
- Era la cosa
giusta da fare. - rispose freddamente, distogliendo lo sguardo e
allontanando, con un gesto scattoso, il braccio dalla portata delle
sue cure.
Lavi aveva iniziato a prendersi delle confidenze, forse
troppe, e la cosa peggiore era stata accorgersi di essere il primo ad
averglielo permesso. Tutta quella preoccupazione nei suoi occhi, il
modo vergognoso in cui passava al suo fianco ogni minuto libero, e
quella sfacciata, sbagliata sincerità che sembrava divertirsi
a palesargli di fronte, erano tutte cose che un tempo non avrebbe mai
accettato. Ma adesso Lavi era tutto ciò che aveva di più
somigliante ad un amico; e poteva preoccuparsi, poteva stargli
vicino, poteva essere sé stesso, e poteva entrare nella sua
stanza e pretendere spiegazioni, dopo che si era quasi fatto
ammazzare dal nemico di fronte ai suoi occhi.
Tutto questo era
importante, e accidenti a lui se faceva paura.
- ...Giusto? -
Lavi
era arrabbiato, il suo occhio verde diceva tutto. Strinse i pugni e
lo attaccò, guardandolo dritto in faccia, per niente timoroso
di alzare la voce. - Tu chiami giustizia questo? E' giusto che un
diciassettenne venga buttato in una battaglia come carne da macello?!
-
Gli sputò addosso tutta la sua rabbia, tutta la sua
frustrazione, tutto l'affetto che provava per lui, e l'odio che
sentiva quando lo guardava buttar via la sua vita per una causa
insensata. Kanda aveva la pessima abitudine di non ascoltare né
vedere niente di ciò che andasse al di fuori delle proprie
idee, e questo era un dato di fatto: ma il Bookman non era disposto a
perderlo per quel suo stupido, ottuso orgoglio, e alle volte Lavi
sapeva essere davvero molto ostinato. - E' giusto che muoiano tutte
queste persone? E' giusto che madri, padri, figli, nipoti, vengano
trasformati in mostri senza cuore? Cosa c'è di giusto, Yu!
Cosa cazzo c'è di giusto nella guerra! -
Yu lo guardò
negli occhi come si guardano i bambini, un po' come lo guardava
Bookman alle volte: con quello sguardo che sembra sapere tante cose,
ma nessuna intenzione di spiegarle. Yu Kanda però, al
contrario di Bookman, non sapeva tante cose; lui viveva in
un'illusione, e Lavi teneva troppo a lui per lasciargli la
convinzione di una realtà irreale. Non l'avrebbe lasciato
all'interno della Caverna a guardar le ombre, l'avrebbe tirato fuori
di lì e gli avrebbe mostrato cos'è il sole, e la
pietra, e il mare, a costo di venir deriso, picchiato e ucciso, e di
venir odiato da lui, che fra tutte era la peggiore delle cose.
-
Se la pensi così cosa ci fai ancora qui? Perchè sei un
Bookman? - Kanda lo domandò con una nota di orgoglio gelido.
E
il Bookman non si scompose. Gli rivolse solo uno sguardo triste,
molto, e un po' ferito, un po' rabbioso, come chiedendosi perchè
diamine Yu dovesse essere sempre così dannatamente Yu.
-
Sono un Bookman perchè l'uomo è cattivo, ed è
meschino, e non impara mai dai propri sbagli. Noi siamo qui per
annotare ogni morte, ogni ingiustizia.. Nella speranza che un giorno
l'uomo smetta di essere stupido e si guardi indietro, e.. non lo so,
impari dai propri errori. - sospirò. - E' a questo che serve
la storia. -
Si guardarono per un poco, e poi fu Yu a parlare. Con
la voce roca di chi si è dimenticato come si usa la bocca.
-
Io non ce l'ho una storia da cui imparare. Questo mi rende.. una
persona cattiva? -
E bastò questo per dissipare tutta la
rabbia nello sguardo del Bookman; si ricordò improvvisamente
che adorava Yu proprio perchè era Yu, e che in qualche
strano modo aveva bisogno di lui, anche adesso. Ci avevano messo del
tempo a capirsi, tanto, ma alla fine erano lì, vivi,
insieme.
Gli prese piano la mano e la strinse fra le sue, sperando
che quel contatto durasse almeno per un po'.
- No, Yu. Tu non sei
una persona cattiva. Sei la persona che preferisco. -
Lavi
sorrise, appoggiando piano la testa sulla sua spalla.
- ..Peccato
che alle volte tu sappia essere davvero stupido. -
Kanda aveva le
labbra secche e i capelli davanti agli occhi, ciuffi spettinati tutti
scomposti sulle spalle nude, e ferite, e bende, e sangue. Era
un'immagine di distruzione, era bellissimo e perduto, e Lavi
guardandolo capì che non avrebbe mai più potuto
rinunciare a lui, da quel momento in avanti. Tra tutti gli stupidi
uomini della terra, ce n'era uno che amava, e che andava protetto da
sé stesso.
Questo capitolo è veramente brutto come il male, ma non ho saputo far di meglio e chiedo venia. Giuro che inizialmente l'idea non era malvagia, ma tra lo studio che sta risucchiando tutte le mie energie, problemi di salute non indifferenti e un'ispirazione vacillante, è venuta fuori questa schifezza che pubblico solo perchè, altrimenti, non avrei più aggiornato la storia per chissà quanto. Siate clementi, alla prossima andrà meglio.
(!) citazione del "Mito della Caverna" di Platone.