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Autore: Essemcgregor    09/05/2012    5 recensioni
Smythofsky Student/Teacher.
David Karofsky non avrebbe mai creduto un giorno di ritrovarsi dietro una cattedra ad insegnare in una scuola privata maschile, soprattutto non pensava di poter insegnare in QUELLA scuola.
E proprio lì, nella prestigiosa Dalton Accademy, incontra Sebastian Smythe, studente non proprio modello.
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Sebastian Smythe, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Words can hurt more than a punch 

 
I must have been a fool to love you so hard for so long
So much stronger than before but so much harder to move on
Now the bitter chill of winter still moves through me like a plague
Only to wake up in an empty bed on a perfect summers day

My world just feels so cold
And you find yourself walking down the wrong side of the road, oh

 
I Warblers cominciarono ad armonizzare la melodia con la loro voce, Sebastian era dietro di loro, il gruppo si aprì in due ali mentre lui venne avanti cominciando a cantare la prima strofa della canzone.
Il gruppo cominciò a ballare diviso in due gruppi, mentre Sebastian al centro interagiva con loro a passi di danza.
 
I cant lie, you’re on my mind, stuck inside my head
I wanna feel your heart beat for me instead
I just died so much inside now that you’re not there
I wanna feel your heart beat like yesterday

 
Dave rimase fermo appoggiato contro il grande tavolo di legno dove prima sedevano tre studenti, i ragazzi continuarono a ballare, mentre Sebastian piano piano si avvicinò a lui.
Il professore deglutì guardando il ragazzo che si muoveva sinuosamente di fronte a lui prima di tornare nel gruppo.
 
I never did my best to express how I really felt
And now that I know exactly what I want you’ve found somebody else
My world just feels so cold you find yourself walking down the wrong side of the road

 
 
Il gruppo si riunì ballando e volteggiando per la stanza. Dave notò che nessuno di loro saltellava in giro di qua e di là come faceva, a quanto pare, Blaine. Era famoso per questa sua particolarità, nessun soprammobile di quell’aula era stato risparmiato.
I Warblers si disposero in due file mentre alcuni di loro si esibirono in passi di hip hop: il biondo Sterling insieme moro Duvall, seguiti poi da David e Wes.
 
I cant lie, you’re on my mind, stuck inside my head
I wanna feel your heart beat for me instead
I just died so much inside now that you’re not there
I wanna feel your heart beat like yesterday

My world just feels so cold and i find myself thinking about the
things I could have done
And it wounds my soul when you let me know I’m not the only one.

 
Sebastian si avvicinò di nuovo pericolosamente a Dave, che questa volta si staccò dal tavolo cominciando a muoversi per la stanza. Si spostò di lato mentre i Warblers rimasti in cerchio, presero a camminare in fila incrociandosi tra di loro, mentre il solista seguiva il professore continuando a cantare.
Dave si voltò indietro, rilassandosi quando non vide Sebastian dietro di lui, lo cercò tra il gruppo di Warblers ma non lo vide. Si voltò indietro e quasi perse un battito quando vide il viso dello studente a pochi centimetri dal suo.
Prese ad indietreggiare mentre lui avanzava cantando l’ultima strofa della canzone, accompagnata da poche voci.
 
I cant lie, you’re on my mind, stuck inside my head
I wanna feel your heart beat like yesterday
I just died so much inside now that you’re not there
I wanna feel your heart beat like yesterday

 
La canzone finì e Dave si ritrovò proprio al centro del gruppo di Warblers. I ragazzi esultarono per l’esibizione andata bene, Sebastian invece rimase fermo dov’era, di fronte al professore che ancora aveva un’espressione attonita in viso.
Si ricompose velocemente, il gruppo di studenti tornò a sedersi sulle poltrone mentre i tre capi consiglio si accomodarono dietro il tavolo di legno. Rispose all’invito di uno dei ragazzi che offriva lui una sedia dietro il tavolo di legno, con un cenno del capo.
- Spero che l’esibizione vi sia piaciuta professore. È una delle canzoni che vorremmo portare alla competizione canora di quest’anno.-
Il ragazzone si ricordò della competizione canora a cui il Glee Club del McKinley aveva partecipato diverse volte, rispose alla domanda del ragazzo asiatico di cui ricordava vagamente il cognome, annuendo e poi rivolse lo sguardo al resto del gruppo.
- Siete stati incredibili. Ringrazio ancora il signor Sterling e il signor Duvall per il cortese invito.-
Il suo sguardo vagò verso Sebastian, seduto sempre sul bracciolo, aveva le gambe accavallate, un sorriso malizioso sul volto.
- Sono sicuro che avete la vittoria in tasca.-
Il gruppo di ragazzi esultò nuovamente e solo il continuo battere del martelletto di Wes li riportò all’ordine. La riunione fu sciolta dopo gli ultimi avvisi, dopodiché i tre studenti del Consiglio proposero di invadere la caffetteria e prendere un caffè insieme.
- Pensavo che avreste cominciato a cacciare alcolici e cose del genere, per come ne parlavate…-
Il biondino e il moro portarono le mani al petto con aria piuttosto affranta, Dave inarcò un sopracciglio notando i due trattenere un piccolo sorriso.
- Professore, ci ferisce in questo modo! Noi siamo studenti modello! Non ci azzarderemmo mai a infrangere le regole dell’Istituto.-
Jeff aveva ancora le mani al petto, Nick invece le alzò in aria come ad invocare qualcuno.
- Signor Dalton, Dio la benedica per aver fondato questa scuola e possa la sua anima riposare in pace!-
Il professore rise scuotendo la testa.
- Non sono così grande e nemmeno così ingenuo.-
Dave ricordava ancora le feste che davano i suoi compagni di scuola nel parcheggio dopo ogni partita vinta. Di solito la coach detestava che i suoi atleti bevessero, ma chiudeva un occhio durante quelle occasioni. Motivo per il quale faticava a pensare che la Dalton fosse pieno di figli di papà, di angioletti e studenti - modello, teoria che fu confermata da un sospiro teatrale di Jeff.
- D’accordo, vuol dire che una di queste sere, le mostreremo chi sono i veri Warblers.-
Wes e un altro Warbler incitarono il gruppo ad uscire dall’aula e di recarsi in caffetteria prima che faccesse notte, poi invitarono il professore ad unirsi a loro. Al coretto dei due, si unirono quasi tutti gli altri Warblers, tranne Sebastian che era impegnato a parlare con uno dei ragazzi che prima era seduto dietro il grande tavolo di legno: era molto più basso, dai capelli neri leggermente mossi e i grandi occhi marroni.
- Harwood, Smythe, basta amoreggiare e muovetevi!-
Un ragazzo di colore che aveva capito si chiamasse David Thompson, richiamò i due indicando il gruppo di studenti che si stava ammassando alla porta.
Il moretto annuì prendendo poi la mano di Sebastian, Dave fissò per un attimo le dita intrecciate dei due lasciando poi che gli passassero davanti. Il moro sembrava soddisfatto, Sebastian invece fece una piccola smorfia quando incrociò lo sguardo di Dave.
Il supplente scrollò le spalle, non riusciva a capire perché di colpo, avvertì una strana stretta spiacevole allo stomaco.
- Professore ci permetta di offrirle un caffè.-
Nick e Jeff affiancarono il supplente chiacchierando allegramente e della loro esibizione e della lezione del giorno. Dave si limitò ad annuire gettando qua e là un commento a caso, non riusciva a togliere gli occhi dalle mani ancora unite dei due ragazzi davanti a lui.
 

 
La quasi minaccia di Jeff e Nick accompagnò il ragazzone per tutto il tragitto a casa. Stringere un bel rapporto con gli studenti gli piaceva, essere per loro qualcosa di più di un semplice insegnante, gli piaceva, ma cosa avrebbero pensato il Preside e tutto il corpo insegnanti? Loro che avevano instaurato con gli studenti un rapporto piuttosto professionale, loro che sottolineavano ogni giorno che il ruolo di educatori li poneva un gradino sopra di loro, perché il rispetto poteva essere guadagnato solo in quel modo.
Tornato a casa, girò le chiavi nella toppa sbattendosi la porta dietro le spalle, buttò la borsa sul divano togliendosi nel frattempo il giaccone, cercando suo padre con lo sguardo.
Le luci della cucina erano accese, sentiva la voce di suo padre provenire da lì, ma sembrava non fosse solo. Sentì il grattare di sedie ed un’altra voce che parlava concitata, cosa stava succedendo? Di solito Burt andava a trovare suo padre, ma mai a quell’ora.
Varcò la soglia della cucina, trovando Paul intento a salutare una signora ferma sulla porta sul retro: aveva i capelli biondi sciolti lungo le spalle, i suoi occhi azzurri si spostarono da Dave a Paul, salutò velocemente suo padre rivolgendo poi a Dave un cenno con la mano, ed andò via, lasciando dietro di sé una scia di profumo.
- Sei tornato presto.-
Il ragazzone guardò l’orologio, erano quasi le otto e di solito a quell’ora la cena era pronta. La tavola era apparecchiata e qualcosa stava cuocendo nel forno, sul bancone della cucina c’era ancora una bottiglia di vino aperta e due calici, mai visti prima d’ora.
Qualcosa fece collegare la bottiglia di vino e i calici, alla signora che aveva visto prima.
- Sono le otto… piuttosto, sono tornato tardi.-
Dave aggirò il tavolo tenendo suo padre sotto il suo sguardo indagatore, Paul fece finta di niente poggiando la bottiglia di vino al centro della tavola, sbarazzandosi poi dei due calici facendoli sparire nel lavabo.
I due non parlarono per alcuni secondi, come unici rumori si sentivano solo la ventola del forno ed il timer che ticchettava.
- Da quando ti sei dato al vino?-
Paul evitò il suo sguardo sentendo in quel momento il desiderio impellente di controllare le costatine di maiale dentro il forno, l’odore di carne si sprigionò nella cucina, odore che fece brontolare lo stomaco di Dave. Suo padre colse la palla al balzo cercando di cambiare discorso.
- Allora, non hai mangiato oggi? A sentire il tuo stomaco sembra tu abbia una fame da lupo.-
Dave occupò il solito posto a tavola, spostando il suo sguardo dal forno a suo padre, la prima volta che aveva usato il forno, la casa quasi andò a fuoco: ricordò le urla di sua madre e le continue ammonizioni di non avvicinarsi più all’elettrodomestico.
- Non sapevo fossi in grado di usare il forno, ricordo che mamma ti aveva proibito di usarlo.-
Paul arricciò il naso stizzito.
- Non posso imparare ad usare il forno, ora? Vivo da solo da qualche tempo ormai, mi sono dovuto adattare e Melina è stata molto gentile da aiutarmi con alcune faccende domestiche.-
- Melina?-
Paul annuì.
- La donna che hai visto prima.-
Dave annuì lentamente, non aveva mai pensato al fatto che suo padre viveva da solo, aveva sulle spalle la gestione della casa oltre il lavoro, giustamente aveva chiesto aiuto. Si prese a calci mentalmente anche solo per aver sospettato che suo padre stesse nascondendo qualcosa.
- Adesso però non pensiamoci più, Melina viene solo quando non sei in casa così da non disturbare, mi da una mano con tutto: cucina, pulizia della casa. Le devo tanto.-
Fece un piccolo sorriso verso il figlio che a malapena riusciva a sorreggere lo sguardo di suo padre, l’argomento “madre” era diventato quasi tabù in quella casa. Dave continuava ad odiare la donna che l’aveva messo alla luce e l’aveva cresciuto, la odiava per il modo in cui l’aveva rinnegato, mischiando compassione a rabbia, quando fu chiaro che Dave non intendeva cambiare.
- Scusami, non immaginavo che per te fosse così difficile. La prossima volta magari, invitala a cena, mi piacerebbe conoscerla meglio.-
Paul sembrava piuttosto contento della piega che aveva preso la conversazione, Dave evitò di continuare il discorso ed aiutò suo padre con la cottura della carne.
La cena proseguì come al solito: entrambi fecero il resoconto della loro giornata, Paul fece qualche domanda a Dave riguardo i Warblers e di come gli sembrasse l’ambiente lavorativo: aveva parlato giorni fa con il Preside Williams, che si riteneva più che soddisfatto dell’ottimo lavoro che il giovane stava svolgendo.
Paul gonfiò il petto orgoglioso, rivolse un grosso sorriso al figlio dandogli una sonora pacca sulla spalla.
- Stai dimostrando quanto vali Dave. Quanto vorrei che quell’arpia di tua madre fosse qui adesso. Professor Karofsky…-
Il ragazzo sorrise imbarazzato abbassando lo sguardo, i suoi occhi divennero lucidi mentre cercò di trattenere le lacrime.
“Non mi sono mai sentita così delusa da te come oggi, David”: furono queste le parole della madre quando confessò ai suoi genitori di essere gay.
Paul strinse la mano del figlio non riuscendo anche lui a trattenere le lacrime.
- Sono sempre stato orgoglioso di te e lo sarò sempre.-
Le parole dell’uomo scatenarono altre lacrime da parte del ragazzone, che nel giro di qualche secondo si ritrovò tra le braccia di suo padre, stringendolo forte.
Rimasero stretti in quell’abbraccio per qualche minuto. Quando si staccarono, Dave asciugò velocemente le lacrime, si sentiva uno schifo per aver anche solo pensato male di lui.
Paul sorrise verso il figlio, sentendo i sensi di colpa crescere sempre di più a causa di ciò che, in realtà, gli stava nascondendo.
 

 
 
Le lezioni pomeridiane erano finite, Dave era più che soddisfatto degli studenti del suo laboratorio d’Arte, le sculture dei giovani somigliavano meno a cose senza forma e molto di più a qualcosa di esistente.
Mentre girava per i banchi guardando il lavoro che i ragazzi stavano svolgendo, sentì delle urla provenire lungo il corridoio, i ragazzi si affrettarono ad accalcarsi sulla porta aperta, gridando di entusiasmo quando videro la fonte da cui provenivano le urla.
Dave si fece spazio tra l’ammasso di studenti, notando due ragazzi azzuffarsi nel bel mezzo del corridoio. Senza pensarci due volte, si buttò nella mischia cercando di separare i due, non prima di beccarsi un pugno in faccia.
Il dolore sul viso fece scattare in lui una molla che da tempo non scattava. La rabbia crebbe dentro di lui rischiando di fargli perdere il controllo, si portò una mano alla guancia pronto a sferrare un pugno lui stesso, quando nella sua mente comparve il viso di suo padre: “David, ho allevato un figlio, non una bestia. Controllati.”.
Strinse i denti e afferrò uno dei due ragazzi per la cravatta trascinandolo contro il muro, il respiro pesante, mentre l’altro veniva afferrato da un altro paio di professori.
Le urla degli studenti rendevano il tutto ancora più confusionario, mentre il cuore di Dave continuava a battere forte, doveva cercare di calmarsi.
Alzò lo sguardo ed incrociò un paio di occhi verdi, che in quel momento saettavano di odio e di rabbia. Dave indietreggiò lasciandolo andare, premette una mano sulla guancia che ancora pulsava di dolore, a malapena riconobbe la voce del Preside che correva per il corridoio, intimando a tutti gli studenti di rientrare in classe.
- David stai bene?-
Sussultò quando sentì la mano di Mike sulla sua spalla, si voltò di scatto allontanandosi da lui, l’uomo alzò le mani indietreggiando, cercando di rassicurare Dave a parole.
Non ascoltò cosa disse dopo, i suoi occhi saettarono da Sebastian all’altro ragazzo, mentre il Preside urlava contro di loro. Samantha e Jennifer accorsero sul posto insieme a Simon, entrambe si portarono le mani sul viso, indicavano Dave mentre Mike le tranquillizzava. Si lasciò trascinare in infermeria, incapace di opporre resistenza. All’interno della stanza, una donna sulla cinquantina corse verso di loro, fece sedere Dave su un lettino esaminando la guancia e il viso.
Solo in quel momento Dave si accorse di avere del sangue che colava dal naso, sentì l’infermiera trafficare con dei tamponi mentre borbottava qualcosa contro i ragazzi di oggi, mentre Mike rimaneva in un angolo.
I suoi pensieri andavano verso Sebastian, al pugno che aveva ricevuto da lui, allo sguardo carico d’odio.
Sebastian non aveva bisogno di passare alle mani, aveva visto che le sue parole potevano ferire più di un gancio destro ben tirato.
- Smythe è anche un ottimo pugile, se non sbaglio è il presidente del club di Boxe qui a scuola.-
Ecco spiegato l’efficacia del suo gancio destro, se fosse andato a segno, sicuramente avrebbe steso il ragazzo con cui si stava azzuffando. L’infermiera maledì i club scolastici della scuola, affermando che erano la causa scatenante della crescente violenza tra i giovani.
Dave cercò di parlare, ma il dolore alla guancia era davvero forte, perciò ci rinunciò, rimanendo imbronciato seduto sul lettino.
L’infermiera cacciò del ghiaccio istantaneo da dentro un armadietto, agitandolo fino a che non divenne ghiacciato, lo passò poi a Dave che lo posò delicatamente sulla guancia. Il contatto con il sacchetto gli diede subito sollievo, azzardò un piccolo sorriso di ringraziamento alla donna non riuscendo ancora ad aprire bocca.
- Non ti preoccupare giovanotto, è solo una piccola contusione, passerà tra qualche giorno. Rimani qui tutto il tempo che vuoi, Mike ti devo chiedere di lasciarlo da solo, ha bisogno di riposo.-
Il professore annuì, strinse la spalla di Dave e lo salutò velocemente, il ragazzone lanciò uno sguardo riconoscente all’infermiera che rispose ammiccando, dopodiché tirò le tende del lettino isolandolo dal resto dell’infermeria.
La pace non durò a lungo, qualche minuto dopo la porta si aprì e una voce conosciuta chiese di lui.
- Il Preside desidera vederlo ora.-
L’infermiera scostò le tende del lettino controvoglia, mentre Jennifer si fiondò sul ragazzone stringendolo in un lungo abbraccio.
- Jen sono vivo, non mi è successo niente. Adesso da brava… mollami.-
La donna si staccò da lui con le mani sulla bocca.
- Ti ha rotto il naso?-
Solo in quel momento si accorse della fasciatura provvisoria che aveva sul naso, la tolse velocemente scuotendo nel frattempo la testa.
- No, sono tutto intero. Hai detto che il Preside vuole vedermi?-
Jennifer annuì, aiutò l’amico a rimettersi in piedi e lo accompagnò fuori dalla stanza. Prima di lasciare l’infermeria, Dave ringraziò la donna salutandola poi velocemente.
- Allora?-
Jennifer aspettò di essere lontana dall’infermeria, prese Dave per il braccio e lo fece entrare in un’aula vuota, il supplente si fece trascinare senza fare troppe domande, aspettò poi che la donna chiudesse la porta prima di parlare.
- Ora mi spieghi…-
Jennifer lo zittì.
- Tu non sai perché stavano litigando, vero?-
Il ragazzone scosse la testa.
- Bene, allora siediti, così la zia Jennifer ti racconta una bella storiella.-
Deglutì sedendosi sulla cattedra, lasciò i piedi penzoloni mentre la collega si appoggiò al banco di fronte a lui. Chissà perché quella frase lo fece pensare a Santana, rabbrividì ricordando quel giorno in caffetteria quando smascherò la sua copertura.
- Sebastian Smythe... ha litigato con Robert Martin a causa di una sua battuta.-
Dave incrociò le braccia al petto con aria scettica.
- Sebastian Smythe riesce a smantellare una battuta, analizzarla al minimo dettaglio e rivolgertela contro. Non ha bisogno di passare alle mani.-
La donna di fronte a lui sorrise, scosse la testa sospirando in modo teatrale guardandolo come se avesse di fronte un cucciolo di panda.
- Tesoro, ma quanto sei ingenuo?-
Dave inarcò un sopracciglio.
-Martin ha esplicitamente detto, e ripeto testuali parole: “Al Professor Karofsky gli darei volentieri una bella ripassatina”.-
Il ragazzone rimase a bocca aperta.
- Ma mi ha visto? Secondo me voleva solo prendermi in giro.-
Arrossì distogliendo lo sguardo dalla collega, non era di certo abituato a sentir parlare di sé in quel modo, avrebbe dovuto ritenerlo offensivo, ma era più stupito da un commento del genere.
- Il punto è… che Smythe ha perso le staffe per quella battuta. Lui ti ha difeso.-
 
 

Quando uscì da scuola, erano le otto passate ed il suo stomaco brontolava. Dovette aspettare la fine della riunione pomeridiana dei docenti, riunione che durò a lungo a causa della rissa pomeridiana. Sia Jennifer che Samantha lo invitarono a cena fuori, invito che declinò visto che a loro si sarebbero accodati anche Mike e Simon. Sospettava infatti, che i due lo avessero fatto apposta approfittando della cena per fargli qualche domanda riguardo gli avvenimenti del pomeriggio.
Jennifer sicuramente aveva confidato i suoi sospetti anche ai due insegnanti.
Entrò in macchina, chiamò suo padre dicendogli che avrebbe fatto tardi e di non aspettarlo alzato, infilò le chiavi del quadro e mise in moto, in quell’istante si aprì la portiera ed un ragazzo entrò velocemente in macchina.
- Vai, parti!-
Dave incontrò gli occhi di Sebastian, sembrava allarmato, lo vide guardarsi indietro più volte.
- Ma… cosa cavolo…? Scendi immediatamente!-
L’ordine cadde nel vuoto, Sebastian allacciò la cintura di sicurezza battendo la mano sul cruscotto.
- Porca miseria, accelera prima che ci raggiungano!-
Non se lo fece ripetere due volte, schiacciò il piede sull’acceleratore sgommando nel parcheggio prima di raggiungere il vialetto d’uscita della scuola. Sentì il rumore della ghiaia schizzare sotto le gomme, mentre si alzò una nuvola polverosa dietro di loro, la macchina rispose correttamente all’input e sfrecciò via lungo il viale.
Solo quando furono usciti fuori dalle mura scolastiche, Sebastian tirò un sospiro di sollievo, Dave non azzardò a fare alcuna domanda, seguì però le direttive dello studente, che lo portarono in centro città.
- Mi vuoi dire chi ti stava seguendo?-
Sebastian rivolse lui un sorriso sornione.
- Ah, nessuno. Temevo che il guardiano potesse vedermi.-
Dave parcheggiò l’auto vicino il parco cittadino, guardò Sebastian liberarsi dalla cintura di sicurezza, aprire la portiera ed uscire dalla macchina. Era ufficiale: si era fatto infinocchiare da un ragazzino.
Uscì dalla macchina stringendo le chiavi in una mano, cercando di issare sulla spalla la sua borsa mentre seguiva Sebastian che attraversava la strada, diretto verso quello che doveva essere un pub.
- Mi hai usato… per uscire da scuola?-
Sebastian si voltò sorridendo.
- Non proprio. In mezzo la settimana ci è permesso stare fuori fino alle dieci e mezza, diciamo che mi serviva un passaggio.-
Dave continuava a non capire, lo raggiunse in poche falcate affiancandosi a lui, fermò le macchine con un gesto della mano, mentre entrambi attraversarono velocemente la strada. 
Si fermarono di fronte il locale, Dave gettò un’occhiata al suo interno, sembrava gremito di gente: i camerieri passavano tra i tavoli con pinte di birra sui vassoi e piatti con hamburger e patatine.
In quel momento il suo stomaco borbottò per la fame facendogli dimenticare la rabbia nei confronti dello studente, Sebastian sorrise aprendo la porta del locale con una mano, mentre con l’altra prese il professore per il braccio.
- Perché non ne parliamo davanti un hamburger?-
Si lasciò trascinare all’interno del locale, subito un cameriere all’ingresso li accolse conducendoli poi ad un tavolo per due.
Quando si sedettero l’uno di fronte all’altro, caddero in un imbarazzante silenzio, imbarazzante forse solo per Dave, visto che Sebastian non si sentiva affatto a disagio. Cominciò fissarlo con quel suo solito ghignetto sul volto.
- La smetti?-
Il professore alzò lo sguardo irritato, non gli piaceva sentirsi osservato in quel modo, prese uno dei menù sul tavolo con aria stizzita, coprendosi il volto mentre ne leggeva il contenuto.
- Posso considerare questa uscita come primo appuntamento?-
La sfacciataggine di Sebastian non smetteva mai di stupirlo, si guardò intorno ma nessuno pareva averlo sentito, o meglio, nessuno pareva prestare attenzione a loro.
- Rilassati Dave, qui nessuno ti conosce e della Dalton sanno tanto quanto i Babbani sanno di Hogwarts.-
La battuta su Harry Potter lo fece sorridere, tutto sommato il suo umorismo non era da buttare. Non lo faceva però fan di quella saga, si risparmiò il commento tenendolo per sé.
- Non stiamo uscendo insieme e quindi no, non considerarlo un appuntamento.-
Il cameriere li raggiunse sorridendo, Sebastian ordinò per entrambi senza lasciare a Dave il tempo di protestare. Ordinò hamburger e patatine insieme ad una 0.3 di birra per lui ed una coca cola per l’autista.
Quando il cameriere andò via, appoggiò le braccia sul tavolo di legno riprendendo a fissarlo come prima.
- Mi irriti.-
La frase di Dave parve cadere nel vuoto, non provocò nessuna reazione in Sebastian se non una battutina delle sue.
- Lo so, è un dato di fatto, sono irritante e adorabile allo stesso tempo e tu non puoi negarlo.-
Sospirò passandosi una mano tra i capelli.
- Senti Smythe, ceniamo insieme, ti riporto a scuola e la cosa finisce qui, ok? Smettila di chiamarmi Dave, smettila di darmi del tu e comincia a comportarti come uno studente si comporterebbe con un professore.-
Sebastian annuì al suo discorso mantenendo un’espressione neutra, portò la mano alla testa imitando il saluto militare e sorrise.
- Sai benissimo che non farò nessuna delle cose menzionate, non è vero?-
- Sei solo un ragazzino viziato.-
- Probabile, mio padre ha la cattiva abitudine di soddisfare ogni mio capriccio. Che vuoi farci.-
Sebastian scrollò le spalle, Dave non capì se la sua era una battuta ironica, o meno.
- Perché l’hai fatto?-
Il professore sbiancò quando si accorse di aver pronunciato ad alta voce quella domanda, da quando aveva parlato con Jennifer non faceva che pensarci. Sebastian si era sempre mostrato irriverente con lui, quasi sprezzante. Sospettava che il suo comportamento di strafottenza era dovuto al fatto che non accettasse lui come insegnante, dopo tutto era solo un supplente.
- Deve per forza esserci un motivo per iniziare una rissa?-
Si aspettava una risposta ironica, si aspettava che tornasse di nuovo quella smorfia irritante sul suo volto, ma niente di tutto questo accadde.
- C’è sempre un motivo.-
Sebastian incrociò le braccia al petto.
- Io scateno risse per hobby.-
In quel momento arrivò il cameriere a portare le loro ordinazioni, studente e professore non alzarono lo sguardo, lasciarono che il ragazzo finisse il suo lavoro e andasse via, così come era venuto.
Erano tante le cose che avrebbe potuto dirgli, ammettere di aver parlato con Jennifer e di conseguenza confessare che sapeva tutto, era fuori discussione, in alternativa poteva tacere e lasciare che il discorso rimanesse una sorta di parentesi aperta. Dave non era tanto sicuro di voler continuare a parlarne, non voleva sapere realmente la risposta.
- Ok.-
La risposta del professore lasciò spiazzato Sebastian che, in realtà, era pronto a rispondere con un’altra battutina. Osservò il supplente portare alla bocca il suo bicchierone di coca cola e prendere un generoso sorso. Picchiettò le mani sul tavolo di legno mentre Dave prendeva il suo hamburger con le mani cominciando a mangiare come se niente fosse. Il livido sul volto diventato ormai bluastro, spiccò sotto le luci del locale.
Poté notare una piccola smorfia di dolore ogni qualvolta spostasse il cibo proprio da quel lato della bocca, sospirò vedendolo alzare lo sguardo con aria stanca.
- Perché mi fissi?-
Dave aggrottò le sopracciglia, Sebastian sorrise divertito notando che aveva ancora la bocca piena.
- Non si parla mentre si mangia. È maleducazione.-
Dave arrossì, rossore che però scomparve qualche secondo dopo.
- Non si sale in macchina con gli sconosciuti, i tuoi genitori non te l’hanno mai detto?-
Era inutile, parlare normalmente con Sebastian non era umanamente possibile, era la seconda o la terza volta che apriva bocca nella serata e non c’era stato verso di far prendere alla conversazione una piega meno “ironica”.
Il sottile umorismo del ragazzo lo divertiva e lo irritava al tempo stesso, eppure nonostante provasse quella fastidiosa punta di irritazione ogni volta che apriva bocca, non riusciva a non trovarlo dolce. Finirono di mangiare evitando di parlare, entrambi erano immersi nei loro pensieri, per fortuna il locale era affollato ed il chiasso intorno a loro, non fece pesare il silenzio che si era creato.
Finita la cena, Dave riportò Sebastian a scuola, oltrepassò il cancello ancora aperto parcheggiando di fronte la scuola, continuando a seguire le istruzioni dello studente.
- Sicuro che non ti debba accompagnare fino al dormitorio?-
Sebastian fece una smorfia slacciandosi la cintura di sicurezza.
- Non ti preoccupare papà, ce la faccio ad andare da solo.-
Scesero dalla macchina, rimanendo fermi l’uno di fronte all’altro, solo il cofano li separava. La Dalton di notte aveva tutto un altro aspetto: l’edificio, sotto le luci dei fari, sembrava una location perfetta per un film dell’orrore. Spostò il peso da un piede all’altro mentre guardò Sebastian infilare le mani in tasca con aria all’apparenza annoiata.
- Allora ciao e grazie per aver offerto la cena.-
Una cosa che Dave non era riuscito ad impedire, cercò di convincerlo a prendersi almeno la metà della cifra pagata, ma senza successo.
- Mi piace fare il cavaliere al primo appuntamento, al prossimo magari, offri tu.-
Dave sospirò roteando gli occhi al cielo mentre l’altro ammiccò in modo piuttosto provocante. Aprì bocca per ribadire la sua posizione, ma che senso avrebbe avuto? Non gli andava di discutere di nuovo con lui e sicuramente ciò che avrebbe detto, da un orecchio sarebbe entrato e dall’altro sarebbe uscito.
- Scusami per il pugno.-
Dave indietreggiò di un passo quando vide Sebastian muoversi lentamente verso di lui, oltrepassando il muso della macchina.
- Non fa niente, non era diretto a me, dopotutto. Sono capitato lì per sbaglio.-
Fece un altro passo indietro abbassando lo sguardo ma Sebastian fu più veloce di lui. Quando rialzò lo sguardo, il viso dello studente era piuttosto vicino al suo, era più alto sebbene di poco, ma quella differenza di altezza lo metteva ancora di più a disagio.
- Scusami lo stesso.-
Per alcuni secondi rimasero fermi, l’uno di fronte all’altro, Dave poteva sentire l’odore della pelle di Sebastian mista a dopobarba, alzò lo sguardo fermandosi a guardare le sue labbra sottili deglutendo.
Si stava addentrando in un territorio proibito: non riusciva a controllare i battiti del suo cuore e nemmeno i suoi pensieri ed i suoi desideri, la sua mente vagò libera proiettando immagini di lui stretto tra le braccia dello studente, lui che cercava disperatamente quelle labbra con le sue. 
Si riscosse da quei pensieri quando sentì dei passi frettolosi provenire dai dormitori, lo scricchiolare delle scarpe sulla ghiaia li fece voltare entrambi, Dave guardò agitato Sebastian, per poi infilarsi in macchina e accendere il motore, Sebastian dal canto suo si voltò in direzione dei passi, per poi scoprire che altri non erano che Nick e Jeff.
- Sebastian! Proprio te cercavamo. Martin sta facendo un casino al dormitorio, lui e Thad si sono azzuffati.-
Mentre i due ragazzi si avvicinavano di corsa, Sebastian sentì la macchina di Dave sgommare sul brecciato per poi sfrecciare lungo il viale. Il suo sguardo si perse in quella direzione fino a quando i fari della sua macchina non scomparirono dalla sua vista, i due ragazzi si fermarono accanto a lui con aria interrogativa.
- Chi era?-
Sebastian scosse la testa.
- Nessuno. Un tizio che si è perso e mi ha chiesto informazioni.-
Nick e Jeff non fecero più di tanto caso alle parole dell’amico, lo presero per un braccio trascinandolo verso il dormitorio. Il ragazzo non oppose resistenza, ma non riuscì a seguire il racconto di Jeff e Nick, si voltò di nuovo verso l’ingresso della scuola, attirato dal rumore del cancello che si chiudeva definitivamente. Era scattato il coprifuoco. 


Ce l'ho fatta! 
*partono le trombe del trionfo*
Siccome mio padre domani si opera, andrò a Roma e per il resto della settimana starò con la testa altrove, 
per questo motivo mi sono affrettata a postare il capitolo perciò, perdonatemi gli errori grammaticali >.<
Non ho ancora una beta u.u 
Anyway, spero il capitolo vi piaccia, sì Dave mi fa più male che bene ultimamente xD 
( Scherzo Didi ti amo lo sai ) 
Eee... niente! Grazie a chi ha commentato, davvero mi rendete felicissima! Il prossimo capitolo vedrò di postarlo il prima possibile. 
Grazie a tutti voi che leggete e che seguite!

Ecco la canzone che cantano i Warblers: amo i Maroon 5! http://www.youtube.com/watch?v=oqaEh2hAajM

Enjoy! 

Esse
   
 
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