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Autore: LadySherry    09/05/2012    2 recensioni
« Ci sono due cose che ho imparato da quando sono qui. La prima: mai fidarsi degli estranei. La seconda: mai fidarsi di Bill Kaulitz.»
(...)
«Ma tra il bivio del prendere o lasciare, avevo deciso di prendere.»
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 16.

 

Fortuna fortuna... tu sei capricciosa, io ci conto!
So che che non lo terrai lontano tanto tempo.
So che lo rimanderai da me.”

(W. Shakespeare)

 

 

Ho sempre pensato che inizi ad amare una persona seriamente quando chiudi gli occhi e te la ritrovi nei sogni, negli incubi, in ogni fase REM.

Il guaio più grande è che Tom non ha alcun bisogno di essere “chiamato”. Lui è sempre lì, nella mia testa, in ogni momento della giornata mentre mi affretto a piegare nella maniera più decente un golfino color panna o rosso cremisi o mentre cucino la pasta senza dover necessariamente bruciare il ragù.

La cosa peggiore, comunque, non è avere la consapevolezza di ritrovarlo di fronte alla porta di casa alla fine di ogni tour, ma sapere che l'orda spietata di ragazzine mi dà la caccia pronta a squartarmi viva.

Tom ride ogni volta che provo a fargli capire la serietà della situazione e io ormai ci rinuncio. Bill mi ascolta, o almeno, fa finta. Il che potrebbe addirittura bastarmi.

Giulia non mi è d'aiuto più di quanto lo sia Tom, nel senso che lei mi vedrebbe più su un'isola esotica con un bicchiere di succo alla frutta con tanto di cannuccia e ombrellino. Il problema è che, malgrado rischi la morte ogni volta che tento furtivamente di entrare in casa sua, su quell'isola ci andrei solo con lui.

Io e Tom non abbiamo mai parlato di questo né di cosa siamo adesso. Stiamo insieme? Forse. Siamo amici con qualcosa in più? Probabile.

Ciò che mi manca è una risposta e sono perfettamente consapevole che da questa risposta potrò ricavare la mia felicità o la mia infelicità. E' strano come, ad un tratto, la mia vita dipenda da qualcuno che fino al mese prima credeva gli avessi rovinato l'esistenza

Sento il cellulare squillare e corro in salotto a recuperarlo.«Pronto?».

Speranzosa, tento di dare una sbirciata al display per vedere se le mie ragioni sono fondate.

Sì, è lui.«Ciao, dolcezza!» mi saluta, con la sua solita aria da super figo.

La sua unica fortuna, l'unica cosa che gli permette di avere un atteggiamento del genere, è che in fondo interpreta solo sé stesso.

«Ciao, scemo!» ricambio, senza però accennare al suo stesso tono scherzoso.

Sento in sottofondo il rumore fastidio di macchine e camion che sfrecciano per la strada. Se c'è una cosa che odio sentire quando parlo al telefono è proprio quella! E dire che, il centro di Berlino, non è esattamente il posto più tranquillo al mondo a livello di traffico, durante le ore di punta,

«Si può sapere in che parte di Parigi sei? C'è un frastuono impressionante!».

«Eh, in effetti c'è un po' di traffico...» vaneggia, senza dare troppe spiegazioni.

Non che gli argomenti di discussione siano il nostro primo problema, ma non mi piace quando fa il sospettoso. Sento se mi nasconde qualcosa e ogni volta che tento di scoprirlo, puntualmente si arrabbia e mi sbatte il telefono in faccia.

Per questo, negli ultimi due mesi, ho imparato a farmi gli affari miei – in quel senso. Dopo aver appurato che il fattore tradimento non rientra affatto tra i suoi principi, posso stare tranquilla.

Anche se, visto il modo piuttosto “ambiguo” con il quale ci siamo lasciato – un bacio sulla guancia piuttosto affettuoso e un “sei importante” - ogni dubbio è lecito.

Comunque, so che non mi tradirebbe mai, questo è l'importante.

«Com'è andata l'intervista?» chiedo, spezzando il silenzio.

Il suono del clacson di un camion sembra rispondere per lui e sorrido, immaginando la classica scena dei rotoli di paglia che scivolano lungo la collina.

«Piuttosto bene, le solite domande, il tour, il nuovo album... L'intervistatrice, poi! Hai presente quelle bellezze orientali, con gli occhietti un po' allungati, lisci e setosi capelli neri, naso a...».

«Ma lo fai apposta? Cristo, Tom, non sei divertente!» sbraito, agitando la mano libera per poi buttarmi sul divano. «Sei uno stronzo e ti odio per questo! Hai per caso dato un'occhiata anche al suo fondo schiena?» continuo, senza abbassare il tono di voce.

Faccio una pausa, mentre lui sembra troppo preso dalla sua risata per potermi rispondere.

Decido di rimanere in silenzio finchè non si accorgerà che esigo una risposta. E la esigo in fretta, o rischierà di parlare un quarto d'ora da solo senza rendersi conto di star parlando da solo perchè gli ho sbattuto il telefono in faccia.

«No, ma se mi apri la porta posso esaminare per bene il tuo» dice, lasciandomi per un attimo interdetta, con la mano libera a mezz'aria e l'altra che inizia a sudare, rischiando di far finire il mio iPhone spiattellato al pavimento.

Corro all'ingresso e spalanco la porta, trovandomelo davanti più bello che mai. Appoggio il telefono sulla mensola e gli salto in braccio, circondando le braccia attorno al suo collo e le mie gambe attorno alla sua vita.

Lo stringo così forse che a momenti credo di ucciderlo, ma sembra piuttosto compiaciuto visto che sento la sua risata sul mio collo. Ci lascia sopra un bacio e mi guarda negli occhi, mentre entriamo in casa.

Scendo – anche se in braccio a lui potrei starci tutta la vita – e mi avvio in cucina, saltellando di gioia.

«Non dovevi tornare la settimana prossima?».

«No, è saltata la prossima intervista e non avevamo ragione di restare a Parigi» mormora, scrollando le spalle per poi sedersi sulla sedia a capotavola.

Sorrido, divertita. «Be', è una bella città...».

«Magari un giorno ci andiamo, io e te. Se ti va, naturalmente».

Abbassa lo sguardo tentando di nascondere il lieve rossore sulle sue guance.

Lo raggiungo e lo abbraccio da dietro. «Tom Kaulitz è arrossito!» ridacchio, schioccandogli un bacio sulla guancia.

Mi afferra per i gomiti e finisco inevitabilmente per sedermi sulle sua ginocchia.

«Se non lo dici a nessuno ti pagherò il volo».

Alzo la mano aperta e aspettò che mia dia il cinque. «Andata!».

Quando finalmente si rende conto che deve mettere la sua mano sopra la mia e batterla leggermente, annuisce e finalmente risponde al gesto, ma concludendo intrecciando le sue dita alle mie.

Punta i suoi occhi sui miei e rimaniamo per qualche secondo a fissarci, senza dire una parola.

Poi sussurra quelle parole, che ho sognato spesso.

«Dobbiamo parlare».

 

 

 

 

 

 

 

Note: scusate se è corto, ma allungandolo di altre due pagine veniva troppo noioso. Preferisco fare ottocento capitoli corti e fatti bene che trenta capitoli lunghissimi che non rendano nulla! :)

Fatemi sapere, un bacio!

Lady

  
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