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Autore: Cherry Berry    11/05/2012    3 recensioni
"-Posso sapere il tuo nome?
Il suo sguardo color iris cercò quello color nocciola dello sconosciuto. Vi lesse una pura curiosità, che la portò a rispondere senza pensare.
- Rukia. Il tuo?
Ma lei lo conosceva. Non sapeva come, mentre il ragazzo dai capelli rossicci pronunciava il suo nome, un attimo prima che lo dicesse ad alta voce, lei lo sapeva già. Fu una sensazione stravagante, che le fece sentire una stretta alla bocca dello stomaco, una scossa di elettricità sulla pelle. Fissò il ragazzo, sussurrando il suo nome nello stesso istante in cui esso uscì da quelle labbra pallide e tese in un sorriso amichevole.
- Ichigo."
Prima classificata + premio originalità al concorso "A whole new world" del »DEATH & STRAWBERRY forum.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Sosuke Aizen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CHAPTER 3

 

Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione.
Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita,
 una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita
cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo. 
 

Nebbia che si era diradata, rivelando un paesaggio umido e poco piacevole. Un paesaggio freddo, grigio, che risentiva dell’atmosfera nebbiosa e rarefatta. Nebbia che era sparita, sì, ma lasciando un profondo segno del suo passaggio. La mente di Rukia era stata piena di quella coltre umida e grigia fino ad allora, ma adesso la situazione era cambiata. Lei ricordava. Ricordava ogni cosa. Certo, la sua mente non era ancora fresca e lucida, ma aveva rimosso quella cortina che non le permetteva di attingere ai ricordi del suo passato.
Entrò in casa, lasciando che la porta sbattesse alle sue spalle. Il suo sguardo si era rivolto intorno, alla ricerca di un segno di vita, qualcosa che le rivelasse la posizione di Sosuke. A quanto pareva, non era in casa. La ragazza si tolse gli abiti pesanti indossati per uscire, dirigendosi in cucina. Si riempì un bicchiere d’acqua, cristallina e fredda, poggiandolo sul tavolo e sedendosi presso esso. Poggiò entrambi i gomiti alla superficie lignea, per poi accomodare il viso nell’incavo formato dalle sue mani. Non capiva, non ci stava capendo più nulla. Fissò piccole sfere d’aria salire dal fondo del bicchiere verso la superficie, febbrilmente, come se la loro corsa fosse la cosa più importante del mondo. Restò immobile in quella posizione, osservando il vetro riflettere la sua immagine, finché non percepì la porta d’ingresso aprirsi e richiudersi. Trasse un profondo respiro. Era giunto il momento di svelare la verità, di porre fine agli inganni e ai sotterfugi. Non si sarebbe piegata, non avrebbe supplicato che le fosse raccontato tutto. Si sarebbe imposta, pretendendo che le fosse detta ogni cosa.
 
Sosuke aveva abbandonato la solita aria spensierata e dolce. Era seduto di fronte a lei, che lo fissava a braccia incrociate, con espressione seria e dalla rabbia controllata a mala pena.
- Perché dovrei raccontarti tutto?
Il sospiro vibrante che passò attraverso le sue labbra desiderava sfociare come un ringhio rabbioso, ma la donna si trattenne.
- Perché altrimenti me ne andrei. E se sono qui devi avere i tuoi piani per me, no?
I suoi occhi erano gelidi, pieni della stessa freddezza della neve, che scivolava lenta all’esterno, sul terreno, ovunque. Lo stesso clima rigido si rifletteva nel suo animo e nel suo sguardo. Sosuke ridacchiò, togliendosi gli occhiali con un gesto distratto. Aveva deciso dunque di gettare la maschera e rivelarsi per ciò che era veramente?
- Non mi sembra sia una situazione divertente. – affermò Rukia fissando l’uomo che le sedeva davanti.
- Oh, no, ti sbagli. Lo è eccome. È la quinta volta che mi poni la stessa domanda, e ogni volta hai sempre quell’espressione così determinata…
Scoppiò a ridere una seconda volta, mentre la ragazza lo fissava con aria sconvolta. Di cosa andava cianciando? La quinta volta?
- Sì, Rukia, è la quinta volta che mi poni la stessa domanda. Bene, risponderò, come ho fatto fino ad ora.
Le labbra della ragazza si piegarono appena, in una smorfia a metà tra il confuso e l’arrabbiato. Non capiva con precisione cosa stava accadendo, era sicura di non avergli mai chiesto nulla. Attese, con aria impaziente, che iniziasse la sua spiegazione. No, non capiva affatto cosa intendesse con “la quinta volta”.
- Bene, se sei così determinata a sapere, ti racconterò tutto.
L’espressione di Sosuke si fece seria, mentre prendeva fiato per iniziare a parlare. Fissò gli occhi di Rukia e cominciò:
- Tantissimi anni fa, su questo pianeta, non vi erano la pace e la serenità che vi sono ora. Il mondo era pieno di tumulti, guerre e distruzione. Vi era un uomo crudele che voleva tutto per sé, che cercava di avere il predominio su tutti e tutto. Quest’uomo era la malvagità pura, fatta a persona. Per fermare le malsane idee di questo crudele e meschino individuo venne formato un esercito, i migliori combattenti che si erano mai presentati al mondo, erano tutti schierati contro di lui. Giovani, vecchi, donne e uomini. Tutti. Eppure anch’egli aveva i suoi alleati, alleati che gli davano man forte, che cercavano a tutti i costi di distruggere i suoi nemici. Ma nonostante gli scontri si susseguissero, senza sosta, nessuno dei due eserciti riusciva a prevalere. Talvolta era l’uno, talvolta era l’altro, la guerra continuava e nessuno vinceva. Come probabilmente ricorderai, nessuno può sparire da questo posto, siamo tutti destinati a vivere per sempre, dimenticando man mano gli avvenimenti passati. E dunque la guerra durò parecchio tempo, senza che il malvagio venisse sconfitto e senza che i buoni riuscissero ad avere la meglio. Accadde un giorno che uno strano individuo creasse uno strumento che, secondo quanto da lui detto, sarebbe stato in grado di porre fine alla guerra.
Sosuke si interruppe, per volgere uno sguardo alla finestra. Rukia rimase immobile. Forse stava cominciando a comprendere.
- Questo strumento venne chiamato Hougyoku. Ormai avrai capito di cosa si tratta, non è vero?
Le sorrise. Mai sorriso fu più odiato, mai il volto di Rukia aveva espresso più disprezzo in tutta la sua lunga esistenza. I ricordi erano finalmente riaffiorati nella loro totalità.
- Urahara. Kisuke ha costruito il “tesoro sgretolante”. E tu lo hai annientato, non è vero?
Non sapeva come riuscisse ancora a sedere su quella sedia, non capiva come non si fosse ancora alzata e avesse finito con le sue mani quell’uomo. Il malvagio per eccellenza, il cattivo che ogni favola deve avere per forza, il lupo che cerca di divorare i tre porcellini, l’orco che mangia i bambini. L’individuo che raccoglieva in sé tutto ciò che c’era di brutto su quel pianeta sedeva dinanzi a lei con aria divertita. Sì, si stava divertendo, il maledetto.
- Piuttosto, Rukia, non ti sei mai chiesta perché ti lascio uscire? A me non interessa che tu recuperi i tuoi ricordi, per me cancellarli una volta, un’altra e una ancora, non è un problema. Mi chiedo perché sia sempre Ichigo a farti riacquistare la memoria. Sai dirmelo?
La donna lo fissò con astio, tacendo. Lo sapeva. Ichigo era la sua metà, il suo protettore, colui che avrebbe dovuto tenerla lontano da ogni malvagità, da ogni dolore.
 
Quando Kisuke aveva posto in lei l’Hougyoku, tanti anni addietro, lei non si era opposta. Sapeva che se volevano porre fine a quella guerra non vi era altra soluzione. Egli le aveva spiegato in poche parole un concetto piuttosto difficile da comprendere.
- In questo mondo, – aveva esordito, -  ogni singola azione comporta il formarsi di una dimensione. So che può sembrare assurdo e assolutamente incomprensibile, ma è davvero così.
Le aveva sorriso. Quel suo solito sorriso enigmatico che poteva significare tutto e niente.
- Queste dimensioni, come puoi immaginare, sono infinite e incontrollabili. Una qualsiasi di esse può contenerne altre migliaia. Tutto dipende dalle scelte che gli uomini e le donne di questo mondo operano. Potrà apparirti impossibile, ma tutti noi, se volessimo, saremmo in grado di influenzare questi, chiamiamoli, mondi paralleli. Che però, essendo così tanti, potrebbero sopraffare la mente di chi, incautamente, tentasse di vincerli e piegarli al suo volere. Per questo ho creato questo oggetto.
Le mostrò una pallina nera, pulsante. L’oscurità che emanava le fece correre un brivido lungo la schiena. Era come se un’ombra fosse stata solidificata e compattata, ridotta a una piccola sfera. Rukia avrebbe dovuto ingerirla. La osservò, con timore, non sapendo bene come comportarsi.
- Questo “tesoro sgretolante” è in grado di farti viaggiare attraverso le decisioni. Solo chi lo possiede all’interno del suo corpo è in grado di controllare l’immensità dei mondi.
La ragazza prese l’oggetto in mano, rigirandoselo tra le dita. Era caldo, proprio come fosse un corpo a sé stante, come se possedesse vita propria. Lo tenne sul palmo della mano, mentre Urahara continuava il suo discorso.
- Solo tu, mia cara, potrai viaggiare e cambiare le sorti del mondo.
Rukia abbassò lo sguardo al terreno. Sapeva di non essere sola, ma l’incombenza di quella mansione le faceva dolere la testa.
- Lo farò.
Urahara sorrise. Era quello che voleva sentirle dire.
 
Rukia ritornò al presente. Aveva appena rivissuto con intensità disarmante un ricordo che avrebbe dovuto essere dimenticato, per lei, visto che erano passati tantissimi anni dalla grande guerra. Fissò lo sguardo su Aizen, con aria determinata.
- Tu. Io ho cambiato le cose, com’è possibile che tu sia riuscito a… farmi questo?
Lei aveva cambiato le cose. Il mondo era tornato in pace. L’uomo sorrise, un altro sorriso che fece venire voglia alla ragazza di procurargli dolore. Dopotutto lui si era comportato in maniera orribile, il male gli era dovuto.
- Tu hai cambiato le cose, sì. Le scelte però restano. Con la mia decisione di essere crudele, era destino che trovassi il modo di creare scompiglio.
Rukia sospirò. Lo sapeva. Aveva immaginato che non sarebbe stato così semplice cancellarlo dal mondo, cancellare la sua malvagità.
- Hai distrutto Kisuke.
Non era una domanda. Questo se lo ricordava. Poco prima che lei operasse il suo viaggio nelle dimensioni, Aizen aveva scoperto il suo piano e aveva cercato di capire a tutti i costi dove il magico oggetto per viaggiare nelle dimensioni si nascondesse. Urahara aveva fatto in modo di non dirglielo, non voleva mandare all’aria tutti i loro piani, così Sosuke l’aveva costretto a spostarsi nei mondi. Ed egli vi si era perso, non potendo più tornare indietro. Le scelte, a volte, portano gravissime conseguenze.
- Se l’è cercata.
Perché era ancora lì? Perché discuteva con colui che incarnava tutto il dolore e il male che un uomo poteva infliggere agli altri? Si alzò in piedi di scatto, facendo cadere la sedia sul pavimento con un tonfo. Se ne sarebbe andata. Sarebbe tornata da Ichigo, una volta per tutte.
- Te ne vai, di già?
Il sorriso che sfoggiava, con noncuranza, le fece temere per la sua incolumità.
- Sì, me ne vado. Qualcosa in contrario?
- In effetti sì, parecchie cose in contrario.
La vista le si annebbiò. Il tavolo, l’uomo, la stanza… Tutto sparì, lasciandola sola con una fitta nebbia bianca.

***

Chiedo venia per la sparizione, ho avuto trooooppo da fare, tra scuola ed ultime partite di campionato, ma ora sono tornata! Ringrazio chi ha recensito e anche chi ha solo letto. Rendete felice il mio cuore!♥

  
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