Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold
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Autore: Cherry Berry    11/05/2012    1 recensioni
Margaret era cresciuta con la passione per la musica e il canto, per le strade afose di Huntington Beach, vivendo nella speranza di incontrare la sua band preferita. Eppure la fortuna nemmeno una volta aveva girato dalla sua parte, finché anche lei aveva intrapreso la carriera musicale. Ed era convinta che l'amore fosse inutile e passeggero, volatile come un soffio d'aria.
Quando nasci in California tutti i sogni possono diventare realtà, ma innamorarsi di una rockstar porta inevitabilmente a una serie infinita di guai.
-Dedicata a the Rev.-
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8. Collage of broken words and stories full of tears

 

"Che cos'è l'uomo nella natura?
 Un nulla in confronto con l'infinito,
un tutto in confronto al nulla,
qualcosa di mezzo tra il nulla e il tutto."

 
Non aveva mai avuto problemi a reggere l’alcol, anzi nell’ultimo anno aveva iniziato a faticare per riuscire a portarsi sulla soglia dell’ubriachezza. Doveva bere parecchio per riuscire a passare da “allegra” a “completamente ubriaca”, ma quella sera era per lei l’occasione ideale per darsi alla pazza gioia. Era o non era il suo ventiseiesimo compleanno? Bevve, bevve e bevve ancora in compagnia del piccolo bassista, abbandonato dalla fidanzata che gli disse di fare un po’ come preferiva, e aggiunse ridendo che di vomito lei non voleva più pulirne. Meg non poteva far altro che trangugiare bicchieri colmi di liquidi più o meno particolari, scolandoli come se vuotarli fosse la sua unica ragione di vita. Non sapeva perché si sentiva così attratta dalla possibilità di stramazzare a terra in preda all’effetto alcolico, né di passare la giornata seguente con un mal di testa epocale, eppure continuava a riempirsi di tutte quelle sostanze nocive per i suoi neuroni e per il suo fegato. Fu quando cominciò a girarle la testa che decise di prendersi una pausa. Lasciò la cucina alle sue spalle, optando di uscire un attimo all’aria aperta, nel giardinetto della villa, che al suo arrivo aveva degnato di un misero sguardo. Uscendo all’esterno, malferma sulle gambe, si rese conto di essere circondata da mille coppiette, che per un attimo le fecero venir voglia di rigettare tutto ciò che aveva ingerito fino a un momento prima. Un brivido le salì lungo la spina dorsale, si guardò intorno alla ricerca di una via di fuga e, visto un cancello al limitare del vialetto, sul lato destro dell’abitazione, lo imboccò, sbucando direttamente su una piccola spiaggia spoglia. La spiaggetta era sicuramente privata, e ultimamente, in quella stagione, non era di certo frequentata. L’alcol le dava alla testa, così si lasciò cadere sulla sabbia bianca, sospirando con forza. Aveva perso di vista tutti i componenti della band, ma poco le importava. Guardò le onde infrangersi sul bagnasciuga a qualche metro da lei, portando la fresca spuma marina a sfiorarle il viso con una delicatezza che le lasciò soltanto una lacrima salata su una guancia. Non seppe bene il perché, ma ben presto si ritrovò a singhiozzare, piegata in due, col capo poggiato sulle ginocchia e le mani affondate nella sabbia gelida. Chiuse gli occhi e lasciò che il rumore dell’oceano le entrasse dentro, prendendo respiri profondi e controllati per recuperare la calma. Non capiva con precisione perché si fosse messa a piangere, una commistione indecifrabile di pensieri , ansie e paure le opprimeva il petto in quel momento e non riusciva a far altro che restare accucciata sulla battigia, domandandosi perché proprio quella sera si sentisse sovrastata dal mondo intero. Forse era stato l’alcol a schiacciarla con la sua potenza, la sua mente non era ancora abbastanza lucida per poterlo capire. Alzò lo sguardo verso il luminoso cielo di novembre e si sentì oppressa dalla lucentezza delle stelle che brillavano sopra il suo capo con un’intensità tale da costringerla a chiudere gli occhi e strizzarli un paio di volte per permettere alle ultime lacrime di scivolare lungo la curva degli zigomi. Era soltanto un granellino insignificante nei confronti della maestosità dell’universo, la sua assenza sarebbe stata paragonabile, in quanto a necessità, a quella di un moscerino, per il resto del creato. Eppure sapeva, in cuor suo, che esistevano a quel mondo, persone per cui la sua esistenza era importante, ma in quel momento non riusciva a scacciare quella sensazione di inutilità che la permeava. Rivolse nuovamente gli occhi scuri verso la volta celeste, e le venne naturale domandarsi se ci fosse qualcuno, lassù, ad osservarla. Magari in quel momento Jimmy rideva delle sue condizioni pietose, con quel sorriso meraviglioso con cui le si era presentato tempo addietro. In realtà Meg non aveva mai creduto nella vita dopo la morte, ma provare a scorgere un barlume di speranza, in quel momento, era ciò di cui aveva bisogno.
«Remembering your life, ‘cause we wish to you were here…» canticchiò a bassa voce, fissando la stella polare, che dolcemente le indicava il nord, ammiccando verso la terra.
«Ehi.» La voce la fece voltare di scatto, sobbalzando e osservando il nuovo venuto che, in evidente imbarazzo, teneva i pollici nelle tasche dei pantaloni scuri, guardandola con un misto di senso di colpa, timidezza e simpatia sul viso.
«Non volevo disturbarti.»
«Ehm, no, fa nulla, non c’è alcun problema.»
Il ragazzo si sedette di fianco a lei, sulla sabbia chiara e fresca. Aveva corti capelli biondi, con un leggero ciuffo sul davanti, indossava una camicia bianca con una cravatta allentata e non riuscì a scorgere, nella penombra, di che colore fossero le sue iridi.
«Piacere, sono Robert.»
Le tese la mano, sfoderando un abbagliante sorriso contornato da fossette.
«Io Meg.» rispose la rossa, stringendogli la mano.
«Hai una voce meravigliosa, lo sai?» affermò lui, continuando a sorriderle in quella maniera sincera e cordiale che la portava a ricambiare apertamente, ringraziandolo per il complimento.
«Mh, comunque io lavoro in casa discografica, faccio il tour manager.»
Meg lo fissò interdetta per qualche secondo.
«D-davvero?» domandò con ingenuità la ragazza, piantando i suoi occhi in quelli del nuovo venuto.
«Già. Tu sei la cantante dei Waking the fallen, giusto?»
Annuì, facendosi cadere un ciuffo di capelli sulla fronte, che poi scacciò con un gesto repentino del capo.
«Sono proprio io.»
«Pensavo di propormi come vostro tour manager. Che ne penseresti?»
La ragazza diede uno sguardo in tralice all’uomo che le sedeva di fianco. Sembrava così giovane… Come poteva fare un lavoro del genere, in cui serviva, comunque, una qualche esperienza? Rimase silenziosa per qualche istante, ascoltando il rumore ritmico delle onde che si infrangevano a pochi passi da loro.
«Dovrei parlarne con le mie band mate, ma penso che non avranno niente da obiettare, anzi.»
Annuì in sua direzione, così Robert si allargò in un altro stupendo sorriso, per poi chiederle:
«Quindi oggi è il tuo compleanno? Auguri!»
Lei ridacchiò, per poi ringraziare e stendersi completamente sulla sabbia fredda, allungando lo sguardo verso i miliardi di costellazioni che dominavano l’aria sopra il suo viso. Robert si stese al suo fianco, rilassandosi e sospirando impercettibilmente. Quella Meg aveva il suo fascino, doveva ammetterlo almeno a se stesso. Si voltò, per osservare il viso abbronzato e gli occhi chiusi, a poca distanza dai suoi, rimanendo colpito dal naso perfetto e il piccolo neo sotto lo zigomo destro che era quasi invisibile, se non visto da vicino. Chiuse a sua volta gli occhi, lasciandosi cullare dal fragore dell’oceano che a poca distanza urtava la scogliera rocciosa, limite naturale per quel piccolo paradiso sabbioso.
 

*

 
«Meg, ehi Meg!»
La rossa spalancò gli occhi al suono di una voce vicino al suo orecchio destro e all’odore di alcol e nicotina che le arrivò forte alle narici. Ci mise qualche secondo prima di capire dove fosse; le vennero in mente alcuni sprazzi della serata, una spiaggetta, quella dove ancora si trovava, e un volto sconosciuto che ora non era più al suo fianco, sostituito dal sorriso amichevole di Synyster Gates, il dio della chitarra. Okay, doveva essere ancora ubriaca evidentemente per formulare un pensiero simile. Lasciò che il ragazzo l’aiutasse a mettersi seduta, per poi accasciarsi scompostamente al suo fianco, sulla sabbia chiara.
«Che ci fai qui tutta sola? Stanno cercando disperatamente la festeggiata più bella, sai, Jhonny lascia un po’ a desiderare…»
Meg lasciò che lo sproloquio continuasse ancora qualche attimo, prima di interromperlo:
«Che ore sono?»
«Circa le quattro del mattino.»
La ragazza sospirò, fissandosi la punta delle scarpe col tacco. Come aveva fatto ad arrivare fin lì con quelle ai piedi? Misteri dell’alcol a cui non avrebbe saputo dare risposta. Alzò lo sguardo per posarlo sul bel viso di Brian, che a sua volta osservava con occhi vacui il mare che stava loro dinnanzi, un’espressione priva di qualsivoglia emozione dipinta in faccia. Il silenzio tra i due si fece spesso e persistente, finché il moretto non lo spezzò con un sospiro rumoroso.
«Michelle non c’è stasera. Aveva una serata di beneficienza a Los Angeles.» sussurrò tra le labbra, in maniera talmente impercettibile che l’interlocutrice fece fatica a sentirlo. Lei si voltò nella sua direzione, incitandolo a continuare con un cenno.
«Dice di avere sempre più lavoro, ma credo che ormai abbia un amante a cui non riesce a rinunciare nemmeno per amore del nostro matrimonio.» asserì alzando appena il tono, soffiando le parole con una tale indifferenza che appariva stesse parlando della moglie di qualcun altro che al momento se la spassava in barba ai vincoli matrimoniali. Meg rimase zitta, non sapendo bene con che parole consolare l’uomo che, affranto, aveva ripreso ad osservare il vuoto.
«Non c’è bisogno che tu dica nulla.» la tranquillizzò lui, stendendosi poi sul terreno e poggiando il capo in grembo a Meg, che senza neppure accorgersene, con un gesto quasi meccanico, prese ad accarezzargli i corti capelli scuri. Brian si rilassò sotto quel tocco delicato e presto chiuse gli occhi, assaporando il dolce contatto che gli stava offrendo. In quella posizione passarono parecchi minuti, prima che uno Zacky estremamente preoccupato li trovasse, strepitando contro quella sciocca di Megghie che l’aveva fatto preoccupare inutilmente e contro quel deficiente del suo “alla faccia del migliore amico!” che non si era degnato di comunicargli che l’aveva trovata. Inveì contro entrambi finché non furono all’interno di villa Baker e solo allora si calmò, sotto lo sguardo di rimprovero che Gena gli dedicò, asserendo di non fare la mammina isterica. Meg la ringraziò con un’occhiata e lei le fece l’occhiolino, sorridendole con aria complice.
«Però non sparire più così.» la redarguì dopo qualche minuto, quando Zack ormai era tornato a dedicarsi all’alcol.
Così preso si ritrovò nuovamente immersa nel vivo della festa, circondata da tutti quegli illustri sconosciuti che spesso e volentieri la fermavano per augurarle un buon compleanno, a volte anche abbracciandola e scoccandole violenti baci sulle guance. Ad un certo punto si ritrovò a incrociare degli occhi noti, appartenenti a una piccola ragazza dall’espressione dolce e simpatica.
«Leana!»
«Ciao Meg. Auguri!» la salutò con un abbraccio fugace.
«Sono qui solo di passaggio.» si giustificò la donna, aggiungendo poi che desiderava fare gli auguri anche a Johnny. Nonostante tentasse di sorridere forzatamente Meg si accorse che qualcosa non andava, sembrava avesse appena smesso di piangere, aveva gli occhi rossi e puntati verso il pavimento, con fare remissivo. Osservò con attenzione il suo sguardo febbrile vorticare intorno alla sala, per poi domandare gentilmente, ma senza troppi giri di parole:
«Che succede Leana?»
«Nulla, cosa pensi…» ma la sua voce si incrinò prima che riuscisse a terminare la frase.
«Leana…» mormorò la rossa, guardando esterrefatta gli occhi della donna riempirsi di lacrime.
«I-io… Non ce la facevo più. Non possono farmene una colpa se voglio provare a ricominciare, a ricomporre i pezzi della mia vita. Amavo James, con tutta me stessa, anzi lo amo ancora e non smetterò mai di farlo. E proprio per questo devo  andare oltre, devo andare avanti e continuare a vivere per entrambi. Ma loro… Brian, Matt, Val e persino Gena! Nessuno capisce. Anche Lacey comincia ad odiarmi. Zacky, lui sembra capire, ma figurati se si permette di opporsi a tutti! Scusa Meg, vado a fare gli auguri a Johnny e poi sarò definitivamente fuori dalle loro vite. E ti prego, sii cauta. Non lasciare che gli Avenged Sevenfold occupino tutta la tua esistenza, è doloroso perderli tutti da un giorno all’altro. Mi dispiace non poterti conoscere meglio, sembri proprio una brava ragazza, e sono certa che tu lo sia davvero. Abbi cura di tutti loro. Sono sicura che anche Jimmy lo vorrebbe.»
E con queste parole, senza dare a Meg il temo di ribattere, si voltò e si allontanò in mezzo alla folla, una macchia scura su uno sfondo multicolore.  La rossa fissò per qualche attimo, sconvolta, il punto in cui la ragazza era appena sparita, senza comprendere davvero con precisione quello che le era stato detto. Si riprese dallo stupore dopo interminabili secondi, per poi schizzare all’inseguimento dell’altra donna, che però non aveva lasciato traccia di sé, né all’interno né all’esterno dell’edificio. Rientrando incrociò Zacky alle prese con un’ospite un po’ invadente, che tentava di infilargli la lingua in gola, mentre lui opponeva la resistenza debita a un ubriaco, cioè quasi nulla. Meg si avvicinò ai due, esclamando rivolta alla bionda ossigenata che stava spalmata a cavalcioni del chitarrista:
«Ehi tu, è fidanzato, levati di torno.»
«Sei per caso tu la sua donna?» ribatté quella con una nota canzonatoria nella voce.
«No, ma non lo sei nemmeno tu.» ringhiò la cantante in risposta, prendendo Zachary per un braccio e trascinandolo via. Lo portò a sedersi su uno dei tanti divani predisposti lungo le pareti del salotto, mentre lui la ringraziava per il salvataggio provvidenziale.
«Ringrazia il cielo che non ti abbia visto la cara Gena.»
Zacky ridacchiò, per poi passare un braccio intorno alle spalle sottili della sua Megghie e chiederle se la festa fosse di suo gradimento. Meg annuì appena, lasciando che l’amico le sistemasse una ciocca ribelle che le si era drizzata sulla fronte.
«Ho visto Leana.» buttò lì a bruciapelo, celando lo sguardo a quello acquamarina che sicuramente l’avrebbe inchiodata lì dove si trovava.
«Ah, l’hai incontrata?» chiese lui con cadenza indifferente.
«Già. Cosa diavolo è successo?» domandò, innervosita dalla piattezza della voce di Zack. Come poteva comportarsi così gelidamente nei confronti dell’anima gemella del suo migliore amico? Le sembrava impossibile una cosa simile, e Leana stessa le aveva detto che Zacky era forse l’unico ad averla capita.
«Nulla, cose di famiglia.» fu l’acida risposta che ricevette dal ragazzo, che aveva ancora un braccio intorno alle spalle dell’amica. E in quel momento quella posizione le sembrava decisamente irritante. Si era dimenticata che loro avevano una famiglia di cui lei non faceva parte, in alcun modo, se non in sporadiche comparsate per la gioia che Zachary provava nell’avere un giochino nuovo tra le mani. Affari di famiglia, che dunque non la riguardavano. Scacciò il contatto affettuoso e si alzò in piedi, giustificando il suo impeto con una necessità impellente di andare in bagno. Non sarebbe riuscita a resistere un minuto di più in quella casa, voleva semplicemente tornare nella sua, nel suo letto, rannicchiandosi su se stessa per riflettere su quell’anno eccessivo che pesava sulle sue esili spalle.
 

*

 
La luce del mattino inondava prepotentemente la stanza. La sera prima doveva essersi dimenticata di chiudere le imposte e ora rimpiangeva quella scelta di svogliatezza. Si voltò nel letto, rotolando verso la finestra. Convinta di riuscire a giungere ad essa senza doversi alzare, si allungò ancora una volta verso le tende, finendo sul pavimento con un tonfo sonoro. Lamentandosi per il dolore e finalmente mettendosi in piedi, si accorse di non essere nel suo letto, bensì sul divano. Doveva essersi addormentata lì la sera prima, dinanzi la TV. Perché, però, al momento era spenta? Si passò una mano tra i capelli scarmigliati, per poi sbadigliare e dirigersi verso la sua stanza, per poter dormire un po’ nel suo letto comodo. Nella penombra in cui si trovava la stanza si diresse verso la branda, infilandosi sotto le coperte. Alzando però il lenzuolo incontrò un corpo che le ostruiva il passaggio. Diede una ginocchiata contro la figura accovacciata, che si lamentò e poi si volse dall’altra parte.
«Zack, che cazzo ci fai nel mio letto?» mugugnò la rossa, dando un altro spintone al ragazzo in modo da sospingerlo nell’altra metà del letto, e stendendosi al suo fianco.
«Mmh…» miagolò l’altro, abbracciandola stretta a sé, tanto da non farla respirare.
Evidentemente si era addormentata sul divano mentre guardavano insieme Star Wars, e lui (“quest’infame!” aveva pensato Meg trovandolo nel suo letto), l’aveva abbandonata lì, e si era sistemato comodamente.
«Sei un brutto pigrone.» aveva mormorato lei contro la sua spalla, mentre l’altro già russava nuovamente e di lì a poco anche lei si riassopì.
In realtà le ci era voluto poco per farsi passare lo scazzo, e perdonarlo come subitanea conseguenza. Le era bastato che Zack la seguisse a casa la sera del suo compleanno, dopo che lei, oltraggiata dal suo comportamento (o meglio, dalle sue parole, le ripeteva costantemente una vocina dentro il cranio), se n’era scappata da villa Baker. L’aveva trovata seduta sugli scalini di casa, mentre desiderava sbattere la testa contro un muro per essersi dimenticata i suoi vestiti e le chiavi nella stanza in cui li aveva appoggiati per usufruire del regalo di Gena. Ed ecco che un bel cavaliere in Spider rossa era comparso all’orizzonte, facendole tintinnare dinanzi agli occhi la chiave che tanto bramava. Lei l’aveva squadrato con aria alterata e gli aveva porto un palmo aperto per farsela ridare. Lui l’aveva scavalcata per aprire la porta ed invitarla a entrare (come se avesse bisogno di un invito per entrare in casa sua!) e farla accomodare sul divano. Le aveva poi raccontato ciò che aveva portato Leana in quella disperazione nera in cui l’aveva vista lei. La donna aveva deciso di lasciarsi alle spalle la California, per andare a convivere con uno dei suoi migliori amici, in Europa, in Spagna per la precisione. E questa comunicazione aveva scatenato l’ira di Brian, Matt, Valary. Non erano riusciti a vedere in quegli occhi colmi di pianto il rimorso per l’abbandono della sua casa, della sua famiglia. Abbandono necessario per potere continuare a vivere, perché secondo Zack, quella che conduceva lì non era più vita. Era intrappolata nel rimpianto e nella perdita e da sola non sarebbe riuscita a farcela. I suoi amici l’avevano etichettata come ‘egoista’. Zacky avrebbe voluto abbracciarla, come in quel momento stava facendo con Meg in quel momento, per dirle poi che lui la capiva. Non poteva però tradire tutta la sua famiglia a quel modo, come già le aveva detto Leana. Meg non comprendeva bene i meccanismi che animavano quei ragazzi, le loro vite erano troppo intrecciate nell’intimo, perché lei riuscisse a scioglierne i lacci e capirne i nodi fondamentali. Era una partita persa in partenza, dunque si accontentava di avere un amico al suo fianco che la riempiva di attenzioni affettuose, e con cui poteva guardare i migliori telefilm o saghe un po’ “da nerd” come amava definirle Layla quando la trovava in casa con gli occhiali da vista sul naso e un pacco di pop corn in mano. Del resto, poco le importava.
 

"Like beautiful stories, the greatest chapters flew right by.
There comes a day when we all find out for ourselves,
that once we have the words to say, there's no one left to tell…"

 

Prima citazione: B. Pascal, Pensieri
Seconda cit: A7X, 4AM

COFF:
Salve a tutti quanti, vi siete dimenticati di me? Ovviamente sì, perché sono una brutta persona e non aggiorno questa fic da un secolo. La cosa buffa (?) è che ho questo capitolo scritto su carta da febbraio, e non ho avuto nemmeno un secondo libero per trascrivere. Chiedo immensamente scusa a tutti coloro (nessuno *coff*) che leggevano regolarmente questa storia, spero che possiate perdonarmi. Detto questo, mi dileguo. E' ovvio che il prossimo aggiornamento avverrà in tempi più brevi, ho già mezzo capitolo pronto. Vi lascio, grazie a chi legge, recensisce, segue, ricorda e preferisce. Mi fate tutti felice :)

  
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