Il
volo della civetta bianca
L’angolo
della civetta:
questa
volta ho deciso di mettere lo
spazio per le note alla fine... per darvi più suspance !!
voglio dirvi solo che
se non pubblico il 25 del mese allora pubblico
l’11. Sto già lavorando al capitolo 5
e vi dirò che sarà mooolto
romantico e sarà incentrato soprattutto su Daria.
P.S.
: perfavoreperfavoreperfavore
RECENSITE!! *MUSSILLO*
Capitolo
4
Il
padrone della civetta
<<
Sei pronta? >> chiese
Veronica con le chiavi della macchina in mano.
Rachele
si guardò un’ ultima volta allo
specchio.
Pantalone
nero e camicia nera invernale
per non mettere il giubbino, come scarpe delle Converse nere di cui non
ricordava l’esistenza. Odiava il nero, ma in quel giorno
avrebbe potuto mettere
anche il più bel vestito del mondo e non sarebbe cambiato
niente.
Guardò
Veronica e annuì convinta.
Avrebbe
voluto conservare per sempre quel
momento nella sua memoria: quando mentì alla madre con una
triste
consapevolezza.
Sapeva
di non essere per niente pronta.
Sapeva di non poter vedere quella stupida
bara dove la sua migliore amica sarebbe stata per sempre.
Ma sopra ogni
cosa sapeva che la sua insicurezza non avrebbe fermato quella funzione,
avrebbe
dato qualsiasi cosa per fermare quel giorno, ma in fondo a cosa sarebbe
servito? Daria era morta. Anche se non avesse un funerale Rachele
avrebbe
vissuto comunque senza di lei. Per sempre.
Nascose
una lacrima alla madre prima di
salire in macchina.
***
Il
funerale era in una piccola chiesa
devota a San
Francesco, Rachele l’aveva
sempre vista solo dall’esterno. Era una chiesa moderna, con
pochissime
decorazioni, alle pareti bianche si alternavano delle frasi dai vangeli
e dei
disegni dei dieci comandamenti, perfino il crocifisso
all’altare era il più
semplice che avesse mai visto. Avrebbe voluto tenere gli occhi fissi
sul
soffitto per tutta la funzione, così non sarebbe stata
costretta a vedere
quella bara bianca. Si avvicinò lentamente
all’altare. La guardò per un secondo
e poi distolse lo sguardo. Daria aveva un vestito completamente bianco
che
aveva comprato appositamente per la festa di compleanno di Massimo, i
capelli
pieni di boccoli perfetti proprio come piacevano a lei, sicuramente la
mamma
aveva insistito per farglieli fare, dato che sapeva benissimo della
passione
per i boccoli della figlia. Rachele voleva piangere, urlare,
scappare... voleva
prendere la mano di Daria e sentire che la
stringeva. Voleva dirle che il vestito che
indossava le piaceva moltissimo. Voleva vederla sbattere freneticamente
le
ciglia ancora un’ultima volta. Cercò con tutta la
forza che aveva di trattenere
le lacrime, ma alle fine non ce la fece più.
Scappò via dalla chiesa con gli
occhi arrossati, fece finta di non sentire le madre che la chiamava,
con la
remota speranza di non essere costretta ad assistere alla funzione.
A
pochi passi dalla chiesa c’era una
panchina, decise di sedersi lì per qualche secondo, ma
questa era occupata da
un ragazzo girato di spalle. Fece un po’ di rumore
avvicinandosi e quello si
voltò di scatto, appena vide Rachele spalancò gli
occhi. Erano
gli occhi più belli che la ragazza
avesse mai visto, così verdi...così dolci...
così impauriti... così belli.
Il
ragazzo aveva i capelli ricci
scurissimi e la pelle diafana. Rachele stava per parlargli ma quello si
alzo
all’improvviso e se ne andò correndo. Rachele lo
guardò andare via mentre si
domandava cosa avesse potuto spaventarlo così tanto. Si
sedette sulla panchina
e si accorse di un pezzo di carta incastrato tra i legnetti. Lo
aprì lentamente
e poi lesse il foglio scritto con una grafia sufficientemente
comprensibile.
“La
mia civetta bianca in
uno stormo di avvoltoi”
Pensando
al sogno Rachele versò una lacrima che dolcemente
cadde proprio sulla parola “civetta”
***
<<
Rachele >> Massimo la chiamò piano. La
ragazza si girò e nascose il foglio nelle tasche dei
pantaloni. Stava per
alzarsi ma Massimo si sedette vicino a lei.
<<
Non ce la faccio >> disse Rachele per
giustificare la sua mancanza in chiesa.
<<
Neanche io >> Rachele si girò verso il
ragazzo che aveva gli occhi fissi nel vuoto << Ma
dobbiamo farlo >>
disse Massimo alzandosi.
Rachele
lo guardava ammirata. Dove lo aveva preso tutto quel
coraggio? Quel senso di moralità? Poi le venne in mente:
Daria...
Lei
si preoccupava sempre di non ferire nessuno e di
trattare tutti con rispetto. Entrambi avevano imparato molto da Daria,
e
Rachele gli doveva la sua presenza al suo funerale.
Strinse
la mano di Massimo e si alzò. Si sentiva piena di
coraggio, di forza.... di sicurezza.
Adesso si sentiva
pronta.
Per
il resto della funzione Massimo tenne stretta la sua
mano, e lei non ci pensava neanche a districarsi dalla presa.
Quando
scorse una lacrima sul viso del ragazzo si rese conto
di aver sbagliato tutto. Aveva sbagliato ad odiarlo per tutto quel
tempo. E
aveva sbagliato e crederlo così coraggioso. Anche lui aveva
perso Daria per
questo entrambi avevano bisogno dell’aiuto
dell’altro. Da allora decise di
provare con tutto il cuore ad essergli amica.
***
<<
Ragazzi dovete essere divisi perché il professor
Fiorino è assente >> disse un bidello entrando
in classe.
La
classe si comportò come ogni volta che mancava un
professore: bordello generale.
Rachele
si limitò a sorridere allegramente e a sbattere il
cinque a qualche suo compagno.
<<
Tu, là in fondo, vai in 3°A >>
esclamò il
bidello rivolgendosi a Rachele.
La
ragazza andò con lui fino alla classe destinata, che si
trovava molto vicina alla sua.
Il
bussò alla porta e non sentendo nessun suono aprì
la
porta. La classe era vuota.
<<
Sono già andati in palestra. Ti accompagno? >>
<<
No, posso andarci da sola >>
Rachele
pensò che avrebbe dovuto portarsi il libro di
italiano per ripassare meglio le pagine che si portavano per
l’ora seguente.
Non percepì che qualcosa stava per cambiare...
***
La
professoressa della 3° A era la sua stessa prof. di
educazione fisica, era abbastanza simpatica.
<<
Sono stata divisa in 3° A, dove devo andare? >>
chiese Rachele alla docente.
<<
Oggi loro fanno lezione al chiuso, puoi sederti
sugli spalti >> rispose quella con un sorriso raggiante.
La
ragazza si diresse lì e decise di mettersi in fondo a
tutto. Non conosceva nessuno di quella classe e anche se odiava la
solitudine
in quel momento non poteva fare altro che stare seduta a guardare i
ragazzi che
giocavano a palla a volo.
Ma
a pensarci bene c’era qualcosa che poteva fare. Si girò di
scatto verso le finestre. L’istinto
la portò a raggiungere
la finestra dove aveva sempre visto la
civetta.
Fece
di tutto per non guardare il punto dove vide il
cadavere di Daria, ma i suoi occhi avevano vita propria e si
ritrovò a fissare
quel punto per più di un minuto. Sembrava come instupidita
da qualche sorta di
gas che non la permetteva di voltarsi o di chiudere gli occhi. Non
pensava a
niente e non aspettava niente. Guardava solamente quel suolo vuoto. Ma
poi alla
fine lo vide: il corpo di Daria. Lo vide solo per un attimo, che
però a lei
sembrò un eternità. Forse il suo inconscio se lo
aspettava, forse era stato
proprio lui a guidarla in quel punto.
Rachele
chiuse gli occhi per un secondo e le venne una
voglia insopportabile di piangere. Guardò fuori dalla
finestra e non fece in
tempo a respingere una lacrima, che si posò sulla sua mano.
Si chiese perché
tutto questo doveva capitare a lei, perché non riusciva a
voltare pagina,
perché si sentiva ancora così male come se fosse
il primo giorno, a distanza di
quasi un mese.
Ovviamente
la solita civetta bianca non voleva lasciarla
sola neanche un mento, per questo il suo verso distrasse la ragazza
dalle sue
domande.
Istintivamente
Rachele aprì la finestra e allungò la mano
verso la civetta. Pregò tutti i santi che questa non la
mordesse e non lo fece.
La civetta si lascò accarezzare la testa senza spazientirsi.
Rachele sorrise
perché le sembrò che per un attimo i suoi
problemi si fossero dileguati con una
semplice carezza.
Ma
i suoi problemi non erano finiti, anzi erano appena
iniziati.
<<
Hey tu! Non toccarla!! >> gridò una voce
dietro di lei.
La
ragazza si voltò e vide un ragazzo dietro di lei
dall’aria molto preoccupata. Quello provò
sicuramente la voglia di scappare, lo
si vedeva dagli occhi, ma si rese conto che in quel momento non poteva
farlo.
Il
ragazzo mise le mani fuori dalla finestra la civetta si
posò sul suo braccio destro, lui le bloccò le ali
completamente bianche prima
con la mano sinistra e poi anche con la destra. Posò un
dolcissimo bacio sulla
testa del volatile e poi sorrise allegramente.
<<
Adesso vai subito a casa stupido uccello! >>
disse il ragazzo amichevolmente buttando fuori la civetta che
eseguì subito
l’ordine.
Rachele
si girò verso di lui e lo guardò stupefatta dalla
scena appena vista.
<<
Tu chi sei? >> chiese lei.
<<
Alessandro Sorti. Sono il padrone di quella civetta
>>
A
Rachele venne in mente di dirgli tutto quello che le aveva
fatto passare quel suo stupido animale, ma per qualche strana ragione
non ci riuscì
<<
Come si chiama? >> disse.
<<
Daria >>