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Autore: biondich    12/05/2012    3 recensioni
[ambientata a partire dall'episodio 3x03, "The end of the affair."]
Pare che le circostanze si siano fatte avverse, per Klaus. La morte dei primi ibridi, in Tennessee, gli ha dato ad intendere quanto perfino i suoi piani possano presentare delle falle.
Mentre il desiderio di creare una nuova stirpe si fa in lui sempre più forte, le cose non fanno che peggiorare e Klaus si trova costretto a dover contattare la Strega originale, in cerca di spiegazioni.
Restio a risvegliare Rebekah, tenta un piano B e, assieme a Stefan, si reca dove tutto ha avuto inizio.
E' a questo punto che la storia comincia: dall'inizio.
Chi è Eva? Perchè Mikael le dà la caccia?
La sua vita e quella di Niklaus si intrecceranno una seconda volta, a distanza di un millennio, nella non poi così mite cittadina di Mystic Falls.
Il Cacciatore reclama la sua vendetta e non tutti saranno disposti a concedergliela.
Chi sono, realmente, Charles Sinclair e Dorian Wolfskin?
Fra antiche famiglie di streghe e stregoni e discendenti di una stirpe originaria di licantropi, riprenderà una guerra millenaria, dove distinguere i buoni dai cattivi, i vincitori dai vinti, non sarà poi così facile.
Ma una profezia incombe su tutti loro ed il Destino, si sa, è ineluttabile.
Dal testo:
"Perdonami, Eva."
"Per cosa?"
"Perchè sei stata l'unica maledizione che non avrei mai voluto spezzare."
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Klaus, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Watch your world burn

 

 

 

 

“Perché quel muso lungo?”

Il profumo di fiori che avvolgeva la graziosa figura di Caroline raggiunse le narici di Elena che, ancora prima che la Forbes proferisse parola, riconobbe l’amica.

La mora sistemò meglio lo zaino sulla spalla e rallentò il suo incedere, così che la bionda potesse raggiungerla. L’ultimo rintocco della campanella segnò definitivamente la fine di quella nuova giornata scolastica e ufficializzò la libertà degli studenti.

“Sono preoccupata per Bonnie.”- confessò la doppelganger, causando uno sbuffo contrariato della vampira, decisamente meno in ansia, per la Bennett.

“Sapevi che non sarebbe venuta a scuola. Ce lo ha detto ieri sera.”- Care aggrottò la fronte, percependo l’apprensione della ragazza ed allarmandosi leggermente.

Salutò con un sorriso ed un cenno della mano Matt, per poi deviare il percorso di Elena, prendendola sottobraccio, e trascinarla lontano dal mare di studenti nel cortile del liceo.

“È stato un periodo difficile per lei. Troppo stress, troppe pressioni.”- proseguì l‘altra, incastrando una ciocca di capelli dietro un orecchio, con un opprimente nodo alla gola ed un orribile senso di colpa.

Lo sconforto in cui Bonnie era scivolata era causa sua, in parte. Ed Elena non poteva far altro che guardare l’amica biasimarsi per un fallimento di cui lei non era che la responsabile.

“Niente che un po’ di cucina cinese non possa guarire. Potremmo prendere qualcosa da portar via e passare da lei, che ne dici?”- trillò la Forbes, dandole un buffetto, per ridestarla dai pensieri che l’avevano fagocitata.

La mora sorrise appena, guardando orgogliosamente la vampira.

“Che senza di te, Caroline, nessuno di noi sarebbe in grado di rialzarsi e ricominciare a combattere.”

“Tenetemi stretta, ragazzi, sono più unica che rara!”- esultò Caroline, trascinando l’altra in direzione di un ristorante cinese, decisa a far riemergere ognuno dei suoi cari dall’oscurità in cui erano stati risucchiati.

Raggiunsero l’ingresso della villetta dei Bennett mezz’ora dopo, con due buste ben rifornite di cibo e tutte le intenzioni di condividerlo con la loro strega preferita.

“Non c’è nessuno?”

Caroline arricciò il naso, suonando ancora una volta il campanello, mentre Elena si affacciava alle finestre, cercando di cogliere qualche movimento all’interno dell’abitazione.

“È strano.”- la Gilbert si impose la calma, mentre un pessimo presentimento si faceva spazio in lei.

“Sarà uscita. Probabilmente è andata al Grill.”- ipotizzò la Forbes, per poi prendere il cellulare e digitare il suo numero di telefono-“La chiamo.”

La suoneria di un cellulare catturò la loro attenzione ed entrambe trasalirono.

Un display si accese, rivelando la sua posizione, seminascosto dalle piante, vicino alla veranda.

“È il suo telefono”- Elena prese fra le mani l’apparecchio, notando delle incrinature sullo schermo. Spalancò gli occhi, quando trovò anche le sue chiavi di casa, poco lontane-“E quelle sono le chiavi! Oh Dio, l’hanno presa, qualcuno l’ha portata via!”- sussurrò inorridita.

La vampira apparve rapida accanto a lei, chinandosi sui polpacci e cercando, fra l’erba, eventuali indizi.

“Potrebbe aver deciso di svuotare la borsa sulla veranda, non essere così catastrofica …”- bofonchiò, ricorrendo al suo ottimismo. Ma poi tacque improvvisamente, schiudendo le labbra-“C’è del sangue.”

“Oh no.”

Elena si sporse, terrorizzata all’idea che potesse appartenesse alla Bennett.

“Non è di Bonnie, fidati.”- Care ne era certa-“E’ del rapitore.”

“Devo chiamare Damon.”- soffiò l’umana, afferrando con mani tremanti il proprio cellulare e digitando frettolosamente il numero di telefono del vampiro, guardandosi intorno frustrata.

Non avrebbe dovuto lasciare che Bonnie tornasse a casa da sola, la notte precedente. Si sentì nuovamente responsabile.

“Mhsi?”- Damon rimase sorpreso da quella chiamata.

“Bonnie è scomparsa, qualcuno l’ha portata via”- lo assalì la Gilbert, senza prendere fiato.

Dirlo ad alta voce la fece rabbrividire. Era la realtà dei fatti e non poteva essere più spaventosa.

“Rilassati.”- mugugnò il vampiro, evidentemente poco sobrio-“Come puoi esserne certa?”- biascicò, massaggiandosi le tempie, stordite dalla voce acuta e agitata di Elena.

“La casa è vuota, il cellulare e le chiavi sono sulla veranda. Damon, è stata rapita!”- ringhiò spazientita la mora, sotto lo sguardo allertato di Caroline, intenta a cercare, nell’aria, tracce dell’amica.

“Klaus”- sibilò fra i denti il maggiore dei Salvatore-“Forse sa che lei conosce l’identità Eva. Probabilmente, starà eliminando ogni traccia di lei.”

La doppelganger sussultò, inquieta.

“Vuoi dire che …?”
“No che non voglio, Elena! È solo una teoria.”-sbraitò spazientito il vampiro- “ Anche perché il prossimo, se fosse vero, dovrei essere io. Resta lì, sarò da te fra poco.”

 

 

***

 

 

 

Il ronzio continuo del motore della Mustang rossa che percorreva a gran velocità le autostrade americane ormai da ore fu interrotto da un confuso lamento, proveniente dal posto accanto al guidatore.

Charles Sinclair rallentò appena, stringendo maggiormente la presa sul volante della sua preziosa automobile, fortuitamente ritrovata abbandonata in un parcheggio poco fuori da Mystic Falls.

Bonnie aprì lentamente gli occhi, combattendo contro il torpore che le avvolgeva gli arti.

La confusione nella sua mente fu tale da costringerla ad impiegare ogni sua energia, per poterla combattere.

I suoi occhi scuri, ancora offuscati, intravidero una strada, le sue orecchie percepirono della musica ed il rumore del motore in sottofondo.

“Non muoverti troppo velocemente. Rischi un calo di pressione.”

Sussultò, voltando la testa, per poi addossarsi allo sportello, nel disperato tentativo di creare maggiore distanza possibile fra lei e il guidatore.

“Tu?!”- rantolò, riprendendo finalmente il pieno controllo di sé.

Spalancò gli occhi e schiuse le labbra, intimorita.

Era stato Charles a trascinarla via, la sera precedente.

Lo stregone non sembrò particolarmente toccato da quella reazione di sconcerto e continuò a guardare la strada, con fin troppa nonchalance.

“Credimi, non ha fatto piacere neanche a me tornare in città.”- le disse, senza alcuna particolare variazione di tono o espressione-“Mi serve una mano, Bonnie.”

La Bennett ritrasse il mento, stizzita.

“Con che coraggio osi anche solo parlarmi!”- abbaiò, fuori di sé-“Mio Dio, ci hai ingannati e mi hai rapita!”

Charles roteò gli occhi, quasi annoiato da quella tiritera. Nonostante fosse preparato psicologicamente a quella reazione, la trovò incredibilmente irritante.

“Credimi, non è come sembra.”- le disse con decisione, guardandola con fermezza negli occhi scuri e pieni di interrogativi.

Aveva paura, glielo leggeva chiaramente nel viso dai lineamenti contratti.

“Sei con Klaus.”- mormorò Bonnie, decisamente restia a dargli credito-

“Perché ti ha detto di portarmi via? Cos’ha in mente? Dove mi stai portando!”

Lo stregone serrò la mandibola, per poi raggiungere una piazzola di sosta ed accostare, lasciando il motore acceso.

“Voglio ucciderlo, Bonnie. Siamo tutto fuorché alleati.”- puntualizzò, evidentemente disgustato all’idea che il proprio nome fosse accostato a quello dell’ibrido- “Klaus ha fatto in modo che credeste che me ne fossi andato con lui. Voleva che non vi fidaste più di me e ci è riuscito. Non avevo altro modo, per parlare con te, se non quello di portati lontano da Mystic Falls. So di non essere più il benvenuto, in città.”

La Bennett schiuse le labbra, metabolizzando le informazioni che il ragazzo le aveva fornito.

Era sincero?

Il suo metro di giudizio era stato intaccato, negli ultimi tempi. Non era certa di poter valutare correttamente le sue parole.

“So la verità, so di Eva.”- sibilò spazientita, intenzionata a metterlo alla prova e a testare la sua reazione-“Perché la stai proteggendo? È lei la chiave per distruggere Klaus!”

Charles spalancò leggermente gli occhi, evidentemente colto di sorpresa.

“È una situazione delicata.”- soffiò, irrigidendosi.

Qualcosa era evidentemente sfuggito al suo controllo, dalla notte dell’homecoming.

Rabbrividì.

Deglutì a vuoto, senza sapere esattamente contro reagire.

“Perché la conosci? Che diavolo sta succedendo!”- ringhiò sconvolta lei, arricciando le labbra, mentre nella sua mente balenavano tante assurde ipotesi, ognuna senza una conferma-“Con il tuo aiuto, l’esito dell’homecoming sarebbe stato diverso.”

Charles annuì silenziosamente, addossando le spalle allo schienale del guidatore.

“Lo so. E lo sapeva anche l’ibrido.”- sibilò fra i denti, ricordando con rabbia gli ultimi giorni e la distruzione che avevano portato-“Ti spiegherò tutto, una volta arrivati.”- guidò l’auto, tornando sulla corsia, intenzionato a raggiungere nel minor tempo possibile la meta.

La strega si voltò, osservando confusamente la strada già percorsa.

“Dove stiamo andando?”- sussurrò, incerta se essere intimorita o meno da quella gita fuori porta.

“A Salem.”

 

 

***

 

 

 

Dorian Wolfskin prese un lungo respiro, prima di fare ingresso, con decisione, nello studio dell’antica magione che lo ospitava.

Si fece coraggio e richiamò, schiarendosi la voce, l’attenzione del suo Sire, intento a conversare affabilmente con una delle nuove risorse.

Accoglieva i nuovi adepti ogni mattino, introducendoli a quella nuova esistenza, con un sorriso sulle labbra distese ed una luce di diabolica euforia negli occhi.

“Posso parlarti in privato, Nik?”- domandò l’ex licantropo, affilando lo sguardo verde in direzione del nuovo acquisto dell’ hybrid team.

Un ragazzotto dall’aria decisamente provinciale, con un po’ di pancetta, la barba incolta ed un paio di occhietti a palla che lo osservarono confusi.

Decisamente, non c’era competizione.

Gongolò per un breve istante, poi si ricompose, ricordando per quale motivo fosse lì.

“Certamente, amico mio. Qualcosa non va?”- sorrise l’Originale, congedando il nuovo fratello con una pacca sulla spalla, per poi congiungere le mani, invitando Wolfskin ad avvicinarsi.

“Sì, a dire il vero.”- Dorian corrugò la fronte, concentrandosi-“Questa storia non va, tutta la giornata di ieri non va. Mi ha pugnalato. La mia Zombie mi ha piantato un paletto nello stomaco.”- ribatté fermamente, senza alcun timore di mostrare tutto il proprio sconcerto.

Aveva passato la notte rivivendo il ricordo del gradevole sapore del sangue di Charles, dell’orribile suono delle ossa del braccio di Eva che si frantumavano, sotto la sua morsa, e dello sconvolgimento provato, al cospetto della distruzione che l’homecoming aveva portato con sé.

Non c’era più alcuna famiglia da proteggere.

“La nostra Eva ha un temperamento molto particolare. Dopotutto, è un’ Originaria.”- le labbra di Niklaus si distesero nuovamente in sorriso che celava un ghigno amareggiato.

Trattenne a stento un ringhio basso e gutturale, ricordando come la sua Musa lo avesse tradito, squarciando la sua fiducia e trascinandolo nuovamente nel baratro di solitudine da cui credeva di essere riemerso.

Lei aveva scelto il presente, rinnegando il suo passato. Aveva scelto di salvare Charles, prendendosi gioco di lui.

Il sangue gli ribollì nelle vene, costringendolo a serrare la mandibola, nel disperato tentativo di non ruggire di rabbia.

“Non sto parlando di questo.”- Dorian rimase interdetto da quella risposta. Era chiaro che Klaus non fosse sincero. Aveva visto il suo sconvolgimento, la notte precedente. L’asservimento lo aveva costretto a provare odio per Sinclair e risentimento nei confronti di Eva.

“Parlo del fatto che mi ha chiesto aiuto, per salvare Charles, e l’unico modo che ha trovato, per ottenerlo, è stato quello di bucherellarmi l’addome con un piolo di legno.”- sputò Wolfskin, arricciando le labbra, disgustato.

Nik accarezzò distrattamente la superficie di legno della scrivania che aveva accanto, abbassando lo sguardo, per poi tornare gioviale.

“Ti avevo chiesto di lasciare lo stregone in quello stato. Questa non è che la riprova del fatto che trasformarti è stata un’ottima idea. Sei fra i più validi membri della mia squadra, un eccellente compagno d’armi.”- sorrise candido, per poi indurire lo sguardo e serrare le labbra, in una smorfia crudele-“ Il tuo comportamento, ieri, mi ha quasi fatto dimenticare che anche tu mi ha tradito. Ti avevo chiesto di uccidere chiunque si opponesse, all‘homecoming. Ma tu non lo hai fatto.”- ghignò mefistofelico.

Il giovane ibrido sussultò, sconcertato.

“Volevi sul serio che uccidessi Sinclair? Tu sei pazzo!”- ringhiò, allargando le braccia, incredulo.

Come poteva anche solo pensare che avrebbe davvero agito secondo le sue cruente regole?

“Volevo che portassi a termine il tuo compito. Nessuno dei tuoi compagni ha mai opposto resistenza.”- sottolineò Nik, impassibile, al cospetto dello sgomento del ragazzo che sbarrò gli occhi verdi, guardandolo stralunato.

“Beh, probabilmente, è perché non gli hai ancora ordinato di fare a brandelli la loro famiglia.”- sibilò indignato Dorian, arricciando il labbro superiore, pieno di disprezzo-“Qualunque cosa tu stia facendo, falla finita. Puoi centrifugarmi il cervello come preferisci, ma sappi che sono ancora in grado di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. E mi opporrò, se necessario. Non puoi avere tutto questo controllo su di me. Non te lo permetto.”- ribatté con fermezza, intenzionato a far valere le proprie parole.

Mantenne lo sguardo fisso in quello fin troppo rilassato di Niklaus, incerto sul da farsi.

L’Originale lo scrutava imperterrito, senza mostrare alcun segno di cedimento, con un piccolo sorriso beffardo sulle labbra.

Dorian trattenne il fiato, inquieto.

“D’accordo.”- annuì lentamente Klaus, dopo un lasso di tempo che parve interminabile. La sua voce roca e spaventosamente pacata risuonò con la violenza di un rombo di tuono, nella mente di Wolfskin che boccheggiò, riprendendo il pieno controllo di sé.

“Tutto qui?”- rantolò, evidentemente spiazzato.

“Hai ragione, Dorian. Ho richiesto troppo, da te. Ti garantisco che non si ripeterà più. D’ora in poi, avrai la libertà d’azione che richiedi.”- sorrise con falsa comprensione Klaus, tornando a congiungere le mani, fino a fare impallidire le nocche.

“Dici sul serio?”- ancora una volta, Dorian sudò freddo.

“Certamente.”- acconsentì Nik, scoprendo i denti in uno scatto nervoso delle labbra-“E quando ti accorgerai di credere davvero in ciò che fai, non potrai far altro che biasimare te stesso. Sei libero dal tuo capro espiatorio, adesso.”

Sorrise lascivo, congedando l‘ex licantropo, con lo sguardo acceso d’ira, seguendo la figura di Wolfskin fin oltre la porta.

La piega sardonica sulle sue labbra svanì nell’immediato istante in cui il giovane ibrido lasciò la stanza, cedendo il posto ad un’ espressione evidentemente furiosa.

Il suo regno oscuro, faticosamente costruito nel corso dei secoli, dopo un’estenuante caccia di cui era stato protagonista come predatore e come preda, gli si ribellava, avanzando pretese, violando le sue leggi, costringendolo a giungere a dei compromessi.

Tutto ciò era intollerabile.

Klaus si abbandonò sull’elegante poltrona winchester nello studio, pieno di tormentose domande.

Raramente si era ritrovato a non sapere in alcun modo quale sarebbe stata la prossima mossa.

La situazione gli era sfuggita di mano, constatò amareggiato.

Pur consapevole della vanità della sua azione, digitò per l’ennesima volta il numero di cellulare di sua sorella, nella speranza di ricevere una risposta.

Ma anche Bekah era scomparsa. Probabilmente, lei stessa era stata fra i responsabili che lo avevano nuovamente gettato nel vortice oscuro in cui sembrava essere condannato a scontare l’eternità.

Eppure, non esitava a desiderarla di nuovo con sé, per tornare a fingere di avere una famiglia.

Il display fra le sue mani fremette, illuminandosi, e l’ibrido rabbrividì.

“Buongiorno, raggio di sole.”- sogghignò tetra la voce dall’altro capo del telefono.

Niklaus chiuse gli occhi per un breve istante, in un disperato tentativo di autocontrollo.

“Stefan”-sospirò, contraendo il volto ed uncinando le dita ai braccioli della poltrona-“Le tue chiamate hanno perso molto della loro compiacenza, negli ultimi tempi.”

Il giovane Salvatore sorrise consapevole.

“Ho valutato le tue parole.”- esordì, catturando completamente l’attenzione dell’Originale che affilò lo sguardo turchese, piegando un angolo della bocca in una smorfia vittoriosa.

“Allora, sarà bene che ti informi del fatto che sono sempre più intenzionato a mettere in pratica quanto ti ho detto. Si tratta solo di decidere chi sarà il primo. Il giovane fratello di Elena, Jeremy, o l’avventuroso professore di storia?”- mormorò con fare disinteressato, per poi prendere fra le dita una matita ed ornare alcuni fogli sulla scrivania con degli splendidi ghirigori, raffinati e perfetti.

“Credevo volessi ferire me, non lei.”- sorrise Stefan, ben poco toccato dalla malignità delle parole dell’ibrido.

“Risparmiamoci le menzogne, Stefan, in memoria dei vecchi tempi. Ho detto che distruggerò il tuo mondo. E che tu lo neghi o meno, la tua vita è ancora in funzione di quella di Elena.”- sibilò grave Klaus, con la voce arrochita per la tensione. Il labbro superiore tremò, scoprì i canini in un ringhio silenzioso.

“Ti sbagli.”

“Oh, certo che no.”- sputò l’Originale, con un sorriso malsano sul volto-“Ma sai cosa succede, quando un buco nero comincia a fagocitare tutti i satelliti, intorno a un pianeta? Gli assi si spostano e quest’ultimo muore lentamente.”- rabbrividì lui stesso, al suono spaventoso della propria voce-“Non ucciderò la nostra preziosa doppleganger, sarebbe controproducente. Ma il suo animo si inaridirà fino a sgretolarsi e tu assisterai alla sua morte interiore, consapevole di esserne la sola ed unica causa.”

“Quante parole, Klaus, sono davvero impressionato.”- nessuna incrinatura nel tono del vampiro, nessun cedimento, nessuna emozione-“Accomodati pure, sul serio.”

L’ibrido negò con il capo, evidentemente contrariato dai risvolti che quella conversazione aveva preso.

Non aveva niente che facesse presa su Stefan. Si sentì impotente, vittima di chi una volta era stato il suo pupillo.

Il caos regnava sovrano.

“Perché hai chiamato”- sibilò fra i denti, serrando la presa sull’apparecchio che si incrinò ancora una volta, sotto la pressione della sua morsa.

“Per proporti un accordo, in realtà.”

Klaus rise beffardo.

“Non sei nella posizione, per poterne proporre uno.”- ringhiò, con uno sguardo vagamente folle negli occhi.

Pazzo.

Osava agire come un suo pari, avanzava pretese fin troppo coraggiose, contro un essere invincibile.

Derise la masochista determinazione di Stefan. Ma ne fu anche spaventato.

Non era in grado di prevedere fin dove si sarebbe spinto.
“Oh, credimi, lo sono. E sai cos’è divertente? Tu non puoi rifiutare.”

Klaus rabbrividì, tacendo improvvisamente.

Avvertì un fulmine squarciare il suo universo e annunciare l’imminente tempesta.

“Rivuoi le bare? D’accordo, te le restituirò.”- ghignò il giovane Salvatore.

“Un gesto così generoso, il tuo, che non posso fare a meno di chiedermi cosa tu voglia in cambio.”- latrò Nik, mantenendo a stento un pieno controllo della propria voce che si incrinò, allarmata.

“Eva.”

Un nuovo lampo, più violento, colpì Niklaus al petto.

“Temo di aver capito male.”- soffiò l’ibrido, con gli occhi chiari e tersi fissi su un punto indefinito della stanza.

Rivide parte di sé in quello Stefan che, senza scrupoli e senza remore, esigeva che lui firmasse la propria condanna a morte.

“Oh, no, affatto. Vedi, Nik, è curioso. Dovevo essermene evidentemente dimenticato. Fortunatamente, qualcuno mi ha rinfrescato la memoria. Com’era? Giusto. La sua morte è indispensabile per uccidere te.”- il vampiro sorrise lascivo.

Aveva saputo del non poi così infruttuoso tentativo di contattare gli spiriti da parte di Bonnie. Sapeva della profezia e aveva riconosciuto la graziosa compagna di ballo di Niklaus, all’homecoming, come la proprietaria del nome della chiave per uccidere l’ibrido originale.

“Credi che sarei disposto a cederti la mia polizza sulla vita, per le bare?”-ruggì Klaus, interrompendo il suo splendido disegno, per impugnare con violenza la matita ed affondarla nel legno intarsiato della scrivania-“Con Eva al sicuro, sarà solo questione di tempo, prima che io riesca a trovare il tuo nascondiglio. Non hai alcun potere su di me.”

Ma sapeva perfettamente di mentire.

“Potrebbe non esserci più niente da cercare, fra poco.”

No.

“Non osare, Stefan.”

“O cosa, Klaus?”- sorrise ingenuamente il vampiro, trascinando l’ibrido in un silenzio da quale a stento sarebbe riemerso.

Si beò della quiete dell’Originale, interpretandolo come uno straordinario successo personale.

“Consegnami Eva. Non la ucciderò, per ora. Ci sono un paio di cose che vorrei che tu sistemassi, prima di farlo. Eva, per la tua famiglia.”- rincarò la dose, divertito dal suono della propria voce che riecheggiava, incontrastata.

Attese, certo che Klaus non gli avrebbe concesso l’ultima parola.

“No.”- sussurrò l’Originale, alzandosi dalla poltrona con uno scatto furioso.

“Ti lascio qualche giorno per pensarci su, che ne dici? Ora come ora non credo tu sia in grado di valutare correttamente l’offerta.”

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

Eva spalancò gli occhi, riemergendo dal sonno forzato che si era imposta, quella notte, per poter far tacere i propri pensieri.

I ruggiti furiosi di Niklaus l’avevano ridestata quel mattino presto, ma la sua mente esausta le aveva imposto di tornare a dormire, chiedendole di rimandare il risveglio ad un momento più calmo e meno teso.

Si alzò a fatica dal letto, trattenuta dal pesante senso di colpa che le gravava addosso, privandola di ogni forza.

Perché, nonostante sentisse di aver fatto la cosa giusta, non riusciva a gioire di quella conquista?

Aveva salvato la vita di Charles e aveva pagato quel gesto, perdendo la fiducia di Niklaus.

Non poteva combattere su due fronti così distanti e avversi l’un l’altro. Non poteva parteggiare per entrambi, ma non riusciva a rimanere in disparte, sapendo che prima o poi l’uno avrebbe prevalso sull’altro.

Nascose la testa fra le mani, svanì dal mondo per un lungo istante, esausta.

Il braccio sembrava essere totalmente guarito, constatò.

Dorian.

Era stato uno strumento, parte di un piano che sembrava aver portato con sé solo distruzione.

Non c’era più alcuna famiglia da proteggere e tenere unita.

Eva si alzò faticosamente dal letto e guardò fuori dall’ampia finestra che affacciava sulle verdeggianti praterie che circondavano la grande villa che la teneva prigioniera.

Era ormai pomeriggio.

Charles doveva ormai essere lontano.

La giovane associò il nome dello stregone al tradimento.

Come aveva potuto ingannarla?

Lei aveva sperato con tutto il cuore che, salvandolo, Sinclair avrebbe rinunciato al suo intento di uccidere Niklaus.

Ma Charles aveva fatto leva sul bene di Eva, per poter tornare in forze e riprendere la sua guerra, forse ancor più determinato a concluderla di quanto fosse mai stato.

La ragazza lasciò la stanza, seguendo i rumori e le voci che percepì al piano di sotto, fino al grande salone, gremito di scatoloni e giovani ibridi, intenti a seguire le indicazioni del loro Sire.

Incontrò gli occhi scuri di Tony che deglutì nervosamente, arrestando il suo incedere, incerto sul da farsi.

Il ragazzo capì che era meglio allontanarsi da lì. C’era aria di tempesta.

Richiamò silenziosamente i compagni, sotto lo sguardo vigile di Klaus che, con le mani intrecciate dietro la schiena, scrutò malevolo l’umana rigida nell’ingresso della stanza.

L’Originale serrò la mandibola e scosse il capo, voltandolo altrove, quando avvertì i passi leggeri di lei farsi più vicini.

Eva avanzò cauta, rasente il muro, trattenendo il respiro.

“Mi dispiace.”- soffiò improvvisamente, carezzandosi le spalle, per infondersi coraggio-“Io … credevo che Charles … che stupida sono stata. Gli ho dato la mia fiducia e mi ha tradita.”- mormorò risentita.

Spalancò gli occhi, quando realizzò che ciò che aveva detto suonava terribilmente familiare.

“Oh.”- sussurrò, ricordando la delusione nelle parole e negli occhi di Niklaus, la notte precedente.

Lui sembrò intercettare i suoi pensieri e sorrise beffardo.

“Benvenuta nel club.”- sibilò, beandosi del suo senso di colpa.

Assaporò quel momento, impresse a fuoco, nella sua millenaria memoria, quello sguardo desolato, conscio di aver commesso un errore e desideroso di un perdono.

“Avevi ragione, non avrei dovuto ingannarti.”- Eva sospirò, addossandosi alla parete e osservando distrattamente le sagome di due ibridi che risalivano rapidamente il piano superiore, mentre altri trascinavano nell’ingresso un paio di scatoloni.

“Perdonami, Nik.”- soffiò, chiudendo gli occhi per un breve istante.

Il suo universo si stava rapidamente sgretolando sotto i suoi piedi.

Li riaprì velocemente, quando percepì l’ombra dell’Originale davanti a sé.

Un giovane ibrido attendeva silenzioso sulla soglia, con in mano una valigia ed una giacca che Eva riconobbe immediatamente. Apparteneva a Rebekah.

Stavano partendo?

“Sono profondamente toccato, mia cara, sul serio. Sembri quasi sincera.”- latrò Klaus, deridendola con uno sguardo sprezzante-“Caricate le valige, vi raggiungeremo fra un attimo.”- intimò poi al suo asservito.

La ragazza schiuse le labbra, interdetta, e si allarmò.

“Dove stiamo andando?”- chiese, seguendo con lo sguardo il ragazzo con la valigia, per poi constatare che, nell’ingresso, era stato radunato l’intero guardaroba di Bekah.

“Tu, molto lontana da qui, dove mi assicurerò che tu rimanga, fino a nuovo ordine.”- ribatté con fare disinteressato Niklaus, passando un dito su una mensola nel salone, per testarne la pulizia.

Prese fra le mani un vecchio libro, intenzionato a portarlo via, per poi sorridere candido alla giovane impietrita sulla soglia.

“Perché? Cosa sta succedendo?”- lei aggrottò la fronte, evidentemente spiazzata.

Indietreggiò appena, ritrovandosi con le spalle contro il muro. Il suo battito cardiaco accelerò, tormentando la mente di Nik che si sforzò di reprimere quel suono, fin troppo nitido, nelle sue orecchie.

Ghignò appena, per poi appoggiare nuovamente il libro e tendere una mano alla giovane, invitandola a lasciare la parete.

Quel gesto elegante divenne più impulsivo e con un colpo secco l’Originale la strattonò lontana dal muro, costringendola a rigirare su se stessa, per bloccarle le spalle.

“Guardati intorno, Eva, imprimi nella tua mente le ultime immagini di questa casa. Non la rivedrai più.”- ghignò, solleticandole il collo con il proprio respiro.

Lei rabbrividì, divincolandosi con successo da lui. Barcollò in avanti, urtando il divano, e sussultò.

“È per la telefonata di questa mattina, non è così? Era Stefan Salvatore.”- azzardò, scrutandolo con determinazione.

Lo aveva sentito ruggire, quella mattina, mugghiare d’odio, per poi scardinare la porta dello studio.

Inconsapevolmente, aveva menzionato le bare, probabilmente accecato dall’ira.

Klaus rimase interdetto, per poi compiere il suo stesso ragionamento.

Abbassò lo sguardo, rise consapevole.

“Beh, rendi le cose più semplici.“- una smorfia malsana gli deformò il volto- “Mi ha proposto uno scambio.”- sibilò, senza riuscire a celare lo sconforto che quell’argomento portava con sé.

Eva tacque, pensierosa.

“Ciò che mi ha rubato, per te.”- sputò l’ibrido, quasi indignato-“Ciò che voglio, per ciò di cui ho bisogno.”

Eva trasalì, percependo il suo odio nei propri confronti.

Spalancò gli occhi bluastri, realizzando il perché di tutto quel trambusto e dei bagagli all’ingresso.

Ebbe paura.

“Mi stai consegnando a lui? Sai che mi ucciderà e sai che questo vuol dire che potrà uccidere anche te, non puoi …”- tacque, sotto lo sguardo severo di Niklaus che le intimò il silenzio, offeso dalla sua congettura sbagliata.

“Mi sto assicurando che solo uno di noi due rispetti l’accordo.”- ringhiò, per poi slanciarsi verso di lei, intenzionato a riprendere i preparativi per la partenza.

La afferrò malamente per il braccio, ma lei si ritrasse, guardandolo con fermezza, nel disperato tentativo di temporeggiare.

“So delle bare.”- soffiò, sperando che questo lo fermasse.

“Come”- Nik la osservò confusamente, scoprendo i denti in uno scatto nervoso del labbro superiore.

“Lo hai gridato questa mattina. Cosa contengono? Chi?”

Lui scostò lo sguardo altrove, deciso ad ignorare le sue domande.

“È tardi, devi andare.”-sentenziò lapidario, deciso a non perdere altro tempo- “Se l’incantesimo della famiglia del tuo caro stregone continuerà a funzionare così bene, potremmo rivederci, fra qualche mese, anno, decennio, secolo.”- latrò, prendendole il mento fra le dita e ridendo del suo stato di allarme.

“Vuoi punirmi per aver tradito la tua fiducia, non è così?”

A quella domanda, l’Originale interruppe quel contatto, quasi la pelle di lei, tiepidamente delicata, gli avesse consumato le dita, con delle fiamme invisibili.

“Hai già la risposta.”- la fulminò con lo sguardo, intimandole di cessare quelle domande-“Ad ogni modo, separarci è il modo più efficace, per rimanere entrambi in vita. Negli ultimi novant’anni ha funzionato alla grande, non sei d’accordo?”- celò il proprio turbamento con un sorriso sprezzante, mantenendo lo sguardo fisso su di lei, in attesa che cedesse.

“Ho chiesto a Charles di non cercare di ucciderti, perché temevo per la sua incolumità.”

“Lo so.”- replicò con tono grave l’ibrido.

Lo sapeva fin troppo bene.

L’aveva odiata per quella ragione. Gli aveva dimostrato inequivocabilmente quanto ogni sforzo di far nuovamente parte della sua vita fosse risultato vano.

“Ma l’ho fatto anche perché ho paura che riesca nel suo intento.”

Perché aveva paura che riuscisse nel suo intento?

Perché aveva paura che lo stregone potesse ucciderlo?

Una paura insensata, la sua.

Priva di alcun tipo di ragione, a meno che non … A meno che a lei non importasse della sua vita.

A meno che a lei non importasse di lui.

Si riscosse dai propri pensieri, ricordando quale fosse il suo nuovo piano.

“Andiamo.”- soffiò ancora scosso, incamminandosi verso l’ingresso, intenzionato ad allontanarla da sé, il prima possibile.

La sua presenza lo stordiva, lo faceva dubitare della propria invincibilità.

Lo rendeva umano, in un momento in cui non poteva permettersi di essere vulnerabile.

“No.”- replicò fermamente Eva, senza muovere un passo. Incrociò le braccia al petto, sollevando il mento e serrando la mandibola, intenzionata a non demordere.

“No?”- Klaus trattenne a stento una risata beffarda, voltandosi verso di lei, con uno sguardo stralunato negli occhi accesi d’ira.

“Non ho intenzione di andarmene.”- ribadì lei, gonfiando il petto, imponendosi di mantenere la propria posizione e non cedere.

Non se ne sarebbe semplicemente andata.

“Ma lo farai.”- le intimò grave Klaus, avanzando deciso verso di lei, con il volto contratto e severo.

Come osava opporsi al suo volere e sfuggire al suo controllo?

L’Originale era intenzionato a rimettere ordine nel proprio regno e, per poter ristabilire il regime di terrore cui aveva abituato il mondo intero, aveva bisogno che lei smettesse di influenzarlo con la propria essenza umana.

“No.”

A quell’ennesima ribellione, l’ibrido ringhiò, strattonandola con forza e accompagnandola non troppo gentilmente contro la parete opposta, intenzionato a ricordarle con chi avesse a che fare.

“Non voglio traditori con me.”- sibilò a un palmo dal suo viso, con un tono di voce così roco e carico di furia da assomigliare ad un rombo di tuono-“Ti suggerisco di uscire molto rapidamente da quella porta, salire in macchina e lasciarmi risolvere questa questione in compagnia di chi è decisamente consapevole di quanto la mia fiducia sia un dono raro e prezioso.”

Vide il suo petto sollevarsi ed abbassarsi veloce, scorse il profilo delle vene blu del suo collo farsi più nitido, quando Eva deglutì a vuoto.

Il sangue corse veloce lungo le pareti dei vasi, graffiandoli, quando le si raggelò.

Ma il suo volto non manifestò la paura che il suo corpo dimostrava di avere.

“Dici di avere rispetto dei validi avversari. Un tempo mi ritenevi alla tua altezza.”- soffiò la ragazza.

“Quel tempo è morto, Eva!”- ruggì violentemente l’ibrido, affondando le unghie nella parete accanto al viso di lei che trattenne il fiato, immobile-“Ma sull’essere avversari, hai ragione. Lo siamo. Solo che combattiamo ad armi impari, questa volta.”- ghignò l’Originale, mentre l’azzurro limpido dei suoi occhi lasciava posto all’ocra intenso e mostruoso del predatore che era e le labbra si schiudevano in un sorriso pericoloso, mostrando le zanne-“Dimentica il passato, niente di ciò che è stato vale più con me.”- le sussurrò suadente, compiacendosi del suo disagio.

Sentì il suo corpo tremare, nonostante lei lottasse contro l’istinto di fuggire.

“Perché tu lo hai ucciso.”- mormorò a fior di labbra, guardandolo negli occhi e recuperando parte del proprio autocontrollo-“La tua guerra è anche la mia, adesso. Mettiti l’anima in pace, se non hai un cuore, perché io ho intenzione di restare e combattere.”- sentenziò, per poi spintonarlo indietro, senza alcun timore.

Al cospetto del suo sguardo caparbio e fermo, Klaus ritrasse le zanne, per poi afferrarla un’ultima volta, deciso a testare fin dove la sua insensata testardaggine l’avrebbe spinta.

“E dimmi, ti prego, come pensi di potermi essere utile, a parte continuare a respirare?”- i suoi occhi spietati la scrutarono nell’animo, cercando un qualche tipo di cedimento o di debolezza su cui fare leva-“Sappiamo entrambi che la tua umanità è un prezioso quanto scomodo dono.”- le carezzò un zigomo con il dorso gelido della propria mano, tracciando una linea decisa fino al collo, sul quale esercitò una pressione maggiore, ricordandole la fragilità della sua natura.

“Non sto parlando della questione con i Salvatore.”- sibilò Eva, accogliendo quelle provocazioni come un test sulla propria fedeltà.

Colse l’incertezza negli occhi di Niklaus, tornati ad assumere i toni di un cielo di ghiaccio, attraversato da lampi di fuoco.

Lui la osservò incerto, pieno d’interrogativi che lei sarebbe stata felice di colmare.

“Parlo della tua guerra contro te stesso, contro la tua umanità, contro il tuo passato.”- lo colpì dritto al petto, con quelle parole, per poi liberarsi dalla sua presa con maggiore facilità di quanto avrebbe mai creduto.

Lo vide irrigidirsi, colto di sorpresa, e approfittò del suo sgomento, per porre fine a quella discussione.

“Dì a Tony di riportare dentro i bagagli, perché io non me ne vado.”

 

 

 

***

 

 

 

Dietro a delle nuvole dai contorni argentati, Bonnie Bennett scorse il tenue bagliore d’una luna piena, timidamente nascosta da una coltre scura che celava le prime stelle agli occhi della giovane strega.

Camminavano ormai da una buona mezzora, constatò.

Charles aveva parcheggiato la Mustang fra gli alberi all’estremità di un piccolo bosco, prendendo dal cruscotto una torcia, per poi guidare quella spedizione avvolta nel mistero.

In lontananza, le luci delle case abitate brillarono, contrastando con l’oscurità nella quale, invece, i due ragazzi si addentravano.

Quando Whitechapel aumentò il passo, facendosi largo fra le fronde, Bonnie capì che la meta era ormai vicina.

Il raggio della torcia si orientò sulle assi grigiastre di una villetta di dimensioni modeste, in pessime condizioni, il cui portico era gremito di cumuli di foglie marce che, mai portate via, avevano creato una patina liscia e sdrucciolevole, sulla quale la giovane rischiò di scivolare.

Il legno sul quale camminavano scricchiolò, segnando i loro passi, e la Bennett riconobbe, in quelle assi scalfite e scolorite, le tracce di un devastante incendio.

Ma la casa era lì, ancora in piedi, nonostante minacciasse di crollare da un momento all’altro.

Il nome, sulla placca d’ottone in parte fusa che circondava il campanello, era stato grattato via, lasciando quella oscura dimora nel più completo anonimato.

“Perché siamo qui? A chi appartiene questa casa?”- domandò in un sussurro la strega, rabbrividendo, quando un colpo di vento fece muovere l’anta di una finestra, con un fragoroso cigolio.

Scorse la sagoma di Charles arrestarsi davanti alla porta e prendere un lungo respiro, prima di forzare la serratura e spalancare la porta con un calcio.

“Alla mia famiglia.”- mormorò lo stregone, puntando la torcia all’interno dell’abitazione, per poi azzardare un passo e varcare la soglia.

“Da come sei entrato, non si direbbe.”- farfugliò la Bennett, seguendolo.

L’atmosfera, sul portico, aveva un ché di decisamente agghiacciante. Non che all’interno fosse migliore.

La ragazza tossì convulsamente, strizzando ripetutamente gli occhi, nel tentativo di abituarsi all’oscurità più completa di quella stanza e alla polvere.

Udì i passi del ragazzo, poco lontani, ed avanzò a tentoni, sperando di non urtare contro nulla.

Percepì il suono metallico di strumenti che ricadevano sulle assi ammuffite del pavimento, fino a quando il giovane non riemerse, porgendole una seconda torcia.

Bonnie tirò un sospiro di sollievo e si beò di quel nuovo bagliore, lieta di poterlo controllare personalmente.

“Cos’è questo posto, Charles”- mormorò, percorrendo con la pila le pareti dell’ingresso, piene di cornici vuote o in parte carbonizzate. Due ampie librerie gemelle, poste l’una di fronte all’altra, erano gremite di tomi ormai illeggibili, ricoperte da una spessa coltre di polvere e cenere.

“Il mio nome è Charles Sinclair, non Whitechapel. Devi perdonarmi, ma il mio cognome non è mai stato particolarmente benvisto. I trascorsi dei miei antenati ci sono costati l’estromissione dal Consiglio.”- sospirò lui, sfiorando con le dita lo stipite della porta che affacciava su un grazioso salotto, un tempo ricco di drappeggi del rosso più acceso, a giudicare dalle foto che quando era piccolo i suoi genitori gli avevano mostrato, ed ora ridotto ad un cumulo di seta bruciata, come sangue nero e sporco.

Non aveva mai avuto modo di chiamare quel luogo casa. Ma sentiva di appartenergli, fin nelle viscere.

Rimase in silenzio, contemplando lo stato di distruzione in cui quell’abitazione versava.

“Sinclair”- ripeté Bonnie, metabolizzando quella verità e corrugando la fronte, alla familiarità di quel nome-“Credo che mia nonna vi conoscesse”- ricordò distrattamente, avanzando cauta all’interno della sala, attenta a non calpestare i resti di un’antica cristalliera ridotta in frantumi.

Centinaia di piccole stelle rifulsero, al passaggio del raggio della torcia, illuminando il pavimento.

“I Sinclair e i Bennett sono tra i più antichi casati di streghe e stregoni del mondo intero. Ma, a differenza della vostra, la nostra fama è essenzialmente quella di traditori e reietti.”- sorrise mestamente Charles, prendendo fra le mani una cornice d’argento meno logora delle altre.

Una giovanissima Elizabeth Sinclair sorrideva, abbracciando un bambino di pochi anni più grande di lei, con lo stesso sorriso sghembo di Dorian ed i capelli chiari arruffati sulla testa.

“Perché?”- la Bennett si avvicinò ancora, rabbrividendo, quando uno spiffero, filtrato attraverso i vetri rotti delle finestre, le solleticò la schiena.

“Lo scoprirai.”

Il ragazzo abbandonò la stanza, raggiungendo le scale che affacciavano al piano superiore. Cigolarono prima ancora che vi salisse, tremando.

Sinclair le risalì con cautela, intimando a Bonnie di attenderlo, e tornò qualche minuto dopo con una pesante cassa, apparentemente rimasta nell’incendio che anni prima aveva coinvolto la dimora.

Appoggiò il baule ai piedi delle scale, per poi mordersi il pollice e lasciare che il sangue scorresse fluido, lungo il suo dito. Posò la falange lesa sulla serratura e attese.

Si aprì con uno scatto sonoro, consentendo al solo e unico legittimo erede di accedere al suo contenuto.

Preziosi grimori furono illuminati da entrambe le torce degli stregoni che schiusero le labbra, pieni di meraviglia.

“Perché mi hai portata qui, Charles”- soffiò Bonnie, affascinata dai possibili contenuti di quegli scritti così antichi.

“Ho bisogno del tuo aiuto. Vorrei che evocassi uno spirito per me.”

Charles richiuse la cassa, una volta accertatosi che ogni cosa fosse al suo posto.

Non mancava nulla.

“Non posso più farlo, non mi è consentito. Da quando ho riportato in vita un … amico, mi è stato impedito di mettermi in contatto con l’Aldilà.”- tentennò la Bennett, colta di sorpresa.

“Puoi tentare, Bonnie?”- insistette il ragazzo-“A me è preclusa ogni comunicazione con il limbo. Ho perso la mia ultima occasione qualche tempo fa.”- ripensò amareggiato a come aveva bruscamente interrotto il suo colloquio con Elizabeth, durante il breve soggiorno a Philadelphia-“Ho bisogno che tu faccia comunque un tentativo.”

Lei annuì silenziosamente, per poi chiedere al giovane di trovare delle candele da poter accendere.

“Chi devo invocare?”

“Elizabeth Sinclair.”- lo stregone scandì bene quel nome, mentre ultimava gli ultimi preparativi, nella disperata speranza che il suo piano funzionasse.

“Chi è?”- domandò Bonnie, sorpresa.

Una parente? Che ruolo aveva in tutta quella questione?

“Forse l’unica persona in grado di darci qualche nuovo indizio su come uccidere Klaus.”

Lei annuì, per poi concentrarsi e sperare semplicemente che funzionasse.

“Non ci riesco.”- sospirò la strega, estenuata dal lungo stato di concentrazione che un’impresa del genere richiedeva.

Prese un lungo respiro, asciugandosi la fronte madida di sudore, mentre una candela si spegneva, scossa da un debole vento.

Charles negò con il capo, massaggiandosi il mento, spaventato all’idea di un fallimento.

“Prova ancora.”- rantolò, agitato. Riaccese la candela, osservando con determinazione la Bennett, perché tornasse a concentrarsi.
“Non ci riesco, Charles!”- ringhiò la ragazza, stremata. Si alzò a fatica, lottando contro la debolezza delle gambe che si piegarono sotto di lei, costringendola a scivolare in ginocchio.

“Perdonami.”- Sinclair la aiutò a spostarsi, facendola accomodare sul gradino, accanto a sé-“ Speravo solo che …”

“Voglio che tu mi dica tutta la verità su di te, Charles.”- la giovane lo guardò intensamente, desiderosa di avere risposte.

“È una storia che comincia più di mille anni fa.”-sospirò Sinclair-“Probabilmente, avrai una buona ragione per odiarmi.”- latrò tristemente, per poi spegnere tutte le candele rimaste, ormai consapevole di quanto quel primo tentativo fosse stato infruttuoso.

“Perché hai scelto di smettere di mentire?”

“Perché sono stanco, Bonnie, e mi sento responsabile di quanto sta accadendo. Presto, però, saremo liberi. In un modo o nell’altro, lo saremo. Hai la mia parola.”

 

 

 

 

***

 

 

 

Dorian Wolfskin sospirò sommessamente, digitando per l’ennesima volta, quel giorno, il numero di telefono di Charles.

Lasciò il ventiduesimo messaggio ad una segreteria telefonica ormai stanca di sentire la sua voce, ancora leggermente euforica, che parlava di libertà, di un nuovo inizio, di pace e fratellanza.

Ma sapeva che Sinclair non lo avrebbe affrontato, se non a viso aperto.

Ma dove poteva essere andato?

Libero d’essere schiavo solo di se stesso, il giovane ibrido premette l’acceleratore della splendida Lamborghini murcielago, pegno di Rebekah, diretto a gran velocità, sulle tracce dell‘amico.

Mystic Falls avrebbe avuto, ancora una volta, qualcosa di cui parlare.

 

 

***

 

 

 

 

“Questi Grimori sono antichissimi!”

Bonnie sfogliò delicatamente le pagine di un antico testo, meravigliata dall’immensa energia che questo emanava.

C’era un intero baule gremito di un sapere così potente da provocarle le vertigini.

“Contengono alcuni fra i primi incantesimi mai pronunciati. Sono uno dei grandi tesori della famiglia Sinclair.”- sorrise compiaciuto Charles, puntando la torcia sul grimorio sulle ginocchia della Bennett, per agevolarle la lettura.

“Potrei sfogliargli per ore, c’è così tanto da imparare”- sussurrò estasiata la strega, bramando quelle informazioni con ogni fibra del proprio corpo.

“Allora, aiutami a contattare Elizabeth, Bonnie. Dammi una mano e potrai studiare queste pagine.”

“Te l’ho detto, non ci riesco.”- si giustificò lei, con un velo d’imbarazzo negli occhi scuri-“ Ma forse …”- ebbe un’illuminazione.

“Cosa”- Sinclair pendeva dalle sue labbra.

Si concentrò sulla sua voce, attese impaziente di conoscere i suoi pensieri.

“Promettimi che non ti prenderai più gioco di me, Charles. L’ultima volta che ti ho dato fiducia, hai rischiato di mettere in pericolo tutti i miei amici.”

“Hai la mia parola, Bonnie Bennett.”- giurò onestamente lo stregone.

“Tu ed io non possiamo evocarla, ma … So chi potrebbe entrare in contatto con lei. Ma ho bisogno di fare una telefonata.”

I pensieri della strega si rivolsero tutti su una figura amica: Matt.

Dopo averlo salvato dall’annegamento nella piscina, Donovan si era ritrovato con l’ingombrante capacità di vedere i fantasmi.

Charles sospirò, prendendo, dalla tasca posteriore dei pantaloni, il cellulare.

Ignorò le ventidue telefonate di Dorian, con una smorfia indecifrabile sul volto, e porse l’apparecchio alla ragazza, con un’occhiata particolarmente eloquente.

“Non farmene pentire.”- le intimò, per poi passarsi una mano fra i capelli, evidentemente sottopressione.

La giovane attese impaziente che l’amico rispondesse, turbata dal nuovo stato di quiete in cui quella casa era piombata.

“Pronto?”

“Matt”- soffiò Bonnie, lasciandosi riconoscere dal ragazzo.

“Bonnie? Accidenti, dove …”- Donovan rimase comprensibilmente sorpreso

da quella chiamata inattesa. Aveva incontrato Caroline, nel pomeriggio, ed era venuto a sapere della sua scomparsa.

Fece per chiederle ulteriori informazioni circa la sua sparizione, ma lei lo interruppe.

“Sei solo?”

“Sono al Grill.”- replicò confusamente lui, aggrottando la fronte, in un’espressione concentrata.

Che diavolo stava succedendo?

“Bene. Mi serve una mano.”
“Dove diavolo sei! Ti stiamo cercando, Elena credeva che Klaus ti avesse rapita!”- proruppe Matt, sconcertato dall’indifferenza della corvina.

Si allarmò, nonostante, a giudicare dalla calma nella sua voce, fosse abbastanza chiaro che Bonnie stava decisamente meglio di quanto Elena aveva ipotizzato.

“Sto bene, sul serio. Mi serve un favore.”

Non aveva risposto alla domanda, pessimo segno.

Non poteva parlare? Qualcuno la stava costringendo a tacere?

Era in pericolo?

“Di cosa si tratta?”-mormorò lui, soffocando tutti gli interrogativi.

Più l’avrebbe fatta parlare, più avrebbe avuto modo di ottenere informazioni sulla sua scomparsa.

“Ho bisogno che tu entri in contatto con uno spirito, per me.”

Matt boccheggiò, interdetto, davanti a quella richiesta così insolita.

A che scopo? Cosa si celava dietro all’insensata fuga della Bennett?

“Che sta succedendo, perché sei scomparsa? Bonnie, non mentirmi!”- sibilò, guardandosi intorno con aria circospetta.

Il locale, sebbene fossero ormai le nove di sera passate, era fin troppo poco affollato.

Non che la cosa lo preoccupasse. Dialogare con un fantasma gli sarebbe risultato più facile e discreto, dato l’esiguo numero di clienti.

Si diresse verso il magazzino ed attese che Bonnie rispondesse.

“Tornerò presto, non preoccuparti.”-lo rassicurò la ragazza, senza lasciar trapelare alcun indizio, circa la sua attuale ubicazione e le ragioni che l’avevano spinta ad andarsene-“ Il nome dello spirito è Elizabeth Sinclair.”

Il giovane barista inarcò un sopracciglio biondo, dubbioso.

Quel nome gli giungeva incredibilmente nuovo, non aveva mai sentito la Bennett accennarne minimamente.
“Non hai altro?”- mormorò, per poi rabbrividire, quando una lieve brezza fredda gli solleticò la schiena. Si guardò intorno, in cerca della corrente d’aria, e realizzò che quel vento leggero proveniva dall’interno della stanza.

“Lei ti aiuterà. Sarà più facile del previsto.”- proseguì Bonnie, prima di tacere e attendere i risvolti.

Matt sospirò scettico.

Lanciò un’occhiata incerta alla porta che affacciava sul locale, per poi accostarla. Fece spazio fra gli scatoloni, temporeggiò, liberando la mente, senza sapere realmente cosa fare.

Aveva solo un nome.

Come poteva pensare, Bonnie, che gli sarebbe bastato per …

Trasalì, indietreggiando di un passo ed inciampando su un pacco di bottiglie che rotolarono a terra, sfiorandogli le gambe.

Matt serrò la presa sull’apparecchio telefonico e deglutì nervosamente, con gli occhi fissi sulla parete opposta, prima vuota, ora occupata da una sagoma alta e sorridente, dall’aria straordinariamente pacata.

La donna sorrise, scrutando con i suoi intensi occhi grigi il ragazzo, per poi avvicinarsi lentamente, quasi percepisse la sua paura.

“La vedo.”- mormorò distrattamente Donovan al telefono, mentre si risollevava da terra, pulendosi i jeans e riassestando in piedi le bottiglie rovesciate.

A Salem, Charles interpretò l’espressione sorpresa della Bennett come un ottimo segno.

“Passami il telefono, Bonnie.”- le intimò, strappandole impaziente il cellulare dalle mani-“Matt, giusto? Ho bisogno che tu chieda a Elizabeth se può ottenere delle informazioni per me.”- sibilò, con la voce tremante d’euforico entusiasmo.

Ce l’aveva fatta. Sarebbe riuscito nel suo intento, ne era certo.

“Tu chi diavolo sei”- sbottò il barista, turbato dal repentino cambio d’interlocutore. Posò gli occhi sull’elegante signora davanti a sé che sorrise rassicurante, poi aggrottò la fronte, prestando attenzione alla nuova voce dall’altro capo del telefono, nel vano tentativo di riconoscerla.

“Un amico. Chiedi a Elizabeth quello che ti ho detto.”- si impose con decisione Sinclair, intenzionato a non perdere tempo.

Si passò una mano fra i capelli scuri, massaggiò il mento, placando il nervosismo che lo aveva colto.

“Cercherà di aiutarti, ma devi fare in fretta.”- replicò Matt, pochi istanti dopo-“Non potrà rimanere a lungo. Gli spiriti la trattengono dall’altro lato.”

Plausibile, commentò Charles.

L’odio secolare che le antiche famiglie nutrivano per i Sinclair doveva essere così forte da seguirli anche nell‘aldilà.

Rabbrividì, al pensiero che la morte non sarebbe stata che una nuova e più tormentosa tortura, se paragonata alla vita.

“Ho bisogno che mi dica che esiste un altro modo di uccidere Klaus, oltre al pugnale di quercia bianca. Eva è fuori discussione.”

“Non lo sa.”- Donovan, sebbene confuso, fu un più che abile mediatore e referente-“Ma sostiene che la chiave per trovare una soluzione siano …”-la sua voce si incrinò, soffocata da un sussulto-“Oh no”

Charles lo chiamò ripetutamente, senza ricevere alcuna risposta.

Bonnie spalancò gli occhi, allarmata, prendendo il telefono fra le mani, in preda all’agitazione.

“Che sta succedendo? Matt!”- gridò, percependo il respiro affannoso dell’amico, attraverso l’apparecchio-“Matt! Che succede! Matt!”

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Al Mystic Grill, Matt fu costretto ad interrompere la telefonata, sotto lo sguardo severo di una sagoma nota ma decisamente più pericolosa del solito.

“Che ci fai qui”- soffiò inquieto, guardando torvo Stefan Salvatore, erto nel locale, ormai deserto, con un sorriso enigmatico sul volto squadrato.

Il vampiro sospirò, stringendosi nelle spalle con indifferenza. Ogni suo gesto racchiudeva in sé qualcosa di sinistro e minaccioso.

“Sono curioso. Ho sentito dire in giro che l’adorabile Bonnie è stata portata via. Un tragica coincidenza.”-sorrise beffardo, puntando lo sguardo verdognolo e folle negli occhi chiari e turbati del ragazzo- “Chi era al telefono?”

“Non ti interessa.”- sbottò coraggiosamente Matt, indietreggiando di un passo. Con la coda dell’occhio, colse, nella stanza, la figura di Elizabeth Sinclair, intenta a scrutare con attenzione Stefan, quasi temesse per l’incolumità del suo unico mediatore con il mondo dei vivi.

“Io credo di si, invece”- latrò tetro il giovane Salvatore, compiendo qualche passo cadenzato in avanti, con un sorriso malsano che si spense quasi subito, lasciando il posto ad uno sguardo duro e grave-“ Dov’è Bonnie? Dove si trova?”
“Non me lo ha detto.”
“Con chi è?”- spazientito, Stefan scoprì le zanne, in uno scatto d’ira.

Conosceva la risposta.

Klaus non era il solo ad avere occhi ed orecchie ovunque.
“Non lo so.”

Le parole morirono fra le labbra di Matt, quando avvertì l’orribile pressione della mano di Stefan sul suo collo.

Il vampiro lo costrinse ad addossarsi alla parete opposta, ridendo della sofferenza sul volto del ragazzo.

“Potresti chiederlo alla tua amica.”- ghignò, rivolgendo un’occhiata provocatoria alla stanza apparentemente vuota.

Aumentò la pressione sul collo del giovane Donovan, sfidando gli spiriti a intervenire, evidenziando quanto serie fossero le proprie intenzioni.

“Perché non ti fai dire dove sono lei e il suo amico?”- latrò, scrutando con decisione la propria vittima, con gli occhi adombrati da venuzze scuse e le pupille accese di una furia primordiale-“Dille che ti ucciderò.”

“Perché dovrebbe importarle.”- soffiò l’umano, tentando invano di allontanare la mano del vampiro dalla gola.

Orientò gli occhi chiari e atterriti in direzione di quelli grigi e cauti della donna, spettatrice silenziosa ed impassibile della sua tortura.

“Mi importa, figliolo. Al momento, sei l’unico tramite con mio nipote.”- intervenne la strega, avanzando con eleganza nella stanza, così vicina che, per un istante, sia Matt che Stefan ebbero l’impressione che la donna fosse realmente lì.

“Dov’è, allora?”- insistette il giovane Salvatore, confrontando il pallore della propria mano con l’intenso violaceo della pelle del ragazzo.

Matt scrutò speranzoso Elizabeth Sinclair, ascoltando passivamente le parole che la donna gli rivolse, in risposta alle minacce di Stefan.

“A Salem. Bonnie è a Salem.”- tossì infine, digrignando i denti.

Il vampiro sorrise vittorioso, liberando il collo di Donovan dalla sua morsa ferrea e impietosa. Il giovane scivolò in ginocchio, ansimando affaticato, con una mano sulla gola stressata, lieto di tornare a respirare a pieni polmoni.

Tentò di risollevarsi, addossandosi alla parete, ma venne afferrato dal suo carnefice e scaraventato contro il bancone.

Scivolò rovinosamente a terra, battendo la testa contro uno sgabello, e ricadde a terra con un tonfo sordo ed un rantolo strozzato.

“Niente di personale, Matt.”

Stefan scomparve, contemplando con un velo di soddisfazione l’esito positivo della missione.
Il Grill piombò in un raccapricciante silenzio, interrotto unicamente dall’oscillare delle lampade che, appese al soffitto, avevano subito lo spostamento d’aria provocato dal corpo inerme di Matt che si scontrava con il bancone e il rapido svanire del minore dei Salvatore.

Animato da un’energia estranea e potente, Matt riprese i sensi, portandosi una mano alla fronte contusa e sanguinante, terribilmente frastornato.

Nonostante avesse la vista ancora offuscata, riconobbe il fantasma di Elizabeth, poco lontano da lui.

“Ho bisogno che tu avverta mio nipote. Le intenzioni di quel vampiro non sono delle migliori.”- la voce della strega risuonò nitida nelle sue orecchie, ridestandolo completamente-“Chiamalo. Salvagli la vita, ti prego.”

Il ragazzo annuì silenziosamente, digitando il tasto di chiamata rapida, per richiamare il numero sconosciuto, grazie al quale aveva potuto contattare la Bennett.

“Matt, che cosa è successo? Perché hai urlato!”

Il giovane fece una smorfia infastidita, quando le grida della ragazza riecheggiarono nella sua mente, creandogli nuova confusione.

“Stefan”-mormorò, affaticato-“Sa dove siete, sta venendo da voi.”

“Perché?”

“Non lo so, ma credo che il tuo amico sia in pericolo.”- con un ultimo sforzo, Donovan concluse la chiamata, distendendosi sul pavimento freddo, in cerca di sollievo dal lancinante dolore alla testa che lo tormentava.

In quell’ambiente messo a soqquadro dalla furia devastatrice di un vampiro disperato, Dorian Wolfskin fece ingresso, sbarrando gli occhi, a quella visione.

Aveva percorso a gran velocità la strada per Mystic Falls, intenzionato a ritrovare Charles e certo che fosse quella cittadina il luogo giusto da cui partire.

Accorse rapido in soccorso del ragazzo che riconobbe come l’amichevole barista conosciuto giorni prima. Fu costretto a respirare con la bocca, per via dell’incontro ravvicinato con il sangue di Matt che mugolò, intontito dalla botta, quando l’ibrido lo riassestò in piedi, facendolo sedere su di uno sgabello e portandogli del ghiaccio.

Chiunque avesse ridotto Donovan in quelle condizioni doveva essere a caccia d’informazioni, non c’era alcun dubbio. La cassa del Grill era intatta, non si trattava di una rapina.

“Cosa diavolo è successo”- domandò Wolfskin, costringendo l’altro ad aprire gli occhi e a combattere la confusione.

Matt digrignò appena i denti, con una smorfia di dolore sul volto, per poi mugugnare un “Dietro di te …” che Dorian non recepì in tempo e perdere nuovamente i sensi, stremato.

L’ex licantropo fu proiettato a terra da una forza devastante che lo immobilizzò sul pavimento, impedendogli di reagire.

Stefan Salvatore ghignò euforico, prima di piantare con foga una siringa nel collo del giovane ibrido che ululò di dolore, sbarrando gli occhi, ormai ocra intenso, in un’espressione di puro terrore.

Sentì il proprio corpo bruciare, arso dal mille fiamme che scorrevano instancabili nelle sue vene, distruggendo i suoi organi, senza incontrare ostacoli.

Dorian trovò conforto, da quell’insopportabile supplizio, solo quando perse i sensi, stremato dal veleno della verbena e dello strozza lupo iniettatogli dal vampiro.

Con un sorriso indecifrabile sul volto, il minore dei Salvatore lasciò il locale, trascinando con sé il corpo inerme di Wolfskin, svanendo nella notte.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Bonnie tentò più e più volte di richiamare Matt, senza ottenere alcuna risposta. Le mani le tremarono vistosamente, il battito accelerato faceva da sottofondo a quell’ambiente tetro e sinistro in cui lei e Charles si trovavano.

“Stefan sta venendo qui.”- soffiò, guardando Sinclair, allarmata.

Non sapeva cosa realmente avrebbe significato l’arrivo del vampiro, ma provava un forte stato d’inquietudine.

Avvertì il proprio stomaco contorcersi per l’agitazione, la voce si arrochì, evidenziando il suo nervosismo.

“Perché? Come diavolo fa a sapere dove siamo!”- lo stregone ringhiò furibondo, vittima delle stesse preoccupazioni che attanagliavano la Bennett.

“Matt crede che tu sia in pericolo.”

Il ragazzo sospirò agitato, passandosi una mano sul volto, mentre meditava sul da farsi. Avanzò nel buio, con passi ritmati, imponendo alla sua mente di rielaborare le informazioni ottenute, per sviluppare un piano.

“Se Stefan mi crede legato a Klaus, vorrà qualcosa.”- osservò meditabondo.

“Se Stefan ti crede legato a Klaus, vorrà ucciderti.”-sottolineò Bonnie, fin troppo lapidaria-“Dobbiamo andarcene.”

Sinclair accolse la sentenza della strega come unica possibilità.

Orientò la torcia sulla grossa cassa che aveva recuperato dal piano superiore, poi tornò nel salone, intenzionato a portar via alcune delle poche fotografie rimaste integre, testimoni del fatto che una volta una famiglia c’era stata.

Distrutta, dissanguata e maledetta da chi non era stato in grado di comprendere le sue azioni.

Bonnie gli fece strada, uscendo per prima, mentre lui recuperava il pesante baule, arrancando con fatica, fin sulla soglia.

Lo stregone sgranò gli occhi grigi, affilando lo sguardo, per poi irrigidirsi, quando una brezza gelida gli punse la schiena, facendolo rabbrividire.

La ragazza era svanita nel nulla, risucchiata da quella notte insolitamente tetra, nonostante la luna piena rifulgesse nel cielo.

Avanzò appena, scorgendo, con un sospiro di sollievo, un’ombra poco più avanti.

Probabilmente, la torcia di Bonnie doveva essersi scaricata.

“Questo posto mette i brividi perfino a me.”- commentò con spaventosa indifferenza la sagoma scura, poco lontana.

La cassa cadde dalle mani di Charles, piombando davanti ai suoi piedi con un tonfo sordo.

“Stefan, perché sei qui”- sibilò fra i denti, con gli occhi puntati sul vampiro che procedette verso di lui, raggiungendolo in poche falcate.

Accese la pila che Sinclair aveva affidato alla Bennett e la puntò verso il proprio volto, conferendosi dei lineamenti particolarmente spettrali e mormorando un “Bu” ironico, per poi latrare divertito.

“Per te, in effetti. La tua fuga da Klaus è stata incredibilmente provvidenziale. Mi hai evitato un sacco di problemi.”- sorrise l’eterno diciassettenne, puntando la torcia sul volto del ragazzo che strizzò gli occhi, abbagliato.

Dov’era Bonnie?

“Cosa vuoi da me”- ringhiò nervoso, guardando torvo il pericoloso predatore erto di fronte a sé.

“Eva.”

Sinclair rise silenzioso, sfidando il vampiro a ripetere quell’assurdità.

“Ti suggerisco di trovare un’altra risposta, se vuoi essere preso in considerazione.”- disse con fermezza, ostentando una calma che, sapeva, non avrebbe mantenuto ancora a lungo.

Si guardò intorno, scrutando l’oscurità, in cerca della Bennett.

Le cime degli alberi oscillarono inquiete, colpite da un vento gelido che le fece tremare e mosse le nuvole, liberando così la luna dalla sua prigionia.

Ma niente. La ragazza sembrava svanita nel nulla. Qualunque cosa volesse, Stefan aveva intenzione di richiederla solo e unicamente a Charles.

“Oh, non ne ho bisogno. So chi è, so che valore ha per Klaus e credo di sapere a cosa serva.”- le labbra del minore dei Salvatore si piegarono in un sogghigno malvagio-“Ma, sfortunatamente, temo che Nik tenga la sua bella bambola di porcellana in una casa a prova di visitatori esterni e a me serve un lasciapassare.”

“È fuori discussione che io ti aiuti a ucciderla.”- ringhiò Sinclair, spaventato dalla propria ira- “Eva non è un’opzione.”

“Molto bene“- il vampiro affilò lo sguardo verde e maligno, scoprendo i denti in un ringhio selvaggio-“Abbiamo un’eternità davanti a noi. Io di certo.”-incrociò le braccia al petto-“Posso aspettare.”

Charles serrò la mandibola, confuso.

“Ma non vorrei che, per colpa di un tuo capriccio, fossero terzi a pagare le conseguenze.”- sorrise diabolicamente il ragazzo centenario, mentre i suoi occhi si illuminavano euforici.

Strizzò un occhio a Charles, per poi svanire e riapparire in pochi istanti.

Lasciò ricadere a terra due corpi che scivolarono nell’erba, inerti, per poi sollevarne uno e riassestarlo in ginocchio.

Sinclair boccheggiò inorridito, quando vide la sagoma priva di sensi di Bonnie, a pochi metri da Stefan, e perse più di un battito, quando riconobbe il corpo che il vampiro teneva per il collo.

Dorian.

“No.”- soffiò, con gli occhi grigi e sconvolti rivolti sull’ex licantropo, decisamente incosciente.

“Porta Eva da me. È l’unica arma che rimane, contro Klaus.”- insistette il giovane Salvatore, con un’espressione decisamente meno accondiscendente sul volto.

Wolfskin riaprì lentamente gli occhi, ancora notevolmente stordito dalla grande quantità di verbena e strozza lupo somministratagli qualche ora prima. Biascicò qualcosa di incomprensibile, prima di rivolgere gli occhi smeraldini su Charles e scoppiare in una risata isterica, interrotta da rantoli e sussulti.

“No.”- ribatté con fermezza lo stregone, scrutando severamente l’amico di un tempo, per celare la preoccupazione che la sua reazione gli aveva causato.

“Allora, trova tu un’altra opzione. Arriverò a lei, in ogni caso.”- sibilò grave Stefan, per poi forzare la presa sul collo di Dorian, minacciando di staccargli la testa-“O ti serve un incentivo?”

Wolfskin soffocò un ululato straziato, digrignando i denti e respirando affannosamente.

“Sprechi il tuo tempo, ragazzone.”- latrò l‘ibrido, chiudendo gli occhi ad una fitta più decisa-“Uccidendomi, gli farai solo un favore. Hai scelto l’ostaggio sbagliato.”- sorrise, provocando l’ira di Stefan che aumentò ancora la pressione, percependo le prime vertebre cervicali dislocarsi.

Charles chiuse gli occhi, al sinistro rumore delle ossa di Dorian che incominciavano a cedere.

Nonostante lo odiasse, sentì come insopportabile l’eventualità che il ragazzo morisse.

“C’è un’alternativa.”- sbottò, sospirando teso, nella speranza che quell’idea, balenatagli in mente, fermasse Stefan dal compiere quell’esecuzione.

“Sono tutt’orecchi.”

Il vampiro allentò la presa sul collo dell’ibrido che, ancora stordito dal veleno nel proprio corpo, chiuse gli occhi, sperando di perdere nuovamente i sensi.

“Non ucciderai Eva, Dorian o chiunque altro. Ma vinceremo tutti.”

Il cuore di Charles ebbe una fitta, quando lo stregone proferì quelle parole. Il senso di colpa divenne un tormentoso nodo alla gola, tanto insopportabile da costringere il ragazzo a prendere una lunga pausa, prima di seguitare a parlare.

“Vai avanti.”- lo incitò il minore dei Salvatore, con un ruggito animalesco, mosso dalla curiosità.

“C’è un incantesimo che protegge Eva dall’invecchiamento. La mantiene eternamente giovane.”- le parole morirono fra le labbra di Charles che si sentì un assassino-“Posso spezzarlo. Posso renderla completamente umana, soggetta al passare del tempo. Nessuno la ucciderà. Basterà solo aspettare.”

“No. Non aspetterò che lei invecchi. Mi serve una soluzione immediata.”- Stefan scosse energicamente il capo, escludendo a priori quella possibilità.

Non avrebbe concesso a Klaus un minuto di più, non gli avrebbe permesso di vivere ancora una vita.

Non dopo ciò che aveva fatto.

Avrebbe preso la sua eternità e l’avrebbe privata di ogni scopo, portandogli via tutto ciò che aveva.

“È quella che stavo cercando di trovare. Ma tu hai interrotto la mia telefonata con Matt, prima che potessi ottenere le informazioni di cui ho bisogno.”

“Allora, torniamo da lui, insieme. Che ne dici?”

“Stefan?”

Bonnie riprese conoscenza, massaggiandosi la testa indolenzita, ancora troppo stordita per poi comprendere a pieno quanto stesse accadendo.

“Va tutto bene”- la rassicurò Sinclair, lieto di vederla muoversi, di nuovo.

Si avvicinò alla strega, sotto lo sguardo vigile del vampiro, e la aiutò a rimettersi in piedi, sorreggendola per le braccia ed accertandosi che non avesse nulla di rotto.

Le fece compiere qualche passo, quando scorse Stefan riafferrare malamente il corpo esausto di Dorian e minacciarlo, ancora una volta.

“Ripensandoci, ho deciso di fare un cambio di programma.”

Charles fece sedere Bonnie sull’erba, per poi rivolgere l’attenzione su Wolfskin, nuovamente in difficoltà.

“Sarebbe?”- mormorò, senza sapere cosa attendersi.
“Spezza l’incantesimo. Subito.”- gli intimò il ragazzo centenario, minacciando di strappare il cuore dal petto dell’ibrido-“Rendila completamente umana. Per sicurezza. Così che, in caso non dovessimo trovare un’alternativa, tra qualche anno ci pensi la sua salute a sistemare la situazione. Avanti.”

“Lascia andare Dorian e ne possiamo parlare.”- azzardò Sinclair, deglutendo a fatica, con le mani tremanti, spaventato all’idea di non riuscire a convincere Stefan, una seconda volta, a lasciare andare Wolfskin.

“Oh, non credo. Tu farai quello che ti dico. Io agirò di conseguenza.”

Charles si ritrovò con le spalle al muro, obbligato ad agire, nonostante la propria mente tentasse di opporsi.

Stava davvero condannando Eva a subire il tempo, per uccidere Klaus?

La sua famiglia aveva mantenuto per anni intatta la forza di quell’incantesimo, in memoria d’un’antica promessa, ed ora, lui, l’ultimo erede di un grande fardello, avrebbe infranto un antico giuramento, per salvare il fantasma di una famiglia che probabilmente non esisteva più.

“D’accordo.”- mormorò lo stregone, aprendo lentamente il baule, per prelevarne una piccola scatola di velluto e stringerla fra le mani, prendendo un lungo respiro.

La aprì, estraendone un piccolo e prezioso anello, arricchito da una grande e lucente pietra di un blu intenso, che tanto gli ricordò gli occhi di Eva.

L’anello, che la ragazza aveva portato al dito per più di un millennio e che credeva di aver perso, era stato segretamente custodito dalla famiglia Sinclair.

“Cos’è?”- domandò curioso Stefan, corrugando la fronte, interessato.

L’eternità di Eva”- soffiò pensieroso Charles, lasciando che il tenue bagliore lunare illuminasse la pietra- “L’incantesimo che la mantiene giovane è stato racchiuso in questa pietra per più di un millennio.”- sospirò mestamente, prima di esercitare una forte pressione sul castone e staccare la gemma che si opacizzò, lontana dalla montatura.

L’aveva condannata. Ma, paradossalmente, le aveva salvato la vita.

Ma si sentì comunque il suo carnefice.

A Eva non era rimasta che la giovinezza eterna e lui gliel’aveva strappata via.

“Interessante”- sorrise Stefan, probabilmente aspettandosi qualcosa di più scenografico-“Torniamo a casa?”- plaudì, lasciando ricadere il corpo di Dorian a terra e rispettando l’accordo.

Aiutò Bonnie ad alzarsi e la afferrò malamente per un braccio, guidandola in quell’oscurità, mentre Charles avanzava lentamente, seguendoli.

Sinclair guardò a lungo la sagoma di Wolfskin, steso inerme nell’erba, in balia del clima volubile. Nuvole scure tinsero l’orizzonte di un nero ancora più tetro, celando nuovamente la luna.

Lieto di avergli salvato la vita, si allontanò, sperando, un giorno, di poter tornare a chiamarlo fratello.

 

 

 

 

 

***

 

 

Niklaus spalancò gli occhi turchesi, riemergendo dallo stato di quiete e riflessione in cui aveva catturato il mostro dentro di sé. Increspò le labbra e lasciò ricadere agilmente le gambe, incrociate sulla scrivania, sul pavimento, per poi slanciarsi dall’elegante poltrona winchester su cui si era abbandonato e riassestarsi in piedi.

Uscì dallo studio con un impeto mostruoso, avanzando al ritmo dell’assordante musica che proveniva dal salone.

Ringhiò spazientito, spalancando le porte semiaccostate della sala e scandagliando lo spazio, in cerca dei responsabili di tutto quel chiasso.

“Chi di voi stupidi bambini ha deciso di comunicare al mondo intero la nostra posizione?”- latrò minacciosamente, con un ghigno malsano sul volto, mentre spingeva con decisione il pulsante dello stereo, facendo ripiombare la stanza in un sinistro silenzio.

Il camino era stato acceso; scoppiettò vivace, accompagnato da una risata amara e soffocata ed un singhiozzo trattenuto.

“Colpa mia.”- mugugnò una voce, guidando lo sguardo dell’ibrido fin davanti al divano di pelle inglese.

Klaus aggrottò la fronte, avanzando lentamente, quasi non credesse ai propri occhi.

Eva si asciugò una lacrima, per poi sorridere distrattamente alla sagoma che le si era parata davanti e la osservava severa, dall’alto.

“Ti avrei offerto da bere, ma vedo che ti sei servita da sola.”- Klaus tirò un buffetto, con il piede, ad una bottiglia semivuota di scotch, facendola rotolare accanto alla giovane- “Abbondantemente.”
“Non sono neppure alticcia.”- sbuffò amareggiata la ragazza, tirando su con il naso.

Aveva pianto. Le restava il vuoto di uno spirito ormai esausto, da colmare con lacrime e whiskey.

“Mi sorprendi, visto il desolante vuoto della mia riserva personale.”- sospirò l’Originale, senza alcun particolare interesse.

Si sedette a terra, poco lontano da lei. Appoggiò un braccio su un ginocchio, scrutando attentamente l’umana con le spalle contro il sofà ed un bicchiere di cristallo fra le mani.

Lei si voltò appena, incontrando il suo sguardo ancora adirato, per poi tornare ad osservare le fiamme che danzavano nel camino, ardendo instancabili.

Percepì la rabbia di Klaus e le si strinse il cuore.

Ridacchiò stancamente, avvertendo l’alcolico fare finalmente effetto.

“Vuoi fare un brindisi?”- sospirò, porgendo al ragazzo un bicchiere vuoto, decisa ad ignorare i suoi occhi inquisitori.

Era stanca perfino di avere paura.
“D’accordo”- acconsentì Nik, sporgendosi verso di lei, per poi riempirlo con del whiskey e studiarne i riflessi ambrati, alla luce delle fiamme.

Vide con i propri occhi la distruzione.

Sentì come proprio il doloroso senso di sconfitta di Eva.

Lei era ancora lì, dopo tutto. Klaus rise amareggiato, constatando che il proprio regno era ancora dominato dal caos.

Le aveva concesso di restare, spaventato dal vuoto che la sua assenza avrebbe potuto provocare.

“Alla libertà.”- mormorò lei, avvicinandosi decisa, per dare inizio al brindisi- “Perché è ancora un pallido miraggio.”- abbassò lo sguardo bluastro, mentre le parole le morivano in bocca.

Incastrò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, quando sentì Klaus sbuffare, evidentemente consapevole.

“Alla famiglia.”- proseguì lei, sorridendo mestamente-“In quanto a situazioni familiari difficili non ci batte nessuno.”- strizzò un occhio in direzione dell’ibrido, insolitamente rigido e silenzioso, di fronte a quell’implicita richiesta di aiuto e perdono.

“Alla solitudine.”- Eva alzò il bicchiere, oscillando impacciata e rischiando di rovesciarne il parte il contenuto-“La nostra condanna.”

Il mondo le sembrò più leggero e meno oscuro, man mano che elencava ad alta voce tutte le sue paure.

“A me. Perché ogni mio giorno su questa è terra è un errore. È contro natura, è sbagliato, è ingiusto. E, in tutta onestà, non me ne importa assolutamente nulla.”- sorrise, riuscendo a coinvolgere lo stesso Klaus che annuì silenziosamente, con le labbra piegate in un riso consapevole.

L’Originale fece per scontrare il bicchiere contro il suo, deciso ad interrompere il soliloquio della giovane, ma lei lo fermò, chiedendogli di attendere un ultimo brindisi.

“A Niklaus.”- proferì Eva con determinazione, catturando totalmente l’attenzione dell’ibrido che la scrutò, soffermandosi sulle sue labbra e su ciò che avrebbero detto.

“L’unico che non mi ha mai mentito, il mio passato- che gli piaccia o meno-, il mio presente e il mio futuro.”- sorrise la ragazza, per poi fare incontrare i bicchieri e mandar giù tutto d’un fiato il contenuto.

L’ibrido si lasciò riscaldare dalle sue parole, capaci di donargli un torpore ancor più piacevole di quello che avrebbero potuto concedergli le fiamme nel camino.

Lei aveva scelto di restare e combattere per lui.

“È lecito che tu mi odi. Sul serio, lo capisco. Ma Charles è parte della mia famiglia, non potevo permetterti di fargli del male. Avresti agito ugualmente, se al suo posto ci fosse stata Bekah.”- proseguì Eva, ridendo di sé e della propria insolita loquacità.

Guardò lontano, ricordando quanto sola fosse al mondo, ancora una volta.

Nik, Charles, Dorian avevano tutti un’ottima ragione per odiarla.

L’importanza della propria sopravvivenza cominciava ad essere messa in dubbio da Eva stessa.

“L’ho fatto.”- la voce arrochita di Klaus le provocò un brivido e sembrò restituirle un po’ di forze.

“Stefan Salvatore ha mia sorella e, con lei, i miei fratelli.”- mormorò silenziosamente l’ibrido, sfiorando con le labbra il bordo del bicchiere.

“Cosa?Vuoi dire che le bare ospitano …”- nonostante fosse poco lucida, Eva collegò immediatamente gli eventi-“Ma Bekah è un vampiro, lei è …”

Spalancò gli occhi blu, raccolse le ginocchia al petto, animata da una grande curiosità.

Nik abbassò lo sguardo, giocherellando con il bicchiere che teneva fra le mani, per poi sorridere mestamente.

Per la prima volta dopo tanti anni, sentì il bisogno di giustificare la propria condotta.

“Lo siamo tutti. Ma nel corso dei secoli gestire le sprovvedutezze dei miei fratelli è stato difficile. Mikael ci dava la caccia, non potevamo permetterci distrazioni.”-proferì sovrappensiero, increspando le labbra ed inarcando un sopracciglio al nome del patrigno.

Eva aggrottò la fronte, rabbuiandosi.

“Li hai uccisi.”- sentenziò, lasciandolo senza parole.

Improvvisamente, Niklaus riconobbe la tragicità delle proprie azioni.

“Temporaneamente.”- sottolineò, avvicinando il proprio viso a quello interdetto della ragazza-“In attesa che le acque si calmassero, che ci fossero le condizioni favorevoli per poter tornare ad essere una famiglia. Tutto ciò che ho fatto, ogni mia azione, lodevole o deprecabile che fosse, è stata in funzione di questo.”

Aveva votato la propria eternità al solo scopo di poter tornare a fingere che il tempo scorresse anche per lui.

Abbassò gli occhi al pavimento, deciso ad evitare di incontrare lo sconcerto nello sguardo di lei.

“Non puoi risolvere ogni cosa con un omicidio, lo sai?”- sorrise dolcemente Eva, cogliendolo evidentemente di sorpresa.

Nik la osservò, schiudendo le labbra, disarmato dalla sua comprensione.

La giovane si trascinò accanto a lui, affiancandolo, per poi contemplare le fiamme, ora più deboli, che ardevano placide.

“Dici di volere una famiglia ma, non appena le cose si mettono male, elimini i pesi superflui e tendi ad isolarti. Mai sentito dire che l’unione fa la forza?”

Niklaus sorrise silenzioso, guardando con orgoglio la testa bionda che si era appoggiata contro la sua spalla.

Il profumo dei capelli di lei lo stordì e il tepore della sua pelle lo ustionò. Ma non si allontanò da quella piacevole tortura, nonostante lo sconvolgimento interiore che provocasse.

La odiò.

In un modo diverso da come l’aveva odiata il giorno precedente, quando lei aveva scelto di tradire la sua fiducia.

La odiò perché era riuscita a riconquistarla. Ne aveva raccolto i frammenti da terra e li aveva ricomposti, rendendoli più forti.

“Certi detti perdono di significato quando entrambi i tuoi genitori votano la loro vita e non-vita alla tua distruzione.”- sorrise l’Originale, lambendo con le labbra l’ultima goccia di whiskey rimasta nel bicchiere, senza distogliere gli occhi dalla ragazza che distese le gambe esili accanto alle sue e sospirò, incrociando le braccia.

“Sei inattaccabile, ci rinuncio. Hai vinto tu.”- sbuffò tra il divertito e l’esasperato, per poi sfiorare con le dita il proprio bicchiere, indecisa se riempirlo ancora una volta o meno.

Addossò con maggiore pressione la testa alla spalla di Niklaus, cercandovi conforto.

Le parve che le fiamme nel camino si fossero fermate insieme al mondo, quasi cercassero di darle il tempo di trovare una soluzione ad ognuno dei problemi che le tormentavano la mente, sotto forma di pensieri.

“Mi capita spesso.”- mormorò divertito Klaus, facendola sorridere.

“È tardi.”- Eva sbadigliò leggera, per poi prendere un lungo respiro e rimettersi goffamente in piedi. Stirò le braccia, salendo in punta di piedi, per poi oscillare sul posto-“Visto che uccidermi sarebbe decisamente controproducente e che io non ho intenzione di andarmene, ti rimane una sola soluzione, per poter combattere questa guerra.”- disse, con un sorriso astuto sulle labbra ed uno sguardo malizioso negli occhi blu e vagamente lucidi.

“Sarebbe?”- la bocca di Klaus si piegò in un ghigno truffaldino, mentre le iridi azzurre si accendevano d’interesse.

“Restare da solo.”

A quelle parole, l’Originale guardò confusamente la ragazza, con le labbra socchiuse e le sopracciglia aggrottate.

Non si attendeva nulla del genere.

“Con me.”- sorrise dolcemente Eva, appoggiandosi al bracciolo della poltrona vicina-“Possiamo essere soli insieme.”

Niklaus abbassò lo sguardo e si compiacque, cercando di ignorare i brividi che, instancabili, gli percorrevano la schiena.

Prese fra le mani i bicchieri di cristallo e li riempì, sotto lo sguardo silenzioso della giovane che attese, trattenendo a stento un nuovo sbadiglio.

Le porse un calice, con negli occhi una luce euforica.

“Alla solitudine.”- sorrise, distendendo il braccio, per poter far scontrare il proprio bicchiere con quello fra le mani di Eva-“Ciò che ci resta e che ci unisce.”

“Insieme all’eternità.”- precisò la giovane, annuendo con decisione.

Cheers”- ghignò l’ibrido, prima di portare alle labbra il liquido ambrato e mandarlo giù tutto d’un sorso.

Lei appoggiò distrattamente il recipiente vuoto su un tavolino e prese un lungo respiro, sperando che la stanza smettesse presto di vorticare su se stessa.

Fece per andarsene, ma un’idea balenata in mente la trattenne, facendola sorridere.

“Non so se sia l’alcool a farmi parlare o … niente. È decisamente l’alcool, ma la prossima volta che cerco di baciarti, mi riferisco a qualche sera fa, gradirei che tu … Ecco tu …”- si umettò le labbra, evitando di guardare Klaus direttamente negli occhi, pur percependo il suo sguardo vagamente divertito- “Baciami e basta, ok? Tra noi due, quello che morde sei tu, quindi non hai niente di cui preoccuparti. Ecco tutto. Dio, spero con tutto il cuore di dimenticare questa parte della serata, domani mattina!”- mugugnò, prima di barcollare fuori dalla stanza e salire a fatica le scale.

Niklaus latrò divertito, contemplando ancora per qualche istante le deboli fiamme che ancora animavano il camino.

Per la prima volta nella sua vita, fu lieto di essere solo.

La pace ritrovata ebbe breve vita. La vibrazione del proprio cellulare avvertì l’Originale della presenza di un messaggio.

From Stefan: Tic Tac, Tic Tac, il tempo sta finendo!

 

 

B-Cave:

Buongiorno, raggi di sole!

Come sempre, sono qui a chiedervi perdono per il ritardo e la lentezza con cui pubblico i capitoli, ma, purtroppo, saprete meglio di me che Maggio è il mese in cui i professori si svegliano e realizzano di essere indietro con compiti, interrogazioni e programmi e, quindi, danno il meglio di sé, per recuperare il tempo perso ( che poi è assurdo, ho passato l’intero anno barricata in casa a studiare e, nonostante tutto, siamo indietro rispetto alle altre classi? Mi devono delle spiegazioni, tsk.)

Anyway, bando alla ciance!

Vi ho lasciato un capitolo decisamente lungo che, spero, non sia risultato troppo pesante, privo di senso alcuno o semplicemente noioso.

Lo Stefan di cui avete letto è quello completamente fuori del post furto delle bare, mentre Klaus ( spero che non vi sia troppo risultato OOC) alterna momenti di furia a fasi più rilassate.

E Dorian?

Ultimamente le prende un po’ da tutti, ma, a chi simpatizzasse per i suoi Bloody Hell e la sua verve, dico che presto tornerà il bambinone di prima!

Elizabeth Sinclair sembra aver qualche dritta per il Mystic Team, ma basterà, per annientare il nostro originalissimo-ibridino-cuoricino?

Detto questo, ringrazio naturalmente chi legge, segue, preferisce e ricorda questa storia!

Un saluto particolarmente sentito e un GRAZIE immenso va a xHeyCass_ e Esmeralda91 per le loro splendide recensioni! (Appena possibile, risponderò alle vostre bellissime recensioni, lovelies!)

Dunque! Aggiornerò il prima possibile, sperando di poter rispettare i termini delle due settimane. Se non ci dovessi riuscire, sappiate comunque che non lascerò la storia inconclusa. Arriveremo alla fine, prima o poi;)

Ora scappo a vedere il finale di stagione, dicono che sia epico! Voi che ne pensate? (perdonate eventuali sviste ortografiche, appena avrò un po' di tempo correggerò tutti gli errori!)

Un bacio, alla prossima,

Biondich!

 

 

   
 
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