Era coperta
di sangue, sentiva una strana sensazione di freddo fino alle ossa, la testa le
girava e le doleva tutto il corpo. In modo inspiegabile, però, lo sentiva
lontano da se stessa, assorta com’era, con gli occhi fissi su quel corpo che
aveva esalato il suo ultimo respiro in un grido. “ Mamma…” Incapace di parlare
continuava a ripeterlo all’infinito nella sua testa. “Mamma, mamma, mamma,
mamma, mamma!” Non una lacrima, non una parola, non un tremito. Era
completamente incapace di far niente se non sperare che si svegliasse, aprisse
gli occhi e la portasse via tra le sue braccia. Lei, di rimando, la fissava con
uno sguardo gelido e il viso rigato dalle lacrime era immerso in una pozza di
sangue che usciva dal foro al centro della tempia destra. Mentre continuava a
chiamarla intensamente con la mente, percepì un tremore lontano che si faceva
sempre più forte, come un terremoto. Il viso della sua mamma iniziò ad
offuscarsi e, per la prima volta dallo sparo, si guardò intorno. La stanza pure
iniziava ad offuscarsi, le pareti a muoversi e le persone pian piano si
allontanavano, come risucchiate da un vortice, fino a sparire. Di nuovo il
tremore e poi aprì gli occhi. Il cellulare stava squillando. Di colpo Anita
ritornò alla realtà e ricordò che era sabato pomeriggio e che si era
addormentata profondamente subito dopo pranzo. Sarebbe dovuta uscire con
Margherita che le aveva chiesto compagnia per andare a fare shopping quel
pomeriggio, ma guardando fuori dalla finestra si rese conto che era già buio e
quindi troppo tardi per le compere e che forse aveva appena il tempo di
prepararsi per incontrarsi con le amiche per la serata. Il cellulare aveva
smesso di suonare quasi subito dopo il brusco risveglio e così non era arrivata
a rispondere e quasi se ne dimenticò, presa dal pensiero di essersi dimenticata
di tutti e tutto per l’ennesima volta, ma passò meno di un minuto prima che
ricominciasse a squillare. Rispose subito e fece per alzarsi dal letto.
< Sì,
scusami tanto, mi sono addormentata di sasso! Allora che si fa stasera?> Era
ancora troppo avvolta dal mondo dei sogni per capire che non erano né Luisa né
Margherita, due delle sue migliori amiche, al telefono. Dall’altra parte sentì
un sospiro di sollievo.
< Sì, sono
io. Con chi parlo, scusi?>
< Sono un
tuo vecchio amico, ma non ti puoi ricordare. Ti ho chiamata perché è molto
probabile che tu faccia un incontro non gradito. Cerca di non uscire, o se
proprio devi resta sempre in posti affollati e non ti isolare mai, mi raccomando.
Ciao.>
Non le aveva
dato il tempo di replicare, di fargli neanche una domanda o semplicemente
rispondere al saluto e non si era presentato. La sua voce, però, le era
familiare, molto calda, grave, sicura e soprattutto ferma, al limite tra
educazione e autorevolezza. Aveva parlato molto chiaramente, ma senza spazi,
tutto d’un fiato, come se fossero parole scritte su un copione e ripetute in
fretta per togliersi il pensiero. L’irritazione iniziale passò dopo aver
realizzato che probabilmente era solo uno dei soliti scherzi telefonici, anche
se un po’ fuori dal comune. Cercò di concentrarsi sulla voce, per riconoscerla,
ma la portava solo al ricordo del sogno che aveva fatto. Spezzoni di quella
tragedia inventata dalla sua mente ingegnosa, che rendevano Anita molto
orgogliosa di se stessa, continuavano a susseguirsi nella sua testa. Pensava
sempre che avrebbe potuto ricamarci sopra una storia e scriverci un libro,
tanto era chiaro e forte che non sembrava neanche un sogno, ma la pura realtà.
Era l’unico, inoltre, che faceva ormai da due anni. All’inizio la spaventava,
perché era troppo realistico, persino nei luoghi e colori, ma soprattutto per
l’intensità dell’affetto che lei provava per quella donna morta. Spesso, una
volta sveglia, si ritrovava a piangere, per riaversi subito dopo aver
realizzato che la sua vera madre era tranquilla, viva e vegeta che dormiva al
fianco di suo padre, a due camere di distanza. Superata una prima fase di
profondo shock, il sogno la gasò a tal punto che iniziò a fantasticarci una
storia abbastanza intricante. Sì stupì parecchio della sua fantasia,
considerato che non era una ragazza particolarmente fantasiosa, e se ne vantava
ogni volta che ne aveva la possibilità. Tornò per un istante al mondo reale e pensando
a Margherita, a cui aveva dato buca e che probabilmente era furiosa, guardò il
cellulare, chiedendosi che ora fosse. Notò che aveva sei chiamate perse e si
agitò ancora di più. Erano tutte di uno stesso numero sconosciuto, ma non
anonimo. Al giorno d’oggi la gente non sa
proprio come si fanno gli scherzi telefonici, pensò. C’era anche un
messaggio di Luisa, ma per fortuna niente da parte di Margherita, perciò non le
aveva propriamente dato buca: era lei che non si era fatta sentire. Era
comunque in ritardo per l’appuntamento serale. Il messaggio di Luisa diceva che
si erano organizzate per vedersi in piazza alle 9, erano già le 8.30 e doveva
ancora svegliarsi, farsi la doccia e raggiungere le altre. Si alzò troppo
velocemente, il che le provoco un giramento di testa, per poi infilarsi in
fretta e furia sotto la doccia. Sapeva che se fosse arrivata tardi anche quella
sera non l’avrebbero aspettata, ma era lo stesso convinta che non fosse colpa
sua. In fondo lei ce l’aveva messa tutta per essere puntuale! Appena arrivata
Margherita e Luisa se avessero potuto l’avrebbero uccisa e le sue misere difese
erano del tutto inutili. Le aveva fatte aspettare per una buona mezz’ora, e
nonostante per lei fosse un record, loro non erano dello stesso avviso.
< Se
evitaste di mettervi i tacchi e portaste delle scarpe comode e basse, come me,
non avreste problemi nell’aspettare per un po’ un’amica ritardataria e vi
godreste di più la serata.> Dopo essersi sfogata, Luisa aveva rinunciato, ma
Margherita non aveva nessuna intenzione di smettere di discutere e così Anita era
passata al contrattacco. L’attacco è la miglior difesa infondo!
< Se TU
evitassi di farci aspettare almeno mezz’ora all’in piedi TUTTI i sabati sera,
noi eviteremmo di soffrire.> Niente da fare, era troppo dalla parte del
torto per poter uscire illesa da quella situazione, l’unica via di scampo che
aveva era porre la discussione su un tono più scherzoso che Margherita prese
subito al volo. Anita non amava litigare con le sue amiche, ma a volte le
capitava di uscire completamente dal mondo e si dimenticava di qualunque cosa,
facendole infuriare. Per sua fortuna, però, quella sera c’era una certa
atmosfera elettrica intorno a lei, e le ragazze iniziarono a parlare della
grande novità, dimenticandosi di quanto era appena successo.
< Insomma,
abbiamo capito che questo tipo è un gran figo, ma se non mi sbaglio è un
casanova bello e buono!> Luisa ormai da quando si era fatta fidanzata vedeva
tutti gli altri ragazzi con occhi diversi e nessuno era ormai degno di essere
chiamato ragazzo se non il suo francesino. In effetti era stata piuttosto
fortunata a trovare un ragazzo come lui: ogni sua singola cellula era presa da
lei e, nonostante questo, riusciva a non essere assillante. Poi era simpatico,
carino (anche se Anita non riusciva a trovarlo molto affascinante), faceva
stare bene Luisa e lei era felice. Anita non chiedeva altro, e anche Margherita
e Celeste, una loro compagna di classe, erano contente di vedere Luisa così, ma
ciò non toglieva che anche loro cercassero qualcuno che assomigliasse al loro
principe azzurro.
< Tu trovi
sempre qualche difetto a tutti, ma non ti illudere perché anche il tuo
cavaliere ha i suoi difetti!> Anita cercava sempre di andare contro di lui.
Non era gelosia, era proprio una questione di possessività. Vedeva la sua dolce
Luisa in preda al lupo cattivo e cercava di difenderla, nonostante il lupo poi
si fosse rivelato un semplice cucciolo in cerca di coccole.
<
Naturalmente, ma con un casanova tu non riusciresti a stare per più di cinque
secondi prima di sbroccare.> Disse Luisa alzando gli occhi al cielo. Anita
fece spallucce.
< Mmmm…
può darsi. Fatto sta che non l’ho neanche visto io sto tipo!> Celeste
scoppiò a ridere, Luisa si passò una mano sul volto e Margherita fissava Anita
con la bocca spalancata.
< Chiudi
la bocca o ti entreranno i moscerini Marghe.> Disse Anita con una certa aria di sufficienza.
< Non
riesco a credere che non l’hai visto!> Ma lei rimaneva ferma, e fissava
Margherita con l’aria di chi cade dalle nuvole.
< Dai!! È
il nuovo ragazzo che si allena nella nostra palestra. Lapo mi ha detto che è
addirittura più forte di lui. Dovresti vedere che fisico, ma soprattutto il
fascino che emana dalle labbra… è qualcosa di magnetico.> Stavolta era Anita
ad essere rimasta senza parole, aveva sempre chiamato Lapo “Mr. Muscolo”,
convinta che in pochi potessero vantare di essere più forti di lui. Non
riusciva a immaginare qualcuno più forte di lui. Mentre Margherita continuava a
parlare di Mr. Fascino, lei si convinse che Lapo era comunque imbattibile: la
sua forza risiedeva anche nel suo carattere.
< Lo
stomaco inizia a reclamare ciò che gli spetta, qual è il menu di stasera?
Crepes, pizza o panino?> Disse Celeste, per niente interessata ai nostri
discorsi.
< Quando
lo stomaco chiama, Celeste risponde!> Luisa mise un braccio sulle spalle di
Celeste, ridendo e iniziò a camminare in direzione della pizzeria più costosa
della città, che, famosa per la grandezza delle sue pizze, era stata denominata
“La Pizzeria Spaziale”.
< Ho
chiamato l’altro ieri sera per trovare un tavolo per quattro libero e l’ho prenotato
al volo. Siamo state fortunate che una famiglia alla fine non è potuta venire e
si è liberato quel tavolo.>
< Ma sei
matta Luisa? Va bene che avete fame, ma non sarà un po’ troppo? E poi ho
portato solo quindici euro e rimarrei completamente senza soldi.> Anita non
aveva molta fame dopo il sonno agitato che aveva fatto nel pomeriggio e non le
attirava molto l’idea di spendere tutti quei soldi per poi lasciare più di metà
pizza. Margherita però con un sorriso malizioso, le lanciò uno sguardo con la
quale le fece capire che non erano lì né per la pizza né per i soldi, e la
prese sottobraccio.
< Indovina
indovinello chi lavora qui?>
< Non ci
credo. Siete qui per rimorchiare!!> Ridendo entrarono nella pizzeria che,
doveva ammetterlo, era molto accogliente e l’arredamento moderno e un po’
“spaziale” rendeva quel posto unico. Le pareti, infatti, erano tutte blu e un
lampadario a forma di sole girava al centro del tetto. I tavoli inoltre erano
di diversi colori e avevano tutti delle forme strane, alcuni rotondi, altri ad
“s” e pochi quadrati o rettangolari, e persino di altezze diverse, alcuni erano
altissimi e con loro anche le sedie lo erano, altri erano normali e altri
ancora erano bassi e le sedie erano dei divani senza piedi. Quelli erano i loro
preferiti, anche se stare a gambe incrociate faceva addormentare i piedi e si
alzavano sempre con le gambe un po’ indolenzite. Quella volta però in loro
tavolo era uno dei più alti e in un certo senso ne furono sollevate. Una volta
sistemate, un cameriere le raggiunse, ma si poteva dire tutto di lui tranne che
fosse carino. Le ragazze ne rimasero deluse, e iniziarono a scrutare l’intero
locale, in cerca della loro preda.
< Luisa
meno male che il tuo ragazzo è quello perfetto!> Anita cercava sempre di
sfoggiare un aria di superiorità, perché lei non cercava mai i ragazzi, era più
una da attrazione al primo sguardo. Se poi il ragazzo si rivelava abbastanza
affascinante, lei si scioglieva.
< Il fatto
che il mio lui sia assolutamente perfetto per me non mi impedisce di guardare,
ammirare o complimentarmi con la madre di altri ragazzi.> Scoppiarono tutte
in una sonora risata, catturando lo sguardo di tutti. In quel momento Anita
scorse uno dei camerieri correre verso le cucine, ma non riuscì a vederlo in
volto. Venne poi distratta da Celeste che iniziò a raccontarle di un libro che
aveva appena finito di leggere.
< Lunedì
te lo porto a scuola, così lo leggi anche tu. È assolutamente fantastico, io ne
sono rimasta incantata. Devi leggerlo!> Le ripeté la stessa frase una decina
di volte, interrompendosi con alcune descrizioni del libro, anche se poi si
fermava dicendo: < Però non vado oltre o ti rovinerò la storia.> Ma ormai
era arrivata a raccontare tutta la parte iniziale e forse anche di più. La voce
di Celeste era così entusiasta, il tono così acuto e le sue parole così
ripetitive che cominciarono a ronzare nella testa di Anita, come a formare un
turbine. A quelle di Celeste si univano altre voci, tante, troppe, troppo
confusionarie e troppo alte. Tutto ciò le provocò una sensazione stranissima e
inspiegabile, come se la sua vista, il suo udito e tutti i suoi sensi insieme
si dividessero in tante parti, in ogni angolo del locale. Poi una fitta. Un
dolore così forte che Anita fu costretta a tenersi la testa con le mani, mentre
tutto tornava al suo posto. Non aveva mai provato niente di simile. Che confusione!
< Troppa
matematica. Ascoltami è meglio se ti prendi una pausa di riflessione con la
scuola. Il vostro rapporto è troppo teso in questo periodo. Vedi cosa ti fa
starle troppo dietro? Dai che non si offende!> Margherita non era fatta per
le situazioni troppo serie e cercare di sdrammatizzare per lei era un bisogno.
< Questo è
da vedere.> Disse Luisa dopo essersi schiarita la voce.
< Guai a
chi ti tocca la scuola!> Disse Margherita mostrando le mani in segno di
resa.
< E
comunque non mi sembra il momento di fare battute del genere Marghe. Non vedi
che Anita è davvero sconvolta?> La voce di Luisa indicava che si era
spaventata molto, ma Margherita si girò verso di me, trattenendo a stento le
risate, e portandosi una mano davanti alla bocca, aggiunse: < Non ti
preoccupare Anita, tornerete insieme!> Per l’ennesima volta risero a
crepapelle e ciò provocò ad Anita una nuova fitta, ma meno dolorosa della
prima. Si riprese pian piano, ma non riusciva a comprendere cosa fosse successo
esattamente. Andò al bagno per sciacquarsi la faccia. Era spossata, come se
avesse appena fatto uno sforzo più grande di se stessa. Inoltre non era la
prima volta che le succedeva, e questo la disturbava un po’. Meglio non pensarci, si disse. Forse
aveva dormito troppo, oppure si era preparata troppo velocemente, accumulando
stress. Tornò quindi al tavolo, e continuò a godersi la serata senza pensare
più a nulla. Non ebbe più problemi e appena si fece mezzanotte si avviò con
Margherita verso la macchina dei suoi genitori. Alla fine non erano riuscite ad
incontrare Mr. Fascino. Poco male. La città non era tanto grande, l’avrebbe
incontrato prima o poi. Dopo una serata intera in cui le sue amiche l’avevano
tartassata con quel tipo, la curiosità l’aveva presa completamente. Mentre
pensava alle possibili cose a cui si sarebbe potuta dedicare una volta a casa,
dato che si era resa conto che
era sveglia da poco meno di quattro ore e non sarebbe riuscita a prendere sonno
facilmente, le squillò il cellulare.
< Chi ti
chiama a quest’ora?> Margherita era come sempre molto curiosa.
< Sarà mia
madre che mi dice che è tardi e devo muovermi a tornare a casa… o forse no.
Pronto?> Il numero sconosciuto non le era nuovo, ma di sicuro non era sua
madre.
< Anita
non tornare a casa, fatti accompagnare ovunque tu voglia, ma…> Era la stessa
voce di quel pomeriggio. Che faccia
tosta!
< Senti
smettila di chiamare o sarò costretta a denunciarti alla polizia!> Questa
volta fu lei a non lasciargli spazio e chiuse subito la chiamata. Non aveva
nessuna voglia di stare dietro a degli stupidi scherzi. Si voltò e si accorse
che Margherita teneva gli occhi puntati su di lei.
< Chi
era?>
<
Nessuno> Ma lei non era affatto soddisfatta di quella risposta così evasiva,
così Anita fece un sospiro e le raccontò il resto.
< Oggi mi
hanno fatto uno scherzo telefonico e ora stavano continuando. Sai che non
sopporto certe cose, perciò ho cercato di chiuderla lì.> Margherita non
sembrava molto convinta della versione dei fatti di Anita, nonostante fosse la
verità. Aggrottò la fronte e rimase pensierosa per pochi minuti.
< Be’
sembra che stia funzionando. Non ha richiamato.>
< Sì,
meglio per lui. O loro, non so in realtà.>
< Nessun
amante notturno, vero?> Anita pregò che i genitori di Margherita non
l’avessero sentita.
< Ma che
dici!! Non ho idea di chi fosse al telefono!> Margherita fece spallucce.
< Tanto
per essere sicuri> Anita posò una mano sulla fronte e scosse la testa,
mentre Margherita dopo una breve pausa aggiunse:
< Di
solito continuano fino a tarda serata, perciò stanotte ti conviene tenere il
cellulare spento se non vuoi che ti disturbino ancora.> Finalmente erano
arrivate a destinazione. Casa dolce casa.
< Grazie
mille del consiglio, e anche del passaggio. Ci sentiamo domani per studiare
insieme, ok?>
< Sì, a
domani. Buonanotte.>
<
Buonanotte Marghe, arrivederci signora.>
Detto ciò
Anita si voltò e si diresse verso casa. Cominciò quindi a cercare le chiavi di
casa nella borsa ma quando svoltò l’angolo le arrivò un improvviso pugno,
diritto in faccia, seguito subito dopo da una ginocchiata in pancia che la
costrinse a piegarsi su se stessa. Altri calci e ginocchiate la stesero
completamente. Non ebbe la possibilità di difendersi, così si ritrovò, una
volta rinvenuta, legata, sia mani che piedi, e stesa per terra.