Tranquillamente doloroso
*
Nel buio la solitudine non sembrava farle poi tanta paura, e i pendii lontani e verdeggianti potevano risultarle quasi piacevoli nell'assoluto silenzio senza tempo, senza stagione e al di fuori dallo spazio puramente umano.
La notte era tersa e nuda, tempestata di stelle candidissime; l'aria tiepida e appena mossa non si divorava la sigaretta, ma la consumava con parsimonia.
La luna, probabilmente nascosta dietro un declivio, non si vedeva da nessuna parte.
Il tabacco era forte e le invadeva la laringe bruciandola con tale lentezza da non farla rendere conto dell'inesorabile danno, le anneriva i polmoni nell'unico insano piacere concessole nel loro soggiorno sul quel suo monte sconosciuto e crudele, e gelido, come lui.
La porta finestra si apri' con un cigolio lieve sulla terrazza, svelando nel buio la sagoma del ragazzo, stagliata nella sua magrezza contro la notte.
Fece due passi, muti, all'esterno, alzando il naso agli astri lucenti.
Poi abbasso' lo sguardo su di lei, studiandone il gesto curato mentre fumava.
“Sei sola”.
Non era una domanda, bensi' una triste constatazione.
“Mi piace esserlo” disse lei.
Lui si avvicino' e sedette di fronte a lei al tavolino.
“Dato che menti, stanotte non lo sarai”.
Allungo' due lunghe dita a sfilarle una sigaretta dal pacchetto, poi se la infilo' fra le labbra, indugiando ad accenderla.
Quando l'accendino scatto' i suoi occhi neri s'illuminarono d'oro per un momento, poi un filo argenteo di fumo si alzo' dalla cenere infuocata, arancione di brace.
In cielo la falsa vicinanza di miliardi di fuochi fatui delle stelle, in terra le due lanterne brucianti di fumo e la vacuità di due solitudini unite.
Il gesto del ragazzo era quasi automatico, glaciale, quello di lei velato di una focosità taciuta, repressa, mascherata da una tristezza profonda ed eternamente attuale, di quelli a cui si è ormai fatta l'abitudine.
Lei strofino' la sigaretta contro il tavolino spegnendola, poi ne getto' il mozzicone lontano, lanciandolo fra il pollice e il dorso dell'indice.
“Andiamo a dormire?” chiese.
Lui prese un lungo tiro, per la prima volta ricco di un'inquietante voluttà.
“La notte è cosi' giovane, non buttarla via...” sussurro' in un sorriso.
In un sospiro lei rispose:
“Anche io lo sono”.
Rise, lui, dolcemente.
“E' un'attitudine la tua allora!” disse.
“Quale?”
“Quella allo spreco”.
Senza mostrarsi offesa rientro' in camera e si mise a dormire.
*
La Chiave di Do
In Toscana, durante la gita scolastica, ho avuto quest'ispirazione dopo averla vissuta in prima persona, anche se sola, con l'unica compagnia
delle stelle e di un pacchetto di Che rosse... vi chiederete perchè in gita si debba stare da soli ed in effetti la riconosco come cosa assai poco
normale/comune; eppure è stato quel momento malinconico a suscitarmi quest'immagine, ad evocare l'onnipresenza del mio Alex dei sogni:
la compagna di stanza mi ha trovata a letto col pc, a scrivere cio' che potete leggere qui, nel buio completo, e vedendomi cosi' è uscita di nuovo
scusandosi per l'intrusione in un momento creativo... ed era la sua stanza! (Dormire alle 23.30 in gita è da sfigati, e la sottoscritta lo ha fatto
per ben tre notti di fila!)