La
stanza era molto piccola, con un letto a due piazze appoggiato al muro e un
comodino a fianco.
C’era
solo un piccolo spazio libero tra i mobili e la parete di fronte.
Il
bagno era sulla destra appena entrati, dietro la porta.
“Come fanno a far entrare una branda in questo buco?”
si chiese Rea.
“Se è piccola dovrebbe star qui” le rispose indicando
il minuscolo spazio vuoto.
“Dev’essere a dimensione puffo” osservò lei. Appoggiò
la borsa sul letto e la aprì per vedere cosa c’era dentro. La richiuse subito, schifata.
“Senti, io vado a cambiarmi in bagno, tu
sistemati.
Se arriva il fattorino chiamami” le disse Rin, scomparendo nella
toilette.
Rimasta
sola, la ragazza aprì di nuovo la sacca: oltre al costume blu zebrato c’erano
vestiti da sera, gonne e magliette scollate di tutti i colori.
Rabbrividì.
“Laura, io ti ammazzo” disse a mezza voce. In fondo,
sotto a tutti gli abiti, c’era un biglietto.
“So che non è il tuo stile, ma per una vacanza romantica
mi sembravano le cose più adatte. Divertitevi e non fare la rompiscatole. Un bacio!”.
A Rea
salì una rabbia impossibile da descrivere. In quel momento bussarono alla porta.
Andò ad aprire e si trovò davanti una branda in verticale da cui spuntavano i
piedi.
“Questo è strano” commentò.
“Signorina, sono venuto a mettere questo in stanza”
disse un signore apparendo da dietro al materasso.
“Prego, entri” lo invitò.
L’uomo
ebbe qualche problema nel muoversi, un po’ per il piccolo spazio della stanza e
un po’ per l’oggetto ingombrante che aveva tra le mani.
“Rin!
È arrivato il tuo letto!”
gridò.
Il
ragazzo uscì dal bagno con indosso solo il costume nero.
“Aspetti, le do una mano” si offrì lui, andando verso
il fattorino. Prese da un lato il mobile e lo aiutò ad aggiustarlo.
La
ragazza era rimasta senza fiato nel vederlo mezzo nudo.
“Ecco fatto” esclamò. La branda era stata messa per
bene.
“Grazie per la sua pazienza, adesso siamo apposto”
disse salutando il fattorino.
“Arrivederci” si congedò lui.
Quando
ebbe chiuso la porta si voltò verso Rea, che sentiva un nodo in gola di
dimensioni gigantesche.
“Andiamo in spiaggia?” le propose. Lei rimase
immobile.
“Ehi?
Ci sei?” la chiamò, agitandole
una mano davanti agli occhi.
La
ragazza si riscosse, sobbalzando.
“Sì?!” esclamò. Rin era
basito.
“Mi ascolti?
Ti ho chiesto se vuoi venire al mare!” le ripeté.
“Oh, certo” decise.
“Bene, allora cambiati, dai”
“Cambiarmi?” domandò senza
capire.
“Rea, sei ancora con noi?
Devi metterti il costume per fare il bagno, se vuoi venire in
spiaggia” le ricordò.
La
ragazza si sentì morire: non ci aveva pensato! Andare al mare, com’è logico che
sia, significava rimanere solo col costume davanti a lui. Si vergognava troppo
per farlo.
“No, ci ho ripensato, non vengo più”
disse.
“Che cosa?
E mi fai andare da solo?” le
chiese lui triste.
“Divertiti” gli augurò, mettendosi ad aggiustare la
valigia.
“Eh, no!
Sei voluta venire qui e adesso vieni in spiaggia. Vai a cambiarti” le ordinò Rin,
prendendola per un braccio. Lei
si staccò senza nemmeno voltarsi verso di lui.
“No, non posso proprio” si
scusò.
“Sentiamo, come mai?” le domandò con le mani sui
fianchi.
“Perché mi sono ricordata che ho il mal di gola”
inventò.
Il
ragazzo vide il costume appoggiato sopra la borsa e capì.
“Non mi dirai che ti vergogni!” la prese in giro. Lei
si girò e puntò gli occhi nei suoi.
“Ma figurati!” rispose punta sul
vivo.
“Dimostramelo.
Mettiti quel costume blu e fammi vedere che non ti
vergogni” la sfidò. Lei
accettò la scommessa e prese l’indumento.
“Perfetto.
Ti rimangerai ciò che hai detto e poi mi lascerai in pace” decise.
Rin
trattenne a stento una risata mentre Rea scompariva in
bagno.
Nei
minuti in cui lei non c’era si sedette sulla branda e pensò. Tre giorni da soli,
al mare, in una camera doppia. Forse poteva farcela.
“Senti, devo proprio uscire di qui?” domandò la
ragazza affacciandosi alla porta. Era rossa fino alla punta dei
capelli.
“Se non vuoi fare il sub nella vasca da bagno, sì”
rispose.
La vide
combattere tra la vergogna e l’’orgoglio. Sbuffò e si
alzò.
“Ma che sarà mai?” le chiese andando verso di
lei.
“Fermo, non farmi venir fuori!” lo implorò.
Cercando
di strapparle la porta dalle mani, lui si avvicinò.
“Oh, avanti, siamo amici!
Perché tanta vergogna? Non devi fare sfilate di moda o simili,
dobbiamo andare a fare il bagno e divertirci!”
la riprese.
Nonostante
fosse molto più debole di lui, Rea ce la mise tutta per non farsi vedere,
provando a richiudere la porta.
“Ti prego, ti scongiuro, non ho un bel corpo, non posso venir
fuori di qui!” urlò. Spazientito, lui tirò la porta verso di sé,
aprendola con forza.
Sorpresa,
Rea non ebbe il tempo di nascondersi e rimase in piedi davanti a lui, abbassando
lo sguardo imbarazzata. Si torceva le mani dal
nervoso.
“Per favore, non mi prendere in giro” lo pregò con la
voce flebile.
Rin era
rimasto imbambolato a fissarla, con la bocca spalancata. Troppo imbarazzata, lei
prese un asciugamano e se lo strinse davanti al corpo.
“Io non ci vengo in spiaggia” decise.
Riscuotendosi,
lui chiuse la bocca e si schiarì la gola.
“Ascolta, non mi sembra così grave la
situazione.
Noi andiamo a divertirci, non dobbiamo fare chissà che cosa. Allora, mi accompagni?” le
chiese.
“Ma io sono bruttissima, ho la pancia e i fianchi grossi, non
sono il tipo da spiaggia!” ribatté lei.
“Hai detto stamani appena arrivati che vuoi andare al mare,
quindi adesso ci andiamo.
Muoviti” le ordinò,
prendendola per un polso.
“No, per favore!” cercò di difendersi, ma invano, era
troppo più forte.
Con
l’asciugamano stretto in vita e i sandali ai piedi, fu trascinata fino alla
riva.