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Autore: Drachandros    05/12/2006    3 recensioni
In questo testo che vostro malgrado sono riuscito a scrivere racconto di una delle tante giornate di discutibile bellezza che mi sono capitate durante il continuo scorrere della mia vita. L'ho scritto sostanzialmente per mancanza di altro da fare, ma se sarete abbastanza masochisti da leggerlo c'è una timidissima possibilità che una piccola parte di voi si diverta anche. Se poi vi volete veramente fare del male vi invito anche a recensirlo, a me farà senz'altro piacere finchè ne parlate bene ovviamente. A voi la parola ora, vi presento uno dei testi più demenziali e ironici mai scritti da mente malata!
Genere: Demenziale, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5: L’Incontro con Mister Nessuno

Capitolo 5: L’Incontro con Mister Nessuno

 

 

Era un’ora imprecisata del pomeriggio, mi ricordo solo questo e dato che sono io che scrivo vi dovrà per forza bastare. Non aveva ancora fatto buio nonostante l’inverno fosse in agguato dietro l’angolo del ponte dei morti, scendendo le scale pensavo a come avrei fallito nel tentativo di riprendermi la bicicletta, ma soprattutto a come l’avrei trovata.

Dovevo escogitare un piano a questo scopo, purtroppo non ero affatto bravo in questo: l’ultima volta che avevo escogitato un piano era stato quando avevo provato a raggiungere da Roma la mia ragazza che vive in Calabria senza pagare il biglietto del treno. E’ difficile scordarselo perchè avevo progettato di trascorrere le cinque ore di viaggio rannicchiato nello spazio tra gli schienali dei sedili, spazio riservato ai bagagli più ingombranti… Un piano perfetto. A Frosinone ero stato buttato fuori con una multa di 102 Euro, mi ero tradito perché una simpatica signora aveva dovuto inserire nel mio spazio una gabbietta con dentro un altrettanto simpatico persiano bello pieno di acari. Il controllore mi aveva trovato che ancora stavo starnutendo come un assatanato.

Senza lasciarmi scoraggiare dagli eventi passati iniziai a frustare la mia salamandra gigante del Giappone che risiedeva nel mio cranio con lo scopo preciso di mettere in funzione il mio cervello qualora gli venisse richiesto. Aspetta qualche secondo, ma niente da fare: il cervello non ne voleva sapere di illuminazioni divine e anche questa volta fu la salamandra a pensare per me. La sua idea, come sempre, mi piacque molto, cosi mi avviai verso Piazza Guadalupe per metterla in pratica.

Insieme alla grande e viscida sapienza della salamandra c’era dalla mia parte anche la fortuna, infatti appena uscito di casa avevo subito visto l’autobus correre verso il piazzale, avrebbe fatto la rotonda li e sarebbe tornato dalla mia parte a prendermi per portarmi in qualche minuto dritto alla mia meta. Cosi avevo raggiunto la fermata e in attesa mi ero dedicato a dare un’occhiata alla gente che mi circondava, a quell’ora del pomeriggio tutti i romani hanno appena finito il caffè e si stanno dedicando alle fragole con la panna quindi non c’era quasi nessuno alla fermata eccetto un uomo che non era vistosamente in grado di apprezzare delle fragole con panna.

L’uomo guardava i bidoni della spazzatura dall’altra parte della strada con l’aria fiera che una madre assumerebbe mentre dice “quello è mio figlio!” indicando un giovanotto con un megafono che fomenta risse davanti scuola.

Aveva un grosso naso, di quelli che somigliano a dei simpatici antistress, la faccia era tonda e grossoccia, ma anche molto rugosa. I capelli erano circa tre, ma abilmente pettinati per farli sembrare cinque, la bocca era semi aperta a indicare stupore o stupidità, ma, a mio parere, c’era poco da essere stupiti guardando i cassonetti.

L’uomo indossava un giubbotto di pelle marrone vecchio e dei pantaloni in velluto verde marcio, coronati da delle scarpe che sembravano uscite da una trattoria: scaciate e gonfiate. [spiegazioni esaurienti: scaciate: scaciate significa più o meno come sono delle scarpe uscite da una trattoria.]

Vuoi perché barcollava, vuoi perché puzzava di birra, l’uomo sembrava uscito da un pub, peccato che l’unico pub del quartiere si chiama “la tana” e nel weekend è chiuso per “mala frequentazione”.

Mentre osservavo la strana figura l’autobus asprì velocemente le porte mentre frenava verso la nostra fermata, cosi entrai con il mio compagno di viaggio, la cosa inquietante è che nell’autobus c’eravamo solo io, lui e il conducente.

Mentre il bus sfrecciava alle velocità stratosferiche di 15 chilometri orari, l’individuo inquietante si voltò verso di me e mi guardò in faccia sgranando gli occhi come se non mi vedesse bene. Dopo qualche istante apri lentamente la bocca mostrando i denti ingialliti dal tempo e dal fumo…

“sei Lorenzo?”

“come lo sai?”

 

  
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