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Autore: Hypnotic Poison    05/12/2006    14 recensioni
Erano sei anni che poteva considerare la sua vita – quasi – normale. Anche se di cose ne erano cambiate parecchie. [...]
« Beh! Che c’è, non si salutano più gli amici da queste parti? »
« Cosa ci fai tu qui! »
[...]
« Stamattina… non è scattato nessun allarme, niente di niente, ma i computer si sono riaccesi automaticamente sui dati del progetto Mew. » [...]
« Ora voi parlate. E vi conviene dire tutta la verità. »

[ATTENZIONE: STORIA IN REVISIONE. Aggiornati al 04/02/2024: 1-18]
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Mint Aizawa/Mina, Nuovo Personaggio, Ryo Shirogane/Ryan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter Eight – I can hear the bells

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Taruto atterrò davanti a casa di Purin e prese un gran respiro, assicurandosi di essere coperto dall’albero. Era il compleanno della biondina, sapeva che aveva dei programmi per la giornata con le ragazze, ma aveva pensato di andarla a trovare prima così… giusto per stare un po’…
Scosse la testa così forte che gli vennero le vertigini e strinse un po’ di più i palmi: calma, doveva mantenere la calma. Lui e Purin erano amici, non c’era niente di male in due amici che si facevano le sorprese nei giorni importanti, non aveva nessuno motivo di essere nervoso, era solamente la sua amica d’infanzia, quella con cui aveva passato ogni giorno dal suo ritorno sulla Terra e a cui aveva pensato quasi ogni giorno prima, quella che…
Emise uno strano verso dal naso simile a un barrito, uscì da dietro il suo nascondiglio e si piantò a gambe larghe davanti alla porta d’ingresso.
Su. Coraggio. È solo… una giornata come le altre. Non è niente di che. È solo Purin.
È solo…
« Buongiorno, Taru-san! » la porta si aprì davanti al suo naso all’improvviso, causandogli un piccolo scompenso cardiaco, e Heicha gli si parò di fronte con un sorriso molto simile a quello della sorella maggiore, « Sei qui presto, la nee-san è in camera sua. »
« Uhm, ah… grazie, » bofonchiò, rendendosi conto in quel momento che non aveva nemmeno pensato a portarle qualcosa, anche se Retasu gli aveva ricordato più volte (cercando di farlo sembrare un caso, ma non era così stupido lui) che le tradizioni terrestri per quanto riguardavano i compleanni non erano così dissimili a quelle di Duuar, « Allora… vado. »
Heicha sorrise sotto i baffi – in una maniera che non gli andò molto a genio – e si fece da parte, urlando a pieni polmoni: « Nee-chaaan! C’è Tarutoooo! »
Il suddetto fece una smorfia e un grandissimo sforzo a non coprirsi platealmente le orecchie (i congegni di suo fratello potevano camuffare le apparenze ma non certo diminuire le loro capacità), e si affrettò al piano di sopra, salutando con un cenno gli altri quattro componenti della famiglia Fon, impegnati in salotto con un videogioco parecchio rumoroso.
Lui dopotutto riusciva a maneggiare le piante, a crearne dal nulla, a potenziarle con i chimeri, come diavolo non aveva pensato a portare qualcosa all’amica? Però forse un fiore, una pianta, sarebbero stati troppo, come dire, rilevatori? Complicati? Sfacciati? Avrebbe davvero dovuto chiedere a Retasu, ma sarebbe stato così imbarazzante, e se per caso lei ne avesse fatto parola con Pai, e se Kisshu avesse sentito…
Una volta nel più tranquillo corridoio della zona notte, Taruto prese un ennesimo respiro. La porta della camera di Purin era socchiusa e lui sentiva provenirne una canzone sconosciuta e il suono di cassetti e ante che venivano aperti e richiusi; il cuore gli schizzò in petto un’altra volta, era forse un momento pessimo?? Era la ragazza impegnata a cambiarsi, e quindi, e quindi…
« Ah, ma eccoti! » la testa di Purin spuntò dallo spiraglio e, se prima gli rivolse un gran sorriso, poi lo guardò incuriosita dalla sua strana espressione, « Tutto bene? Sembra tu abbia mangiato un limone. »
« Sì, sì, era solo che… » Taruto si schiarì la gola e si avvicinò a passi lenti  mentre lei sgusciava di nuovo in camera, aprendo la porta di più per indicargli di entrare, « Che stai facendo? »
« Sto provando il mio vestito da damigella, » gli spiegò, spegnendo la radio e ritornando in fronte al suo specchio in un fruscio di tessuto, « Manca ancora un mese al matrimonio di Ichigo-chan, ma Zakuro-san è riuscita a farceli arrivare in fretta così da sistemarli, se c’è qualcosa che non va. »
Lui sentì il sangue fluire dal cervello a parti completamente diverse del suo corpo. L’abito era ovviamente rosa cipria, lungo fino ai piedi, con corpetto stretto coperto da un velo dello stesso colore a formare le spalline e una gonna increspata, a ricordare quasi i petali di un fiore. Non era certo una cosa da Purin, fu la prima cosa che pensò, prima che le idee fluissero in tutt’altra direzione.
« Allora, che te ne pare? » lei si girò un altro paio di volte davanti allo specchio, rimirando il vestito da tutte le angolature, « Io avrei preferito che fosse corto, ma non ho fatto in tempo a suggerirlo a Minto-chan che mi ha quasi staccato la testa. »
Taruto dovette deglutire tre o quattro volte. Era assolutamente fuori discussione darle il suo sincero parere, dirle come quel tessuto rosato le abbracciasse perfettamente le curve, donandole un’aria così da donna, seppure anche lui concordasse che nascondere le gambe snelle e toniche fosse un gravissimo crimine.
Purin si raccolse i lunghi capelli con una mano per testare l’effetto che avrebbe ottenuto con la crocchia stipulata per tutte, scoprendo il collo e la scollatura a V sulla schiena, e gli lanciò un altro sguardo dallo specchio: « Quindi? È così terribile? »
« No, » l’alieno si riscosse e cacciò le mani in tasca, abbassando lo sguardo e scrollando le spalle con fare noncurante, « Però non è… da te. »
« Che vuoi dire? »
Che questi vestiti pomposi ed eleganti ti stanno da sogno ma che sono troppo noiosi e falsi per te, che sei molto più bella e viva di così.
Avrebbe dovuto dirle.
« Che sei il solito maschiaccio quindi è inutile che ti conci a quella maniera, non inganni nessuno. »
Rispose invece. Perché era un idiota. Un completo cretino. Ma cosa cavolo aveva nel cervello?
Dovette pensarlo anche Purin, perché nonostante il suo rivolgergli una linguaccia ironica, i suoi occhi si spensero un poco: « Be’, parlane con Ichigo-chan, » esclamò, voltandosi ancora verso la sua immagine e aggiustandosi un po’ la gonna, « Questa è la mia divisa per la giornata, non posso farci niente. »
Taruto si morse la lingua, grattandosi il collo in imbarazzo mentre lei gli dava le spalle di nuovo e lasciava cadere i capelli: « Senti, pensavo… non è che oggi ti andrebbe di – m-m-ma ch-che st-stai facendo!? »
La biondina lo guardò come se avesse perso il senno mentre si torceva per aprire la zip posteriore del vestito: « Mi sto cambiando, » rispose con tutta la serenità del mondo, come se fosse una risposta completamente ovvia.
« M-m-ma ci sono io qui! » sberciò di nuovo lui, il viso in fiamme, praticamente saltando sul posto e compiendo un giro di centottanta gradi per scostare lo sguardo.
La sentì sbuffare sarcastica: « Stai tranquillo, sotto ho dei vestiti, sai, » lo prese quasi in giro, « E poi non ero un maschiaccio? »
« Sì, ma… non è… cosa! »
Azzardò solo un’occhiata da sopra la spalla quando la sentì ridacchiare, ed effettivamente sotto al vestito Purin stava indossando dei leggings ciclisti e una fascia elastica che prontamente coprì con una canottiera leggera.
« Sei un po’ strano, Taru-Taru. »
« Qui la strana sei tu, » bofonchiò lui, « Non… non farai mica così con tutti i tuoi amici maschi!? »
La biondina lo guardò stranita, sospirando così forte che le svolazzarono delle ciocche di capelli intorno al viso: « Tu e i tuoi fratelli siete andati in giro con la pancia di fuori per tutto il tempo che vi ho conosciuto. Non lo state facendo ora perché attirerebbe troppo l’attenzione, ma scommetto che al Caffè lo fate eccome. E poi che ti interessa che faccio io con i miei amici? »
« Niente, » borbottò lui, incassando la testa ancora di più nelle spalle e finalmente voltandosi di nuovo, « Però, uhm… »
Purin si limitò a scuotere la testa in una cascata di drittissime ciocche bionde, sospirando qualcosa che alle finissime orecchie del ragazzo sembrò moltissimo un uomini! ma che si decise a ignorare. La studiò di sottecchi mentre lei finiva di prepararsi, zampettando con energia intorno alla sua camera e canticchiando a bocca chiusa, e solo all’ennesima spinta delle sue mani in tasca (vi avrebbe trovato un buco, prima o poi) Taruto si accorse di non essere arrivato del tutto a mani vuote.
« Uhm… comunque, ecco, tieni. »
Senza troppi complimenti, allungò il palmo verso di lei mostrandole con malagrazia un paio di caramelle.
La biondina alzò un sopracciglio, un po’ scettica: « Per cosa sarebbe? »
Taruto fece una smorfia di disagio: « B-bè, è il tuo compleanno, no?! » sberciò, « E non… non so come le fate voi queste cose, quindi non potevo… e oggi sei con le altre, quin- »
Purin lo zittì con un mezzo sorriso e chiudendo le dita intorno alla sua mano, che usò come punto d’appoggio per alzarsi in punta di piedi e schioccargli un bacio sulla guancia.
« Grazie mille, Taru-Taru. »
Lui fu troppo concentrato a non arrossire per rispondere con più di un grugnito, la gota rovente dove si erano posate le sue labbra, e la guardò studiare il pensierino.
« Ehi, ma non sono aliene però! »
« Non ti puoi accontentare, per una volta? »
Lei gli lanciò uno sguardo furbo: « Le vostre sono migliori, sono così strane…! »
Taruto ricambiò il sorriso e annuì, un po’ più rilassato: « Posso… andare a vedere se nella navicella c’è ancora qualcosa, ma non assicuro nulla. »
« Perché non ci andiamo adesso? » saltò subito su lei, estasiata, « Ho sempre voluto vedere la vostra astronave! »
« Fuori discussione, Pai mi mangerebbe vivo. »
« Daiiiiiiii, è il mio compleanno! »
« Non se ne parla, ne va della mia vita. »
« Uffa, » Purin incrociò le braccia e gonfiò le braccia come una bambina indispettita, « Come siete rigidi! »
« Facciamo quello che vuoi, ma per l’astronave devi sentire solo ed esclusivamente Pai. »
Lei lo guardò da sotto in su, facendo un paio di passi in avanti: « Quello che voglio? »
Al percepirla avvicinarsi, quasi istintivamente l’alieno s’irrigidì e si inclinò appena all’indietro: « S-sì. A patto che non sia niente di pazzoide. »
Purin si sporse ancora un po’, così vicina che lui poté distinguere chiaramente l’odore di shampoo, del suo profumo, e quello della sua pelle: « Allora cosa facciamo? »
Taruto poté giurare che il suono di lui che tratteneva il respiro rimbombò potente per la casa, mentre le connessioni nel suo cervello smettevano di funzionare e lui riusciva solo a concentrarsi sulle pagliuzze più chiare negli occhi della ragazza e su quante lentiggini le erano spuntate con l’abbronzatura. Però non riuscì a muoversi, gli si era incollata la lingua al palato, la sua gola si era chiusa e non passava abbastanza aria per computare azioni, decidere, capire, alzare solo un dito per sfiorarle la mano, e quando il suo naso solleticò piacevolmente nel gustare di nuovo l’odore di lei, la sentì sospirare mentre faceva un passo indietro e sorrideva con forse troppa convinzione.
« Ma se andassimo a fare una super colazione? » propose, intrecciando le dita dietro la schiena e cercando con lo sguardo la sua borsetta, « Io e le ragazze andremo in piscina, ho bisogno di energia! E poi con Minto-chan in questo momento si mangia solo frutta e verdura, ho bisogno di sgarrare un po’ di nascosto. »
I polmoni gli urlarono di riattivarsi e lui prese un gran respiro, annuendo poco sicuro, poi le porse la mano: « Dove vuoi. »
Purin la fissò per un secondo di troppo, e sorrise afferrandogliela con forza: « Andiamo, Taru-Taru! »
« … e non mi chiamare così. »
 
 
 
 
Ryou doveva ammettere, in tutta la sua genialità, che non riusciva a comprendere del tutto perché Shintaro Momomiya sembrasse avercela ancora con lui. L’aveva tanto asfissiato sul fatto che lo ritenesse non solo la causa del declino della sua adorata figliola ma anche un poco di buono che poco faceva per ripristinarne la reputazione, e ora che invece quello che gli era parso il suo più grande sogno si stava avverando, ogni volta che si trovavano insieme (e stava accadendo davvero più spesso di quanto Shirogane avrebbe voluto), Shintaro trovava sempre un motivo per brontolargli contro.
Forse il più grande sogno di Shintaro era davvero tenere lontana Ichigo da qualsiasi maschio sempre e per sempre.
E per fortuna che non aveva nemmeno mai palesato la possibilità che i coniugi Momomiya aprissero il borsello di neanche mezzo millimetro per quel matrimonio.
Condividere con loro la (forse) lieta novella era stata, se possibile, una cena quasi più stressante di quando avevano annunciato la gravidanza di Ichigo, forse perché questa volta più pronti alle possibili reazioni avverse dell’uomo. Quando avevano annunciato la loro volontà di sposarsi, e di lì a tre mesi, ovviamente Sakura si era sciolta in gridolini che facevano impallidire quelli della figlia, e pure Shintaro non aveva borbottato contrariamente in maniera esagerata, anzi, gli era pure sembrato di vedere l’ombra di un sorriso sul volto dell’uomo, eppure aveva cambiato registro dopo molto poco.
Ogni notizia condivisa sui preparativi, sulle scelte per la loro cerimonia, dalla location, agli invitati (pochi ma buoni), ai fiori, se menzionata dal biondo veniva accolta con uno sbuffo insofferente e negativo, come se fosse assolutamente l’opzione sbagliata; non che poi a Shirogane interessassero specificamente i particolari, lui aveva sposato da sempre la filosofia del fare contenta la sua dolce metà e lasciare che si sfogasse lei insieme a Minto su queste cose, però era il sottotesto che qualsiasi cosa lui facesse non fosse giusta a diventare pesante, se costante.
Come in quel momento, seduti a un tavolo nell’elegante sala da pranzo dell’hotel che avevano scelto per ospitare la cerimonia e la seguente festa, intenti a testare il menu da loro scelto per eventuali modifiche dell’ultimo minuto, che Shintaro aveva passato a commentare con insopportabile minuzia qualsiasi portata.
Ryou avvicinò il naso al testolino di Kimberly, coperto da una buffa cuffietta blu con i bordi bianchi, e ne inspirò l’odore per rilassarsi un poco e ripromettendosi, quando tra molti, molti, moltissimi anni anche a lui sarebbe toccato aiutarla nei preparativi per il suo matrimonio, che non si sarebbe comportato in quella maniera.
« A tenerla troppo in braccio la vizierai. »
Come volevasi dimostrare.
« Oh, caro, non dire sciocchezze, tu tenevi sempre Ichigo in braccio e non ha mai fatto un capriccio in vita sua. »
Ryou non poté evitare di sogghignare: « Ne è sicura, Momomiya-san? »
« Ah-ah, divertente, » commentò la rossa, affatto divertita, continuando a terminare il piatto che aveva davanti con molto gusto, « Allora che ne pensate? Vi è piaciuto? »
« È tutto molto buono, cara, » Sakura annuì con convinzione, pulendosi le labbra con un tovagliolo, « Chi hai detto che è stata a consigliartelo? »
« Minto-chan, ovviamente, » rispose lei con un sorriso divertito e scambiandosi un’occhiata con Ryou, « Non so nemmeno come abbia fatto ad assicurarci la prenotazione qui per l’intera festa. »
Il biondo prese un sorso d’acqua: oh, lui sì che lo sapeva, come lo sapevano il suo cellulare, il suo orecchio bollente, e il suo conto in banca dopo tre ore di conversazione telefonica con Minto, Zakuro, e relativo team manageriale perché potesse accadere, ma alla sua dolce metà aveva ovviamente raccontato una versione edulcorata.
« Il posto è sicuramente bellissimo, » per una volta anche Shintaro si lanciò in un complimento, stupendo entrambi i giovani, « Ma il cibo non lo so, mi pare troppo… occidentale. »
Ryou si morse la lingua e cambiò subito idea, e pure Ichigo sospirò teatrale: « È fusion franco-giapponese, papà. È elegante e raffinato, e buonissimo. »
« Come sono fusion i nostri ragazzi, non trovi? » Sakura allungò una mano per stringere quella della figlia con affetto, nello stesso istante in cui rivolgeva una smorfia divertita alla nipotina, che rispose con un sorriso e un agitato ondeggiare di braccia.
« C’è qualcosa in particolare che non la convince, Momomiya-san? » propose Shirogane, cercando di mostrarsi come sempre disponibile, « Possiamo farla cambiare, sostituire con qualcosa più nelle sue corde. »
Il futuro suocero, però, si limitò a scuotere la testa con supponenza: « No, me lo farò andare bene, non credo una sostituzione valga la pena. »
Perché volevi solo rompere le scatole, pensò l’americano, ma sorrise di nuovo con cordialità e si scambiò un’altra occhiata d’intesa con Ichigo.
« Ovviamente per il dolce ci penserà Akasaka-san, » esclamò la rossa, un enorme sorrisone agitato in volto, « Ci abbiamo lavorato insieme non so per quanto, avremo sia una torta che un tavolo con vari assaggi di pasticcini e dolcetti perché non sapevo proprio cosa scegliere, sono tutti fantastici! »
« Ha già avvertito che dovrà chiudere il locale almeno due giorni prima, » aggiunse ironico Ryou verso Sakura che rideva sotto i baffi, sistemandosi Kimberly sulle ginocchia, e Ichigo gli rivolse una linguaccia:
« Tutta pubblicità sai, riceverai i tuoi dividendi. »
« Piuttosto, vi siete assicurati di avere ottenuto e consegnato in maniera esatta tutta la documentazione necessaria? »
Ichigo bevve un sorso dal suo bicchiere e annuì vigorosamente alla domanda del padre: « Ci ha pensato Ryou, è molto più bravo di me per le cose burocratiche, ma è tutto a posto, è tutto stato approvato. »
« Non vorrei fare tutte queste fanfare per arrivare lì e non poter celebrare un bel niente. »
Shirogane si sforzò in una maniera incredibile per non alzare gli occhi al cielo e ringraziò di non essere scaramantico, vista la plateale gufata, e fu Sakura a intervenire per l’ennesima volta.
« Su, caro, non essere pessimista, in confronto il nostro matrimonio è stato molto più complicato e numeroso del loro. »
« Ah, una vera cerimonia shintoista! » esclamò il marito, battendo piano il palmo sul tavolo, « Seguita da una magnifica festa con tutti i nostri amici e parenti, tua madre ha avuto ben due cambi d’abito! »
« Lo so, papà, ho visto le foto un sacco di volte, » commentò divertita Ichigo, poggiando la guancia contro al pugno, « Anche noi avremo i nostri amici più cari, e non volevo una cosa pomposa. Ci basta che sia una serata divertente per tutti. »
« Voi giovani e il vostro abbandonare le tradizioni, » insistette l’uomo con tono sconsolato, pur occhieggiando con interesse il sorbetto al mango che portarono per concludere il pasto, « Un giorno capirete cos’avete fatto passare ai vostri poveri genitori. »
« Oh, Shintaro, sei un lamento continuo, mangia e sta’ zitto. »
Shirogane dovette letteralmente mordersi le labbra per non scoppiare a ridere all’espressione che gli vide fare al commento della moglie, cui rispose solo con una specie di grugnito indefinito, consolandosi nell’ultima portata.
Con un sospiro finale, Ichigo si rilassò sulla sedia e prese in braccio Kimberly, che stava iniziando a cedere al sonno: « Io devo raggiungere le altre tra poco abbiamo promesso a Purin un pomeriggio in piscina per il suo compleanno – ricordati di farle gli auguri direttamente – e sta brontolando qualcosa riguardo Taruto che è un cretino. Direi che confermiamo tutto, non credi? »
Ryou annuì e soppresse un sorrisetto: « Penso io a comunicare con l’hotel, così possiamo andare. Vedo che hai impegni pressanti. »
La rossa gli rivolse una smorfia contenta, e tra un’ultima chiacchiera e l’altra – o meglio, tra un brontolio di Shintaro e l’altro – la famigliola allargata si congedò dall’hotel, dirigendosi alla fermata del treno più vicina. Senza farsi notare, Sakura rimase un po’ indietro con Ryou, al cui braccio si appese con nonchalance.
« Lo fa apposta, sai, » gli confidò con una punta di divertimento e tenerezza, fissando la schiena del marito avanti a sé che sembrava quasi scortare Ichigo e il passeggino, « È molto contento che vi sposiate, davvero. Ma credo che assillarti anche ora sia una maniera un po’ stramba per assicurarsi che tu possa resistere e che non scapperai all’ultimo momento. »
L’americano non riuscì a non sbuffare: « Non sono il tipo che scappa. »
« Oh, lo so bene, caro, » la futura suocera gli  strinse affettuosamente il braccio, « Però Ichigo è la nostra unica figlia, e Shintaro è sempre stato protettivo. Non dico che gli do ragione, ma cerco di spiegarti il motivo della sua… acidità. Anche se rispetto all’ultima volta ha imparato la lezione. »
Ryou non rispose, pensando tra sé e sé che non gli sembrava fosse cambiato poi molto dall’ultima discussione avvenuta tra lui e il capofamiglia Momomiya(*), ma non avrebbe avuto molto senso sottolinearlo.
« Basta che sia convinto quanto lei dei miei sentimenti per Ichigo, » aggiunse solamente, dopo un po’.
« Lo è, » Sakura gli rivolse un sorriso affezionato, e per un istante gli sembrò che gettasse un’occhiata fin troppo divertita a lui e alla rossa, « Lo siamo. Assolutamente. »
 
 
 
 
§§§
 
 
 
 
Il rumore dei sospiri riempiva la camera da letto, illuminata appena dallo spiraglio di finestra lasciata aperta perché entrasse un po’ di brezza in quella calda mattina d’estate.
Il corpo di Kisshu era sudato, ma Minto lo strinse di più a sé, cercando di convincerlo ad affondare più deciso dentro di lei; lui invece, ancora intontito dal sonno e dai sospiri che gli arrivavano all’orecchio, continuò a prenderla con lentezza, tentando di raggiungerla sempre più in fondo mentre le torturava deliziosamente il collo, le clavicole, il petto.
Lei spinse il bacino in alto per accoglierlo, le mani che gli percorsero tutta la schiena senza vergogna, sfiorandolo piano con le unghie e ancora spingendolo, gemendo sottovoce quando le strinse un seno prima di afferrarle la coscia per portargliela contro al petto.
Minto chiuse gli occhi, la deliziosa sensazione di completezza che cominciava a crescerle nel ventre, abbandonandosi completamente a quei momenti in cui c’erano solo loro due e i loro corpi, all’unisono, in sintonia perfetta. Gemette piano il suo nome quando lo avvertì colpire ripetutamente un punto delizioso, ma non accennando ad aumentare il ritmo, e gli artigliò piano la mano.
« Minto, » il sospiro rauco all’orecchio le riscaldò la pancia, « Mi sono innamorato di te. »
Lei sentì il cuore prendere a martellarle impazzito contro il petto, le sfuggì un mugolio di sorpresa mista al piacere di avvertirlo conquistare anche gli ultimi millimetri di lei, sfilarsi e poi prenderla ancora con decisione. Non le lasciò il tempo di rispondere; la baciò feroce, le dita che quasi si fusero con i suoi fianchi, intanto che intensificò le sue spinte, catturandole ogni singhiozzo tra le labbra.
Minto perse le dita tra i suoi capelli, la mano libera che si aggrappò alla sua schiena con quanta forza avesse, e si ritrovò all’improvviso sull’orlo del piacere, a cui si abbandonò completamente: gettò la testa all’indietro, probabilmente gli ferì la cute con le unghie, e lasciò che i singulti le uscissero liberi dalla gola, senza pensare se qualcuno potesse sentirla o meno. Kisshu la strinse più forte, smorzando i sobbalzi contro al suo corpo e al tempo stesso prodigandosi a farle continuare il piacere, a mischiarlo con il suo fino a crollare con un gemito, poggiando la fronte sulle sue clavicole.
Il suo orecchio fine percepì il battito galoppante del suo cuore, la risata sussurrata che aveva imparato a riconoscere, il sospiro liberatorio mentre si rilassava sotto di lui, non accennando a volerlo scostare. Lui rimase immobile, gli occhi chiusi, come se fossero sospesi in quel momento, il sole che piano piano invadeva la stanza.
« Non ti riaddormentare, » gli sussurrò divertita lei dopo un po’, scostandogli i capelli sudati dalla fronte.
Kisshu sbuffò e girò la testa così da poggiare il mento su di lei e poterla guardare: « Fai finta di non avermi sentito? »
La vide arrossire e adottare quel cipiglio un po’ agitato di quando doveva ammettere le cose: « Ti ho sentito. »
« Mmmh, » lui sorrise sornione, mettendosi a gattoni sopra di lei, « E? »
Minto ne approfittò per sgusciare di lato, agguantando la sottile camicia da notte: « …E credo che ci serva una doccia. »
Kisshu chiuse un secondo gli occhi, sbuffando tra il divertito e l’irritato, poi scosse la testa: « A volte sei incredibile. »
Lei lo guardò dal riflesso dello specchio, dove stava controllando di non avere segni troppo visibili e tentava di ridarsi un tono ai capelli: « Solo a volte? » lo prese in giro, con una punta di malizia che non sapeva come le venisse così naturale, ormai.
Lui si lasciò cadere di nuovo su un fianco, poggiando la testa alla mano: « Sempre incredibilmente sexy e bellissima. Ma potresti darmi un po’ più di attenzione. »
« Mi sembra di averti dato molta attenzione in questo momento. »
« Minto. »
Il tono in cui disse il suo nome la convinse a riavvicinarsi al letto e piegarsi su di lui: « Vieni di là con me? »
« Guarda che non funziona questa cosa. »
Lei ridacchiò del modo in cui gli occhi dorati avevano già cambiato espressione, e avvicinò ancora di più le labbra alle sue: « Sicuro sicuro? »
Kisshu rise sarcastico, poi con uno scatto felino gettò le gambe giù dal letto, l’agguantò per la vita e se la caricò in spalla, strappandole un urletto: « D’accordo, se la madamigella vuole la doccia, sarà accontentata. »
« Kisshu… ! Sei completamente nudo…! »
« Mi sembra la base di una doccia anche qui sulla Terra, no? »
Lei gemette disperata e si coprì il volto con le mani, pregando qualsiasi forma di vita superiore che non incontrassero nemmeno un domestico in quelle condizioni e protestando a bassa voce quando la mano libera le si piazzò tranquilla sul sedere.
« Sei un animale, » rimbrottò non appena la rimise coi piedi a terra.
Kisshu le fece il verso, mentre già si infilava in doccia e apriva l’acqua tranquillo: « Ho obbedito ai suoi ordini, madamigella. »
« La vuoi piantare? »
Fece finta di non sentirla, e lei sbuffando si arrese; piegò accurata la camicia da notte – già irrimediabilmente sgualcita – e lo raggiunse nella doccia, sospirando quando l’acqua tiepida le diede sollievo alla pelle.
« Guarda che non tutti abbiamo una temperatura corporea più alta del normale, » lo sbeffeggiò, allungandosi verso la manopola per renderla un po’ più di suo gradimento.
« Quante storie, » Kisshu rise e l’abbracciò all’istante, coprendole la bocca con la sua, « Ci penso io a scaldarti. »
« Abbiamo appena finito, » rise, comunque circondandogli il petto con le braccia.
« Non basti mai, tortorella, » sussurrò lui, spingendola appena all’indietro così che la schiena poggiasse contro la parete della doccia.
Continuò a baciarla languido, la doccia tiepida che smorzava appena il calore del suo corpo, poi le prese deciso i polsi per portarglieli sopra la testa, bloccandola delicato per fissare gli occhioni scuri: « Dicevo sul serio. »
Minto sentì il cuore e il ventre ruggire convinti, le guance arroventarsi di nuovo: « Lo so. »
Lui sorrise convinto, ciuffi scuri che gli si appiccicarono alle tempie aumentando il contrasto con l’oro dei suoi occhi: « In caso avessi dei dubbi. »
Lei scosse la testa, prendendo tempo per combattere l’improvvisa secchezza delle labbra: « Non… non li ho. »
« Okay, » Kisshu le si fece più vicino, lasciandole i polsi per prenderle il viso tra le mani, « Per ora può bastare. »
Lei arricciò il naso piccata alla sua ironia, tirandosi in punta di piedi per stringergli le braccia al collo: « Idiota. »
 
 
 
 
« E con questo, ho finito anche la disposizione dei tavoli, » con molta soddisfazione, Ichigo chiuse il fascicolo che teneva davanti a sé e ci batté le mani sopra come una brava scolaretta, « Ma mi stai ascoltando? »
Minto alzò lo sguardo su di lei con lentezza: « Certo che ti ascolto, » commentò con una punta di acidità, « So fare due cose in una volta, io. »
« Sembri in un altro mondo, » si lamentò invece la rossa, « È tutta mattina che praticamente non parli e non mi tratti male, mi devo preoccupare? »
« Quando mai ti tratterei male! Casomai ti tengo in riga, che è diverso. »
« Se lo dici tu… »
Ichigo si girò a controllare un attimo Kimberly, tranquilla nel suo passeggino, poi la guardò di nuovo di sottecchi: « Non sei fiera di me che ho già finito tutte queste cose e manca ancora un mese? »
« Con tutto il supporto che ti sto dando non potrebbe essere altrimenti. E poi manca solo un mese, stiamo facendo tutto di fretta perché all’improvviso vi è venuta voglia di recuperare il tempo perduto. »
La rossa strinse gli occhi e avvicinò la sedia a quella dell’amica così quasi da sfiorarle il naso col proprio: « Mi dici cos’hai? »
« Non ho niente! »
« Bugiarda, sei strana. Hai litigato con Kisshu? »
« No, e anche se fosse non sarebbero affari tuoi. »
« Non mi dai mai soddisfazione! » Ichigo sbuffò, mise il broncio e si lasciò cadere a braccia incrociate contro lo schienale della sedia, « Non mi racconti più neanche niente di voi due. »
« Ripeto, Momomiya, io sono una persona discreta e riservata. »
« Quando si tratta di te, i fatti miei te li sei sempre fatta volentieri, » si mordicchiò il labbro un paio di volte e la guardò da sotto la frangetta, « Aoyama-kun ha detto che mi farà sapere. »
Minto rimase con la penna sospesa sopra la pagina dell’agenda: « Avevi detto che non sapevi se l’avresti invitato. »
« Come facevo a non invitarlo! » gemette la rossa, agitando le mani, « Lo sai che abbiamo continuato sempre a sentirci, certo, sporadicamente, però… e già mi sono sentita assolutamente in colpa a non avergli detto niente di Kimberly, o di Ryou se è per questo, figurati non invitarlo al mio matrimonio! Il gesto almeno lo dovevo fare! »
La mora la osservò per qualche istante, poi sembrò incupirsi: « Lui… sa della situazione attuale? »
« Uh? Che vuoi dire? I ragazzi e il Caffè? » Ichigo apparve stupita e scosse la testa, « No, te l’ho detto, da quando è… è successo tutto non l’ho più aggiornato, non ci siamo tanto parlati. »
Minto annuì e rimase in silenzio per qualche istante, prima di stringersi nelle spalle: « Mettiti nei suoi panni, Ichigo, per quanto bene ti possa volere magari non sarà molto contento di vederti sposare Shirogane. Tra tutti, poi. »
« Guarda che Masaya-kun non ha questa malizia, » lo difese prontamente la rossa, « È più adulto di Ryou, in questo. »
« Certo, » sbottò l’altra con sarcasmo malcelato, « A proposito, che ha detto lo sposino dell’invito? »
Ichigo chiuse la bocca come un pesce, giocherellando con una cuticola sul pollice, e Minto la guardò spazientita.
« Gliel’hai detto, sì? »
« Gli ho dato la lista, sia la prima che quella finale, » borbottò lei come se fosse la cosa più naturale del mondo, « L’ha letta e ha anche aggiunto delle persone, ma non ha detto nulla, quindi… »
« Ichigo! »
« Dovevo forse evidenziarlo in giallo!? Lo sai come è fatto, ha questo tarlo con Masaya… ! »
Minto sbuffò sonoramente e sventolò una mano per farla smettere: « Non voglio saperne nulla. Anche se non mi sembra la maniera migliore per iniziare il resto della vostra vita insieme. »
Ichigo gonfiò le guance e la guardò stortissimo: « Da quando sei un’esperta di relazioni, tu? »
« Io non sto per sposarmi. »
« No, tu non riesci nemmeno ad ammettere di essere cotta a puntino su una nuvoletta rosa. »
La mora alzò un sopracciglio, scettica, avvertendo una punta di fastidio allo stomaco: « Non cambiare discorso, non stiamo parlando di me, ma di te e dei tuoi ex. »
« Un ex, grazie. E poi non è nemmeno confermato che verrà, quindi non capisco tutta questa agitazione. »
L’amica sospirò sottile, pensando che forse a volte Ichigo dimenticava qualche particolare di tutta quella storia, ma decise che non aveva molto senso in quel momento sprecare fiato a riguardo.
« Piuttosto, non mi hai ancora detto com’è andata a finire con il menù. »
Gli occhi della rossa si accesero di golosità: « Ah, bellissimo! A parte la sala fantastica, ci hanno fatto entrare anche se la stavano allestendo per un altro matrimonio – avresti odiato i fiori! – e poi ci hanno fatto provare tutto, anche il vino, e… »
 
 
 
 
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A ripensarci, le sembrava davvero incredibile di essere riuscita ad organizzare tutto in soli tre mesi, e sapeva davvero di avere un debito di riconoscenza enorme nei confronti delle sue amiche, soprattutto di Minto. Certo, c'erano stati momenti in cui avrebbe voluto torcere il collo alla sua cara amica dai capelli corvini, che aveva preso fin troppo alla lettera il suo ruolo di damigella d’onore e capo pianificazione, stressandola più che mai da quando si conoscevano, ma era stato tutto per il suo bene e la sua felicità, questo Ichigo lo sapeva. Non importava la dieta ferrea e salutare per una silhouette perfetta ed una pelle splendente sotto il cui regime era stata posta, che le aveva reso ogni visita al Caffè una specie di doloroso inferno; non importavano le ore spese chiuse in salotto a coordinare colori delle tovaglie, dei servizi di piatti, dei fiori, degli inviti; non importava nemmeno il fatto che si fosse presentata a casa loro a orari impossibili, portando sottobraccio faldoni per ogni step della cerimonia: l’unica cosa che contava era l'impeccabilità di ogni dettaglio, ed il secondo nome di Minto Aizawa era proprio perfezione.
Al tempo stesso, Ichigo non poteva negare di essersi divertita come una matta: i pomeriggi passati a navigare tutti i fiorai di Tokyo alla ricerca del bouquet perfetto, gli assaggi di dozzine di proposte di torte da parte di Keiichiro (i suoi unici sgarri, e forse ne aveva provate fin troppe apposta), e soprattutto, le ore spese tra fruscianti ed eleganti tessuti preziosi dei vestiti da sposa. Ricordava in tutti i dettagli più chiari la felicità di trovare finalmente l’abito adatto, dopo aver riso fino alle lacrime con Retasu e Purin chiuse in camerino con lei, e Minto che negoziava con i proprietari per assicurarsi che venisse confezionato ed aggiustato a tempo di record in cambio di un po’ di pubblicità in più. E poi l’allestimento della sala del ricevimento, la scrittura delle proprie promesse (si emozionava a pensare cosa avrebbe mai potuto scrivere Shirogane), il weekend alla SPA con le ragazze come addio al celibato, il completino abbinato per Kimberly che avrebbe servito da damigella onoraria, “portando” le fedi… era tutto completamente diverso da come se l’era immaginato da bambina, e al tempo stesso era esattamente perfetto.
Il giorno fatidico  si era avvicinato davvero più velocemente di quanto si fosse aspettata, era a pochissime ore di distanza, e quando ripensava a tutto ciò e a tutto quello che doveva ancora venire, le girava la testa alla follia e il cuore le batteva a mille; un po’ come in quel momento, mentre vagava per la stanza raccogliendo tutte le cose che le sarebbero servite per la notte, che avrebbe passato a casa di Minto con le altre, e fissava Ryou quasi di soppiatto giocare con Kimberly nel centro del letto, l’ultima volta che l’avrebbe visto in qualità di fidanzato.
« A che ora hai detto che viene tua mamma a prenderla? »
« Per le sei, » rispose lei, scrutando il suo portagioie, « E Akasaka-san ha detto che ti raggiunge verso le sette, hai tempo di rilassarti anche tu. »
Ryou la guardò divertito: « Tu hai intenzione di fare pazzie, stasera? »
« No, » Ichigo storse il naso in una smorfia, poi sospirò, « Ho implorato le altre che fosse qualcosa di tranquillo, dopo la maratona cui mi ha costretto Minto questa settimana per finire tutto vorrei solo dormire per giorni. »
Il biondo girò la bimba sulla pancia e, assicuratosi non potesse rotolare da nessuna parte, si allungò per afferrare la ragazza per un braccio e tirarla a sé: « Ti avevo detto di rimanere a dormire qui. »
La rossa gemette sconsolata, inginocchiandosi accanto a lui: « Così poi portava sfortuna! »
« Disse la gattina nera. »
Lei sbuffò alla battuta, non molto convinta, e si lasciò baciare piano, rilassandosi nel suo abbraccio, poi esalò lentamente quando il cellulare appoggiato dentro la borsa iniziò a squillare minaccioso: « Devo andare. Ci vediamo domani. Potrei essere un po’ in ritardo. »
Ryou rise ancora e le schioccò un bacio sul naso: « See you tomorrow, ginger. »
 
 
 
 
La camera della povera Minto era stata messa alla prova più che mai, con sia la chaise longue che la poltrona che lo sgabello della sua toeletta portati in centro, attorno al tappeto ricoperto di cuscini e dai resti della loro “serata di bellezza”. Solo Mickey sembrava estasiato da quel disastro, e continuava a fare avanti e indietro tra il carrello portavivande, tentando di arraffare qualche rimasuglio e venendo prontamente sgridato dalla sua padrona, e il gruppo di ragazze che dispensava decisamente più coccole del solito.
« Dopotutto l’avevamo sempre saputo come sarebbe andata a finire, » trillò supponente Minto, ridacchiando, « Shirogane è stato troppo persistente. »
Ichigo alzò gli occhi al cielo: « Se dici così sembra che mi abbia preso per sfinimento. » 
« Ha giocato d’astuzia, » canticchiò invece Purin, girandosi a testa in giù dalla poltrona, « Sin da quando gli hai fatto l’agguato in camera dopo la doccia, taaaanti, tanti anni fa. Ha messo la merce in mostra e… »
« Purin! »
Le altre ragazze scoppiarono a ridere mentre la festeggiata diventava della stessa sfumatura della propria chioma e scuoteva la testa affranta.
« Dai, lo sappiamo che l’avevi adocchiato, non c’è niente di male ad ammetterlo, il nii-san è oggettivamente un gran figo. »
« Se ti sentisse Taruto… »
« Be’, che mi senta, » replicò la biondina, studiandosi le punte dei piedi che facevano il tiptap nell’aria, « Magari si darebbe una mossa. »
« Uuuh, sento aria di pettegolezzo. »
« Qualcosa non va, Purin-chan? »
Lei scrollò le spalle alla domanda di Retasu: « Lui mi piace, e tanto, e ne sono consapevole, però… non riesco a capire lui. Cosa pensi, cosa voglia, a volte mi sembra che… però poi non fa niente, non dice niente, anzi! E mi fa arrabbiare, ogni tanto, questa cosa. Preferirei che fosse chiaro. »
« Non deve per forza essere il ragazzo a fare la prima mossa. Potresti iniziare il discorso tu, e chiarire un po’ la situazione, anche per non rischiare la vostra amicizia. »
« La fai facile, nee-san, » commentò lei al suggerimento di Zakuro, « Tu lo sai fare, io non so nemmeno da che parte prenderlo. Non mi è mai piaciuto nessuno quanto Taru-Taru… e quindi la maniera in cui mi fa saltare i nervi è direttamente proporzionale! »
« Oh, Purin-chan, » Ichigo si sporse verso di lei e le abbracciò goffamente le spalle, visto che la biondina era ancora a testa in giù, « I maschi sono testardi, lo sai, e dopotutto Taruto è tornato da quanto, tre mesi? dopo anni che non vi vedevate! Magari deve solo… abituarsi alla situazione. »
« Tu dopo cinque mesi dall’aver rincontrato Ryou nii-san eri incinta. »
« Che c’entra! Perché parlate sempre di questo! »
« Ecco, prendiamolo come esempio da non seguire. Con tutto l’affetto nei tuoi confronti, Ichigo-chan. »
Lei mugugnò verso Zakuro mentre le amiche ridacchiavano una seconda volta.
« Però potrebbe essere vero, nee-chan, » insistette Retasu, tentando di consolarla, « Non… non è successo mica niente subito tra, uhm… Pai e me. C’è voluto del tempo, parecchio anche. »
« Ma è Pai, » rispose la più giovane, esagerando un po’ il nome dell’alieno, « Sono fratelli ma non si assomigliano molto, ci sta che ci abbia messo più tempo. Invece… »
Quattro paia di occhi si spostarono su Minto, che persisteva a limarsi le unghie.
« Be’? Perché mi guardate? » sberciò, quasi senza alzare lo sguardo, « Fatevi gli affaracci vostri. »
« Dice tanto di me, ma non è che abbia resistito così tanto ai piacer - »
« Se vuoi arrivare viva al tuo matrimonio domani, meglio che chiudi quella boccaccia. »
Ichigo si abbracciò lo stomaco tanto rideva della faccia dell’amica, sostenuta dalle altre, mentre Zakuro si limitò a un sorriso gioviale.
« Direi che è ora di aprire i regali, non trovate? »
« Regali?? » la festeggiata si asciugò una lacrima e si illuminò, seguendo con lo sguardo la modella che andava a recuperare un sacchetto ripieno di carta velina dalla cabina armadio, « Ragazze, ma non dovevate! »
« Come no! » Retasu si allungò verso di lei e la strinse in un abbraccio, « Sei la prima di noi che si sposa, è il minimo! E poi bisogna celebrare le belle occasioni, soprattutto quando siamo tutti insieme. »
Ichigo afferrò il pacchetto dalle mani di Zakuro e ci sbirciò dentro, curiosa come un gattino; per prima, ne estrasse una scatola color crema avvolta da un fiocco blu, che occhieggiò curiosa: « È quello che penso? »
« Non lo sooo, aprilooo, » cantilenò contenta Purin.
Scartatolo, Ichigo rivelò un completo intimo elegante e decisamente sensuale, con corpetto a balconcino e un reggicalze in pendant, tutto in pizzo color avorio adornato da un fiocchetto che fungeva da chiusura sul retro.
« Voi siete pazze! » rise, arrossendo platealmente.
« È per la prima notte di nozze! »
« Non che vi servano suggerimenti, in effetti. »
« Minto! »
« Perché Kimberly è nata per spontanea scissione cellulare. »
Ichigo le lanciò un’occhiataccia, mordendosi la lingua per risparmiare una battutina, e pescò un altro pacchetto dalla carta.
Il secondo regalo si rivelò essere una bella cornice d’argento con dentro una foto di tutti loro, scattata ad una delle loro tante cene estive nel giardino di villa Aizawa.
« Ah, ragazze! Questa la voglio mettere sulla cassettiera in camera da letto. »
« No, per favore, nee-chan, che poi ci tocca guardare. »
« Purin! Ma la volete smettere!? »
Mentre le altre scoppiavano nuovamente a ridere, divertite dalle sue espressioni sconvolte, Ichigo accarezzò il vetro con un sorriso leggero, poi la ripose con cura nella sua scatola e prese l’ultimo pacchettino rimasto sul fondo del sacchetto.
Non notò l’occhiata complice che si scambiarono le altre ragazze, felici, perché rimase troppo incantata dal luccichio del fermaglio per capelli fatto di tanti fiorellini blu e dall’aspetto davvero costoso.
« Ripeto, voi siete pazze. »
Retasu fece spallucce: « Ti serviva qualcosa per tenere fermo il velo. »
« E ti serve qualcosa di blu, » aggiunse sorridendo Zakuro.
« È bellissimo, » Ichigo passò le dita sulle piccolissime pietre brillanti che lo decoravano, « Non dovevate, davvero. »
« Cosa vuoi che sia, sarà invisibile rispetto a quel lingotto che hai al dito, » la prese in giro Minto.
Ichigo ghignò felice, agitandole le dita della mano sinistra davanti: « Gelooooosa? »
La mora storse il naso: « Assolutamente no, io preferirei qualcosa di molto più semplice e raffinato. »
« E di circa tre chili di peso. »
Stavolta fu lei a non ridere della battuta di Purin, facendo una smorfia poco divertita nella sua direzione e poi alzando gli occhi al cielo in maniera teatrale.
« Non fai ridere. »
« Dovrò pensare a consolare il povero Kisshu nii-san, se mai gli venisse in mente, vista la spesa. »
« Purin! »
Ichigo continuò a ridere insieme alle altre mentre Minto afferrava un cuscino e lo lanciava contro la biondina, che atterrò malamente di schiena sul pavimento continuando a sghignazzare sguaiata; nella confusione generale, poi, la rossa fece un gran respiro profondo e si alzò, afferrando la caraffa per l’acqua ormai vuota e avviandosi piano verso il corridoio.
Era ormai passata da un pezzo l’ora di cena, e quando mise la testa fuori si accorse che la maggior parte delle luci di casa erano spente e non c’era, all’orizzonte, nessun membro del personale di servizio. Un po’ titubante, decise che l’opzione più semplice era utilizzare il rubinetto del bagno per riempire la brocca, così vi si diresse a passi lenti, grata della relativa quiete.
Aveva appena iniziato a far scorrere l’acqua quando sentì il bussare leggero di due nocche contro la porta, e si voltò per trovare Zakuro sulla soglia che la guardava con un sorriso comprensivo.
« Tutto bene? »
Ichigo annuì e sospirò, come se avesse trattenuto il fiato fino a quel momento, e stese un sorriso un po’ tremolante: « Sì, credo di sì. »
La modella accennò ad annuire, scrutandola con gli occhi indaco: « Un po’ di ansia è normale, direi. »
La rossa lanciò un’occhiata all’anello sulla sua mano, poggiando con estrema cura la caraffa sul lavandino.
« È che… è arrivato più in fretta di quanto pensassi e adesso è… strano. Non che non voglia farlo, è ovvio! » si lasciò scappare un risolino innervosito, « Ma… forse è il pensiero di tutta la festa, tutta la gente. Forse saremmo solo dovuti scappare. »
Zakuro si scambiò con lei la risata e poi accennò alle sue spalle: « Avreste dovuto scontarla troppo, non sarebbe stato saggio. »
« Ryou si sarebbe lamentato meno del costo, » Ichigo sbuffò ironica e si sedette sul bordo della vasca da bagno.
« Lo fa solo per principio, » cercò di consolarla l’altra, « Lo sai che non ci crede davvero, e che la cosa importante è che tu sia contenta. »
La rossa ridacchiò divertita: « Mi sa che mi tocca imparare per bene l’inglese, eh? »
Zakuro rispose con altrettanta allegria, arruffandole la frangetta in una maniera che le ricordò molto quella di Ryou: « Forse solo un po’. Per farlo brontolare meno. »
« O per non essere tagliata fuori dalle conversazioni con Kimberly, » aggiunse lei con ironia, « Dovresti vederli anche adesso, se non la fa addormentare lui, lei si lamenta. »
La modella le si sedette accanto, fissandola con rara ed estrema tenerezza senza dire nulla, ben sapendo che Ichigo preferiva parlare piuttosto che ascoltare.
« Minto mi prende sempre in giro perché dice che Ryou ha un debole per me da quando ci siamo conosciuti, » mormorò con un sorriso dolce in viso, « E lui me l’ha detto quando ha… quando mi ha chiesto. »
Zakuro attese ancora, soffocando un sorrisetto nel vederla arrossire, e lei esalò lentamente, piegando appena la testa:
« Spero solo di… essere abbastanza, ecco. »
L’amica le strinse premurosamente la mano, cercando di incrociare il suo sguardo: « Credo nessuno lo metta in dubbio, Ichigo-chan. »
La rossa le sorrise grata, e rimase in silenzio qualche altro secondo prima di espirare forte: « Nee-san? »
« Mmm? »
« … come si fa a camminare davanti a tutte quelle persone? »
Zakuro rise leggera: « Si guarda dritto davanti a sé. »
« D’accordo, » Ichigo annuì, si alzò e si stiracchiò come un gatto, prima di riprendere in mano la caraffa, « Dai, torniamo di là prima che Minto si metta a strillare. »
« Meglio che andiamo a dormire, non sarebbe certo il caso di svegliarsi con le borse sotto gli occhi. »
Trattenne un risolino nel vedere la smorfia scioccata della protagonista della serata, che non aggiunse altro fino al rientro in camera.
« Ah, finalmente! Mi stavo preoccupando che avessi deciso di fuggire per angoscia dell’ultimo minuto. »
« Per chi mi hai preso? Avevo sete, non sei tu quella che predica sulle potenzialità dell’idratazione? »
« Ichigo, ma hai riempito la brocca in bagno!? »
« Senti non è colpa mia se vivi in hotel e devo citofonare alla cucina per bere! »
« Sarai proprio un’arricchita inelegante – ahia! Io adesso ti - »
« Sììììììììì lotta coi cuscini! »
 
 
 
 
§§§
 
 
 
 
Che lui avesse dei problemi con il sonno era risaputo, ma doveva ammettere che quella notte si sarebbe decisamente classificata tra le meno dormite della storia. E sapeva che avrebbe fatto fatica a convincere sé stesso e gli altri che fosse stato solo a causa di letto e casa vuota dopo molto tempo, invece che di un sottile nervosismo che non accennava a lasciarlo stare neanche in quel momento.
In una camera dell’hotel dove si sarebbe tenuta la loro cerimonia – nemmeno lui sapeva dove si sarebbe preparata Ichigo, tanto era la segretezza per la sorpresa – Ryou si aggiustò il farfallino e si schiarì nervosamente la gola.
Gli pareva leggermente folle avere ansia proprio in quel momento, visto che ormai erano , ma era anche certo che il suo senso di disagio non sarebbe davvero scomparso finché non avesse visto una certa rossa camminare verso di lui al braccio del padre, pronunciare la parolina magica, e firmare a penna il registro che avrebbe sancito realmente l’unione. Forse perché gli sembrava così assurdo, in quell’istante, esserci arrivato davvero, esserci riuscito, da temere di vederselo scomparire da sotto i baffi in un ultimo beffardo scherzo del destino.
Si costrinse nuovamente a respirare e si sistemò sovrappensiero i capelli, raddrizzando la schiena quando qualcuno bussò alla porta; fu solo un avviso, perché Keiichiro entrò prima di sentirlo dare il permesso.
« Come andiamo? » gli domandò raggiante.
Ryou annuì e gli scoccò un’occhiata divertita: « Siamo molto in tiro, vedo. »
Il moro si stirò le pieghe invisibili della giacca, gonfiando il petto: « Non capita tutti i giorni di sposare il proprio migliore amico. »
« Già… » il biondo esalò e tornò a controllarsi il completo scuro, « È arrivata? »
« Ho visto Retasu-san e Zakuro-san, quindi direi di sì. Ma non sono andato a sbirciare. »
« Alright. »
« Non dirmi che sei agitato e hai paura che non si presenti. »
Ryou lo guardò più storto del solito: « Il sarcasmo non aiuta, e lo dico io. »
Keiichiro rise e gli batté una mano sulla spalla: « Respira. Andrà tutto bene. »
« Con i geni riattivati può scappare molto in fretta. »
La risata genuinamente divertita del moro rimbombò nella stanza, causando l’ennesima smorfia irritata dello sposo: « Non andrà da nessuna parte, Ryou. Vivete insieme, avete una bambina meravigliosa, siete una famiglia, questo non è altro che una firma su un pezzo di carta per rendere sicuro qualcosa che è già concreto. »
« I know that. »
« E lo sa anche lei. Tieni, bevi questo. »
Il biondo guardò con scetticismo il bicchiere che gli porgeva: « Scusa? »
« Coraggio liquido. Un rimedio della nonna, se vuoi. »
« Passi troppo tempo con Ikisatashi. »
Ryou scosse la testa e sospirò, ma afferrò comunque il bicchiere e lo bevve in un sorso solo.
 
 
 
 
Al piano inferiore, Ichigo si controllò per l’ennesima volta e soffiò piano tra i denti. Forse ora capiva perché in tutti quei film romantici che si intestardiva a voler guardare anche se finiva sempre a piangere inserivano sempre la scena della sposa davanti al grande specchio a tutta figura, persa nei suoi pensieri.
La verità era che non li poteva fermare, e non poteva fermare quella stretta allo stomaco che l'aveva presa non appena era rimasta sola nella sua stanza; ma la solitudine era ciò che davvero le serviva per prendere fiato.
La vecchia Ichigo, timida, impacciata, e insicura, fece prepotentemente capolino in lei: stava commettendo una sciocchezza, gettandosi a capofitto nell'ennesima avventura per cui sarebbe stata impreparata?
Sorrise. L'unica cosa di cui era certa era che lei e Ryou davvero ne avevano passate tante insieme, ad un livello quasi ironico. Le sembrava che l'universo li avesse sempre messi alla prova per capire se fossero in grado di affrontare ogni gradino, ogni ostacolo. Non poteva certo negare che fino a quel punto se l'erano cavata abbastanza bene, anche se la sua vita non era andata come aveva sempre progettato, anche se era successo tutto così velocemente da farle girare la testa.
Ma forse aveva smesso davvero di fare progetti quando un certo biondino le aveva iniettato il DNA di un animale in via d’estinzione per combattere un nemico e salvare il mondo; e qualsiasi cosa avesse potuto dire sulla sua relazione con Ryou, le sarebbe parso tutto estremamente riduttivo. Avevano fatto molte cose di fretta, su quello non c'era dubbio, ma fin da quando si erano conosciuti, tanti anni prima, c'era sempre stato qualcosa sotto. C'era sempre stato un loro, forse non definito, forse incompreso, ma presente.
E lei lo conosceva. Sapeva che non poteva iniziare la giornata senza almeno una tazza di caffè nero e che era meglio non parlargli troppo prima che l'avesse finita, mentre gli abbracci silenziosi erano perfetti; riconosceva la scintilla nei suoi occhi quando sentiva ridere Kimberly delle pernacchie sul pancino, e il sorriso che le faceva a letto la sera quando lei si infilava sotto il suo braccio come un gatto e si addormentava all'istante, costringendolo a reggere il libro del momento con una mano sola; sapeva che detestava mostrarsi troppo affettuoso in pubblico, soprattutto a quelle eleganti feste delle aziende cui dovevano partecipare, ma non mancava mai di sussurrarle battutine all'orecchio che la facessero ridere.
E lo amava. Di quello era certa. Con tutta sé stessa, con ogni parte di quel maledetto DNA.
E non c’era cronologia, tradizione, progetto che potesse competere con quello, e quella giornata sarebbe davvero diventato il coronamento del loro amore, sarebbe stato tutto esattamente perfetto, tutto diverso ma tutto loro.
O almeno così aveva pensato prima di vedersi allo specchio in preda all’ansia dell’ultimo minuto.
« Sembro… sembro un elefante, » gemette sconsolata non appena Purin ritornò in stanza, e si lisciò invisibili pieghe sullo stomaco, esattamente come Minto le aveva intimato di non fare per evitare di sporcare il tessuto prezioso, guardandosi allo specchio con aria angosciata.
« Non dire sciocchezze, nee-chan, » rise l’altra, mettendosi accanto a lei per sistemarsi gli ultimi tocchi di rossetto.
Ichigo nemmeno la guardò, ma le afferrò il polso di scatto e la tirò a sé: « Purin, mi fido solo di te, sembro un’enorme bomboniera?! »
La biondina sospirò e le strinse entrambe le mani con affetto: « Ichigo-chan, sei stupenda. Non so come farà Ryou nii-san a non metterti subito le mani addosso per cercare di togliertelo. »
« … non mi è utile però così? »
« Vuoi un bicchierino di qualcosa? »
« Non mi sembra il caso, » Zakuro entrò provvidenzialmente nella stanza, reggendo il velo sormontato dal fermaglio blu che le avevano regalato, « Piuttosto un po’ d’acqua, non trovi? »
« Ma l’acqua non l’aiuta a calmare i nervi! »
« Non credo però sia saggio che Ichigo-chan sia troppo rilassata, » rise Retasu, chiudendo la fila.
La ragazza in questione agitò le mani davanti a sé e lanciò l’ennesimo sguardo al suo riflesso: « Basta, mi state confondendo, non so che devo fare. »
« Ora stai ferma, » Zakuro l’ammonì con voce dolce e la spostò un poco così che potesse sistemarle anche l’ultimo dettaglio, « Voglio essere sicura che non caschi. »
Ichigo prese un gran respiro e fissò l’amica con due occhi da cucciolo: « Nee-san, tu che te ne intendi, sembro un centrino? »
« Ma non ti fidavi solo di me?! Per fortuna che faccio da testimone al nii-san, mi sento tradita! »
Retasu sghignazzò al commento esageratamente tragico di Purin, che si aggiustò per bene il corpetto del vestito, ma Zakuro lanciò ad entrambe un’occhiata di avvertimento.
« Sei bellissima, Ichigo, questo vestito è perfetto. »
« Poi tanto è troppo tardi per cambiare idea. »
« Purin, ti prego! »
« Okay, è quasi ora, » anche Minto ritornò nella stanza, con in mano il bouquet della sposa e il proprio, « Tuo papà è qui fuori, chiede se siamo pronte. »
Zakuro finì di acconciare il velo attorno al viso di Ichigo e le fece un occhiolino affettuoso: « Allora io vado di là da Ryou e ti precediamo, d’accordo? »
Ichigo deglutì rumorosamente e annuì con molta poca convinzione: « Ricordami perché ho suggerito che mi abbandonaste per andare a stare dalla sua parte. »
« Perché altrimenti il nii-san avrebbe dovuto chiedere a Kisshu nii-san e Pai nii-san, e sappiamo tutti come sarebbe andata, » Purin rise sotto i baffi e sbirciò fuori dalla porta, « Campo libero! »
La modella si scambiò un’altra occhiata d’incoraggiamento con la sposa: « Ci vediamo tra poco. »
I cinque minuti successivi la sposa li visse come in una bolla in cui il rumore del battito del suo cuore contro le orecchie offuscava tutti gli altri suoni; rivolse un sorriso veloce a Shintaro, elegantissimo e apparentemente altrettanto nervoso appena fuori dalla porta, e poi quasi come un automa seguì Minto e Retasu lungo il corridoio, dentro l’ascensore, attraverso l’anticamera da cui avrebbe fatto la sua comparsa.
« Sono molto in ritardo? » borbottò poi infine con un filo di voce.
L’amica dai capelli verdi scosse la testa con un sorriso rassicurante: « Solo quindici minuti, direi tempismo perfetto. Altrimenti Shirogane-san si preoccuperebbe. »
Riuscì a ridere un poco della battuta, ma fu poi distratta dalla musica e dal brusio che sentì provenire dalla porta chiusa davanti a sé.
Forse avrebbe davvero dovuto accettare l’offerta di Purin di bersi qualcosa.
Ichigo si ancorò al braccio del padre mentre Minto le girava attorno per sistemare gli ultimi dettagli, allargandole lo strascico del vestito e la coda del velo.
« Allora io vado, okay? »
La rossa le lanciò un’occhiata impaurita: « Perché, dove vai?! »
« Devo camminare davanti a te, sciocchina, » la mora le rivolse un sorriso genuino e poi una stretta di mano affettuosa, « Ci vediamo là davanti, respira e sorridi. »
Lei annuì, l’espressione ben poco convinta, ma avvertendo una punta di coraggio in più quando Shintaro la strinse a sé e la guardò negli occhi: « Sei stupenda, tesoro mio. E io sono estremamente fiero di te, di voi. Ma possiamo sempre tornare indietro, se vuoi. »
« Non dire sciocchezze, papà. »
Si accodò con una risata dietro le amiche mentre le porte si aprivano e la musica la raggiungeva più forte. Il cuore le schizzò in gola a vedere tutti gli invitati che si voltarono verso di lei quasi all’unisono, il corridoio centrale che all’improvviso le sembrò infinito da percorrere, e il bustino del vestito le parve troppo stretto per potere respirare e affrontarlo tutto.
« Guarda avanti. »
Il sussurro tra il divertito e il commosso di suo padre le rievocò quello di Zakuro della sera prima, e Ichigo riempì i polmoni a fondo, obbedendo quasi per magia e avvertendo un sorriso nascere spontaneo sulle labbra: là davanti c’era Ryou, bellissimo nel suo completo e – anche se non l’avrebbe mai ammesso – forse anche lui un po’ nervoso, a giudicare da come teneva dritte le spalle e strette le mani in grembo, e sì quella camminata le sembrò interminabile, perché non avrebbe mai fatto abbastanza in fretta a dirgli di sì.
 
 
 
 
Pai si rese conto di non essere mai stato in una stanza con tutti quegli umani in una volta sola, e dubitava che l’affermazione di Retasu su come in realtà quel matrimonio fosse ristretto potesse essere vera: aveva contato almeno altre trenta persone, come poteva essere ristretto?
D’altronde non era nemmeno sicuro di cosa stesse succedendo in quel momento, visto che i nuovi coniugi Shirogane non erano presenti. Su Duuar le cerimonie nuziali erano molto più spicce, uno scambio di voti davanti a un ufficiale o a un ministro del culto, per chi preferiva i riti antichi, con la presenza necessaria solamente di un testimone, e poi un pasto più lauto del solito tra famiglia e amici o compagni d’armi. Niente di così pomposo e complicato, ma dopotutto si stava parlando di Momomiya, che probabilmente si era pure trattenuta.
Non osava immaginare cos’avrebbe potuto vedere combinare Aizawa, nella malaugurata ipotesi che decidesse di impalmare suo fratello.
« Perché ridi? » Retasu lo guardò con curiosità, e lui scosse la testa mentre prendeva un sorso di quel liquido dorato e frizzante.
« Niente, pensavo a come sia diverso dai nostri costumi. Da noi ci si sposa in rosso e oro, sono colori associati alla felicità e all’abbondanza. »
« Oh, » la verde s’impose di non pensare a Pai vestito in quella maniera, sentendo le guance scaldarsi e attribuendo la colpa solo allo champagne, « Già, di solito i matrimoni sono le nostre feste più sfarzose, direi. Quando ero piccola ho fatto da damigella a mia cugina, aveva organizzato anche lei una cerimonia molto occidentale, con tanto di caduta di palloncini al momento del taglio della torta. »
Pai decise di non chiedere troppe spiegazioni su a cosa servisse esattamente tagliare una torta con così tanto fasto, ma si limitò a fare una smorfia: « Spero non succeda anche oggi. »
« Non credo, » commentò lei divertita, « Ichigo-chan in realtà non è molto per i grandi gesti eclatanti. Mi vedo più Purin a navigare tra palloncini. »
L’alieno fece un’altra faccia strana e continuò a guardarsi in giro, studiando gli eleganti invitati.
« Ma adesso cosa sta succedendo? »
Retasu si sforzò di non trovarlo troppo divertente: « Stiamo aspettando che Ichigo-chan e Shirogane-san finiscano di firmare i documenti e fare un po’ di foto, intanto noi facciamo aperitivo. Tra un po’ dovremmo mangiare, ci sarà magari qualche discorso, e poi faremo un po’ di festa, di balli, e infine la torta. »
« Balli? »
« Sì, » la verde questa volta rise con un po’ troppa disinvoltura, « Non dobbiamo se vuoi, ovviamente. Ma di solito va così. »
« Non credo di ricordarmi l’ultima volta in cui ho ballato. »
« L’hai mai fatto? »
Pai le lanciò un’occhiata divertita dalla domanda sarcastica: « Per tua informazione, ho un’ottima coordinazione occhio-mano. »
« Non lo metto in dubbio, » ridacchiò lei, « Mi domando piuttosto il senso del ritmo. »
Le sopracciglia scure formarono due archi ironici contro la pelle pallida: « Non mi sembra tu ti sia lamentata del mio ritmo. »
Ci volle qualche secondo, poi Retasu quasi si strozzò con il suo sorso di champagne, diventando bordeaux mentre l’alieno ridacchiava piano sotto i baffi.
 
 
 
 
Purin praticamente placcò Taruto, incurante del fatto che parecchie paia di occhi divertite si spostarono su di loro al sentirlo sbottare di sorpresa e del rossore che gli colorò le guance.
« Taru-Taru! Non ti avevo mai visto così elegante! »
L’alieno se la staccò di dosso con malagrazia, riaggiustandosi la giacca blu scura: « È stato Akasaka-san ad aiutarci… ma questa roba è maledettamente scomoda, cosa vi viene in mente?! »
Lei sorrise divertita al guardarlo tirare la cravatta della stessa sfumatura come se fosse un cappio: « Be’, comunque sei davvero bello così. »
Taruto, questa volta, divenne cianotico e la guardò con gli occhi strabuzzati: « M-ma che ti salta in testa!? Non… non si dicono queste cose! »
« Ah vuoi dire i com-pli-men-ti? » lo prese in giro lei, puntualizzando ogni sillaba con una ditata sul suo petto, « Come quelli che tu non fai mai a me? »
« Sei fuori, » borbottò ancora lui, scostandole la mano e tossendo per schiarirsi la gola, « Credevo non fossimo autorizzati a bere. »
Purin corrucciò il viso e poi gli fece una linguaccia: « Infatti sono perfettamente sobria, sono solo naturalmente energetica  e felice! È tutto bellissimo! »
L’alieno la osservò piroettare sul posto in un turbinio di organza rosa, e la mente gli riportò in superficie la mattina del suo compleanno, ma si sforzò di rimanere stoico: « Vedi, te l’ho detto che sei un maschiaccio. »
La biondina mise il broncio e incrociò le braccia, pur con ironia per aver captato la nota di presa in giro nella sua frase: « E tu sei un guastafeste. Ti perdono solo perché sei carino. »
E schioccandogli un bacio sulla guancia che lo lasciò più che basito, si dileguò di nuovo verso il tavolo delle tartine.
 
 
 
 
« Oh, kami-sama, » Ichigo fece un respiro profondo e distese del tutto le spalle, ben attenta a non inciampare nella gonna del vestito, « Abbiamo fatto solo metà e sono già esausta. »
« Qualcuno direbbe che è la parte più importante, » la prese in giro dolcemente Ryou.
Lei sorrise e, approfittando che fossero finalmente soli prima della loro entrata trionfale nella sala in cui si sarebbero tenuti cena e ricevimento, s’illanguidì contro di lui e gli avvolse le braccia intorno al collo con un broncetto: « Non la più divertente, però. »
« Mmhm, » il biondo alzò un sopracciglio e fu svelto a stringerle la vita, nonostante il tulle tra di loro, « Hai qualche idea in particolare? »
« Certo, » la rossa sfiorò il naso con il suo e poi svicolò via dispettosa con un ghigno, « Non vedo l’ora di ballare tutta sera e mangiare tutti i miei dolci preferiti! »
« Ah-ah, very funny. »
Shirogane riuscì comunque a rubarle un bacio, forse il primo vero di tutta quella parata, sentendola rilassarsi contro di lui.
« Dobbiamo entrare, » l’avvertì poi con una punta di malavoglia, « Ammetto di dover bere qualcosa e mettere qualcosa sotto i denti. »
« Ah, non pensare che io sia una di quelle spose che non mangia, ho già detto a Minto-chan che non ho intenzione di saltare la cena per girare tra i tavoli a perdermi in moine, io mi siedo e mangio tutto quello che ho scelto. »
« Lo so, ginger, lo so. »
Le schioccò un altro bacio, e Ichigo fece un sorriso e poi una smorfia: « Puoi andare a chiamarmi Minto? Devo fare pipì, e ho bisogno di un supporto. »
Gesticolò rivolta verso l’ampia gonna del suo abito da sposa, e lui rise annuendo: « Non andare da nessuna parte. »
La frazione di secondo in cui lui aprì la porta della sala ricevimenti le fece capire che l’aperitivo doveva stare andando bene, visto il brusio allegro dei suoi ospiti; decisamente più rilassata di prima, anche se ancora non del tutto a suo agio all’idea di dover essere così tanto al centro dell’attenzione, Ichigo si poggiò con la schiena al muro e chiuse un istante gli occhi, godendosi il miscuglio di emozioni che sentiva ribollire all’altezza del petto. Non li aprì nemmeno quando avvertì la porta muoversi ancora, e fu per quella ragione che sobbalzò quando una voce molto diversa da quella della sua migliore amica la chiamò.
« Ciao, Ichigo-chan. »
« Masaya-kun! » la rossa si portò una mano al petto, sorpresa al notare che in realtà lui non proveniva dal loro salone, ma da uno dei corridoi laterali, « Scusa, non mi aspettavo che – ma allora sei venuto! »
Il moro sorrise contento e le si avvicinò di qualche passo: « Non potevo non farti le mie congratulazioni dal vivo, sei raggiante. Ho partecipato alla cerimonia, è stato davvero molto bello. »
« Grazie, » rispose lei radiosa, rammentando di non averlo visto tra i presenti, « Ma dove…? »
« Ero seduto in fondo, in un angolo, » confermò lui, « Non mi avevi detto che erano tornati gli Ikisatashi. »
Per un istante, Ichigo si stupì del commento: « Eh? Ah, già… » rise, un po’ a disagio, torturandosi un pezzo dell’abito, « Credo che ci siano un po’ di cose su cui non ci siamo aggiornati, ma… come vedi, sta succedendo tutto un po’ così, all’improvviso. »
« L’importante è che tu sia felice, » esclamò di nuovo lui, con il suo sorriso dolce, « E mi sembri più felice che mai, Ichigo-chan, quindi non posso che esserne contento anche io. Sei una persona meravigliosa e ti meriti il meglio. »
« Masaya-kun, davvero, mi dispiace se ti ho tagliato fuori, » il tono di voce della rossa fu leggermente implorante, « È che c’è stato tutto un… un casino, non posso definirlo altro, e immaginati, ritrovarti davanti al naso gli alieni che… che hai combattuto quando avevi tredici anni, e che ora escono con le tue amiche…! »
Aoyama rise della maniera in cui lei aveva abbassato la voce per quelle ultime due frasi e le smorfie stranite che le si disegnarono in volto.
« Non c’è niente di cui farti perdonare, davvero, Ichigo-chan. Non saprei nemmeno io come avrei reagito, se fosse successo a me. E non mi devi niente. »
Sul momento non ne sembrò particolarmente convinta, dal modo in cui si morse il labbro e poi accennò alle sue spalle, verso il ricevimento: « Vuoi venire a… salutare? »
Il viso del ragazzo si rabbuiò appena, ma continuò a sorridere gioviale e scosse la testa: « Credo che sia meglio di no, Ichigo. Ci tenevo a partecipare alla cerimonia, ma non ritengo sia il caso per me di… non vorrei mai rovinare l’atmosfera a qualcuno, ecco. »
Ichigo non poté evitare di accigliarsi, non capendo: « Se è per Ryou, non preoccuparti, lui non - »
Ma Masaya insistette a negare: « Non credo che tutti serbino un ricordo particolarmente benevolo di me, Ichigo. O almeno, di una parte di me, » aggiunse con una punta evidente di amarezza, « E non mi sembra giusto rovinare la tua giornata con sottigliezze del genere. Non ne faccio una colpa a nessuno, e so che non è nemmeno colpa mia, ma è più facile così. »
Ci volle qualche istante perché la rossa comprendesse del tutto, infine sorrise e gli tese una mano: « Ti ringrazio, Masaya-kun. Davvero. Anche se vorrei non fosse così. »
« Sono certo che ci sarà il tempo per chiarire e recuperare, » le strinse affettuoso le dita, « In un momento un po’ meno complicato. »
Le fece un occhiolino, e lei sorrise più convinta: « Grazie ancora. Cerchiamo di vederci presto, d’accordo? »
« Affare fatto. »
Il ragazzo le rivolse un cenno di saluto e si allontanò, voltandosi di nuovo verso di lei sulla parte opposta del corridoio per salutarla con una mano cui lei rispose con un gesto meno energico.
« Minto-chan ha detto che è l’unico dovere da damigella d’onore che si rifiuta di fare, quind – Ichigo-chan, tutto bene? »
Lei sussultò di nuovo e si riscosse, voltandosi verso Purin con una smorfia: « Che vuol dire che si rifiuta!? Non può mica scegliere cosa fare e cosa non fare! »
La biondina rise e le sollevò fin troppo la gonna del vestito, nonostante ci fosse l’intera anticamera da attraversare prima di raggiungere la toilette: « Purin in soccorso! »
« Sì ma non mi denudare ora!! »
 
 
 
 
La cena scivolò via allegramente, tra le varie portate apprezzate da tutti, un paio di discorsi, molti brindisi e anche qualche – brevissimo – giro dei tavoli da parte degli sposi, e molto presto la sala divenne una vera e propria pista da ballo.
« Mai avrei pensato di vedere Pai Ikisatashi ballare circondato da umani. »
Minto, accaldata e leggermente provata da tutta quella giornata, rise sotto i baffi e prese un sorso di champagne, lanciando un’occhiata divertita a Zakuro, accanto a sé a bordo pista, che soffiò pacata, scostando lo sguardo dall’alieno e da Retasu, più a muoversi sul posto che a ballare:
« Mai avrei pensato di rivedere Pai Ikisatashi. »
« Touché, » la mora rise e bevve di nuovo, tamponandosi la fronte con il dorso della mano e continuando ad osservare la sala, « È venuto tutto bene, non trovi, anche con questa corsa contro il tempo? »
« È stato un ottimo lavoro, e mi sembrano molto contenti. »
Entrambe si soffermarono su Ichigo e Ryou, in mezzo alla sala circondati dalla folla ma probabilmente coscienti solo l’una dell’altro, dal modo in cui si guardavano e scambiavano battute e risate. Minto si lasciò andare in un lungo sospirò un po’ maligno:
« Sono schifosamente innamorati. »
Zakuro nascose un sorrisetto dietro al proprio calice e le diresse un’occhiata di soppiatto dall’alto: « Perché, tu no? »
La mora arrossì tutto a un tratto e non riuscì a trattenersi dal cercare con lo sguardo Kisshu, impegnato in strane movenze poco aggraziate insieme a Purin, altrettanto scatenata, il ventre che le rimbombò prepotente al ricordo di quella mattina di un mese prima, facendole risalire il calore fino in gola. Non fece in tempo a rispondere che la risata roca dell’amica la precedette:
« Non fare quella faccia, è normale dopo quasi un anno che state insieme. Mi preoccuperei se fosse il contrario. »
Minto persistette a non rispondere, odiando quella vocina nella testa che le iniziò a domandare se forse non si stesse preoccupando proprio Kisshu stesso, visto che lei una certa formula magica non era ancora stata in grado di pronunciarla.
Però a quanto pare lei era un libro aperto per le sue amiche, possibile che non lo fosse anche per lui?
Prese un altro sorso e continuò a evitare lo sguardo indaco, fin troppo pungente per i suoi gusti su certi argomenti, e Zakuro insistette con più calma: « Devo preoccuparmi? »
« No, » esalò finalmente, poggiando il bicchiere ormai vuoto e prendendone un altro dal tavolo alle loro spalle, « Ma è più bravo a parlarne lui. »
La modella annuì e si concentrò sull’alieno, che si stava infilando prepotentemente tra Retasu e Pai per iniziare a ballare un terribile giro di polka con la ragazza, con ogni probabilità solo per disturbare il fratello: « Non essere a proprio agio a mostrarlo non vuol dire non provarlo. »
« Dovresti dirlo a lui… » borbottò quasi in un sussurro l’altra, trangugiando metà del calice in un sorso.
Zakuro gliel’afferrò con eleganza e lo ripose sul tavolo, in una maniera molto da sorella maggiore: « Non esagerare con questi, » la sgridò piano, poi le accennò un sorriso, « E Kisshu non è così ottuso. Ma se per caso servisse aiuto per uno zigomo dolente… »
La mora rise dal naso e alzò gli occhi al cielo: « Comunque io non ti chiedo queste cose. »
« Hai fatto un background check a tutti quelli di cui mi segni gli appuntamenti nell'agenda. »
« Come tua assistente devo assicurarmi che tu non vada incontro a pazzi psicopatici o altri personaggi seriamente disturbati, tanto più che la tua notorietà accresce. »
« Se lo dici tu. »
Lesta come una volpe, Minto si riappropriò del suo bicchiere e terminò il contenuto rimasto, stringendo le labbra un istante: « Io torno a ballare, tu vieni? »
« Vi raggiungo tra poco, ho bisogno di ancora un po’ d’aria. »
Non appena la mora si aggregò a Purin e Retasu, che parevano aver preso d’assalto Ichigo insieme a Moe e Miwa per qualche danza tra ragazze, Zakuro si voltò di mezzo giro e si incamminò verso uno dei tavoli più vicini al centro.
« Avete intenzione di venirmi a parlare o solo di fissare da lontano? »
« E questa, Joel, è Zakuro Fujiwara, » Ryou l’accolse con un sorriso fin troppo splendente, indicandola al suo interlocutore, che le sorrise cortese e le si rivolse direttamente in un inglese evidentemente marcato da un accento texano:
« La conosco. Di fama, ovviamente. È un piacere conoscerla dal vivo. »
La modella prima scoccò un’occhiata al biondo, fin troppo rilassato per i suoi standard, poi accettò la mano che le veniva offerta: « Mi è giunta voce anche della tua fama. »
« Immagino solo cose pessime. »
Shirogane sorrise e gli batté una mano sulla spalla: « Se non ci fosse stato Joel, saremmo stati nei casini con tutti i vari test, esami, risultati con DNA sballati. Peccato abbia questa fissa di non voler imparare il giapponese. »
Zakuro accennò a un sorrisetto, studiando con misurato garbo l’uomo, che sembrava essere sulla trentina e sfoggiava due occhi verdi brillanti d’intelligenza sopra una folta barba scura.
« Non sono segreti facili da mantenere, » commentò, e lui alzò una birra verso il biondo:
« Shirogane è ottimo a regalare bourbon a Natale. »
Lei sorrise e inclinò solo un sopracciglio rivolta a Ryou, che si limitò a stringersi nelle spalle.
« Sarebbe interessante sapere come ci sei finito, tra le grinfie di Shirogane, che non è molto diplomatico nella sua scelta di cavie. »
« Hey there. »
Joel rise e la guardò con gli occhi vispi: « La storia è lunga, se vuoi sederti a bere qualcosa. »
Ryou ebbe la buona creanza di sparire in quel momento, richiamato a gran voce da Ichigo, e Zakuro non aspettò molto a rispondere: « Alright. »
 
 
 
 
« Se continui a guardarla così le brucerai il vestito. Capisco il sentimento, ma non credo sia l’approccio migliore. »
Taruto sussultò quando Kisshu gli apparve alle spalle, con un ghignetto insopportabile stampato sulle labbra, ben individuando la direzione del suo sguardo.
« Sei un coglione, » gli rispose truce, facendolo solo sogghignare maggiormente:
« Sarà, ma almeno io so andarmi a prendere le cose che mi interessano. »
« Vorresti forse un applauso? »
Il verde sospirò e scosse la testa, scrutando divertito il profilo torvo del fratello minore: « È inutile, io ci ho provato a mostrarti la via, ma tu sei preciso a Pai. Chiedile di ballare, no? » aggiunse poi, più amichevolmente, « Sono sicuro le farebbe piacere. »
Taruto lo trucidò con lo sguardo, poi incassò ancora di più la testa nelle spalle: « … tu che ne sai? »
Kisshu lo guardò come se fosse un cretino: « Ti devo forse fare un disegnino? Ha continuato a chiedermi di te finché non sei tornato. »
Il moro strusciò un piede a terra, il collo ormai scomparso tra le spalle: « … è perché siamo amici. »
« Certo. Amici. E lei si offende quando tu non le dici quanto sta bene con il vestito da damigella. »
« T-tu che ne sai!? » ripeté lui annaspando, e il verde roteò gli occhi in maniera esageratamente teatrale:
« La scimmietta sarà anche un’ottima sorellona, ma ogni tanto ha bisogno anche di un fratello maggiore con cui lamentarsi di quanto sia stupido il cretino che non vedeva l’ora tornasse. »
Taruto sibilò una maledizione tra i denti, ignorando pesantemente lo sfarfallio del suo cuore, Kisshu che si immischiava negli affari suoi era di certo l’ultima cosa che gli servisse.
« Io non sono come te, » sibilò, « È… complicato. »
« Grazie per l’offesa gratuita, » rispose il maggiore con acredine, « Stavo solo cercando di aiutarti, ma se vuoi restare qui a mangiarti il fegato fai pure, io vado a divertirmi insieme agli altri. »
E così dicendo, lo piantò lì, ritornando nella mischia che ballava per agguantare Minto per la vita e tirarsela fin troppo addosso, mentre Taruto digrignava i denti e continuava a fondere con gli occhi la schiena ormai fin troppo conosciuta di una certa biondina.
 
 
 
 
Con estrema felicità di Pai, il taglio della torta si svolse senza particolari fanfare, solo una canzone che interpretò essere estremamente romantica in sottofondo e un tono di festeggiamenti più alto da parte degli invitati. Dovette ammetterlo, pure lui che non amava particolarmente i dolci trovò le proposte di Akasaka come sempre ottime, e si concesse volentieri tre o quattro giri di assaggi, tra la torta a tre piani e i vari pasticcini offerti.
Notò pure che il volume della musica e quello dell’alcol crebbero esponenzialmente per il resto della festa, ma non trovò ragione di lamentarsi nemmeno di quello, visto quanto anche Retasu gli parve decisamente più rilassata e contenta del solito, a dividersi tra il saltare con le sue amiche e lo stringersi a lui più che mai.
Solo quando l’orologio passò di un giro abbondante la mezzanotte la folla cominciò a diradarsi e a sciamare fuori dalla stanza, desiderosa di ritirarsi tra le lenzuola.
Alcuni più di altri.
Per una volta poco interessata di essere in pubblico, Ichigo sfiorò il naso di Ryou con il proprio: « Dove andiamo ora? »
Lui dovette imporsi di non far scorrere le mani troppo sotto la sua vita: « Abbiamo una suite riservata qui, con dentro le valigie già pronte così domattina possiamo partire il più presto possibile. »
Lei miagolò contenta, quasi improvvisando una danza sul posto prima di baciarlo; non sarebbero andati via per molto, solo un fine settimana nella casa al mare perché Kimberly era ancora troppo piccola per lasciarla sola troppo a lungo e avevano preferito rimandare la loro vera luna di miele, ma anche solo quei due giorni, da soli, sarebbero bastati.
Gli invitati rimasti si lanciarono in fischi e versi di apprezzamento e presa in giro, convincendo finalmente la sposa a staccarsi e arrossire tra le risa e i bisbigli di fare piano, per non disturbare il resto dell’hotel.
« Vieni qua, Momomiya, » Minto l’afferrò per un braccio e la tirò verso il bagno, quasi infilandocela dentro con le altre ragazze al seguito, « Non puoi andartene via con il vestito addosso, solo i kami sanno cosa gli farebbe Shirogane, e tu sei un po' troppo ubriaca per togliertelo! »
Purin ridacchiò, chiudendo la porta dietro di loro e quasi crollandoci contro con la schiena: « E tu no? »
« Tsk, una signora del mio rango non si ubriaca, » la mora fece schioccare la lingua, anche se il rossore sulle sue guance tradiva la sua affermazione ed era evidente che le era necessaria una concentrazione maggiore del solito per aprire la fila di bottoni del vestito, non certo facilitata dai continui risolini di Ichigo e Retasu. Fu necessario l’intervento di Zakuro per estrarre definitivamente la rossa dall’abito – quando dovette estendere la gamba per non pestare l’ampia gonna, il braccio di Retasu si trasformò in un appiglio salvavita – e infilarla in un abitino bianco molto più semplice ed efficace per raggiungere l’ultimo piano dell’albergo.
« Questo lo prendo io, » la rassicurò, piegando con cura il vestito da sposa su un braccio, « Tua mamma ha portato via tutto dalla camera di stamattina, tranne quelle che ti possono servire per stasera, che sono già nella vostra stanza. »
« Uuuuh, la suite matrimoniale! Poveri i vostri vicini! »
Anche Ichigo si lasciò andare a una risata maliziosa al commento di Purin, poi fece un respiro profondo e le guardò a una a una, commossa: « Grazie. Grazie a tutte, ragazze. Non ce l'avrei mai fatta senza di voi, mai. »
« No, probabilmente no. »
Con un’ennesima risata, le altre l’avvolsero in un abbraccio spontaneo, caldo e affettuoso, prima che Minto la stringesse per le spalle e la voltasse: « Oh, forza, vattene via prima che mi si rovini il trucco, » scherzò piccata, asciugandosi una piccola lacrima dispettosa.
Ichigo annuì e, dopo averle rubato un altro abbraccio e schioccato un bacio sulla guancia, corse fuori, sollevata che adesso ai suoi piedi ci fossero delle comode ballerine color panna invece dei tacchi, e individuò la familiare chioma bionda già davanti agli ascensori.
Presa dall’euforia – e dai numerosi bicchieri di champagne – non si capacitò nemmeno molto di come fece a passare dal corridoio all’ascensore alla porta della suite, troppo impegnata a perdersi contro le labbra di Shirogane e a infastidirlo in tutti i modi per sentirlo ridere mentre lui litigava con la porta della stanza, che non voleva saperne di aprirsi.
Le sfuggì un gridolino quando finalmente lui fu vittorioso e la schiena di lei perse l’appoggio temporaneo, facendola caracollare indietro e poi scoppiare a ridere ancora.
« Signorinella, mi sembra un po’ ubriaca. »
Ichigo ridacchiò colpevole, tirandolo a sé con forza: « Eh no, io adesso sono una signora, » mormorò maliziosa.
Ryou l’agguantò per la vita, un po’ anche per evitare di vederla collassare sul pavimento: « Mrs. Shirogane, indeed. »
« Oh, non iniziare subito, » la rossa alzò gli occhi al cielo e si allungò languida contro di lui, incrociando le braccia dietro la sua testa, « Rimandiamo le lezioni d’inglese a domani. »
« Why is that? » le sussurrò, approfittandone per afferrarle le cosce e accarezzarle piano, salendo con calma, « Hai forse idee migliori? »
Lei rise roca e lo baciò, lasciandosi sollevare così da poter allacciare le gambe attorno alla vita di lui, il vestito ormai arrotolato fin sopra l’ombelico. Ryou rispose con foga, stringendola forte mentre si avvicinava al letto.
« Sei felice? » riuscì a mormorare nel breve istante in cui si separarono per riprendere fiato, e lei annuì, guardandolo con gli occhi che brillavano, passando le dita tra i capelli alla base della sua nuca per attrarlo più vicino: « Assolutamente sì. »
 
 
 
 
 
 
 
 
 
(*) Vedasi il capitolo 6
 
BTW, per chi fosse curioso, l’idea originale del vestito di Ichigo la trovate qui.
 

 

   
 
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