Storie originali
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Autore: Sarasvathi    15/05/2012    1 recensioni
Basta una frase per cambiare il pensiero di una persona. Basta uno sguardo per capire le intenzioni altrui. Vita. Morte. Non hanno importanza. La principessa del pianoforte suona sempre. Le persone che incontra sono le mani e lo spartito. Ha i fili. Comanda. Ubbidisce. È la luce. È il buio.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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“Ryu, fermati”
Lui si rialzò “Sì, scusa. Non volevo fare niente”
“E non l’hai fatto” gli sorrise Hime.
“Senti, posso almeno riaccompagnarti a casa?”
“Certo, ma sbrighiamoci o ci ammaliamo con questa pioggia”
Ryu non voleva farle niente sul serio: era stato spinto da una qualche forza misteriosa verso il viso di Hime, perché? Non le piaceva. Assolutamente.
Si era ritrovato nel buio e la voce di Hime l’aveva riportato alla realtà: si trovava a pochi centimetri dal viso della ragazza, chiunque avrebbe pensato che la volesse baciare. Lui non lo voleva. ‘Basta che lei non ti frantumi’ l’aveva avvertito la madre di Hime.
“Hime, come si chiama tua madre?”
“Giulia”
“Tuo padre?”
“Paolo, ma non vive più con me e mamma”
“Ah, sono divorziati?”
“No”
“Allora perché…”
“Ryu, smettila”
Era agghiacciante quanto potenti fossero le parole di Hime ogni volta che apriva bocca. Era forse più diretta di un impulso elettrico, o almeno attraversava Ryu con la stessa intensità e precisione.
 
“Mamma, cosa ci fai lì?”
Giulia stava di fronte alla Puya Raimondii, la pianta morente, e lacrime più evidenti della pioggia le scendevano lungo il viso.
Non si era girata quando Hime le aveva posto la domanda.
“Ryu, ti prego, entra nel giardino e convinci mia madre a rientrare dentro”
Lui si era girato verso Hime con aria interrogativa, ma lei aveva già aperto il cancello e aveva cominciato a spingere Ryu verso la madre.
Lui aveva soffiato un ‘No’.
“Ah, Ryu, dammi il violoncello: lo porto dentro così l’acqua non rischia di entrare dentro” poi aggiunse “E non ti preoccupare, non lo faccio cadere. Ritorno subito”
Ryu andò verso Giulia.
“Signora Giulia, non farebbe meglio a rientrare ora?”
Lei con gli occhi rossi di lacrime si girò verso Ryu: “Ragazzo, non riesco a ricordare molte cose, diciamo niente, ma questa pianta non posso proprio dimenticarla, come non posso dimenticare il passato, finché non ho conosciuto Paolo”
“Signora, la prego per oggi rientriamo tutti dentro. Domani potrà di nuovo stare vicino alla pianta”
“Non posso lasciarla ora: questi fiori la stanno uccidendo”
Ryu guardò la casa e Hime che stava uscendo in giardino, poi vide una finestra “Signora, entriamo e guardiamo tutti la pianta da quella finestra, che ne dice?”
La donna si girò verso la finestra e abbassò la testa “Va bene ragazzo, entriamo.” poi guardando la Puya sussurrò “Mi hai mentito”
Giulia entrò dentro e invitò Ryu a seguirla, ma lui non sapeva bene se potesse entrare.
“Ryu! Entra, non ti vorrai mica prendere un raffreddore spero!”
“Ah, grazie. Con permesso”
La casa era spoglia, priva di ogni colore, muri bianchi come la morte, mobili apparentemente caldi.
“Ragazzo, faresti bene a farti una doccia, sei fradicio”
“Già, aspetta qui Ryu, vado a prenderti un asciugamano e qualche vestito di papà”
“Grazie”
La madre sparì sulle scale e Ryu cominciò a girare a vuoto per la casetta.
Non c’era niente fuori posto, tutto in un ordine quasi tagliente.
Pochi minuti dopo sia la madre che Hime scesero, la prima con abiti puliti addosso, Hime con un asciugamano e qualche vestito “Spero ti vadano bene i vestiti, papà era un uomo molto grosso e alto”
“Grazie”
“Ti accompagno fino al bagno. Mamma, io porto Ryu fino al bagno e vado nella mia stanza”
“Ragazzo, dopo vieni giù a guardare la Puya con me?”
“Certo signora”
Hime accompagnò Ryu fino al bagno dicendogli più volte di chiudere bene a chiave la porta, in caso sua madre si fosse dimenticata che lui era in casa e avesse aperto la porta del bagno.
“Fai con calma” e lasciò Ryu nella porta del bagno “Ah” aggiunse “Il violoncello è in camera mia, quella in fondo al corridoio a sinistra”
“Grazie”
“E smettila di ringraziare di continuo!”
“Scusa”
“Senti, vai a farti la doccia”
“Ma falla tu prima, sei fradicia quanto me”
“Non ti preoccupare e vai”
 
Ryu entrò nella stanza di Hime che era socchiusa: lei non c’era.
Scese le scale e trovò Hime qualche passo dietro la madre e la madre di Hime che guardava fuori dalla finestra.
Si avvicinò a Hime e le sussurrò “Sta ancora guardando la pianta?”
“Sì. Resta un po’ con lei, ti prego. Io vado a farmi una doccia, in cambio suonerò il pianoforte per te”
Ryu le sorrise, lei salì le scale.
“Signora, sta ancora guardando la pianta?”
Quella si girò di scatto “Chi sei?”
“Sono il ragazzo di prima”
“Non conosco nessun ragazzo di prima”
“Sono un amico di Hime”
“Hime” sussurrò Giulia, ritornando a guardare fuori dalla finestra “Ragazzo, come ti chiami?”
“Ryujiro”
“Ryujiro, non sei italiano”
“No sono…”
“Non mi interessa, non te l’ho chiesto”
“Mi scusi”
“Vieni a guardare la mia Puya, sta morendo”
“Lo so signora”
Restarono qualche minuto in silenzio a guardare fuori dalla finestra, quando Giulia si voltò vero Ryu: “Perché mi ha mentito?”
“Scusi signora, non capisco”
“Smettila, anche tu mi stai mentendo”
“Signora sono davvero dispiaciuto”
“Smettetela di dispiacervi tutti! Dimmi perché mi ha mentito!”
“Io…”
Ma lei era già ritornata alla pianta.
“Perché mi ha mentito?” continuò a echeggiare per la casa.
 
Quando Hime scese, vide la madre che chiedeva a Ryu perché tutti ce l’avessero con lei.
“Mamma, Ryu deve venire nella mia stanza a sentirmi suonare”
Giulia sgranò gli occhi: “O Dio, cos’ho fatto di male per meritarmi ciò?”
Hime prese la mano di Ryu e lo trascinò su per le scale.
“Hime, sei sicura che tua madre…”
“È a posto, anzi grazie di tutto”
“Non ho fatto niente di c…”
“Hai fatto troppo. Comunque dimmi cosa vuoi che ti suoni”
Per Elisa
“No”
“Non la sai suonare?”
“Me la chiedono tutti. Conosci solo quel brano?”
“No, perché?”
Per Elisa la chiedono tutti quelli che ne sanno poca di solito”
“Allora Mozart”
“Cosa di preciso?”
“Una cosa qualsiasi”
“Potrei suonare un brano che non ti piace. Sii più preciso. Stupiscimi. Così potrò suonare per te”
“Non conosco molti brani per pianoforte. Scegli tu per me”
“Almeno dimmi se preferisci un brano passionale o uno più frizzante”
“Frizzante”
“Sei sempre così prevedibile, Ryu”
“Dici?”
“Già”
“Allora voglio qualcosa che mi faccia volare”
Hime rise.
“Che ho detto di divertente?”
“Certo che sei sempre così calcolato”
“Allora cosa mi suoni?”
“Debussy. Lo conosci?”
“Poco”
“Peccato. Sono sicura che ti piacerà”
“Come si intitola il brano?”
Hime prese un libricino e s’illuminò
Reflets Dans L’Eau da Images”
Prese lo spartito tra le mani e cominciò a leggerlo.
“L’hai già suonato questo brano?”
“Sì, ma lo devo ricordare”
“E accarezzando così lo spartito, te lo ricordi?”
“Lo sto già eseguendo”
“Io non lo sento”
“Infatti a te lo suonerò. L’esecuzione è solo mia, nella mia testa, non posso farti sentire le debolezze della mia esecuzione. Non lo permetterei a nessuno.”
Ryu rimase in silenzio, in attesa che Hime iniziasse a suonare per lui.
Hime percorse tutti i tasti del pianoforte e fece qualche scala per riscaldare i polpastrelli.
“Ryu, comincio”
E Suonò.
E volò.
E fece volare Ryu.
Suonò Musica.
Volò nel cielo.
Fece volare Ryu in Paradiso.
Lei inconscia del fatto di volare, non pensava a niente, muoveva semplicemente il corpo come il suono suggeriva, senza forzare nulla e senza farsi sopraffare dall’immensità del pianoforte.
Alcuni passaggi le mani le ricordavano senza leggere lo spartito, in quei momenti chiudeva gli occhi e si abbandonava a un’estasi totale. Non sapeva se sarebbe riuscita a lasciare qualcosa a Ryu. Ma lo desiderava. E ciò le bastava. Mentre suonava aveva la sensazione che le mani diventassero il suo cervello: non leggeva che con le dita.
Ryu si perse nella vastità dei suoni. Lui le aveva chiesto di volare, lei lo aveva accontentato. Come faceva? Non poteva nemmeno provare invidia in quella dimensione in cui si trovava. Come faceva a creare quei suoni? Non aveva paura di perdersi nella Musica? Queste domande scivolavano nella mente di Ryu depositandosi pesanti sulla sua coscienza, ma ora non aveva tempo per risolvere i suoi dilemmi. Non aveva chiuso gli occhi quando Hime aveva cominciato a suonare, ma l’immagine del vasto Cielo si era aperta a lui dopo pochi secondi che Hime aveva cominciato a suonare.
Non aveva chiuso gli occhi.
Vedeva l’immensità davanti a sé.
Cominciò a respirare affannosamente.
Da quando soffriva di vertigini?
Il Cielo è troppo vasto per una persona sola.
Non riusciva a riaprire la mente alla realtà.
Era intrappolato nel Celeste.
Poche nuvole, non poteva nemmeno toccarle.
D’un tratto Ryu si trovò accanto Hime. Sembrava così lontana.
Provò a chiamarla, ma lei con sorriso serafico si allontanò da lui.
Doveva raggiungerla.
Era troppo faticoso: non sapeva come camminare nel cielo.
Hime staccò le mani dalla tastiera.
Ryu cadde dal cielo.
Emise un grande respiro. Era ritornato.
“Come hai fatto?” chiese.
“Cosa?”
“Sei una strega?”
“Ryu, che dici?”
“Ho visto il Cielo, c’eri anche tu alla fine”
“Non riesco a seguirti”
“Come fai a suonare così?”
“Ascolto lo spartito”
Ryu scosse la testa: “Insegnami”
“Non posso”
“Perché? Anch’io voglio saperlo fare”
“Non so nemmeno di cosa tu stia parlando!”
“Se non m’insegni non posso mantenere la nostra promessa”
Hime s’incupì.
“Credi che io capisca qualcosa dai tuoi discorsi, Ryu?”
“Davvero non capisci?”
“No”
“Mi hai fatto volare”
“Io non so fare certe cose”
“Non ti accorgi di quello che fai mentre suoni?”
“Io seguo soltanto i sentimenti dello spartito, cercando quelli del compositore, interpretandoli infine come Io voglio che siano, senza mancare di rispetto alla carta”
“Come ci riesci?”
“Non sono io a suonare, ma le mie mani. Loro sanno parlare solo in quel modo. Si sfogano quando suonano. Ci mettono ciò che serve. Io voglio soltanto trasmettere un messaggio a chi mi ascolta. Sono solo felice se il messaggio arriva.”
“Il tuo messaggio non arriva”
“Allora mi dovrò allenare di più”
Ryu scosse la testa e mise una mano tra i folti capelli scuri “Il tuo messaggio SPEZZA la lucidità”
“…”
“Ritorno a casa”
“Ryu, manterrai la promessa?”
“Mi allenerò a trasmettere anch’io”
“Ryu, mantieni la promessa. Ne abbiamo bisogno tutt’e due”
“La prossima volta porterò il violoncello”
“Sei sicuro? Iniziamo così presto? Ormai l’inverno sta seccando la natura”
“Lo so. Non mi piace. L’inverno spezza i morti più facilmente”
Hime prese le mani di Ryu e le strinse forte “Non ti spezzare”
Ryu sorrise: “Ci vediamo”
 
L’inverno passò in fretta, il freddo non fu eccessivo.
Ryu si allenò giorno e notte sui suoi sentimenti, scavò a fondo dentro di se alla ricerca di qualcosa da raccontare; ascoltò molti brani di diversi generi musicali: non poteva restare così chiuso.
Invidiava Hime, ma con quei sentimenti non sarebbe andato troppo lontano.
A scuola era sempre lo stesso, con Hime andava sempre nel loro posto segreto, ma evitava di parlare di musica limitandosi a insegnarle a parlare in Giapponese; qualche volta lei gli faceva domande quasi ricercate e lui era costretto a rivolgersi alla madre rientrato a casa su come tradurre certe frasi.
Il sorriso che si dipingeva sul viso della madre quando lui le chiedeva aiuto era colmo di semplicità e gioi, ma Ryu non sapeva leggere certe cose negli sguardi altrui.
 
Luigi cominciò a perdere ogni speranza: Hime era irraggiungibile. Gli mancavano le forze necessarie.
Persino una persona seduta sul marciapiede morente se vede cibo raccoglie tutte le sue forze per raggiungerlo, ottenendo risultati inimmaginabili; e ancora, alcuni fiori sopravvivono intatti all’inverno, allora perché lui non riusciva a fare niente? Aveva paura anche di essere amato.
Lei gli stava rubando la vita.
Si chiuse e non riuscì ad aprirsi con nessuno e la madre si preoccupava sempre più che l’assenza del padre avesse creato nel figlio questo scudo impenetrabile.
 
La Puya com’era fiorita era appassita; quell’enorme pianta, quasi eterna, era morta e Giulia non poteva fare altro che abbracciare l’altra sua pianta amata.
Ogni giorno andava alla finestra e si chiedeva perché lui gli avesse mentito.
“È ancora giovane, Giulia. Non la vedrai morire, ma so già che bramerai i suoi fiori, maledicendoti per aver pensato una cosa simile; sai, i suoi fiori sono molto belli”
E lei aveva cominciato a studiare ogni variante di ogni fiore, cominciando ad apprezzare ogni pianta e ogni odore. Una volta aveva desiderato essere un’ape per posarsi su un fiore senza piegarlo.
Intanto lui l’accarezzava.
Ogni giorno davanti alla finestra, ponendosi lo stesso interrogativo, stupendosi della pianta morta, piangendo e mettendosi le mani tra i capelli.
Non ricordava niente il giorno successivo.
Tutto daccapo, giorno dopo giorno.
Non si stancava, la sua salute peggiorò.
Una volta sembrò crollare.
 
“Tua madre è affetta da amnesia globale. Quanti anni hai?”
“Abbastanza per poterle stare vicino”
“Dobbiamo comunque mandare qualcuno a sorvegliarvi qualche volta, specialmente quando tua madre rimane da sola.”
“Grazie dottore”
“Di niente. Non abbatterti mai. Soffierà il vento, arriveranno cicloni. Sii forte. Vedi di restarlo. Per tua madre. Per te”
“Farò del mio meglio”
Hime era uscita dallo studio del dottore.
“Mamma, andiamo a casa”
Giulia si era alzata senza guardare la figlia e aveva preso a camminare.
“È tutta colpa tua” erano le uniche parole che Giulia ripeteva a Hime, ogni giorno, con precisione, con lo stesso tono fiero e tagliente.
In principio Hime ne veniva colpita, cercando di non affondare, ma la battaglia era dura; quando capì che le cose non sarebbero né cambiate né migliorate, ma solo peggiorate, cominciò a incassare tutti i colpi della madre, diventando di volta in volta più immune.
 
Nuovi fiori avevano cominciato a sbocciare.
La Puya era ancora morta.
Ryu continuava a parlare a Hime, ma sembrava che un muro cominciasse a costruirsi tra di loro; fu Hime a romperlo.
“Ryu” gli disse un giorno durante l’intervallo “Vieni con me, ti devo parlare”
Lui non aveva capito perché lei lo avesse chiamato.
“Cosa ci è successo?” chiese lei semplicemente.
“Non è successo niente, perché?”
“Sai, è da un po’ che non vieni più nel nostro Paradiso con un sorriso stampato in faccia e non mi hai ancora fatto risentire il tuo violoncello come mi avevi promesso”
“Scusa”
“Non devi scusarti ma dirmi cosa ti ho fatto perché le cose siano degenerate così”
“Non posso, è una cosa infantile”
“Dilla”
“Sono invidioso di te”
“Per cosa, Ryu?”
“Tu riesci a dominarla”
“Cosa?”
“La Musica e il pianoforte”
“Ti sbagli”
“Non posso sbagliarmi. Ho sentito chiaramente il tuo suono”
“Non è così, credimi”
Ryu alzò la voce “Allora dimmi come cazzo fai?”
“Ryu” miagolò Hime “Io ho paura della Musica”
“…”
“Ho paura anche degli spartiti. È questa paura che mi fa muovere, è questa paura che mi fa scavare a fondo. Ho paura di tutti quei tasti e ancor più paura di quell’inchiostro sul pentagramma che mi minaccia ogni volta”
“Non è possibile”
Hime fissò Ryu negli occhi “È così”
“Quindi dovrei cominciare anch’io ad avere paura degli spartiti e del mio strumento per suonare come te?”
“Tu non devi suonare come me, ma come sei tu veramente; devi solo lasciare che le tue emozioni traspaiano. Dovrebbe essere qualcosa di naturale quando si suona, quindi sei tu a non volerti mostrare per primo. Hai paura che gli altri leggano cosa c’è dentro di te?”
“No”
“Invece sì. Domani portati a scuola il violoncello”
“Perché dovrei?”
“È giusto un piccolo favore che ti chiedo; dobbiamo recuperare ciò che abbiamo quasi perso”
Ryu annuì.
“Per oggi niente ‘Paradiso’: devo arrivare prima a casa perché Dora ha da fare e non posso lasciare mia madre a casa da sola.
“Dora?”
“Aiuta me e mia madre. Di solito viene solo quando io sono a scuola, per il resto ci sono io per mia madre e poi, qualsiasi cosa succeda abbiamo molti vicini”
 
Luigi vide Hime uscire da scuola da sola, allora accelerò il passo per poterla raggiungere .
Quando le fu accanto la salutò “Ciao, Hime”
Lei si girò sgranando gli occhi: aveva riconosciuto la voce, ma non poteva credere che Luigi l’avesse chiamata per nome; tuttavia cercò di contenersi “C…ciao Luigi. Come va?”
“Non c’è male, tu?”
“Bene, grazie”
Camminarono fianco a fianco per qualche metro senza aggiungere altro, senza guardarsi negli occhi.
Poi Luigi parlò “Scusa per quel giorno”
“Quale?”
“Il giorno del mio compleanno…”
“Ah, quello…” arrossì lei “Non ti preoccupare. Il messaggio è arrivato forte e chiaro”
“Appunto…riguardo alla mia risposta…in real…”
“Scusa Luigi, ne parliamo un’altra volta? Non sono dell’umore e devo ritornare immediatamente a casa. Le nostre strade si dividono qui: prendo quella scorciatoia” e poi indicò la strada con l’indice.
“Certo. Ne riparliamo”
“Ciao”
“Ciao”
E Hime sparì nel marciapiede colmo di gente.
  
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