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Autore: Strega_Mogana    06/12/2006    5 recensioni
Elena e Alessandro (Querthe) Hanno unito I loro cervelli per Creare una nuova fic! Un regno di pace scosso da un amore non corrisposto e una guerra Che stravolgerà tutto. Buona lettura!
Genere: Romantico, Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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INTERMEZZO

- Sembra che la mia storia sia interessante… - scherza la donna, sistemandosi meglio sulla poltrona, quasi affossandosi in essa. – Come lo capisco? Beh, sono cinque minuti che la tua bocca è aperta. Attenzione, qualche uccellino potrebbe decidere di fare il nido da quelle parti.
Chiudi la bocca facendo risuonare i denti e ti schiarisci la gola. Lei ride, una risata fredda, distaccata.
- Conviene che tu beva qualche cosa, il mio racconto non è nemmeno a metà. Certo, sembrerebbe che tutto sia finito, tutti i contendenti siano spariti nel nulla, ma non è così. – si sporge, afferrando un bicchiere di vetro colorato ripieno di acqua naturale. Dopo averne bevuti un paio di sorsi, lo posa e sospira. – Ora che ho ripreso fiato, direi che è anche ora di riprendere il racconto. Sono passati due anni dalla notte in cui il fuoco sacro bruciò l’intero complesso del tempio. Molto è cambiato nel regno della Luna, forse in meglio, forse in peggio. Ma una cosa non è cambiata. Le urla di dama Luna…

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- Principessa! La smetta. Rischia di farsi davvero male!
- Luna. Smettila di urlare come una vecchia megera. – le rispose sempre urlando la bionda, che al momento le dava le spalle, la testa coperta da un elmo metallico che le nascondeva i capelli e parte del collo, vestita con una leggera armatura di pelle borchiata fatta da una casacca a maniche lunghe e da una gonnellina che le proteggeva non oltre la metà coscia. – Tra un po’ ti sentiranno fino sulla Terra.
- Non è da principesse allenarsi a combattere.
Lei si voltò, mostrando che la faccia era nella parte destra coperta da una maschera di argento lucido rappresentante mezzo volto sorridente. Nelle mani, guantate di cuoio coperto di anelli di maglia d’argento, impugnava due scimitarre sottili dal pomolo a forma di mezzaluna come la guardia.
- Non è da principessa dover affrontare chi ha stravolto la realtà, Luna. E sai che io non rinuncio a Mamoru. Non ci rinuncerò mai! – gridò, girando su se stessa colpendo il legno dall’allenamento con un mandritto potentissimo, che staccò di netto una grossa parte del materiale, che cadde a terra con un tonfo sordo.
- Capisco, ma…
- So cosa vuoi dire. Farò anche la mia parte burocratica, non ti preoccupare. Saprò continuare ad essere anche la guida di questo paese, oltre che il capo dell’esercito. Ma abbiamo ancora tempo. Vediamo se questa volta riuscirai a battermi.
La donna scosse la testa, e estrasse da sotto la gonna due strani guanti che infilò agilmente, mostrando che ogni dito terminava con lunghe e ricurve lame affilatissime. I guanti continuavano fino al gomito, realizzati in cuoio bollito e coperto di scaglie metalliche che le permettevano di parare anche colpi potenti come quelli che Usagi aveva imparato a tirare da quando si era risvegliata, nuda e dolorante, poco lontano dal castello. Assieme a lei, trasformate nel fisico, quanto nella psiche, c’erano Ami e Minako, che con lei e con tutti gli altri rimasti a lei fedeli iniziarono a combattere una cruenta guerra contro Rei e la sua alleata, un essere che era nato grazie alla visione distorta del mondo che aveva la sacerdotessa, un essere in grado di risvegliare i morti e di condurli in battaglia.
- Sei pronta?
Usagi annuì.
- Ferme! – risuonò nella loro mente la voce di Ami. – Ci sono cose più importanti di cui occuparsi ora. Ad est del castello un piccolo gruppo di morti viventi sta per colpire il villaggio lì vicino. Minako è già diretta al campo di battaglia. Principessa, le chiedo di intervenire. Le sue capacità credo saranno necessarie.
- Capisco. – rispose sempre tramite il pensiero la bionda. – Crystal! – gridò. - Qui, la tua padrona ha bisogno di te.
Dalle vicine stalle la cavalla, già bardata con una sottile cotta di maglia morbida come velluto ma resistente oltremisura galoppò al suo fianco, guardandola con l’occhio sinistro, l’unico rimastole dopo uno scontro risalente a circa un anno prima.
- Hai sentito l’odore della battaglia, mia cara?
L’animale nitrì scuotendo la testa in maniera affermativa.
- Principessa…
- Tornerò, stai tranquilla. Sai che non posso morire. Non l’ho ancora salvato. – le sorrise infilando le lame nelle fodere gemelle incrociate sulle sue spalle e lanciandosi sul cavallo, che partì al galoppo.
- Dei proteggetela. Io non posso più… - mormorò Luna, alzando gli occhi al cielo.
- Non si preoccupi, dama Luna. La principessa ha dalla sua una forza inarrestabile. L’amore. – tentò di consolarla la maga nella sua mente.
Da quando era ricomparsa vicino alla principessa e all’attuale capo delle spie di palazzo, la maga aveva scoperto che la sua magia era aumentata tanto quanto i suoi sensi erano spariti. La gemma azzurra che si era staccata dall’artefatto creato da Rei e che si era piantato nel centro della sua fronte l’aveva dotata di potentissimi incantesimi e capacità di preveggenza, ma le aveva tolto tutto. Letteralmente. I suoi occhi, il suo naso, le sue labbra, tutto nel suo volto era stato eliminato, lasciando una sorta di volto abbozzato come se la sua pelle e le sue ossa fossero state di creta. Non aveva unghie, né altro che si potesse definire umano. Certo, non aveva nessuna necessità di mangiare, bere, respirare o altro, ma la totale deprivazione sensoriale l’aveva anche resa sterile di sentimenti. L’amore per Makoto era stato attutito a un lieve affetto, mentre la sua fedeltà al regno era stata ingigantita, come se fosse stata l’ancora di salvezza alla realtà di una mente ormai minata nel profondo, permettendole comunque di accettare la sua situazione paradossale di non poter sentire con i suoi sensi ma di poter spaziare con gli infiniti sensi della sua mente ovunque lei volesse. Tranne che nel regno sempre più vasto di Rei. Il suo sogno folle di governare secondo il disegno degli dei l’aveva trasformata nella più grande minaccia mai esistita. E al suo fianco, plagiati e annebbiati dalla fortissima potenza magica della sacerdotessa, Mamoru e Makoto l’aiutavano con tutte le loro forze, portando in battaglia orde di umani mutati e di morti viventi agli ordini di Hotaru, la Signora della Morte.
Usagi spingeva Crystal a correre oltre il proprio limite.
Il tempo dove si perdeva in mille ricordi mentre galoppava felice era finito da un pezzo. Dove correva per fuggire, anche solo per qualche istante, dalla sua corona, dalle responsabilità era svanito come il battito d’ali veloce di una farfalla. Ora andava di corsa verso il proprio destino, ogni battaglia sempre con più ferocia e con più grinta con la consapevolezza che non poteva fallire fino a quando non avesse strappato dalle grinfie di quell’arpia il suo uomo.
Da lontano vedeva delle piccole colonne di fumo salire verso il cielo celeste. Rei aveva allungato le sue mani su tutto il territorio, ogni posto cambiava drasticamente quando il suo occhio magico si posava da qualche parte. Dove c’era vita ora c’era solo morte, dove c’era gioia solo dolore e disperazione si poteva trovare. In quel momento la gente aveva paura e Usagi non sempre riusciva a farcela. Il suo regno di odio e vendetta si stava espandendo a macchia d’olio e la resistenza che incontrava non faceva altro che aumentare la sua rabbia facendole colpire sempre con più ferocia gli indifesi abitanti.
I rumori di spade e scudi che cozzavano tra di loro si udì ben presto, seguito a ruota dal tipico odore che aveva la paglia quando veniva bruciata. Mentre continuava a galoppare Usagi estrasse dal fodero le due scimitarre. Due zombie dalla pelle grigiastra e dalle iridi gialle piene di pus le si avventarono contro, con i loro gridi soffocati dalla pelle in putrefazione della gola. Senza scendere da cavallo, senza neppure rallentare l’andatura dell’animale, Usagi saettò davanti a loro muovendo velocemente le braccia. I due non-morti guardarono per un attimo la figura bianca ed argento che si allontanava prima di cadere in pezzi putridi sul terreno arido. Usagi scese da cavallo alle porte del piccolo villaggio, la sua mente aveva appena registrato il velocissimo scontro di prima, le sue lame avevano tagliato quella carne morta così rapidamente da non avere neppure un brandello della fredda pelle sui fili affilati delle lame.
Chiuse gli occhi annusando l’aria che le stava attorno, l’odore di quei cadaveri che camminavano nella terra dei vivi lo si poteva sentire a chilometri di distanza, il suo stomaco fece una capriola dal fetore che emanava quel posto ma non storse il naso, non diede segni di cedimento… oramai era quasi abituata all’odore di morte.
Si mosse furtivamente, le scimitarre ben salde tra le sue mani guantate, lo sguardo vigile, che saettava da un angolo all’altro pronta a qualsiasi attacco improvviso. Il cozzare delle armature e delle armi era sempre più vicino, un vecchio era seduto sulla strada sterrata, appoggiato alla parete di una casetta di mattoni a vista, aveva mezzo viso coperto di sangue che colava da una ferita in testa aperta da una spada, mugugnava qualcosa, segno che era ancora vivo.
Si inginocchiò a lui constatando l’entità delle sue ferite.
- Non stai morendo. – gli sussurrò stringendogli una mano ossuta e pallida – Tornerò dopo… cerca di non muoverti.
Tornò sui suoi passi questa volta aumentando l’andatura, man a mano che si avvicinava al cuore della battaglia vedeva cadaveri a terra, giovani soldati, civili e nemici morti durante quell’ennesimo scontro.
Il suo cuore piangeva per ogni vittima innocente della follia di Rei.
- Ben arrivata principessina…- fece una voce, gelida come i ghiacci del nord, al di sopra della sua testa.
Usagi si voltò di scatto. Sopra le macerie di una piccola casa semi distrutta c’era una ragazza che dimostrava sedici anni o pochi di più. Indossava una lunga veste viola con ricami neri, le fini spalline coprivano le spalle dalla pelle bianca e liscia come la porcellana, al collo aveva un collarino nero che sottolineava le sue linee delicate, i neri capelli a cassetto incorniciavano il viso pallido messo ancora più in risalto degli occhi neri e freddi come la lama di un pugnale, evidenziati dal pesante trucco violaceo e dalle labbra rosse come il denso sangue umano. Nella mano destra teneva una lunga falce ornata da pietre preziose provenienti dalle viscere della Terra e sature degli incantesimi più antichi e pericolosi del regno.
- Hotaru. – sibilò Usagi in posizione di battaglia – Ci rivediamo.
Le labbra rosse della ragazza si in curvarono in un ghigno diabolico e beffardo.
- Ancora una volta sono riuscita a coglierti di sorpresa, Principessa della Luna.
- Solo perché i tuoi uomini camminano sotto terra invece che sopra… ma non posso pretendere che tu giochi secondo le regole.
Con un salto aggraziato la Signora della Morte scese sul terreno sollevando la sua arma.
- Vediamo quando Dama Luna ti ha addestrato questa volta.
Con forza picchiò il suo lungo bastone al terreno aprendo una crepa nel suolo arido. Una densa nube nera uscì dalle viscere della terra avvolgendo tutti i corpi che c’erano caduti in battaglia.
Uno dopo l’altro gli uomini e le donne aprirono gli occhi, iniziando a dimenarsi per poi alzarsi e dirigersi verso il nemico della loro padrona.
- Mandi sempre i tuoi lacchè…- fece Usagi pronta a combattere – Perché non combatti mai in prima persona, Signora della Morte?
- Perché non è questo il mio compito, principessina della Luna…- squittì l’altra con voce quasi infantile sembrando per un momento innocua – E poi sai che io non posso morire. Ma è una cosa che abbiamo in comune.
- Prima o poi ti dimostrerò che esiste un modo per distruggerti, e allora rimpiangerai il giorno in cui hai siglato l’orrendo patto con Rei! – urlò furiosa Usagi, mentre muoveva una delle scimitarre e decapitando all’istante un morto vivente.
Hotaru gettò la testa all’indietro ridendo con una voce stridula che fece rabbrividire la principessa e poi sparì inghiottita dal terreno lasciandola sola con una ventina di zombie che la stavano lentamente circondando.
- Bene…- sorrise l’altra individuando il suo secondo bersaglio – ora mi divertirò un po’…
Minako parò l’ennesimo colpo infertogli dal soldato dell’esercito di Rei. Questa volta erano proprio stati colti alla sprovvista. I non-morti erano arrivati di notte e un incantesimo della Hino aveva avvolto i suoi soldati in un manto invisibile che Ami aveva scoperto solo quando erano, ormai, troppo vicini al villaggio.
Erano arrivati tardi, molti abitanti erano morti in quello scontro, molti senza un motivo, altri solo perché avevano cercato di difendersi, tutti per rinforzare l’esercito strisciante della sacerdotessa impazzita.
Con la sua spada infilzò uno dei soldati nemici e si guardò attorno. La battaglia era quasi alla pari, i soldati della Luna e quelli di Rei erano di eguale forza se non fosse stato per Makoto. Il mezzo orco, o qualsiasi atro scherzo della natura fosse, aveva atterrato due uomini con un colpo solo e stava puntando dritto verso di lei.
- Ci rivediamo Minako degli Aino.
- Salve Makoto dei Kino… - ripose l’altra – E’ passato quasi un anno dall’ultima volta. Le tue ferite fanno ancora molto male?
Makoto serrò la mascella irritata, ricordava con un misto di disgusto e vergogna le ferite che Minako le aveva inferto durante la scorsa battaglia.
Tutto per colpa di quel suo stupido potere.
Guardò per un attimo l’armatura che indossava Minako, quella gonnellina bianca costituita da migliaia di maglie di metallo inanellate una dentro l’altra, il bustino in lamina d’argento che aderiva al suo corpo come una seconda pelle senza però impedirle i movimenti, senza maniche ma dal collo alto e relativamente spesso, come una gorgiera, a proteggerla dai colpi dei nemici come i lunghi guanti che le nascondevano le braccia, laminati come il bustino e altrettanto aderenti, ma come inesistenti come impiccio quando si trattava di utilizzare la sua spada.
Sembrava una sciocchezza in confronto alla sua armatura in pesante metallo nero forgiata appositamente per lei dai demoni più in gamba degli Inferi, i servi più fedeli di Hotaru. E quella spadina era uno stuzzicadenti se messo in contrasto alla sua ascia dal freddo metallo letale.
Sì, Minako poteva anche sembrare uscita da una festa in maschera ma sapeva che non era una nemica da sottovalutare.
- Iniziamo?- la invitò la bionda quasi con fare annoiato.
- Ti accontento subito Donna Ombra. – sorrise di rimando la capitana iniziando ad infliggerle i suoi colpi che venivano prontamente schivati grazie all’incredibile agilità dalla donna.
Usagi atterrò il decimo zombi. Sembravano non diminuire mai, ogni volta che ne abbatteva uno altri due prendevano il suo posto rendendo difficoltoso il contro attacco, non che temesse di perdere, ma solo rischiava che diventassero troppi perfino per lei.
Mentre estraeva la lama della sua scimitarra dalla testa, spaccata come un melone maturo, di un ex soldato del regno sentì una fredda mano afferrarle la gola, si voltò di scatto trovandosi davanti il viso di un giovane ragazzo del paese con la gola tagliata da parte a parte.
Le dita attorno al suo collo si strinsero nella loro morsa gelata, Usagi sentiva l’aria venirle sempre meno. Presto sarebbe svenuta e lei sapeva bene quali rischi correva se si perdevano i sensi tra un gruppo di non-morti. Si sentì sollevare da terra di una spanna per la gioia quando un pugnale trapassò il polso dello zombi tagliandogli di netto la mano. Usagi cadde a terra tossendo mentre i polmoni si riespandevano cercando l’ossigeno.
- Grazie… Artemis…- annaspò portandosi una mano al collo rosso per via della stretta.
- E’ mio dovere principessa. – rispose l’uomo afferrando da terra la sua preziosa arma – Sono qui per darvi una mano.
Minako assestò l’ennesimo colpo all’armatura della Kino, ma il metallo robusto non cedeva. Quell’essere continuava a lottare sempre con più ferocia, sempre con più forza. Notò un luccichio verde sul suo torace, fu allora che vide un buco tra il metallo della sua armatura scura, un cerchio piccolo come una noce ma abbastanza per vedere lo smeraldo conficcato nel petto della soldatessa. Quella gemma era un altro pezzo della montatura del gioiello che aveva creato il regno di Rei, durante l’esplosione si era conficcato nel petto della donna prima che la sacerdotessa impazzita la portasse via con se.
- E’ quello che le da questa forza. – pensò la giovane ma i suoi ragionamenti furono interrotti da un colpo che non era riuscita ad evitare e che la colpì alla scapola sinistra.
Un forte crack e il dolore lancinante le confermavano che la sua spalla si era appena spezzata.
- Bene…- pensò portandosi la mano destra alla bocca ed iniziando a sfilarsi il guanto con i denti – qui ci vogliono le maniere forti.
Si tolse tutto il guanto mettendo in vista luce la sua mano dove incastonata sul dorso c’era una pietra gialla, grande come quella di Makoto. Il quarto pezzo del gioiello. Ricordava quel lugubre pomeriggio di due anni fa quando si era svegliata accanto al corpo della principessa, dolorante e con una mano sanguinante. Aveva alzato il braccio durante l’esplosione per evitare di ferirsi gli occhi e la gemma l’aveva colpita alla mano rendendola quella che era ora.
Makoto sembrò accorgersene di quello che stava per fare, afferrò un soldato morto da terra senza il minino sforzo, come se fosse fatto di paglia, e lo scaraventò verso di lei.
Minako allungò la mano. Dalle due dita partirono cinque fasci di luce che si mossero come cinque tentacoli. I lunghi fasci dorati avvolsero il cadavere che stava per venirle addosso e, con un lancio ben calcolato, lo rispedirono vero Makoto che ne fu travolta.
Allungò il braccio verso la capitana di quell’esercito e la sollevò da terra come se fosse un fiore selvatico scaraventandola verso il muro di una casa. I mattoni cedettero di fronte alla mole della donna. La casa crollò su se stessa seppellendo la soldatessa sotto un cumulo di polvere e mattoni.
I soldati si voltarono a fissare il punto dove Makoto era sparita.
Furtivamente Minako si avvicinò alla casa distrutta, il braccio sinistro disteso lungo il fianco come se fosse un arto morto, le dita della mano destra che si chiudevano cercando di diminuire il torpore che le colpiva ogni volta che usava il suo potere. Si accucciò a terra dove una mano della donna sporgeva fuori dalle macerie apparentemente priva di vita, la sollevò con cautela constatando che non rispondeva, si alzò soddisfatta, stava per parlare quando la mano le afferrò la caviglia facendola cadere. Makoto si alzò emergendo dalle macerie come se nulla fosse, si vedeva qualche taglio sul suo viso ma nulla che potesse vagamente somigliare ad una ferita mortale. La stretta era salda attorno alla fragile caviglia della donna, i lunghi capelli d’oro sfioravano il terreno tinto di sangue. Tentava di tenersi la spalla con la mano buona mugugnando dal dolore.
- A quando sembra la situazione si é invertita...- ghignò soddisfatta la donna soldato – Ora tocca a me divertirmi un po’ con te Donna Ombra.
La lama affilata di una scimitarra le si piantò a pochi millimetri dalla gola, conficcandosi impercettibilmente su una delle travi rimaste in piedi dal crollo. Makoto si bloccò all’istante.
- Principessa Usagi...- fece senza voltarsi – Hotaru persevera nel perdere, a quanto pare…
- Ci vuole molto più di quattro cadaveri per sconfiggermi, Makoto. – rispose risoluta la donna che non mostrava segni di stanchezza dopo la battaglia. – Hotaru lo sa bene... si diverte solo a provocarmi...
- Dunque Signora della Luna… - la sbeffeggiò l’altra – dobbiamo scendere ad un compromesso?
- Lascia queste terra, allontanati dal villaggio e striscia in quel buco puzzolente che Rei ha creato per nascondersi.
- Altrimenti?- la provocò l’altra.
Per tutta risposta Usagi spinse sull’elsa, premendo la lama affilata contro il collo della donna, aprendole un piccolo taglio. Una goccia di sangue scese lungo il collo della soldatessa che non voleva trovarsi con la testa tagliata di netto.
- Vuoi che continui? – domandò irritata la principessa.
Makoto grugnì qualcosa lasciando cadere Minako, prestando una sadica attenzione che cadesse sulla spalla già fratturata. La spia urlò per il dolore contorcendosi come un verme sull’amo per alcuni secondi.
Con un ghigno soddisfatto si allontanò dalla lama e fece un cenno ai suoi uomini di ritirarsi. Usagi restò dritta in piedi osservando attentamente ogni soldato che se ne andava con la coda tra le gambe. Quando i soldati si allontanarono abbastanza Usagi si abbassò verso Minako, alla quale si era affezionata negli ultimi due anni come una sorella.
- La spalla... – mormorò la donna con una smorfia dolorosa in volto.
- Ci penso io.
Con l’espressione più seria e concentrata che Usagi avesse mai avuto in tutta la sua vita, allungò le mani sulla ferita della giovane donna chiudendo gli occhi e concentrandosi. La sua energia si accumulò tra le sue mani per poi sprigionarsi nella ferita dell’amica. Mianko avvertì un forte calore avvolgerla la spalla fratturata, poteva quasi sentire le ossa rimarginarsi senza il minino sforzo. Una luce argentata avvolse i palmi della sua principessa fino a quando la giovane spia non riprese il controllo del braccio che era di nuovo sano.
- Non mi ci abituerò mai. – sorrise Minako alzandosi in piedi ed esaminando il braccio perfettamente sano.
- Andiamo... – disse Usagi osservando i soldati a terra agonizzanti – abbiamo un sacco di lavoro ora.
Makoto aveva il capo chino sul pavimento di marmo nero perfettamente lucido della sala del trono del castello di Rei. Il suo comandante urlava da dieci minuti contro di lei per la sua imbarazzante sconfitta, l’ennesima sconfitta.
- Sei debole, Makoto! – urlò l’uomo alzandosi dal trono posto accanto a quello della Regina sua amante – Un’altra sconfitta e saremo lo zimbello di tutta la Luna. Dovevi uccidere ed invece ti sei lasciata abbindolare da una ragazzina con un’arma.
- Usagi é migliorata. Io...
- Fa silenzio!- gridò ancora più forte l’altro.
Makoto, se possibile, chinò ancora di più la testa stringendo i pugni.
- Mi deludi profondamente Makoto... un tempo non era così... o devo pensare che l’amore che provi per una certa maga offuschi ancora la tua forza?
- Io non provo amore!- gridò la soldatessa infuriata – Io sono fedele solo alla mia Regina, la Signora Rei degli Hino.. solo a lei...
Rei era stata in silenzio per tutto il tempo, seduta elegantemente sul suo trono spostava lo sguardo dal suo compagno al capitano del suo potente esercito.
- Se solo potessi diventare più forte, io...
- Allora c’é un modo. – echeggiò la sua voce fredda nella sala deserta. – Un modo molto semplice mia cara Makoto...
   
 
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