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Autore: Sylence Hill    16/05/2012    1 recensioni
Neville Paciock è un personaggio che viene molto spesso messo in un angolino, preso solo nei momenti più opportuni.
Beh, mi sono eletta suo difensore, perciò ho deciso di scrivere una FF su di lui.
Trama:
"Alla fine della guerra contro il Signore Oscuro, la vita di ogni alunno, insegnante, Auror presente nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts è cambiata. Chi ha perso un parente, chi ha perso un amico, in un modo o nell'altro, ognuno ha perso qualcosa.
Ed è quello che è successo a Neville, il tenero, goffo e pauroso Neville Paciock.
L'ultima persona della sua famiglia ancora in vita è morta, uccisa dalla sua peggior nemica.
Ma qualcosa d'inaspettato lo porta a rivalutare completamente la sua vita, quella conosciuta fino ad ora.
E il suo ritorno a scuola, destinata a tutti quelli del settimo anni, per poter recuperare l'anno perso, tutti constatano, con un certo stupore, che il Neville che conoscevano è completamente cambiato."

ATTENZIONE! Alcuni capitoli hanno RATING ROSSO, ma non gli iniziali.
Baci,
Sy Hill
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Draco Malfoy, Neville Paciock, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Sy Hill: Perdonatempi per questa lunga attesa, ma tra scuola e altre storie non trovavo mai il tempo per finire il capitolo. Ora eccolo qui per voi, fresco fresco di stampa, si può dire.
Fatemi sapere se gradite o meno, mi raccomando.
Baci,

Sy Hill <3<3<3



 
« Neville? Neville! »
La voce alta ma pacata di Luna mi riscosse. Mi girai a guardarla.
« Cosa? » chiesi.
« Tutto bene? Sembra che un carabbattolo* dispettoso ti abbia catturato i pensieri. »
Sorrisi al suo nominare quello strano animale.
Eravamo sul ponte sospeso, finalmente ricostruito e pronto a sopportate il nuovo passo e ripasso degli studenti.
La preside McGranitt aveva infine approvato la riammissione degli studenti alla scuola e, tempo tre o quattro settimane, le lezioni e la gara alla coppa delle case sarebbero ricominciate.
Tutti erano contenti di questa notizia: ognuno degli studenti del quinto anno avevano espresso il desiderio di voler ricominciare l’anno nel migliore dei modi, per poter dimenticare quello precedente, pieno di dolore e sofferenza.
Tutti volevano cancellare i brutti ricordi, poter avere la possibilità di trascorrere l’ultimo anno tra le mura della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts come se niente fosse successo, come normali studenti ansiosi di affrontare gli esami finali e immetterci nel mondo degli adulti.
Il problema era che, molti di quelli che avevano partecipato alla Guerra, erano dovuti crescere prima del tempo e erano diventati disillusi della vita.
Perciò la preside aveva proposto questa ripetizione d’anno, per avere la possibilità di ritrovare quella fanciullezza interiore che ci era stata tolta nel tramite della Guerra.
Ora, a poche settimane dall’inizio nel nostro ultimo anno, eravamo tutti impazienti di ricominciare.
« Non ha sentito quello che ho detto. »
La constatazione di Luna interruppe il flusso dei miei pensieri.
Osservai il suo viso acqua e sapone, che mi guardava con i suoi occhioni  grandi pieni di placido divertimento e curiosità.
« Scusa, cosa hai detto? » le chiesi di nuovo.
« Cosa c’è che riempie la tua testa? Sembravi così concentrato. »
Mi scostai dal bordo di una delle tante finestre del ponte. « Non è niente. » le dissi. « Pensavo solo a questo nuovo anno. »
« Davvero? »
Una foglia le si impigliò tra i capelli. Allungai una mano e gliela tolsi. Nel movimento, i suoi occhi chiari mi parvero illuminarsi, come se mi stesse scrutando dentro.
« Sì, certo. »
« Stai mentendo, Neville, e questo lo sai meglio di me. »
 Certe volte mi chiedevo se quella piccoletta non avesse una qualche dote magica nascosta. Poteva scrutare nell’animo della gente con una sola occhiata e schiettamente ti informava di ciò che lei pensava su quello che aveva letto.
Era… inquietante.
E quando capitava, non potevo fare a meno di dirle la verità.
Sospirai. « Stavo… stavo pensando… a Malfoy… non si è ancora svegliato e mi chiedevo se… no, quando lo farà. »
Era vero. Erano passati tre giorni da quando ero andato la prima volta a trovarlo e, da allora non aveva ancora riaperto gli occhi.
Madame Chips era preoccupata quanto me: se Draco non si svegliava si sarebbe indebolito per mancanza di cibo e acqua e i muscoli si sarebbero atrofizzati. Di questo, si stava occupando Zabini, che aveva dato la sua collaborazione, allenando i muscoli di Draco ogni giorno, tre volte al giorno.
Ma per il resto, non avevamo alcuna idea su come fare.
« Sei tanto preoccupato per lui, non è vero? » disse Luna. « Hai paura che non si possa svegliare più. »
« So che si sveglierà! » sbottai con veemenza. Mi passai una mano tra i capelli, per smorzare un po’ di frustrazione. « Sono sicuro che si sveglierà, non so quando, ma lo farà. »
Luna venne ad abbracciarli e la lascia fare, sentendo il forte bisogno di piangere, ma riuscii a trattenermi.
 Non mi ero mai sentito così impotente in vita mia. Non era una situazione da cui te ne esci fuori con un incantesimo o una pozione.
Qui si trattava solo di aspettare e pregare in un barlume di segno, un segnale che ci avvisava della presenza di Draco, che dicesse “ehi, sono qui! Credevate di esservi liberati di me non è vero?”.
Era terribilmente angosciante.
« Cosa è cambiato in te, Nev? » mi chiese Luna, in un sussurro. « Hai il cuore che batte veloce e ha un suono soffocato, come se fosse intrappolato in una trappola per nargilli.»
« Sono… solo… preoccupato, Luna, per le condizioni di Draco. Come tutti gli altri del resto. »
Le avevo raccontato tutto quello che era accaduto, tra me e lei non c’erano segreti.
Luna si scostò per guardarmi. « Non tutti, solo alcuni. Zabini è molto preoccupato, a volte lo vedo camminare irrequieto vicino all’infermeria.  L’altro giorno ho visto Pansy Parkinson che piangeva nel bagno delle ragazze… Madame Chips sta cercando in tutti i modi di trovare una soluzione fino a quando Malfoy non si sarà svegliato… La preside fa avanti e indietro dal dormitorio Serpeverde e la presidenza con un’espressione sempre più marcata… e poi ci sei tu che lo vai a trovare ogni giorno, rimanendo fino a quando Zabini non ti caccia fuori. Allora torni nel tuo dormitorio con un’espressione così abbattuta da stringere il cuore. »
Rimasi sconcertato da quel discorso.
Luna era stata soprannominata “Lunatica”, perché poteva vedere cose che agli altri erano precluse, ma forse i veri pazzi eravamo noi.
Luna poteva essere una persona fuori dal comune, ma aveva uno spirito d’osservazione  particolarmente acuto, che molti ignoravano.
Lei vedeva tutto ciò che agli altri sfuggiva.
« Cos’è che non ammetti neanche a te stesso, Nev? » mi chiese.
Non le risposi, perché avevo troppa paura di ammetterlo ad alta voce, di rendere concreto quello che non volevo neanche pensare.
A dispetto di quanto mi ero detto precedentemente, ero intimorito da quel turbine di emozione che mi pervadeva il corpo, ogni qualvolta che mi trovavo vicino a Draco Malfoy.
Era una connessione venutasi a creare nel momento in cui le nostre anime si erano toccate e non accennava a spegnersi.
Quei sentimenti sconosciuti erano tanto anomali dentro di me che non sapevo come comportarmi di conseguenza, per paura di commettere un errore che avrebbe potuto aggravare la situazione.
« Sai che giorno è domani, Neville? »
Riscosso dall’improvviso cambio d’argomento di Luna, la fissai interdetto.
« No, perché? »
« È il tuo compleanno, Nev. Domani compi diciassette anni. »
 
*   *   *
 
L’improvviso quanto dimenticato arrivo della mia maggiore età mi aveva dato qualcos’altro a cui pensare.
Luna aveva comunicato la notizia anche agli altri e questi avevano iniziato fare progetti per fare una festa nella Sala Comune e invitare tutti quelli della Casa e qualche altro esterno.
Io mi ero opposto a quell’idea, non ero in vena di festeggiamenti in grande stile. Mi sarebbe bastato che mi facessero gli auguri e, perché no?, anche qualche pensierino, tipo una nuova ricordella– non avevo la minima idea di dove fosse finita quella che mi aveva spedito la nonna al primo anno.
All’improvviso il pensiero della nonna mi fece venire in mente un’altra cosa che avevo completamente dimenticato.
Tra una settimana sarei dovuto andare alla Gringott e recuperare la cosa misteriosa nelle mani di… come si chiamava?... Princh.
Frugai nella cassapanca ai piedi del letto,  trovai la lettera della nonna e presi la piccola chiave dorata al suo interno. Il foglietto nella busta era completamente bianco, ma sapevo che ero per mezzo di un incantesimo.
Ad essere sincero, non ero ancora stato alla Gringott, né avevo fatto ritorno alla casa in Baker Street. Il doloroso ricordo nella nonna senza vita nel salotto era ancora troppo vicino e, rientrare in quel luogo, lo avrebbe acuito ancora di più.
« Allora Neville, hai deciso cosa vuoi? »
La voce appesantita dall’accento irlandese di Ron, penetrò nei miei pensieri, riportandomi alla Sala Comune dei Grifondoro.
In questo periodo, mi capitava spesso di assentami con la mente, sia quando ero da solo che in compagnia di qualcuno.
Va bene che sono sempre stato un po’ distratto, ma stavo diventando un’assente mentale.
« Cosa hai detto? »
« Vuoi che facciamo una festa qui o nella Sala Grande? » chiese ancora. « Potrei chiedere alla preside se ci da il permesso di addobbarla come meglio crediamo e poter festeggiare fino a tarda notte! »
« Non credo che te lo lascerà fare, Ron, soprattutto se sarai tu a chiederlo. » intervenne prontamente Hermione.
« Come sarebbe a dire?! » protestò il rosso.
« Andiamo, Ron! » esclamò Seamus. « Tutti sanno che la McGranitt non può soffrirti! È dal primo anno che arrivi i ritardo alle sue lezioni e non presti mai attenzione. Per di più sbagli sempre a eseguire i suoi incantesimi di trasfigurazione. È palese che non ti sopporta. »
« Su, su, Ron, calmati. D’altronde, le parole di Seamus non sono altro che la verità. » cercò di calmarlo Hermione, finendo comunque per farlo arrabbiare.
« Ma da che parte stai tu?! »
« Dalla parte della logica, è ovvio. » rispose lei soavemente.
« Ma sei o no la mia ragazza?! Non dovresti essere dalla mia parte? »
La ragazza si scostò una bionda ciocca riccia dal viso. « Lo sono, ma le parole di Seamus sono confutare e corrispondono al vero, quindi sono logiche. »
Gli occhi del rosso brillarono di divertimento. « Ti ho mai detto quando sei sexy quando pronunci quei paroloni da cervellone? »
Le guance di Hermione si tinsero di rosso, mentre dalla Sala Comune di levavano cori di fischi e frasi tipo: « Andatevene nella vostra stanza! » oppure « Ci sono minori in giro, svergognato! » - questa pronunciata da Dean in farsetto, imitando quello di una ragazza, con pessimi risultati.
Un’atmosfera così leggera ci vuole proprio.
« Allora, Neville, hai deciso? » mi chiese ancora Ron.
Scossi la testa. « Davvero, ragazzi, non voglio niente. Mi basta avervi qui, a fare baldoria insieme. »
« Magari, con qualche scherzo della “Tiri Vispi Weasley”! » esclamò Seamus.
Un silenzio imbarazzato scese sulla sala, mentre tutti gli occhi erano puntati su Ron, il quale si era subito adombrato.
Potevo capire quello che stava provando. Tirare in ballo il negozio di scherzi dei gemelli gli aveva fatto ritornare in mente che non c’erano più i “gemelli” ma solo il “gemello”. George era l’unico dei due ad essere sopravvissuto alla Guerra, e la famiglie soffriva aspramente per quella perdita, George più di tutti.
Si sa che i gemelli hanno in legame particolare, che solo tra loro si può capire, erano legati nell’anima e nel cuore, l’uno l’ombra dell’altro.
E alla morte di Fred, il suo gemello non era stato più lo stesso, poiché quel legame speciale era stato reciso bruscamente, strappando metà dell’anima di George.
« Sempre il solito demente, eh, Scimus? » disse Dean, tirando uno scalpellato dietro la testa al compagno. « Sei delicato come un orco in una cristalleria. »
La tensione calò sensibilmente, mentre un sorriso esitante ricompariva sulla faccia di tutti.
« Davvero Neville, dobbiamo festeggiare il tuo compleanno. »
« Forse… » dissi titubante, « potremmo festeggiare sia il mio che quello di Harry, visto che non ha potuto festeggiare il suo. » dissi, voltandomi verso il moro.
Con un pizzico di cattiveria pensai che se dovevo diventare una vittima dei piani di Ron, avrei trascinato con me anche Harry, tanto per fargli un dispetto.
Non mi ero mai comportato così, cosa assai normale considerato che non aveva un legame poi così stretto con Harry. Ma, potevamo unire l’utile al dilettevole, e fare una doppia festa in modo da stressarlo e distrarlo da qualsiasi elucubrazione.
La nonna diceva sempre che quando ero nei guai dovevo sempre chiedere aiuto. in quel caso, Harry sarebbe stato l’appiglio a cui mi sarei aggrappato.
Solo, non avevo la minima idea in quello che mi stavo cacciando.
 
*   *   *
 
Il giorno dopo, circa mezz’ora che il sole si levasse in cielo, le cortine del baldacchino vennero scostate bruscamente, mentre venivo assaltato da quattro corpo maschili che mi si buttarono addosso a peso morto, gridando “TANTI AUGURI, NEVILLE!”.
Cercando di respirare, risposi con un ansante: « Grazie, ragazzi. Soffoco! »
Recependo il messaggio, quel quarto di bue di Ron si spostò dal sopra il petto, permettendomi di fare un profondo e ben voluto respiro.
« Allora, maggiorenne, cosa vuoi fare nel tuo primo giorno come adulto? »
Vendicandomi per avermi quasi soffocato dissi: « Farti baciare il pavimento. » e lo buttai giù dal letto.
« Ma che bastardo… » farfugliò, mentre la stanza si riempiva di risate.
Era un suono stupendo, quasi nuovo e sconosciuto, tanto era stato il tempo in cui non lo avevo sentito.
Ed ero strafelice che rispuntasse proprio nel giorno del mio compleanno.
Scostai le coperte e mi sedetti sul bordo del letto.
« Che ne pensi del pavimento? È caldo? » chiesi a Ron, mentre questi si alzava in piedi. Afferrò il suo cuscino e me lo tirò.
Stordito per quell’attacco a sorpresa, ritardai a controbattere.
« Allora vuoi la guerra! »
Tutti i ragazzo presero il loro cuscino e cominciamo una guerra a cucinate.
Da destra, da sinistra, colpendo in parto delicate, combattemmo come forsennati, spandendo le piume dei poveri guanciali da tutte le parti. Sembrava stesse nevicando nella stanza.
Io ed Harry i scambiammo un’occhiata e, capendoci al volo, avanzammo contro Ron. Lo stringemmo in un angolo e lo colpimmo dome dei dannati, serratamente.
« Basta! Mi arrendo! »
Ridendo della sventura di Ron, mi sedetti sul letto, sospirando di contentezza.
Un buon inizio di compleanno.
« Andiamo a fare colazione. Il mio stomaco sta brontolando un “tanti auguri”. » dissi.
Il tempo di lavarci a vestirci e scendemmo in Sala Grande.
Tutti quelli della mia casata mi fecero gli auguri, anche quelli con cui non avevo parlato tanto. A quanto pareva, le ragazze avevano sparso la voce e anche alcuni dei tassi venne ad augurarmi buon compleanno.
Mentre mi sedevo, venni investito da un turbine bianco, mentre sentivo la voce di Luna che esclamava: « Buon Diciassettesimo Compleanno, Neville! »
Ricambiai l’abbraccio. « Grazie, Luna. »
Mentre la lasciavo, incrocia lo sguardo dei due Serpeverde amici di Draco. Zabini mi guardava irritato, mentre Parkinson mi uccideva con gli occhi.
Avevano ragione. Io a rallegrarmi e Draco in continua stasi.
Mi voltai a guardare gli altri ragazzi, intenti a ingozzarsi con la colazione.
« Ragazzi, devo fare una cosa. Ci vediamo più tardi. Hermione, » aggiunsi prima che partisse un lamento da Ron. « Assicurati che il tuo ragazzo non faccia guai con la festa, mentre sono via. »
Gli occhi di Luna mi guardavano concentrati, scrutandomi dentro. Avevo la netta sensazione che sapesse dove avevo intenzione di andare.
« Ci vediamo più tardi, Neville. »
Lascia la Sala Grande, correndo fino scendere nel dormitorio dei Serpeverde. Recitai la parola d’ordine e il quadro mi fece passare. Corsi sugli scalini, e andai nella stanza di Draco.
Non era cambiato niente. Era sempre disteso sotto la coltre si lenzuola, addormentato.
Mi sedetti al suo fianco, scostandogli dagli occhi quelle ciocche platinate, che avevano perso la lucentezza. Era diventata una routine, come se facendo quei gesti, Draco avrebbe potuto lasciarmeli ripetere anche quando si sarebbe svegliato, riconoscendoli come un gesto familiare.
« Draco? »
Gli parlavo sempre, di tutto e niente.
« Sai, oggi c’è una novità. È il mio compleanno Draco. Da oggi sono ufficialmente entrato nel mondo degli adulti. I grifoni hanno deciso di fare una festa, qualcosa di semplice che finirà per diventare un ammasso di divertimenti e svago per tutti. Sai com’è quando in mezzo ci si mette anche Ron. Alla fine tutto finisce per diventare una marasma di teste calde e intontite dall’alcol. »
Gli strinsi una mano, accarezzandone il dorso con il pollice.
« Mi hanno chiesto che regalo volessi. Non sapevo cosa dire. Non ho ma scelto i regali che mi hanno fatto, mi venivano sempre dati dalla nonna e non era una gran bella esperienza. Ma ora, so quello che vorrei più di tutto. Se dovessi scegliere un regalo, sarebbe quello di farti svegliare, di sentire di nuovo quella tua voce irritante che sbraita ordini e improperi contro tutti. Sarebbe quello di vederti di nuovo camminare per i corridoi della scuola, con aria spavalda, fiera, indolente, incurante di tutti gli sguardi d’ammirazione che ti seguono o le occhiatacce che Ron ti riserva. Sarebbe quello di avere la possibilità di vedere di nuovo i tuoi occhi argentei come la luna, splendenti quando sei soddisfatto di un incantesimo o una pozione, oppure plumbei quando sei arrabbiato per un qualche sgarro. »
Senza accorgermene, avevo incominciato a piangere. Le lacrime scorrevano sulle mie guance e cadevano sulle nostre mani unite, luccicando alla luce smeraldina del Lago Nero.
« Ti prego, Draco, svegliati. » farfugliai, impedito dai singhiozzi. « Fai in modo che abbia rischiato la mia vita per qualcosa. Draco. »
Ormai invaso da un senso di impotenza e tristezza, lasciai che tutto quello che avevo sofferto in quei giorni, passati a vegliarlo, nella speranza di vederlo riaprire gli occhi , mi sommergesse, sfogando tutto, svuotandomi completamente.
Draco! Sii mio amico!
 
*   *   *
Draco Malfoy POV
 
Pioggia…
Stava piovendo. Era una pioggia strana però. Non faceva rumore, sembrava quasi come se le gocce si formassero sulla sua pelle invece di cadervici sopra.
… e lamenti.
Sentiva anche quello. Ma da dove provenivano?
Un calore estraneo gli però all’improvviso sul petto, come se gli avessero calato addosso una coperta.
Voleva protestare.
Per Salasar, chi diavolo osava disturbare il suo sonno? Perché non lo lasciavano dormire?
Non voleva svegliarsi, perché avrebbe significato riprendere da dove tutto era finito. Riprendere con la dura consapevolezza di aver perso un padre, la tristezza di aver una madre in procinto di una grave crisi mentale, di avere un intero manipolo di giovani maghi tutti contro di lui.
Il Signore Oscuro aveva organizzato bene le cose, non lasciava mai niente al caso.
E in questo, lui ne era una prova.
All’improvviso, i ricordi gli sommersero la mente, inondandola, affogandola.
Dopo aver lasciato la scuola insieme ai suoi genitori, erano andati al maniero di famiglia, ma poco prima di entrare in casa, Lucius Malfoy era stato catturato dagli Auror del Ministero, con una trappola, ed era stato rinchiuso da qualche parte, aspettando il processo che avrebbe emesso la sentenza di morte.
La madre non era stata in grado di subire quell’ulteriore colpo e si era rinchiusa nella sua stanza senza più uscirne, neanche quando, dal giornale, Draco aveva appreso che il padre non sarebbe stato più condannato al Bacio del Dissenatore, ma imprigionato a vita ad Azkaban. Tutto per merito di Harry Potter, il famigerato Prescelto.
Che andasse al diavolo!
Poi, però, i ricordi diventavano indistinti, poco chiari, come dietro un vetro appannato.
L’ultima cosa che ricordava con chiarezza era di aver gettato nel camino di casa sua il giornale con la foto di Potter e il titolo che gridava a grandi lettere “LA MAGNANIMITA’ DEL SALVATORE!
Cosa era successo? Dove si trovava? Perché non si ricordava più niente?
E cos’era quel lamento che gli rimbombava all’altezza del cuore?
Draco! Sii mio amico!
Quel grido mentale, non suo, gli rimbombò nella testa. Chi diamine era? Sembrava un richiamo disperato.
Sentii nelle orecchie, come attraverso un’imbottitura di ovatta, qualcuno parlare, anche se non distingueva le parole.
Ma sembrava… triste.
Per me? Nessuno si preoccupa per me, tranne mia madre.E lei non era lì, con lui.
Con il passare del tempo, la voce si faceva via via più chiara, permettendogli di riconoscere alcune delle parole che diceva.
« Ti prego… apri gli occhi… amico… aspettando… in pensiero… »
Qualcosa gli diceva che quella voce aveva qualcosa di familiare, ma non capiva ancora a chi appartenesse.
Non a Blase, la sua voce era più profonda e roca. E neanche a Pansy visto che era una ragazza e quella era proprio una voce maschile.
Uno sconosciuto. Nemico o amico? No, non amico. Lui non aveva amici.
« Draco… »
La tristezza trapelava da quel richiamo soffocato.
Deciso a sapere chi fosse la persona che continuava a chiamalo, si costrinse ad aprire gli occhi.
Fu faticoso, neanche avesse due macigni al posto delle palpebre. Fu come se ogni quanta energia impiegava in una data azione, il doppio gliene veniva restituita.
Le palpebre si alzarono. La vista era alquanto sfocata, ma riusciva a distinguere contorni e forme che vedeva, grazie anche alla luce verde che filtrava dalle finestre.
Luce verde. Questo indicava che si trovava nel dormitorio Serpeverde, perciò era a Hogwarts.
Come ci era arrivato?
Chi era appoggiato sul suo petto, si accorse del suo tentativo di muoversi, ma fallito miseramente, perché alzò la testa di scatto.
Un silenzio tombale scese sulla stanza, tranne il respiro di Draco.
Il biondo tentò di parlare, ma sembrava che le corde vocali fossero atrofizzate.
Allora, cercò di muovere una mano, ma si accorse che era stretta in quella dello sconosciuto.
Irritato da quel contatto inopportuno, provò a sfilarla dalla sua presa. Ma l’estraneo rafforzò la presa, neanche ne andasse della sua vita.
Percepì più che vedere il movimento dello sconosciuto, quando accostò il suo viso a quello di Draco.
Il biondo sentì il suo respiro sulla pelle, tutt’altro che nauseante come si sarebbe aspettato, che gli spedì dei piccoli e strani brividi sulla pelle.
Ma chi diamine è?
Anche battendo le palpebre a mo’ di tic non riuscì a vedere meglio. Anzi sembrava quasi che la vista peggiorasse ogni volta che si sforzasse.
Sussultò quando dita tiepide gli sfiorarono la guancia, tremanti, quasi non credessero di star toccandolo veramente. Contatto inaspettato e confortevole, in un certo qual senso. Gli davano la sensazione di esistere davvero e non di star sognando, come se fosse un palloncino pieno d’aria e quel tocco la mano che teneva la corda che lo tratteneva a terra.
« Draco… »
Quella voce, così familiare eppure così sconosciuta, accarezzò il suo nome come fosse una preghiera.
Era indubbiamente una voce maschile, ma a chi appartenesse era un mistero, che avrebbe svelato presto, si ripromise. Appena fosse riuscito a vedere qualcosa, a parte una chiazza nera qual era il suo sconosciuto.
« Parlami, ti prego. » chiese la voce, in una supplica. « Se riesci a sentirmi, per favore, stringi la mia mano. »
In un momento di rara benevolenza, fece quello che gli aveva chiesto, stringendo la sua mano. Era morbida, ma anche grande e collosa in corrispondenza della presa su una bacchetta.
E calda, molto calda.
Stringeva le dita di Draco in una presa spasmodica.
Alla sua stretta seguì in ansito quasi doloroso, che riverberò attraverso il corpo del biondo.
Poi la presa sulla mano venne sciolta. Draco cercò con tutte le sue forze di mettere a fuoco la scena, ma niente da fare: i suoi occhi non volevano collaborare.
Nella foschia che avvolgeva la sua vista, entrò una luce verdastra che, qualche attimo dopo, riconobbe come quella del Lago Nero.
Nel suo dormitorio.
Nella sua stanza.
Come aveva fatto ad arrivare ad Hogwarts?
Dei passi affrettati e poi di nuovo la stretta alla mano.
« Draco? Riesci a parlare? »
Considerato che le corde vocali del biondo non volevano collaborare, rimase in silenzio.
« Probabilmente è un effetto collaterale di quello che hai subito. »
Subito?Di che stava parlando?
Una mano fresca – quello dello sconosciuto – gli scosto qualche ciocca di capelli dalla fronte, teneramente, quasi con… affetto.
Dio, quante volte aveva sperato in un gesto del genere da parte di suo padre, o da sua madre, a dirla tutta?
Nella sua famiglia era aborrito qualunque tipo di contatto fisico. Si meravigliava che lui fosse nato, dato che i suoi genitori non riuscivano mai a stare vicini.
Poche volte, per non dire quasi mai, aveva visto il padre fare un gesto gentile verso sua madre, poiché troppo impegnato a compiacere qualunque richiesta di quel fetido mezzo sangue qual’era il Signore Oscuro.
Voldemort, si corresse mentalmente. oramai non gli faceva più paura pronunciare il suo nome maledetto. Ormai non avrebbe più potuto nuocere a nessuno.
Era morto, si riebbe all’improvviso, con un brivido di sconcerto.
Quell’enorme e putrescente piaga era ormai stata depennata.
Gli sembrava che, da quando era andato via da Hogwarts con i suoi genitori, avesse vissuto in una nebbia che gli impediva di realizzare appieno i fatti realmente accaduti.
Potter ci era riuscito. Aveva ucciso Voldemort.
Nella più profonda parte di sé stesso, era grato a San Potter per quello che aveva fatto, e non avrebbe mai ammesso ad alta voce una cosa del genere.
Ma quello che più lo spaventava era quello che sarebbe successo da quel momento in poi.
Cosa avrebbe fatto, ora che suo padre era rinchiuso ad Azkaban? E sua madre? L’ultima volta che l’aveva vista era stato il giorno in cui aveva letto della notizia della “magnanimità” di Potter. Che cosa stava facendo in quel momento? Era ancora rinchiusa in camera sua a guardare alla finestra, lasciando che tutto intorno a lei scorresse inesorabilmente, senza intervenire?
No, non poteva lasciarglielo fare.
Ma in quel preciso momento non poteva fare niente, visto che era bloccato a letto, chissà per quale motivo!
La sua agitazione doveva essere trapelata in qualche modo, perché la figura accanto al letto si sporse verso lui.
« Cosa c’è, Draco? Hai bisogno di qualcosa? »
Preoccupazione.La sentiva chiaramente nella sua voce, una voce calda e ammaliante.
In qualche modo, stuzzicante.
Ma che pensieri aveva?
Non che fosse un segreto, la sua inclinazione sessuale.
La maggior parte dei Serpeverde sapeva che Draco era bisessuale, anche se non si era mai spinto oltre il semplice pomiciare e magari a qualche incontro più ravvicinato.
No. Era stato troppo impegnato ad ottenere l’approvazione del genitore maschio e, in seguito, anche quella del Signore Oscuro.
Ma perché stava pensando a quelle cose? Aveva cose più importanti a cui badare.
Prima di tutto: cercare di recuperare la vista.
Imponendosi di calmarsi, chiuse gli occhi e respirò lentamente.
Nella sua mente di figurò come una banco di nebbia intorno a lui, e un vento che pian piano lo dissolveva.
Era tutta una questione psicologica.
Dopo alcuni minuti, riaprì gli occhi lentamente, per paura di ferirseli con la luce nella stanza, anche se fioca.
Sollevando leggermente le palpebre, costatò sollevato che aveva avuto ragione: riusciva a distinguere gli oggetti intorno a sé.
La coperta, le tende del baldacchino, tutto nei toni verde smeraldo, nero e argento, il cassettone di quercia laccato nero, lo specchio dalla cornice intagliata a mano e dipinta d’argento.
Ma la cosa che più gli premeva vedere era lo sconosciuto che gli stringeva la mano.
Lentamente, volto la testa.
A primo impatto, pensò che era impazzito, perché una cosa del genere era paradossale e assolutamente illogica.
Poi pensò che, dopo aver chiuso gli occhi, si doveva essere addormentato e quello era semplicemente un sogno.
Ma, incontrando un paio di occhi verde-azzurri pieni di preoccupazione e ansia, non poté fare a meno di sentire un nodo nello stomaco.
Tutto si sarebbe aspettato, tranne che vicino al suo letto ci fosse Neville Paciock.
  
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