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Autore: Hyorangejuice    16/05/2012    10 recensioni
Tentare di descriverlo senza sembrare banali o offensivi nei suoi confronti sarebbe stato molto difficile, quindi Minho si limitò ad osservarlo senza affibbiargli aggettivi come ‘carino’, nonostante lo fosse, anche dalla sua del tutto eterosessuale prospettiva, né ‘dolce’ nonostante avesse un sorriso da carie, né bello perché… Perché sarebbe stato ‘troppo gay’ dalla sua eterosessuale prospettiva.
Sul petto aveva una targhetta con il suo nome sopra, si chiamava… .
“Taemin-ah!” Key salutò il ragazzino con uno dei suoi migliori sorrisi.
c'è un Minho indeciso, un Taemin che è una caramella mou, un Kibum che è più di quello che sembra, un Jonghyun canterino e un Onew sbadatamente se stesso, tutti alle prese con le proprie vite, tra caffè alla canella e scelte che cambieranno per sempre la loro vita.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti!
Anche questa volta, nonostante mi fossi ripromessa di non farlo, vi ho fatto aspettare tanto, ma spero di farmi perdonare in qualche modo…
Allora, intanto questo, nonostante quello che ho detto nel capitolo precedente
è il penultimo capitolo!
Ebbene sì.
In ogni caso potrebbe poi esserci un breve brevissimo epilogo,ma siamo in dirittura d’arrivo!
A tutti quelli che mi hanno sopportata fino ad ora va tutta la mia riconoscenza, davvero, siete mitici e non finirò mai di ringraziarvi!
In ogni caso… la scena finale non mi piace, ma non lo so…
Si è scritta da sola e non i va di cambiarla
che autorA pigra…
Comunque!
Buona lettura!

 

 

 

Capitolo 10:

Shall I try kiss you?

 

Kibum camminava spedito sul marciapiede, contando i condomini alla sua destra. Secondo Jinki, Jonghyun abitava nell’ottavo condominio dopo il supermercato, ma conoscendo Jinki poteva anche essere il decimo, oppure trovarsi da tutt’altra parte. Kibum pregò che per una volta il senso dell’orientamento di Jinki avesse fatto centro, perché non aveva tempo da perdere e doveva tornare in studio per le nove.
Entrò nel vialetto dell’ottavo palazzo e esaminò con attenzione i campanelli, con sua somma gioia al quarto piano abitava un ‘Kim Jonghyun’.
Suonò ripetutamente finché la voce assonnata di Jonghyun non blaterò qualcosa di inintelligibile nel citofono.

“Jonghyun, sono Kibum. Aprimi”

Ci fu qualche rumore, probabilmente di tasti premuti a caso, finché il portone non scattò aprendosi appena. Kibum entrò e si diresse a grandi passi verso l’ascensore, premette il numero 4 e si diede un’ultima occhiata nello specchio alle sue spalle cercando l’espressione più… inespressiva che riusciva a trovare, prima di voltarsi di nuovo verso le porte chiuse dell’ascensore pronto a qualsiasi cosa lo avesse aspettato.
Quando le porte si aprirono Jonghyun era in piedi sulla porta del suo appartamento, i capelli in disordine e i pantaloni della tuta che cedevano sui fianchi.

“Buongiorno” disse, non appena Kibum mise piede fuori dall’ascensore, strusciandosi gli occhi con il dorso della mano nel, vano, tentativo di cancellare le ultime tracce di sonno.

“Buongiorno” rispose Kibum.

“Prego, entra”

Jonghyun si mise da parte e Kibum fece qualche passo nell’ingresso.

“Ho visto Jinwoon ieri sera, credo che dovremmo parlare” non aveva senso girarci intorno, era lì per un motivo preciso.

“Siediti, preparo del caffè” disse Jonghyun indicando l’enorme divano che occupava la maggior parte del salotto.

Kibum si guardò intorno, esaminando ogni angolo della stanza prima di sedersi sull’orribile divano di uno strano verde che gli fece storcere il naso, ma che si sposava bene con la confusione circostante. Tutto sembrava gettato a caso, e probabilmente lo era, in una sorta di caos artistico che probabilmente celava solo la totale incapacità di organizzazione del padrone di casa.
La cosa più stupefacente era che la musica era ovunque.
Pile di cd, spartiti, libri sulla teoria musicale, biglietti di concerti appesi al muro, fogli pieni di inchiostro e parole scritte con una grafia orribile che probabilmente avrebbero dovuto essere canzoni.
Jonghyun tornò con due tazze di caffè, ne porse una a Kibum e si sedette all’estremità opposta del divano.

“Perché lo hai picchiato?” domandò Kibum

Jonghyun sbuffò: “Non l‘ho picchiato, gli ho solo dato un pugno”

Kibum roteò gli occhi e prese un sorso di caffè.

“Quindi, sentiamo che cosa ha fatto Jinwoon di così orribile da meritarsi un occhio nero?”

Jonghyun prese un lungo sorso di caffè e poi guardò Kibum dritto negli occhi.

“Che cosa ti ha detto?”

“Non è questo il punto, io voglio sentire la tua versione”

Jonghyun non era sicuro di quali fossero le intenzioni di Kibum, quindi decise di rimanere sul vago.

“Mi ha dato sui nervi”

“Prendi a pugni chiunque ti dia sui nervi?”

“Era un pugno, uno solo, non l‘ho preso a pugni, e no, non vado in giro a prendere a pugni tutti quelli che mi danno sui nervi, altrimenti sarei in prigione adesso”

“Prenderesti a pugni anche me?”

“A volte” rispose Jonghyun dopo averci pensato un attimo.

“E mi baceresti?” aggiunse.

“Vorresti che ti baciassi?”

Kibum bevve un sorso di caffè e strinse fra le mani la tazza poggiandosela sulle ginocchia.

“Sinceramente? Certo che sì, avanti Jonghyun chi non vorrebbe essere baciato da te? E la stessa cosa vale per me, essere attraenti porta delle conseguenze, non mi sto vantando, sto semplicemente parlando per esperienza, quindi ora ti chiedo, Jonghyun, tu mi baceresti come se lo volessi davvero? Come se tu volessi me?”

Jonghyun guardò Kibum negli occhi senza sapere che cosa avrebbe dovuto rispondere, sinceramente non aveva neanche ben capito che cosa Kibum gli avesse chiesto.
Kibum bevve un altro sorso di caffè evitando di guardare Jonghyun, poi si alzò e lasciò Jonghyun da solo, qualche attimo dopo Jonghyun sentì la porta d’ingresso richiudersi e il ding dell’ascensore.






Era sabato mattina, arrotolato in posizione fetale sotto le coperte Taemin continuava a rivedere la lista delle ragioni per cui avrebbe dovuto alzarsi dal letto nonostante non ne avesse la minima voglia. Lo faceva da più di mezz’ora, ma la lista dei contro, che consistevano più o meno in un ‘non ne ho voglia’, continuava a vincere.
Infine, dopo aver preso un enorme respiro, rotolò fino al bordo del letto lasciandosi cadere sul tappeto con un tonfo sordo.

“Avanti, ce la puoi fare” si disse, mentre carponi raggiungeva l’armadio.

Sabato niente scuola, ringraziò mentalmente, mentre allungando il braccio nell’armadio superava la sua orrenda e scomodissima uniforme grigia per prendere qualcosa di più comodo.
Scelse un paio di jeans slavati e un po’ cadenti e una felpa grigia col cappuccio, e si diresse verso il bagno per lavarsi e vestirsi prima di scendere.

Stava scendendo le scale quando il telefono iniziò a squillare. Saltò gli ultimi tre scalini e pescò il cordless tra i cuscini e rispose.

“Taemin-ah” la voce di sua madre era più ruvida di come la ricordasse. Rimase in silenzio, come al solito la gola gli si stringeva e le parole sembravano sparire ogni volta.

“Mi senti?”

“Sì, ti sento”

La prima volta che sua madre aveva chiamato era stato il giorno del suo compleanno, erano più o meno le quattro, e suo padre era ancora a lavoro. Aveva riattaccato senza neanche lasciarle il tempo di parlare, non voleva sapere che cosa avesse da dirgli, non voleva sentirla vomitare scuse in un ricevitore, non voleva darle modo di sentirsi meglio, voleva renderle almeno un decimo di tutto il dolore e di tutta la frustrazione che lo aveva schiacciato non appena era diventato abbastanza grande da capire il mondo che lo circondava, ma lei aveva continuato a chiamare e alla fine Taemin aveva ceduto.
Contrariamente a quanto aveva creduto all’inizio, non si era scusata, forse conscia del fatto che niente sarebbe mai stato abbastanza, aveva cominciato facendo domande generiche sulla scuola, sugli amici, Taemin rispondeva a monosillabi, tenendo per sé la rabbia e le urla che avrebbe voluto riversarle addosso, sarebbe stato inutile e lei non si meritava neanche la sua rabbia.
Mai una volta gli aveva chiesto di vederlo, mai.
Taemin avrebbe voluto chiederle se fosse disgustata dal suo stesso figlio, ma più probabilmente era disgustata da se stessa.

“E tuo padre, come sta?”

“Bene, è a lavoro” rispose chiudendo gli occhi, era ancora troppo arrabbiato per confidarsi con lei.

“Taemin-ah, devo andare, ma ti richiamo presto”

“Sì”

La linea cadde e Taemin si sentì trascinare giù in quel vuoto silenzio.

 

°°°°°°°°°

 

 

Jinki uscì dal Romantic con le mani in tasca e, non appena la porta si chiuse, si voltò a guardare Taemin che armeggiava con il barattolo del cacao e Jonghyun che sembrava assorto nella contemplazione del rivolo di caffè che scendeva dalla macchinetta riempiendo la caraffa.
Sospirò pensando che a volte il Romantic sembrava più un ricovero per ragazzi problematici più che un caffè. Iniziò a camminare in direzione del negozio di fiori prima di cambiare idea a e tornare indietro nel timore che in un momento di distrazione i suoi due impiegati gli sfasciassero il locale.
Aveva bisogno di un mazzo di fiori freschi da portare a sua madre, e sì, voleva anche rivedere la fioraia, ma cercava di non pensarci, doveva mantenere la calma.
Mentre attraversava la strada Sun Young uscì dal negozio accompagnata da un signore di mezza età che le indicava dei gigli sull’espositore.  Jinki sorrise nel vedere la ragazza e quando lei alzò gli occhi agitò la mano salutando e affrettò appena il passo.

“Allora me ne dia tre per favore” disse l’uomo indicando i gigli bianchi.

“Subito” rispose Sun Young scegliendo i tre gigli più belli.

Jinki aspettò che l’uomo pagasse intrattenendosi a guardare i vasi di fiori esposti fuori, cercando intanto di farsi un’idea.

“Visto niente che ti interessa?” la voce di Sun Young sorprese Jinki che inciampò in un vaso di ortensie e salvandosi all’ultimo minuto da una rovinosa e imbarazzante caduta.

“I-io devo comprare dei fiori per mia madre” disse cercando di non balbettare, troppo.

“Oh, capisco, volevi un mazzo di fiori o una pianta in vaso?”

“Pensavo a un mazzo di fiori, devo andarla a prendere alla stazione”

Sun Young rientrò in negozio facendo segno a Jinki di seguirla. “Mi sono arrivate delle dalie stupende, possiamo aggiungere del verde e avvolgere tutto in una bella carta azzurra”

“Sarebbe perfetto”

Sun Young sorrise e iniziò a preparare il mazzo, lasciando che un silenzio imbarazzante, almeno per Jinki, cadesse nel negozio. Cercando di non fissare Sun Young più di quanto non fosse socialmente considerato ‘normale’, Jinki finse di interessarsi ai fiori esposti, strizzando gli occhi per leggere i nomi scritti sui cartellini, alcuni dei quali sembrano offese in una lingua sconosciuta.

“Viene in vacanza?” domandò Sun Young mentre tagliava i gambi dei fiori in modo che fossero tutti della stessa lunghezza. “Tua madre” aggiunse di fronte allo sguardo interrogativo di Jinki.

“Oh, no, dice che la trascuro da quando ho aperto il caffè e se non viene lei non ha speranza di vedermi. Si ferma una giornata, la porto a pranzo fuori”

Sun Young finì di sistemare i fiori, scelse un fiocco blu e diede gli ultimi ritocchi. Mentre Jinki le porgeva le banconote per un attimo ebbe come la realizzazione che se non avesse fatto presto qualcosa molto probabilmente avrebbe passato il resto dei suoi giorni a domandarsi ‘come sarebbe stato’ o a piangersi addosso per la sua mancanza di spina dorsale. Infondo che cosa poteva succedere anche nel caso in cui lei avesse detto di no? C’era qualcosa di più umiliante che inciampare in un centimetro cubo d’aria trascinandosi dietro una fila di biciclette o del rischiare di rompersi un piede dando, per sbaglio, un calcio ad un annaffiatoio pieno d’acqua? Ormai che cosa aveva da perdere.
Mentre prendeva il resto dalle mani di Su Young addirizzò la schiena e cercò di sembrare sicuro mentre con un leggero sorriso le domandava se fosse libera per una cena, magari dopodomani.

“Ah, Jinki-shi, mi dispiace, ma dopodomani non posso, ho promesso a mia sorella che le avrei guardato i bambini” ripose lei sembrando dispiaciuta.

“Oh, non importa, era solo… Voglio dire… Ok.” incespicò sorridendo “Vado, e grazie per i fiori, sono sicuro che a mia madre piaceranno” disse avviandosi verso l’uscita.

“Jinki-sshi” lo richiamò Su Young “Martedì andrebbe bene, sempre che tu sia libero”

Jinki dovette trattenersi dal fare una piccola danza della vittoria, si limitò a voltarsi con un sorriso felice annuendo.

“Martedì sarebbe perfetto” disse.

“Ti lascio il mio numero, così ci mettiamo d‘accordo”

“Certo” disse Jinki lasciando andare la maniglia e pescando il suo cellulare dalla tasca dei jeans.



“Che cosa ti porto Minho-ah?” domandò Jonghyun sistemando le tazze sporche nel cestello della lavastoviglie.

“Un americano, grazie” rispose e Minho si sedette, come al solito, su uno degli sgabelli vicino al bancone. “Ti hanno lasciato da solo?” domandò guardandosi intorno.

“No, Jinki è andato un attimo a comprare dei fiori per sua madre e Taemin è andato in magazzino”

“Tutto a posto?”

“Ho un mal di testa incredibile con il nome di Kibum stampato sopra” rispose Jonghyun mentre prendeva la caraffa del caffè e ne versava una tazza per Minho.

“Che cosa è successo stavolta?”

“Devo ancora capirlo”

Jonghyun sospirò lasciando Minho al suo caffè per andare a sorridere amabilmente alla coppia di studentesse che sembrava aver deciso di spendere la paghetta mensile in caffèlatte e mance.
Perso nei suoi pensieri mentre sorseggiava il suo caffè, Minho non registrò la campanella né un iperattivo Jinki che si lanciava contro di lui facendogli andare di traverso il caffè.

“Hyun-g?” riuscì a balbettare dopo qualche colpo di tosse.

“Minho-ah!”

Un sorriso entusiasta sembrava aver trovato dimora sul volto di Jinki, gli occhi erano due fessure, ogni muscolo facciale volto a esprimere la totale e stupida gioia che provava in quel momento. Minho non potè non sorridere a sua volta.

“Successo qualcosa di bello?”

Jinki annuì mentre prendeva un vaso da sotto il bancone e lo riempiva d’acqua, sistemandoci poi i fiori per sua madre. Mentre Jinki si preoccupava di non sciupare il bouquet il cervello di Minho processò le informazioni: fiori, sorriso da paralisi…

“Hyung” disse con un sorriso d’intesa.

Jinki gli fece l’occhiolino e Minho iniziò a ridere allungandosi verso Jinki per dargli una fraterna pacca sulla spalla, entrambi ridevano senza un apparente motivo attirando l’attenzione degli avventori.

“Che cosa sta succedendo?” domandò Taemin rientrando da retro.

Jinki si voltò a guardare Taemin senza smettere di ridere e poi, nell’eccitazione del momento corse ad abbracciare Taemin, sollevandolo in aria e facendolo gridare per la sorpresa.

“Yah! Hyung, mettimi giù!”

Jonghyun si avvicinò al bancone con un vassoio pieno di tazze sporche e guardò i due con aria interrogativa, poi sbuffò.

“Yah! Smettila! C‘è qualcuno qui che sta soffrendo, non ti senti in colpa?” domandò poi, ma Jinki fece finta di non averlo sentito e riprese a pulire il bancone, già perfettamente lucido, canticchiando ‘I will always love you’ a mezza voce.

“O mio dio vi prego, se si mette a piovere è ufficialmente la giornata peggiore dell‘ultimo decennio” si lamentò Jonghyun passando il vassoio a Taemin che trattenne una risata mentre sistemava le tazze nel cestello e poi caricava la lavastoviglie.
Minho non potè fare a meno di notare, però, che i movimenti di Taemin sembravano lenti e insicuri, quasi come se temesse che da un momento all’altro la tazza potesse cadergli di mano se non avesse concentrato tutta la sua attenzione in quel movimento. Alzando gli occhi dalla mano al volto di Taemin Minho si accorse delle leggere occhiaie che gli appesantivano lo sguardo.

“Brutta giornata anche per te?” domandò Minho con un leggero sorriso, domandandosi se fosse a questo che Kibum si riferiva quando gli aveva chiesto di tenere d’occhio Taemin.

“Ne ho avute di migliori” rispose Taemin ricambiando il sorriso.

“Sembri stanco, non è che Jonghyun-hyung con la scusa del pianoforte lascia tutto il lavoro a te?”

“Guarda che ti ho sentito” si intromise Jonghyun premendo sui tasti del pianoforte con appena più forza del normale.

Taemin e Minho si scambiarono un sorriso d’intesa.

“Vado a sistemare i conti di oggi, Taemin-ah, Dino, chiudete e finite di sistemare. Minho-ah, finisci pure il caffè”

Taemin annuì e Minho ringraziò mentre Jonghyun borbottando andò a chiudere la porta d’ingresso e iniziando ad abbassare le veneziane.

“Taemin-ah, pulisci la macchina del caffè io sistemo le sedie.”

Jonghyun iniziò a sistemare le sedie sopra i tavoli mentre Taemin si mise a smontare pazientemente la macchina del caffè. Minho sorseggiò il suo caffè con calma mentre Taemin pazientemente ripuliva i filtri e le grate della macchina e Jonghyun iniziava a spazzare la sala.
Nonostante fosse difficile togliere gli occhi dalle mani di Taemin cercò di tenersi occupato facendo della futile conversazione con Jonghyun che, a quanto pareva, era in vene di lamentele.
Quando bevve l’ultimo sorso di caffè Jonghyun iniziò a spegnere le luci e intimò a Taemin e Minho di sbrigarsi ad uscire.
Taemin si tolse il grembiule e lo piegò alla meno peggio, poggiandolo poi sopra i vassoi nello scaffale dietro il bancone.

“Passiamo dal retro” disse a Minho facendogli cenno di seguirlo.

“Già che i siete portate via la spazzatura!” gridò Jonghyun.

Taemin guidò Minho attraverso il piccolo magazzino, si divisero i sacchi della spazzatura e Minho lasciò casualmente, la busta con le bottiglie di plastica vuote a Taemin mentre lui si occupava del sacco nero dell’indifferenziato.

“Ci vediamo domani hyung!” gridò Taemin verso la porta dello studiolo dove Jinki teneva i conti e a volte dormiva durante la pausa pranzo, “A domani!” rispose Jinki, e Taemin spinse Minho nel vicolo dietro il locale indicandogli i cassonetti alla sua sinistra.

“Taemin-ah,” iniziò Minho, un po‘ insicuro, mentre uscivano dal vicolo sulla strada principale “non voglio farmi gli affari tuoi, ma se c‘è qualcosa che non va… Non lo so se hai bisogno di parlare ora che Kibum non c‘è, non lo so, se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa…”

“Hyung, Key-hyung ti ha detto di tenermi d‘occhio?” domandò Taemin assottigliando gli occhi e riuscendo a mala pena a nascondere un sorriso, Minho sospirò e annuì “Lo sospettavo” aggiunse guardando verso il cielo con aria assorta mentre affondava le mani nel suo parka verde.
Minho si costrinse a distogliere lo sguardo perché l’idea di Taemin così fragile e indifeso gli faceva qualcosa allo stomaco, al cervello, qualcosa che non era ancora riuscito bene a catalogare e che non c’entrava niente con il fatto che si sentisse attratto da Taemin. Era qualcosa di diverso, non avrebbe saputo spiegarlo diversamente, qualcosa che, a prescindere da come fossero andate le cose, avrebbe comunque continuato a sentire.

“In ogni caso Taemin-ah, davvero se hai bisogno di qualcosa, lo sai che puoi contare su di me, no?”

Taemin si voltò a guardarlo e, se non fosse stato troppo imbarazzato e del tutto preso alla sprovvista dalle sue stesse parole, Minho si sarebbe voltato a guardare Taemin sorridere mentre annuiva e gli rispondeva che sì, lo sapeva.

“Grazie, hyung” aggiunse dando un leggero cazzotto alla spalla di Minho.

“Ti accompagno a casa” si offrì Minho “Da che parte vai?”

Taemin si irrigidì per un momento. “Non ho voglia di andare a casa” bisbigliò e Minho lo guardò di sottecchi.

“Mh, allora dove vorresti andare?” domandò.

“Non lo so” rispose Taemin scuotendo le spalle.

“Allora credo di avere un‘idea”

 

 

°°°°°°°°°°°°°°°°

 

 

“Piega un po‘ le ginocchia e tieni la mazza ben stretta”

“Così, hyung?” chiese Taemin tenendo gli occhi fissi di fronte a sé.

“Sì, mi raccomando, non perdere di vista la palla. I gomiti un po‘ più aperti. Sì, così. Sei pronto?”

“Pronto”

La prima palla colpì Taemin di sorpresa e rotolò al suolo dopo aver colpito la rete alle sue spalle. La seconda e la terza non lo colsero così di sorpresa, ma  fecero esattamente la stessa fine della prima, sbuffando Taemin si voltò a guardare Minho.

“Sono un incapace”

Minho scosse la testa sorridendo. “Non perdere di vista la palla. Io di solito immagino che la palla sia la testa del mio professore di Economia”

Taemin rise e si voltò di nuovo.
Con gli occhi fissi sulla palla da baseball in arrivo Taemin ripensò alla telefonata di sua madre quella mattina e colpì con tutta la forza che aveva.
La mazza la sfiorò appena, ma Taemin si sentì comunque più leggero.
La quinta palla la dedicò a suo padre, per tutte le volte che aveva dovuto fare un passo indietro di fronte al suo egoismo. Il rumore della mazza che colpiva la palla lo sorprese, ma si voltò a sorridere a Minho che sorrideva mostrandogli i pollici alzati.
In mezz’ora Taemin aveva colpito una decina di palle e si sentiva incredibilmente stanco, ma soddisfatto.

“È stato… rilassante” disse aprendo la lattina di tea che Minho aveva preso alle macchinette fuori dal centro sportivo. “Incredibilmente liberatorio” aggiunse.

“Ci vengo dopo gli esami, per scaricare la tensione, sembrava che tu ne avessi bisogno”

Taemin si voltò a guardare Minho che gli sorrideva amichevole e una strana sensazione lo prese allo stomaco, ma la scacciò via e si concentrò sulla linguetta della lattina.

“Avevo molto per la testa”

“C‘è qualcosa che ti preoccupa?” domandò Minho incerto.

Taemin sorrise, “Niente di che, solo la scuola, gli esami, l‘ultimo anno”

Non voleva dire a Minho anche di suo padre, già il fatto che sapesse delle sue tendenze sessuali lo metteva a disagio, nonostante Minho cercasse di comportarsi normalmente era chiaro che qualcosa era cambiato da quando lo aveva scoperto e non voleva dargli altri motivi per trattarlo in maniera diversa.

“Adesso cominciano le vacanze invernali, no? Almeno avrai un po‘ di respiro, hai niente in programma?”

“Niente di che, Kibum-hyung organizza le vacanze, deve trovare l‘albero perfetto e deve comprare questo o quel regalo e le decorazioni e il vischio e i film di Natale…”

Minho si lasciò scappare una risata, contagiando anche Taemin.

“Da quanto tempo hai detto che conosci Kibum?”

“Due anni, più o meno, perché?”

“Mi domandavo come abbiamo fatto a non incontrarci mai e perché Kibum non mi abbia mai parlato di te, visto quanto ti è affezionato”

“Probabilmente circoli diversi”
 
“Probabile” Minho sorseggiò il suo caffè e non potè fare a meno di arricciare il naso, il caffè del Romantic decisamente lo stava viziando, ma cercò di non pensarci “Quindi? Ti è venuta voglia di andare a casa?” domandò.

Taemin scosse la testa con un sorriso. “No” di certo se voleva dire spendere del tempo con Minho la voglia non gli sarebbe mai tornata.

“Uhm, hai un coprifuoco?”

“No, niente coprifuoco”

“Che cosa fate tu e Kibum in situazioni del genere?” domandò Minho tristemente a corto di idee.

Un sorriso malizioso si dipinse sul volto di Taemin. “Noraebang”




Fu così che Minho si ritrovò a cantare trot mentre Taemin, arrotolato su uno dei divani, non riusciva a smettere di ridere, con le lacrime agli occhi e le braccia strette intorno alla vita.

“Yah! Che cosa c‘è da ridere tanto?”

“H-hyung! Sei troppo divertente”

“Avanti, sentiamo come te la cavi tu” protestò Minho oltraggiato di fronte alla chiara degradazione del suo evidente talento per il trot.
Scorse la lista di canzoni e optò per Terminal Mapo, poi passò il microfono a Taemin che, ancora ubriaco per le troppe risa, si alzò titubante e con una mano ancora poggiata sugli addominali doloranti, e poi si sedette su uno dei divanetti pronto per godersi lo spettacolo.
Appena la musica riempì di nuovo la stanza Taemin iniziò ad ondeggiare a tempo, muovendo un po’ troppo i fianchi per i gusti di Minho che deglutì rumorosamente cercando di concentrarsi sul volto di Taemin che iniziò a cantare, cercando di seguire la musica e le parole che apparivano sullo schermo, ma scoppiando a ridere alla fine di ogni strofa.

“Yah! E tu osi prendere in giro me?” esclamò Minho indignato.

“Minhooo-hyuuung non ti arrabbiaaaare o ti verranno le ruuuughe” cantò Taemin.

“Yah!”

Minho si alzò e tolse il microfono a Taemin che aveva ricominciato a ridere quanto e più di prima, piegato su se stesso e con le lacrime agli occhi. Di fronte a quella chiara dichiarazione di guerra Minho mise il microfono sul tavolo e attaccò Taemin ai fianchi.
Taemin cercò di divincolarsi, ma riuscì solo a inciampare nel tavolino rovinando sul divano e portandosi dietro Minho che, imperterrito, continuava a solleticargli i fianchi e avrebbe dovuto immaginarlo perché succede in ogni più stupido film romantico.
E basta un attimo, uno sguardo sostenuto più a lungo, uno sguardo liquido, le labbra appena socchiuse di Taemin, il respiro di Taemin che gli accarezza le labbra e il rossore delle sue guance e… davvero, Minho avrebbe dovuto aspettarselo.
La cosa sorprendente, quando le loro labbra si trovarono ad un respiro di distanza e Minho era ancora in tempo, poteva ancora tirarsi indietro, Taemin fece la cosa più sbagliata che avrebbe potuto fare in quel momento: chiuse gli occhi.
Minho si umettò appena le labbra prima di sfiorare quelle di Taemin, che erano leggermente screpolate, e perfette e il cuore sembrava essergli salito in gola, e, nonostante non fosse neanche un bacio, solo un leggero sfiorarsi di labbra, Minho si sentì come un adolescente al primo bacio, timoroso di fare la cosa sbagliata, che non sa dove mettere le mani.
Dopo qualche secondo Minho si ritrovò di nuovo a fissare gli occhi liquidi di Taemin e si scostò appena, pensando di aver appena fatto la cazzata del secolo, a Taemin gli sorrise e, prendendo il volto di Minho tra le mani, lo baciò di nuovo, un bacio lento, quasi stesse tastando il terreno.

“Taemin?” domandò Minho tenendo gli occhi chiuse e sentendo ancora il sapore del te verde sulla lingua.

“Dimmi hyung”

“Su una scala da ‘ho abbinato i colori sbagliati’ a ‘quella poco di buono si è presa l‘ultima felpa della mia taglia a sconto’ , se ti dico che vorrei baciarti di nuovo quanto si arrabbierà Kibum?”

Taemin rise “Vuoi baciarmi di nuovo?” domandò poi stupito.

Minho annuì. “Assolutamente”

 

 

 

chiedo umilmente perdono per il Diva-Kibum clichè finale #LOL

   
 
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