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Autore: Margaret Moonstone    17/05/2012    1 recensioni
Morte disse: "Specchio specchio delle mie brame, chi è la più potente del reame?". Quello rispose: "Ahimè padrona, tu sei forte, ma qualcuno lo è più di te... Amore."
E fu così che Morte cercava, Amore scappava, Dio assisteva, e venne fuori un Pandemonio. E Pandemonio generò le creature che persino Morte teme, tutti temono...tutti tranne Amore.
Una storia fantastica di avventura,mistero,passioni,bugie e soprattutto...Amore.
Buona lettura!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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So bene che il mio ritardo è assolutamente imperdonabile, e anche che in fondo non valeva la pena di aspettare tanto per un capitolo del genere, ma…ehm..meglio tardi che mai! Immagino che non vi ricordiate più nulla dei capitoli precedenti, e come darvi torto? Se non avete voglia di andarveli a ripassare vi rinfresco la memoria: avevamo lasciato Bea con Thomas mentre si dirigevano verso il cimitero per scoprire qualcosa in più sul “casino” in cui erano stati coinvolti, mentre nel palazzo di Beatrìce era arrivato un certo Ivan per chiedere informazioni, ma la suora che lo aveva incontrato era morta misteriosamente senza che Ivan muovesse un dito… Sì non è il massimo della chiarezza ma… va beh insomma, vi lascio al capitolo!
 
 
                                                                     CAPITOLO VI
 
-“D’accordo signorina, capisco il suo sconforto ma ora, la prego, cerchi di calmarsi…”
L’agente Finnigan stava sprofondato in una poltrona, la fronte sudata e un’espressione che andava ben oltre l’esasperazione, mentre gesticolava agitando la pipa spenta che reggeva nella mano.
 
La ragazza seduta di fronte a lui tremava come una foglia, e il suo viso era una maschera di panico.
-“Io…i-io… l’assassino, l’ho v-visto… un uomo…è scomparso!”
-“Bene” Finnigan si passò una mano tra i capelli unticci “direi che per oggi può bastare. Vada pure a dormire, cara, ne ha bisogno, e veda di rimettere in ordine le idee…”
La giovane annuì, scattò in piedi e, dopo essersi congedata con un inchino, scomparve in fondo al corridoio.
 
Un attimo dopo un uomo grassoccio e pelato, sulla cinquantina, fece irruzione nella stanza.
-“Allora, giornata pesante, eh?”
Finnigan annuì, lo sguardo vacuo. -“Crede che sia davvero stato un semplice incidente? Voglio dire, sul corpo non ci sono tracce di occultamento…la suora aveva una certa età, un piede in fallo, un colpo alla testa e… Eppure qualcosa non quadra. La ragazza scomparsa e poi… in molte testimoniano la presenza di un uomo misterioso… “
-“Ah, Finn… quante volte te lo avrò ripetuto? Se dovessimo stare a sentire tutte le sciocchezze delle donne… Andiamo! Io dico che si è trattato di un incidente, e riguardo alla ragazza scomparsa…beh, non è affar nostro, se ne occuperanno ai piani alti, casomai. Suvvia andiamocene!”
 
Finnigan non si mosse. La mano si bloccò a mezz’aria puntando la pipa verso un punto imprecisato, e l’uomo tese le orecchie.
L’agente Smith lo guardò stranito. L’altro rimase in attesa, immobile, finché due guardie muscolose dal volto teso si precipitarono nella stanza trascinando un giovane terrorizzato.
-“L’abbiamo preso!” gridò una delle due.
 
Smith balzò sulla sedia, mentre il compagno, per nulla sorpreso, fissava il trio intensamente, come se sapesse già che la scena si sarebbe svolta in quel momento.
-“Venendo qui lo abbiamo sorpreso nascosto dietro a una colonna, non appena ci ha notati si è messo in fuga, ma non c’è voluto molto a prenderlo…”
La guardia strattonò il giovane con una punta di orgoglio come se fosse stato un trofeo, per poi afferrarlo più saldamente e chiedere –“Che ne facciamo?”
 
Finnigan parve svegliarsi da uno stato di torpore. –“Fatelo sedere.”
L’uomo spintonò il fuggitivo verso una poltrona, per poi sparire dalla stanza insieme all’altra guardia.
-“Beh, che ci facevi nascosto in giardino?”
 
Il ragazzo era bianco come un lenzuolo, il volto scavato e il terrore che gli si leggeva negli enormi occhi verdi. Si guardava intorno, muoveva la testa a scatti convulsamente, e sembrava incapace di proferire parola.
-“Allora?” esclamò Smith, seccato “come ti chiami?”
Il giovane sgranò gli occhi in preda al panico. Prese ad agitarsi sulla poltrona, poi serrò le palpebre, il volto contratto in una smorfia di dolore. Pareva combattere una lotta interiore.
-“Io…” la voce suonava disperata “io…” Smith passava lo sguardo da lui alla finestra, carico di aspettativa, mentre Finnigan lo scrutava serio  con un’espressione indecifrabile, senza distogliere gli occhi un secondo.
-“Io…non lo so”.
                                                                                     *   *   *
 
Beatrìce aprì un occhio, ancora avvolta dal torpore del sonno, e subito lo richiuse.
In fondo non si era ancora abituata del tutto al fatto di poter di nuovo vedere, e ogni volta che la luce filtrava nella fessura delle sue palpebre appena sveglia, era una rincuorante quanto fastidiosa sorpresa.
Le ci volle un po’ per abituarsi alla luce abbagliante, e quando riuscì a mettere a fuoco il luogo attorno a sé, si rese conto di non avere idea di dove si trovasse.
Era distesa su dell’erba verde, su un fianco, la testa rivolta verso quello che sembrava un cancello. Doveva essere mezzogiorno, perché il sole era alto nel cielo e il caldo era semplicemente soffocante.
Beatrìce si mise a sedere, massaggiandosi le tempie, e la sua schiena trovò un appoggio duro. Si voltò, aspettandosi una roccia, ma quello che vide le fece accapponare la pelle.
Una lapide.
 
Lanciò un urlo, a metà tra la sorpresa e l’inquietudine, e subito dopo udì una risata provenire da oltre il cancello, in un angolo tra gli alberi così ombroso da impedire la vista.
Beatrìce si alzò di scatto, arretrò di qualche passo e gridò, con la voce più incrinata di quanto non volesse –“Chi va là?”
 
La risata le giunse all’orecchio più forte, e con essa il suo proprietario.
Thomas si fece avanti dal suo nascondiglio, mantenendosi però sempre nell’ombra,  con un sorriso divertito e le mani tese in avanti come per proteggersi da qualcosa.
 
-“Tu!”
Beatrìce, sollevata ma allo stesso tempo furiosa, gli puntò un dito contro, minacciosa.
-“Che significa? Cos’è questo posto? Cos’è? Dimmelo! Immagino sia opera tua se mi sono risvegliata in un cimitero!”
 
Thomas si sedette incrociando le gambe, trattenendo a stento una risata.
-“Eri talmente stravolta che alla prima sosta che abbiamo fatto sei crollata su una panchina, così ho dovuto portarti fin qui in braccio e… beh quello mi sembrava il posto più confortevole…”
-“A fianco a una lapide?!” gridò, cercando di mantenere un’espressione incollerita, ma era così assurdo da dire che le venne da sorridere.
-“Preferivi il mausoleo antico? Sai, ho pensato che lì, sola soletta in quell’edificio cadente in mezzo alle bare sarebbe stato un po’…inquietante?”
 
Beatrìce non trovò da ribattere.
Fece per aprire il cancello del cimitero, ma era bloccato. Rivolse al compagno uno sguardo prima interrogativo, poi sempre più truce.
Lui fece un sorrisetto innocente.
-“Ehi, che c’è? Chiuderti dentro mi sembrava la cosa più sicura da fare! Sai che per me non è il massimo stare lì, tra croci e cose del genere…ma ti ho fatto la guardia tutto il tempo da fuori! Solo, ho preso una precauzione in più nel caso mi fossi momentaneamente ….assopito”
-“Ti sei addormentato mentre ero lì dentro?!” Beatrìce aveva l’aria sconvolta, più di quanto non lo fosse realmente.
-“No! Giuro, sono stato sveglio tutto il tempo a guardarti…sei molto bella quando dormi, sai?”

Suo malgrado, la ragazza si sentì arrossire. Armeggiò con aria concentrata con il lucchetto del cancello, per mascherare la cosa, prima di aggiungere, secca: -“Hai intenzione di farmi uscire?”
-“Certo che no! Per cosa credi che siamo qui, secondo te?”
-“Mah, avrei detto una scampagnata…”
-“Oltre a quello” ribattè lui sorridendo “…su, lì intorno da qualche parte dovrebbe esserci la tomba di Rotten… trovarla sarà un’impresa, ma almeno avremo la data di nascita e, cosa più importante, di morte. Potrebbe essere il primo passo…”
 
Beatrìce era scioccata, questa volta realmente. –“Devo fare tutto io? Ma questo posto è enorme! E poi odio i cimiteri… hai intenzione di darmi una mano?”
Thomas aveva un’aria tutto tranne che collaborativa. –“Sotto questo sole? In un camposanto? Forse non ti è ancora del tutto chiaro che io non sono…”
-“Ho capito ho capito! Chissà perché invece al rosario di Isabel non ti facevi nessun problema a gironzolare in messo ai crocefissi…va beh, io vado, non ti muovere e stai in guardia, non voglio che succeda niente, ne a me ne a te”.
 
Era preoccupata per lui. Gli dava del tu. Forse stava cominciando a sbloccarsi un po’…
In altre circostanze la cosa avrebbe fatto sorridere Thomas, ma in quel momento non ci fece caso. In realtà non la aveva nemmeno ascoltata, era rimasto alla cosa che aveva detto prima, che lo aveva fatto riflettere….
                                                                                 *   *   *
Chissà perché invece al rosario di Isabel non ti facevi nessun problema a gironzolare in mezzo ai crocefissi…
 
Già, perché?
Come aveva fatto a non pensarci prima, cosa lo aveva portato in quella chiesa?
Beatrìce, ovvio. Doveva prenderla, a tutti costi, dopo quello che era successo.
Era così preso dagli avvenimenti che si era buttato nel luogo sacro senza la minima precauzione, eppure, senza nemmeno farci caso, non aveva sofferto minimamente.
C’era una sola persona che poteva trattenerlo dagli istinti inumani, una sola presenza che aveva un effetto positivo su di lui. E non era Beatrìce.
Era Isabel.
Isabel. Era viva, allora, e più vicina di quanto immaginasse.
Se era così, doveva trovarla.
Forse non era così semplice. Avrebbe dovuto prima occuparsi della ragazza, e di Rotten.
Se Isabel non si era fatta viva, significava che non doveva cercarla.
A meno che non si nascondesse di sua spontanea volontà… a meno che non fosse qualcuno a trattenerla…
 
Thomas si sdraiò con la schiena sull’erba, scacciando quei pensieri assurdi. Da lì, in quel rifugio ombroso tra gli alberi, poteva intravedere uno squarcio di cielo.
Avrebbe voluto provare una fitta di nostalgia, sentirsi triste per quel mondo in cui ormai non era il benvenuto. Niente.
Era vuoto, completamente vuoto.
Ma nella sua mente capiva ancora come andavano le cose. Sapeva esattamente quando avrebbe dovuto provare una qualche emozione, e a volte cercava anche di riprodurla, di immaginarla. A ogni situazione associava un sentimento, e al sentimento un colore, e al colore un suono e al suono una reazione fisica.
Ripeteva questo schema ogni volta, ormai gli veniva automatico. Si era ripromesso di non perdere l’abitudine: anche se era inutile, o stupido, era un ultimo appiglio a quello che era stato il suo vivere di un tempo, e non voleva abbandonarlo.
No, non voleva diventare una bestia. Non l’avrebbe data vinta a chiunque lo avesse condannato a un destino del genere.
 
Pensò a quella ragazza, Beatrìce, e gli venne da sorridere.
Non capiva bene il perché, ma gli faceva questo effetto. Non sapeva se fosse esattamente un sentimento, ma sicuramente era un passo avanti…
Pensò a lei, se la vedeva mentre camminava cauta fra le lapidi, sussultando a ogni soffio di vento… Sorrise di nuovo.
Una delle poche cose curiose da quando era diventato “vuoto” era che riusciva perfettamente a leggere gli stati d’animo degli altri. Gli sembrava di guardare dentro le persone, erano così traboccanti di vita rispetto a lui che indovinare il loro carattere era un gioco da ragazzi.
Beatrìce era un libro aperto.
Aveva un modo di mascherare la debolezza con il sarcasmo che gli faceva… tenerezza.
Era indifesa, e dolce, in fondo.
Troppo dolce per poter vivere così amaramente.
L’avrebbe aiutata anche a costo di…
 
Un urlo misto di rabbia e paura echeggiò dal cimitero.
 
Thomas scattò in piedi. Era lei, era in pericolo.
Corse più veloce che poté, sbloccò il lucchetto imprecando e si diresse verso dove aveva sentito gridare.
“Sto arrivando, sto arrivando” pensava mentre correva, e non osava immaginare cosa fosse potuto succederle. No, era tutta colpa sua, non avrebbe dovuto lasciarla da sola.
Era uno stupido, stupido, e adesso?
 
Man mano che si addentrava nel cimitero sentiva la pressione del luogo sacro respingerlo. Gli fischiavano le orecchie, faticava a andare avanti, si sentiva un macigno, ma continuava a correre.
Corse finché non la vide, immobile con i capelli dorati sulla faccia, che si fissava le mani.
“E’ viva” fu il suo primo pensiero, prima di avanzare verso di lei.
Le tese le braccia. –“Che è successo?” ma lei scappò.
Si guardò indietro aspettandosi chissà quale pericolo incombente, ma non c’era niente.
Non capiva, e intanto seguiva Beatrìce che correva impazzita.
Poi se ne rese conto.
Stava scappando da lui.
                                                                                       *   *   *
-“Non toccarmi!” gridò Beatrìce, a terra inciampata, vedendolo avvicinarsi.
-“Lasciami stare!” gli disse ancora mentre si chinava su di lei, con la voce strozzata e acutissima.
Era stata una stupida.
Come aveva potuto fidarsi?
-“Beatrìce cos’hai? Dimmi cos’è successo!”
Aveva il coraggio di chiederlo, di rivolgerle la parola. Avrebbe fatto prima ad ammazzarla, perché non lo faceva?
Indietreggiò carponi, la caviglia stortata che le  faceva troppo male.
Scivolò sull’erba il più lontano possibile da lui, finché la sua schiena non incontrò una lapide e dovette fermarsi.
-“Tu…t-tu mi hai morsa!”
Si accovacciò su se stessa e gli mostrò i polsi martoriati in maniera abbastanza evidente, con ancora i segni lasciati dai denti. Non ci aveva fatto caso all’inizio, le maniche erano troppo lunghe e il sangue si era già rappreso senza sporcarle… ma come aveva fatto a non accorgersi?
-“Mi hai morsa…” ripeté, più piano, con le lacrime agli occhi.
-“Io mi fidavo di te!” sbraitò, facendolo quasi sussultare “mi fidavo! E poi tu te ne approfitti così! Sei una bestia! Cosa vuoi da me? Vuoi uccidermi? Fallo! Non mi interessa più, fallo..!”
Pronunciò l’ultima parola come una supplica.
Si era bevuta tutte le sue sciocchezze… era una stupida! Come aveva potuto?
 
Thomas la guardava scioccato.
-“Non…non sono stato io!”
Di nuovo. Stava mentendo di nuovo. Aveva la faccia tosta di mentirle ancora! Non si sarebbe fidata, non un’altra volta. Sarebbe tornata a casa, e avrebbe continuato a vivere come se niente fosse successo. Avrebbe dimenticato tutte quelle sciocchezze, e forse anche Gabriel.
-“Beatrìce credimi non sono stato io!
Thomas la scuoteva con forza, ma lei lo percepiva appena. Si prese la testa tra le mani, cercando di scacciare quella che da rabbia si era trasformata in tristezza. Disperazione.
Non avrebbe mai dimenticato, ma, cosa peggiore, non avrebbe potuto fare niente. La sua unica, debole speranza era crollata e lei era di nuovo sola.
-“E allora chi è stato?!” urlò tra le lacrime.
-“Non lo so. Ma non io Beatrìce, ti prego credimi…”
 
La guardava negli occhi. E lei non sapeva che fare. Le sembravano così sinceri…
Ecco, stava cadendo di nuovo nella trappola, si stava di nuovo facendo abbindolare da quel mostro travestito da gentiluomo! O forse davvero non era stato lui? Ma allora chi? Non c’era nessun altro… O così credeva lei, non poteva saperlo con certezza… Che fare?
Quei due occhi neri continuavano a interrogarla, senza staccarsi dai suoi. “Ricordati” si ripeteva lei “ricordati che oltre quegli occhi non c’è niente, non c’è compassione, nessun cuore su cui poter fare affidamento…”
Ma alla fine scoppiò.
Gli gettò le braccia al collo, tra le lacrime, mentre singhiozzava –“Ti prego dimmi che mi posso fidare di te”
                                                                               *    *    *
Di nuovo, di nuovo quella sensazione.
Ma ora più forte, molto più forte… Stringeva la ragazza tra le braccia e sentiva le sue guance bagnate di lacrime premere sulla spalla. E da quel punto una fitta di calore lo aveva inondato, non sapeva cosa fosse, ma di certo lo faceva sentire molto più…vivo.
 
Ma non aveva tempo per badare a quelle cose adesso.
Erano in pericolo, in grave pericolo…
Chiunque avesse morso Beatrìce nella notte non poteva essere troppo lontano… Ma come aveva potuto essere così irresponsabile? Come aveva fatto a non accorgersi di nulla? Era stato sveglio tutta la notte e non aveva notato niente…
-“Certo” le sussurrò in un orecchio facendola rabbrividire “finché ci sono io non ti succederà niente di male”.
 
Lei annuì e Thomas la strinse ancora più forte.
Non avrebbe dovuto promettere ciò che non poteva dare, sapeva di essere praticamente impotente di fronte a ciò a cui andavano in contro, ma si ripromise che avrebbe dato tutto se stesso pur di  non vedere quella ragazza soffrire.
 
“Dobbiamo andarcene da cui” pensò, e con orrore, puro orrore per la prima volta dopo tanto tempo, avvertì improvvisamente sotto la lingua un aroma debole, dolce e aspro allo stesso tempo.
“Che diavolo è?” chiese a se stesso, come per rassicurarsi, ma sapeva bene qual era la risposta.
 
D’altronde, per una creatura come lui, non c’era sensazione più familiare, appagante, dell’inconfondibile sapore del sangue.
 
 
Rieccomi!! Cosa ne pensate? Accetto qualsiasi critica, anche le più oltraggiose, in fondo me lo merito…
Grazie a tutti voi che siete arrivati fin qui, e anche a Darkry che in un certo senso mi ha spinta a darmi una mossa!;)
Bene, a presto! (sicuramente più presto dell’ultima volta..!)
Baci
May
  
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