Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: aamazayn    18/05/2012    4 recensioni
Una voce rauca e pastosa la sorprese ed interdette i suoi lamenti. Lei sussultò non appena smise di agitarsi. La stessa voce, che proprio non conosceva e non aveva mai sentito prima, cominciò rapidamente a scusarsi ma Scarlett, troppo in collera e stanca, non ci fece molto caso e non appena il ragazzo allungò una mano per tirarla su da terra, lei l'afferrò di scatto. Una volta in piedi, si trovò di fronte ad un ragazzo alto, mai visto, con un ammasso di ricci castani in testa e che, senza ombra di dubbio, non poteva essere Liam, suo fratello.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
and you are just a beautiful mistake
Capitolo uno

L'orologio digitale sul cruscotto indicava che si stava facendo tardi.
«E' stato tremendamente..»
«Imbarazzante, lo so»
«No, è stato pure..»
«Fastidioso? Già»
A quel punto, Joan incrociò le gambe sul sedile di pelle dell'auto, abbastanza seccata ma non protestò nemmeno.
Faceva caldo anche con l'aria condizionata accesa e come ogni mattina, lei e Scott stavano chiacchierando nell'auto di quest'ultimo, utilizzata praticamente come riparo dall'afa e stavano attendendo il suono stridulo della campanella, che da lì a poco, gli avrebbe indicato l'inizio delle lezioni.
La bionda, rivolta verso il finestrino, guardò distratta una macchina che parallelamente alla loro, stava parcheggiando in una manovra di una lentezza sovrumana e anche quello, la irritò. In realtà, quella mattina, da quando aveva aperto gli occhi, qualsiasi cosa, anche la più piccola, l'aveva fatto. Quel giovedì si era svegliata stanca, nervosa, incerta su ciò che le era accaduto la notte precedente ma con l'immagine delle fossette compiaciute di Harry e il ricordo dei capelli neri pece di Zayn stampati in testa. Non aveva fatto colazione poiché in ritardo, non si era riuscita a truccare e perfino la felpa che indossava, la più comoda che aveva nell'armadio nonché la sua preferita, le dava fastidio. Ma sicuramente non quanto Scott, che aveva preso a picchiettare con la punta delle dita il cambio dell'auto, cercando di attirare a tutti i costi la sua attenzione. Joan, consapevole del fatto che non avrebbe smesso finché lei non si fosse girata nella sua direzione e non avesse acconsentito a dargli ascolto, si appoggiò ancor di più allo schienale del sedile e con aria svogliata, posò gli occhi prima sulle sue mani e poi su quelli di Scott, che al contrario dei suoi, avevano un'aria serena e rilassata. E anche molto irritante, si ritrovò a pensare lei.
«Andiamo, parliamo di questa cosa da quando sei arrivata a casa mia» le fece notare lui con un mezzo sorriso stampato sulle labbra carnose, cercando in un qualche modo di giustificarsi. Joan, non potendo colpevolizzare Scott che si, non aveva tutti i torti e che stranamente, anche quella volta, aveva ragione, gliela diede vinta subito.
«E va bene, non parlerò e non penserò più a loro da questo momento in poi» ribatté allora, con aria disgustata. Scott, invece, rise leggermente.
Dallo specchietto retrovisore, Joan notò parecchi ragazzi entrare nell'edificio scolastico e sbuffò sonoramente. A momenti la campanella sarebbe suonata, il poco tempo a loro disposizione era già volato e lei l'aveva del tutto sprecato parlando e lamentandosi di quei bellocci, amici del fratello, che avevano disturbato il suo sonno la notte precedente.
Si strofinò con entrambe le mani il dorso dei Levis chiari che di fretta, nell'ansia di non arrivare in orario a casa di Scott, aveva indossato quella mattina e contemporaneamente alzò gli occhi al cielo poiché diavolo, aveva ripensato a loro.
«Fammi indovinare..» la canzonò il suo migliore amico, prendendola in giro.
«Penso proprio che sia arrivata l'ora di andare in classe» fece di conseguenza lei, non dandogli retta.
Joan raccolse la sua borsa, aprì la portiera per uscire, la richiuse con una spinta e proseguì diretta verso la scuola, lasciandosi l'auto, il loro rifugio
protetto, alle spalle. Scott la imitò in ogni sua mossa e pochi passi dopo, entrarono spalla contro spalla nell'edificio.
L'odore fresco e acre di vernice li travolse completamente, facendoli rabbrividire. I numerosi ragazzi che il corridoio principale stava ospitando si anteposero tra Joan e Scott e quest'ultimo, quasi in automatico, si pose davanti a lei, la prese per mano per non rischiare di perderla tra la massa e si fece spazio in direzione delle scale, guidandola con fare protettivo. Una volta raggiunto il secondo piano, anche se le persone pian piano si erano praticamente dissolte, Scott continuò a tenere le dita intrecciate a quelle di Joan. Non la mollò fino a che non dovette per forza di cose, dovendo entrare in classe.
Joan a stenti riuscì a percepire la voce di Scott, intento a salutarla, poiché il frastuono della campanella l'assordò totalmente, facendola distrarre per un momento. Un momento di troppo.
Girando l'angolo, la bionda si voltò appena in tempo per scorgere una figura venirle contro violentemente. Non potendo prevenire l'impatto, Joan atterrò esterrefatta sul pavimento di ceramica della scuola e ancor prima di mettere a fuoco lo sguardo o dire o fare chissà che cosa, riconobbe incredula la parlantina fastidiosa di chi l'aveva appena colpita e fatta precipitare a terra. Spalancò gli occhi, anzi gli strabuzzò letteralmente. Non era assolutamente possibile, non poteva essere.. Drizzò in piedi di scatto e le sue ipotesi si accordarono tra loro, incontrando i non ormai sconosciuti lunghi ricci castani, disordinati e sparati in aria che le stavano di fronte, di nuovo.
«Oh mio Dio, ma sei un incubo!»
Harry, o meglio dire ”uno dei bellocci, sicuramente quello che si divertiva ad andare contro la gente” scoppiò a ridere di rimando, meno sorpreso di quanto potesse esserlo lei. La osservò nel tentativo di ricomporsi e poi, con assoluta nonchalance, si aggiustò un ciuffo di capelli ribelle e prese parola.
«Scusami non stavo proprio guardando dove stavo andando, stai bene?» le chiese con tono pacato, libero da ogni tipo di sarcasmo o divertimento. Nonostante ciò, Joan ebbe come l'impressione che non fosse stato solo il caso a farli incontrare nuovamente ma non avendone l'assoluta certezza, alzò un sopracciglio dubbiosa.
Gli occhi di Harry, vispi e attenti, la squadrarono da capo a piedi come per accertarsi che fosse tutta intera e che non si fosse fatta male e Joan si sentì come obbligata a prendere parola e dire qualcosa pur di mettere fine a quel contatto. «Ho notato» borbottò lei, cercando di non far trasparire dal tono della sua voce qualsiasi traccia di disagio che invece, inevitabilmente, stava provando dentro di sé. «Cos'hai da ridere?» gli domandò poi, quando si accorse che Harry aveva iniziato a sorriderle e che le fossette che lei già aveva incontrato la notte precedente, avevano di nuovo preso posto sul suo viso pulito, sbarbato. Harry provò ad assumere un'espressione leggermente più seria ma un secondo dopo, con scarsi risultati, la situazione tornò esattamente come prima. Le fossette comparvero e gli scolpirono le guance arrossate per il caldo.
«Hai da fare, adesso?» le chiese lui, sporgendosi in avanti per farsi sentire e mettendo praticamente fine alla poca distanza insorta tra loro. Di conseguenza, Joan ebbe come l'istinto di fare un passo indietro ma ad ogni modo, lo controllò. Erano così vicini che se lei, al posto di guardare verso l'alto, alla ricerca dei suoi occhi, avesse guardato dritto davanti a sé rivolgendosi al petto di Harry, la punta del suo naso l'avrebbe sicuramente sfiorato.
«Ehm sai, Harry, giusto per fartelo sapere, questa è una scuola – gli disse ironica, facendo roteare un dito ad indicargli ciò che gli circondava – ho lezione ora»
«Ottima osservazione, anche io, sai?– Harry, nonostante il rifiuto, sembrò soddisfatto della sua risposta – Allora ci vediamo dopo?»
«No, ci si vede in giro» lo riprese lei, a scanso di equivoci.
Joan fece un passo di lato, curiosa nel vedere come avrebbe reagito Harry. Tuttavia, lui non sembrò cambiare espressione e soprattutto, non cercò di bloccarla. Joan, senza un preciso motivo, si sentì quasi offesa e allora si fece largo nel corridoio, frapponendo tra loro sempre più distanza ad ogni passo che conseguiva decisa.
Consapevole di avere lo sguardo del ragazzo addosso e riflettendo sulle parole di quest'ultimo, si ritrovò a pensare che quel “dopo” a cui lui aveva accennato pochi attimi prima, probabilmente sarebbe arrivato presto. Una scarica di adrenalina le percorse la schiena, percepì diversi brividi lungo tutta la spina dorsale.
Joan non vedeva già l'ora.



Joan fissò le crepe dell'intonaco che correvano lungo l'angolo della sala, pensierosa. Aveva arredato lei stessa quella stanza e ogni volta che ci faceva caso, si sentiva sempre più soddisfatta del risultato. Sua madre l'aveva lasciata libera fin da subito e da sola, lei si era cimentata in quell'attività come se effettivamente fosse il suo lavoro e aveva scelto con cura e attenzione tutti mobili, i soprammobili e i particolari dallo stile provenzale che l'intera sala ospitava. Dal divano in cui in quel momento Joan era stesa, con le gambe incrociate tra loro, alle tende color turchese che di proposito, richiamavano l'azzurro cristallino del cielo e del mare che si poteva contemplare da ogni finestra presente, estendendosi sulla veranda principale.
Ogni qual volta che a Joan capitava di pensare allo splendido lavoro ottenuto, si sentiva fiera di se stessa e di ciò che aveva realizzato in modo autonomo. In più, diciamocelo, abitare sulla spiaggia aveva i suoi vantaggi. Il mare che dava da sfondo praticamente a tutta la casa, riusciva a dare un valore anche a un qualcosa di precario o irrilevante, rendendolo il tutto un paradiso per gli occhi. Nonostante il tempo trascorso, Joan se ne stupiva ancora.
Erano passati ormai anni da quando la sua famiglia e quindi, sua madre Megan, Liam e lei, si era trasferita nella cittadina dell'East Sussex ma Joan, ad ogni modo, faticava ancora ad ambientarsi poiché la differenza con Londra era veramente sostanziale. Al contrario di Liam, che invece, sin dai primissimi giorni si era già ambientato.
La casa era silenziosa, ma nonostante ciò, la ragazza non riusciva a prendere sonno. Sul tavolo c'erano dei bicchieri di plastica, cinque per l'esattezza e questo diede a Joan la conferma che suo fratello e i suoi amici erano arrivati da scuola prima di lei e che, allo stesso modo, dopo essere stati lì, nella stanza in cui al momento vi era lei, se n'erano anche andati.
Joan tirò un sospiro di sollievo, godendosi il suono delle onde che percepiva dalla spiaggia e che in quel momento, le parevano essere l'unico rumore che il suo udito poteva realmente cogliere. Certo, solo per quel momento.
Dei passi che da' lontano sembravano sfumati, leggeri e delicati, pian piano divennero rumorosi e tosti, si precipitarono sui gradini delle scale di legno, veloci e rapidi, accompagnati da grida e schiamazzi continui. Nel placido silenzio ormai distrutto e rovinato, poté – a suo malgrado – riconoscere la risata di Niall che ancora, ma non per molto, fuori dalla porta, faceva come d'accompagnamento alle voci diffuse degli altri ragazzi.
La bionda balzò in piedi con un mezzo sorriso sul volto quando percepì la maniglia piegarsi e la porta aprirsi. Il primo a spalancarla letteralmente fu Zayn che arrivando di corsa, si piegò in due per riprendere fiato. In una delle due sue mani, entrambe appoggiate sulle ginocchia ossute, stringeva il cellulare di Liam. Quando poi gli altri lo raggiunsero, il moro si buttò di scatto dietro le spalle di Joan, come se avessero confidenza da anni, afferrandola prontamente per i fianchi ma nascondendosi a malapena.
«Sorellina, riprendi quel cellulare!»
Esclamò Liam, prima che Louis, placcandolo da dietro, gli tappasse la bocca zittendolo. Joan corrugò la fronte, abbastanza confusa ma comunque divertita.
«Che schifo Payne! Mi hai leccato!»
Louis ritrasse la mano con una espressione schifata sul volto e l'asciugò sulla spalla di Harry che, del tutto estraniato dalla scena, con lo sguardo rivolto a Joan o a Zayn? protestò poi. Niall non faceva altro che ridere e Joan non poté fare che imitarlo, tanto era contagioso.
«Oh ma quanto sei tenero, Liam?! – Zayn, dietro di lei, cercò di imitare una voce (a malo modo) femminile – Stavi benissimo con i capelli pettinati così, oggi!» continuò, sotto le sonore risate di tutti tranne ovviamente che per quelle di Liam che, finalmente, riuscì a riprendersi il cellulare.
«Fatevi gli affari vostri!» brontolò, scuotendo la maglietta sporca di fango? Niall andò a spettinargli i capelli e Harry, invece, chiuse la porta alle sue spalle creando un leggero vento.
«Povero cucciolo, si è offeso» lo canzonò Louis, pizzicandogli una guancia.
Liam incrociò le braccia al petto in modo infantile ed incontrando con le dita la macchina scura sul bordo della maglietta borbottò un «Vado a cambiarmi, arrivo subito» per poi uscire di scena, dirigendosi verso camera sua.
«Tu che puoi, fallo! Non salirò mai più sul tuo pick-up Harry, te lo assicuro» si lamentò Zayn. Il riccio allora sbuffò.
«Ancora con questa storia, Malik? Ti ho già chiesto scusa!»
«I miei pantaloni non torneranno mai indietro con delle semplici scuse»
«Te li ricomprerò» Insistette Harry, divertito.
«Non saranno mai li stessi»
Zayn teatralmente si portò una mano sul cuore e sospirò con fare melodrammatico.
Joan sembrò apprezzare, per così dire, quel gesto, la fece ridere ed essendo rimasta muta per tutto il tempo e non avendoli ancora sgridati, i ragazzi interpretarono quella risata accennata con un grande punto interrogativo. Presero tutti a fissarla, curiosi.
La bionda puntò gli occhi castani su ognuno di loro, a turno e quando incontrò quelli verde smeraldo di Harry (per quanto fosse assurdo) si sentì sollevata.
«Ciao sorellina, tutto bene?»
Liam appena tornato, le cinse i fianchi con un braccio.
«Perché me lo chiedi?»
«Perché non sei ancora scappata e non hai ancora urlato contro nessuno» rispose il fratello, facendo spallucce.
Joan gli diede una leggera gomitata sulle costole ma prima di replicare, qualcuno prese a bussare la porta. La voce di Scott zittì tutti quanti e solo la bionda sembrò non darci peso, scostò il braccio di Liam dai suoi fianchi e tranquilla, andò ad aprire. Una volta spalancata, la porta di legno battuto lasciò libero il passaggio a Scott, che increspò le labbra in un sorriso radioso.
«Ehi, ciao» la salutò lui, inoltrandosi all'interno della casa.
Joan gli andò incontro, quasi bloccandolo. Scott rimane per forza di cose sull'uscio.
«Che ci fai qui?» gli chiese lei, ricambiando il sorriso.
«Sono venuto a trovarti e poi vorrei proprio sapere dove hai lasciato il tuo telefono»
Joan non finse neanche di pensarci, tanto era ovvio.
«L'avrò dimenticato nella tua macchina, scommetto»
Come risposta, Darren frugò nella tasca dei suoi jeans a sigaretta e una volta trovato, gli porse il cellulare, annuendo visibilmente.
«Andiamo a fare un giro, ti va?» le domandò subito dopo.
La bionda fece roteare il telefono tra le mani, se lo infilò nella tasca della felpa e si girò verso l'interno della casa, cercando lo sguardo di Liam come per chiedergli il permesso. Ciò nonostante, il primo che incontrò non fu quello del fratello ma quello di Harry, che privo di una qualsiasi e decifrabile espressione sul volto, la stava guardando con le labbra schiuse. Joan lo ignorò di tutto punto, vide Liam annuire e sorriderle amabilmente e quello le bastò, mimò un saluto al resto di loro, Harry compreso e si voltò in direzione di Scott , felice di averlo vicino. Chiudendosi la porta dietro di sé e lanciando un ultimo sguardo al di dentro della sala, si chiese a cosa stesse pensando Harry e perché, tutto d'un tratto, la stesse guardando in quel modo.

 

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: aamazayn