Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    19/05/2012    3 recensioni
Cosa potrebbe succedere, se l'Araba Fenice tornasse a vivere ai giorni nostri? Se camminasse come un comune essere umano, sconosciuto ai più e per nulla riconoscibile ai nostri occhi? La storia di Joy è la storia delle molte vite di Fenice che, con i suoi poteri, tenta a ogni rinascita di portare il Bene e l'Amore nel mondo. Ma può, l'amore vero e Unico, toccare una creatura come lei che, da sempre, non vi si può abbandonare poiché votata solo all'altrui benessere? Sarà Morgan a far scoprire a Joy quanto, anche una creatura immortale come lei, può cedere al calore dell'amore, facendole perdere di vista il suo essere Fenice.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
32.
 
 
 
 
Come spiegare la mia decisione alle mie tre inseparabili amiche, senza far nascere in loro dei dubbi atroci?

Impossibile.

Allo stesso modo, sarebbe stato impossibile estrometterle, e fare una semplice cerimonia privata in Comune, senza nessuno al seguito se non i nostri genitori.

No, non avrei mai fatto un simile sgarbo a coloro che, fin da piccola, mi erano state accanto proteggendomi, prendendosi cura di me, volendomi bene con sincerità.

Aileen, Kelly e Margot erano quasi impazzite quando, tramite Skype, avevo detto loro della mia decisione di accettare la proposta di matrimonio di Morgan, giunta all’improvviso quanto inaspettatamente.

Naturalmente, mi avevano insultato per il così breve preavviso, che le avrebbe obbligate a scegliere il primo abito disponibile.

L’idea di non poter avere a disposizione mesi e mesi per impazzire nelle boutique di mezza West Coast, le aveva fatte infuriare, rallegrandomi.

Era così bello parlare di cose normali, come abiti e scadenze!

Alla fine, però, si erano congratulate con me, dichiarandosi d’accordo con la mia decisione.

Avevano adorato Morgan al primo sguardo, e per un unico motivo.

Il modo in cui lui guardava me, e io guardavo lui.

Per loro, non contava altro.

E neppure per me, sebbene mi sentissi stranita e quasi fuori dal mondo.

Era la prima volta in assoluto che mi sposavo, che decidevo di dividere il mio cuore con qualcuno, che abbandonavo tutti i miei precetti per dare tutta me stessa a un’unica persona, mettendola al di sopra di tutto e di tutti.

Non avevo la minima idea di cosa avrebbe potuto accadere, e Rah era stato sibillino come sempre, quando l’avevo pregato di darmi una mano a comprendere.

Cerca dentro di te.

Gran bella risposta.






 
 
***




 
I riccioli raccolti in una crocchia disordinata sopra la nuca, Joy si ammirò allo specchio per alcuni istanti, chiedendosi se fosse l’acconciatura adatta.

Sulla soglia della sua camera da letto, in quel mentre, comparvero le figure di Susan e Lily, abbigliate coi loro tubini color oro.

La ragazza sorrise loro spontaneamente, volgendosi completamente per ammirarle e dire divertita: “Non mordo, davvero.”

Alle due donne sfuggì un’identica risatina imbarazzata e, quasi all’unisono, entrarono nella stanza ammirando per un momento il trompe l’oeil sulla parete.

La prima ad annullare le distanze tra loro fu Lily che, avvoltala nel suo abbraccio profumato di limone, asserì diverita: “L’ambientazione è davvero adatta a chi abita qui.”

Joy annuì, ricambiando l’abbraccio e replicando sommessamente: “Morgan è sempre stato perspicace.”

Susan scrollò le spalle, come a voler scacciare un crampo fastidioso e, dopo aver imprecato tra i denti a mezza voce, abbracciò entrambe e mormorò: “Mi scuserete se io faccio la parte della scettica, vero?”

Rimasero così per alcuni secondi, strette le une alle altre, mentre Joy espandeva attorno a sé il suo calore dilagante e profumato alla cannella.

Lily e Susan esalarono dei sospiri pressoché identici, nel percepire quel cambiamento nell’ambiente.

All’unisono, puntarono i loro occhi sgranati sul volto solare dell’amica che, con un gran sorriso, disse loro: “Preferirei non spaventarvi oltre. Ma penso che, come presentazione, possa essere sufficiente.”

Lily annuì più volte, sorridendo eccitata e stranita al tempo stesso.

Susan, invece, si sciolse dall’abbraccio per andare ad accomodarsi sul letto, sciogliendosi poi in un sospiro tremulo e confuso.

Joy poteva percepire chiaramente la sua ansia, la sua confusione, il desiderio di credere alle parole del fidanzato e a ciò che aveva appena percepito.

Pur se combattuta per via del suo lato più serioso, meno propenso a lasciarsi andare ai sogni a occhi aperti, tentava di accettare ogni cosa per vera.

Inginocchiatasi dinanzi a lei facendo frusciare la vestaglia di seta bianca che indossava, Joy le prese le mani tra le proprie e, sommessamente, disse: “So perfettamente che una cosa simile può sconvolgere le certezze di una vita, Susan, e non pretendo che tu non sia confusa, o spaventata da ciò che sono. Ma credimi se ti dico che mai, per nessun motivo, potrei nuocerti.”

Susan sgranò gli occhi, terrorizzata al pensiero che Joy potesse pensare una cosa simile e, scuotendo freneticamente il capo, esalò: “Oh, no! Non pensavo a questo! Alex non ti vorrebbe così bene, senza un motivo! E’ solo che è tutto così tremendamente assurdo… così… incredibile. Non ho mai neppure creduto a Babbo Natale, figurarsi questo!”

Lily le passò un braccio attorno alle spalle nel sedersi al suo fianco e, scrollandola gentilmente, mormorò: “Mi spiace davvero un sacco che tu non abbia mai creduto a Santa Claus. E’ stata una vera perdita.”

“Tu come fai a credere a tutto, senza neppure fare una piega?” le ritorse bonariamente contro Susan, abbozzando un sorriso stentato.

Lanciato uno sguardo adorante a Joy, che le sorrise, Lily tornò a osservare il viso vagamente pallido di Susan, prima di asserire con una certa veemenza: “Io sono sempre stata convinta che la vita fosse un evento magico, qualcosa di eccezionale. Certo, non avrei mai immaginato fino a che punto questa magia potesse spingersi, ma veder confermate le mie ipotesi, è incredibile.”

Susan allora reclinò il capo, sconsolata e, stringendo un poco le mani di Joy ancora intrecciate alle sue, asserì mogia: “Avete avuto delle vite piene di amore e di gioia, molto più di me. Avete avuto momenti in cui far librare la vostra fantasia… io, no di certo. In casa mia, era quasi un lusso avere la possibilità di giocare con le bambole, figurarsi immaginare mondi fantastici o creature mitologiche.”

Nel dirlo, sorrise a entrambe, prima di proseguire.

“I miei genitori credevano fosse più importante che io imparassi a vivere nel mondo vero, non nei sogni. Non gliene faccio una colpa, ma…”

“Ma ora ti è difficile accettare. E’ naturale” annuì Joy, rialzandosi per abbracciarla con calore.

Lily si unì all’abbraccio e chiosò: “Ci penseremo noi ad aprire le porte alla bambina che c’è in te.”

Ridacchiando tremula, Susan disse loro: “Non dovremmo aiutare Joy a vestirsi?”

“Oh, lo faremo ma, nel frattempo, giocheremo un po’” sogghignò Lily, scostandosi dalle due giovani per afferrare il borsone che aveva lasciato sulla porta della stanza.

Joy e Susan si guardarono vagamente confuse, chiedendosi cosa nascondesse in quella borsa enorme mentre Lily, tutta soddisfatta, tornò da loro esclamando: “Si aprano le danze!”
 
***

“Arrivano le damigelle d’onore più belle del mondo e la testimone di nozze!” urlò a gran voce Kelly, entrando nell’appartamento di Joy quasi a passo di carica.

Dietro di lei, ridenti e felici, arrivarono Aileen e Margot, abbigliate con gli stessi tubini indossati da Susan e Lily.
Sentendole entrare, le due ragazze si affacciarono dalla camera da letto ed esclamarono in coro: “Ehi, ciao!”

Correndo verso la stanza, le tre amiche di Joy buttarono dentro le teste dai capelli raccolti in perfetti chignon e, sorridendo a Joy, urlarono a gran voce: “Ciao, sposina!”

La giovane sorrise alle amiche e, con lentezza, si infilò tra i capelli un fermacapelli d’oro a forma di falco dalle ali dispiegate.

Joy l’aveva trovato quella stessa mattina, sul suo comodino, assieme a un mazzo di fiori di mirto.

Non c’era stato bisogno di alcun biglietto, o di alcuna indagine, per scoprire chi le avesse lasciato quei doni così speciali.

Il fermacapelli era uno dei primi regali di cui le aveva fatto dono Rah, quando ancora vivevano all’ombra delle piramidi.

Altri ne erano seguiti ma, quando il suo tempo era giunto, Joy aveva preferito li tenesse lui.

Le si sarebbe spezzato il cuore a ogni reincarnazione, al pensiero che predoni e cacciatori di tombe potessero mettere le mani su quei preziosi.

E non tanto per il loro valore materiale, ma a causa di colui che glieli aveva regalati.

I bianchi fiori di mirto, invece, erano i suoi fiori preferiti e, quel giorno, avrebbe usato quel mazzo intrecciato con nastri di raso dorato per unirsi in matrimonio con Morgan.

Sorridendo, lanciò un’occhiata al corto abito bianco in pizzo e tulle che riposava sul suo letto.

Quando aveva detto alla madre di non volere nulla di particolare, per quella cerimonia, l’aveva vista inalberarsi per la prima volta in vita sua.

Senza lasciarle il tempo di spiegarsi, Melinda l’aveva sospinta verso l’auto e, con cipiglio da generale, si era diretta verso il più vicino negozio di abiti da sposa.

Lì, aveva pregato la commessa di trovare per la figlia un abito vezzoso e leggero per una cerimonia informale in comune, e a questo la donna si era attenuta.

Dalla sua ricerca, era infine saltato fuori un abitino corto, dalla gonna in tulle leggero come una nuvola e il corpetto in elegante pizzo fiorentino.

Data l’esuguità del tempo disponibile, Melinda aveva preso per sé l’incarico di sistemare – ove necessario – l’abito e aveva spedito la figlia a scegliere le scarpe.

Con un paio di decollté bianche e dal tacco alto, Joy si era infine presentata alla madre che, soddisfatta, l’aveva baciata sulla guancia, riportandola a casa.

Alla ragazza non era più saltato in mente di imporsi, circa il suo matrimonio affrettato.

Se Melinda era lieta di renderlo una cerimonia a tutti gli effetti, lei non l’avrebbe fermata in alcun modo.

E, tra sé, ne aveva gioito essa stessa.

Indossati due piccoli pendenti a goccia in smeraldo alle orecchie, Joy passò poi al bracciale in oro e smeraldi, dono dei genitori, e lo mise con reverenziale gratitudine.

Dopo essersi rimirata allo specchio per controllare che tutto fosse in ordine, infilò le scarpe e infine domandò: “Allora? Può andare?”

“Avrei preferito l’abito lungo, ma capisco perché hai optato per questo, più corto” ammise Aileen, abbracciandola strettamente. “Lo strascico e tutto il resto lo lasceremo per quando farete la cerimonia in chiesa.”

“Già” ammiccò Joy, dandole un bacio sulla guancia prima di stringere a sé le sue amiche.

Nessuna di loro domandò nulla, si limitarono ad annuire all’amica.

Quando gli abbracci ebbero il loro termine, Margot dichiarò: “A te l’onore, baby. E’ giunto il grande momento.”

A Joy non restò altro che afferrare il suo bouquet e avviarsi verso l’uscita.
 
***

Fermo nell’androne che precedeva la sala conferenze dove, entro breve, si sarebbe sposato con Joy, Morgan passeggiava nervosamente nel vano tentativo di calmarsi.

Quella notte, obbligato per convenzione a dormire da solo, non aveva praticamente chiuso occhio, agitato nonostante tutto al pensiero di ciò che avrebbe fatto il giorno seguente.

La mancanza di Joy al suo fianco, nel letto, lo aveva reso davvero nervoso.

Si era talmente abituato a percepire il tuo tiepido calore, o il suo profumo speziato che, non averlo accanto a sé anche solo per una notte, lo aveva quasi fatto impazzire.

Muovendosi come un puma in gabbia, continuò a passarsi le mani tremanti sui baveri della giacca nera prima di lanciare sguardi ansiosi in direzione dello scalone.

Sapeva che, ben presto, sarebbe apparsa Joy e, forse per l’ennesima volta, sospirò.

I genitori lo osservarono silenziosi, preferendo non esprimere i loro commenti riguardo alla sua ansia.

Stephen, però, non si lasciò sfuggire l’occasione per prenderlo un po’ in giro e, datogli di gomito non appena lo ebbe a tiro, celiò: “E poi ero io, quello nervoso. Tu sembri pronto a prendere fuoco da un momento all’altro!”

“Molto spiritoso” mugugnò Morgan, prima di sorridere al dottor Greyson, alla dottoressa Abrahams e al quartetto di infermiere che Joy aveva invitato alla breve cerimonia. “Ehi, salve. Ben arrivati.”

“La sposa si fa attendere?” chiese Greyson, quando tutti si furono concessi un minuto per abbracciare il futuro sposo.

“A quanto pare…” ammise Morgan, lanciando un’occhiata all’orologio.

In quel mentre, si udì il chiacchiericcio inconfondibile di Margot e Aileen.

“Queste voci le riconoscerei tra mille” ghignò Alex, ammiccando al futuro sposo.

Quando Morgan aveva conosciuto per la prima volta le amiche di Joy, era rimasto letteralmente soffocato dalle loro miriadi di domande.

Alla fine di quella specie di fuoco incrociato, però, si era ritrovato ad adorarle.

Pur essendo così diverse caratterialmente, se la intendevano alla grande.

Era felice che almeno loro fossero riuscite a raggiungerli per il matrimonio, visto il così breve preavviso.

La prima ad apparire dalle scale fu Aileen che, slanciata e bellissima nel suo contrasto di pelle scura e abito d’oro, avanzò sul pavimento di marmo con la stessa grazia di una pantera.

Giunta a metà strada, si fece da parte e, platealmente, esclamò: “Miss Joy Patterson!”

“E piantala!” esalò con un risolino Joy, comparendo a sua volta dalle scale, seguita a ruota dalle sue amiche.

Morgan sgranò leggermente gli occhi, incapace di dire alcunché.

L’abito le stava a pennello ed esaltava la sua carnagione eburnea quanto i suoi riccioli ramati, lasciati scivolare attorno al suo collo sottile e arcuato.

Il corpetto di pizzo sottolineava come una seconda pelle le forme squisite mentre la gonna, al ginocchio, si allargava in strati e strati di tulle vaporoso.

Quando infine lei lo raggiunse, un sorriso radioso tale da far impallidire il sole stesso per bellezza, Morgan le sfiorò il mento con un dito, mormorando ammaliato: “Nessuno è mai stato bello come te, né mai lo sarà.”

A Joy sfuggì un risolino e le gote si arrossarono di virgineo imbarazzo.

“Posso dire lo stesso di te?” replicò lei, ammirandolo nel suo completo.

Fin da quando lo aveva intravisto oltre la balaustra di marmo, Joy non era riuscita a staccargli gli occhi di dosso.

La scelta di abbinare all’abito scuro una camicia e un gilet dalle tinte color ghiaccio, le era parso perfetto.

Stemperavano la seriosità del vestito, dandogli un tono più casual e, nel contempo, esaltavano la sua carnagione olivastra.

In quel momento, era difficile rendersi conto delle persone che li circondavano con il loro affetto e la loro gioia.

Nessuno, a parte Morgan, in tante vite vissute, era riuscito in una tale impresa.

E ora le sembrava addirittura impensabile concepire l’esistenza senza di lui.

Margot avrebbe detto che era davvero alla frutta.

E lei ne era immensamente felice.

Quando Richard si mosse per avvicinarsi alla figlia, Joy gli sorrise e lasciò che il padre le baciasse la guancia nel sussurrarle: “Sei magnifica, bambina mia.”

“Grazie, papà” mormorò lei, recuperando in parte un certo controllo su se stessa.

Era difficile, con Morgan così vicino.

Dopo aver salutato uno a uno i presenti, i due promessi si avviarono infine verso le porte di legno della sala conferenze.

Le mani intrecciate tra loro, si sorrisero coraggiosamente prima di dare il via alla loro vita insieme come marito e moglie.

Niente e nessuno si sarebbe potuto frapporre tra loro, né il destino avverso, né tanto meno i nemici che, presto o tardi, avrebbero bussato alla loro porta.

Joy sapeva che quella cerimonia non era importante solo per il mondo degli umani, ma anche a livello cosmico.

La sua decisione non avrebbe avuto ripercussioni solo dal punto di vista burocratico, ma si sarebbe riverberata nel
Cosmo come un’onda di piena.

Sarebbe giunta fino ai confini conosciuti, e non conosciuti, dell’Eternità.

Quel ‘sì’, pronunciato solo una settimana prima di fronte all’uomo da lei tanto amato, non era stato dato con leggerezza, dettato dall’amore che lei provava per Morgan.

Tutt’altro.

Già da tempo si era accorta che, presto o tardi, Morgan le avrebbe chiesto di convolare a nozze.

Per questo, aveva potuto prepararsi a quell’eventualità, avendo già ben chiaro in mente ciò che voleva realmente.

Non avrebbe mai preso una simile decisione alla leggera, spinta da impulsi improvvisi.

Pronunciare quel sì di fronte a testimoni umani e non – sapeva che non solo lo spirito di Rah era presente in quel luogo, in quel momento – avrebbe avuto un peso enorme nelle sfere celesti.

Ben maggiore di quello che avrebbe avuto nel mondo reale.

Di questo, ne era consapevole e, per Morgan, era pronta ad affrontare qualsiasi decisione sarebbe stata presa a seguito di quel patto di amore reciproco e assoluto.

Non aveva la minima idea di cosa sarebbe successo, se gli equilibri del Cosmo si sarebbero sbilanciati al punto da creare una discrepanza nel continuum spazio ma, a quel punto, non le importava.

La decisione era stata presa, e lei non si sarebbe tirata indietro.

Morgan sarebbe stato suo, come lei sarebbe stata sua.
 

***
 
La mano poggiata sulla spalla leggermente ingobbita di Robert, Joy sorrise al suo supervisore – in quel momento vagamente alticcio – e, con voce ironicamente puntigliosa, gli disse: “Non avresti dovuto bere così tanto. Che figura ci fai, di fronte alle infermiere?”

Ridacchiando, Robert le strizzò un occhio, replicando: “Avranno un aumento, se staranno mute come pesci.”

“Buono a sapersi!” esclamò Ronda, battendo il cinque con le sue colleghe, che risero sguaiate.

Joy rise di fronte alla loro allegria, prima di lanciare uno sguardo d’insieme alla sala, che racchiudeva gli invitati al matrimonio suo e di Morgan.

Il salone del Bay House, rivolto verso il mare, era illuminato da enormi lampadari a goccia, che rifrangevano la luce in miriadi di più piccoli arcobaleni allungati.

Le basse poltroncine scure, accompagnate ai tavolini dove era stato servito il rinfresco, erano interamente occupate dai commensali.

Dopo ore di sfrenati balli initerrotti, gli invitati si godevano qualche istante di meritato riposo, assaporando i piatti di pesce cucinati con maestria dallo chef.

Morgan e Joy non avevano smesso un secondo di chiacchierare con gli invitati, ballando a turno con tutti i presenti, e concedendosi solo alcuni balli per loro stessi.

Era implicita, in entrambi, la remota possibilità che quella fosse l’ultima volta in cui incrociavano le vite di molti di loro.

Non potevano essere così folli da non pensare all’eventualità di perdere, per quanto questo fosse un pensiero sgradevole e, di sicuro, ben poco adatto a un’occasione così felice.

Nell’osservare il disco solare affondare placidamente nell’oceano, Joy sfiorò con la mano il vetro che la separava dalla spiaggia poco distante mentre Alex, alle sue spalle, sussurrò gentilmente: “Puoi mentire a tutti loro, ma non puoi mentire a me, Leen.”

Joy si volse a mezzo, sorridendo al cugino prima di appoggiarsi al suo corpo protettivo e caldo, mormorando melanconica: “Faccio di tutto, ma il pensiero c’è.”

“Anche Morgan ha gli occhi spenti, nonostante spari stupidaggini a raffica, e rida come un pazzo anche alle battute più idiote” ammiccò Alex, indirizzando uno sguardo comprensivo in direzione del giovane che, in quel momento, era impegnato in un braccio di ferro con Brian.

“Nessuno dei due è così stupido da approssimarsi a una battaglia, pensando di vincere a priori.”

Con dita esili, intrecciò una mano a quella del cugino, sfiorando debolmente la bruciatura lasciata da Rah alcuni anni prima.

“Se mi dovesse succedere qualcosa, lo percepirai. Ti farà un male cane, ti avverto.”

“Spererò fino all’ultimo di non sentire nulla” le sorrise Alex, deponendole un casto bacio sulla sua fronte. “Questo ninnolo che hai tra i capelli, da dove salta fuori?”

“E’ stato uno dei primi regali che mi fece Rah. L’ho trovato stamattina, sul comodino, assieme ai fiori di mirto” gli spiegò, mentre Alex sfiorava il falco sormontato dal disco solare con reverenziale timore.

“L’uccello sei tu?” mormorò Alex.

“E’ un falco. Rappresenta Horus. Il mio simbolo è l’ibis, invece.”

Avvolgendola tra le braccia, Alex le sussurrò all’orecchio: “Prometti di non fare l’eroina votata al martirio?”

“Ho molte persone da cui tornare. E un uomo da amare per il resto dell’esistenza che ci vedrà assieme” asserì lei con un sorriso sicuro.

“Niente più panico da ‘sono una Fenice e devo restare sola’, allora?” ammiccò il cugino.

“Accetterò con coraggio ciò che verrà dalla mia decisione, ma la scelta è stata fatta con coscienza, e non la rinnegherò. Io sono sua, come lui è mio. Siamo un’unica anima, un unico corpo. Siano gli dèi a decidere per me, ora” sentenziò Joy, sicura come mai prima era stata in vita sua.

In nessuna sua vita.

“Sono felice per te, allora” sussurrò Alex, prima di veder giungere a grandi passi Morgan, un mezzo sorriso stampato in viso e l’aria di chi ha tutta l’intenzione di fare uno scherzo a qualcuno.

Non appena fu abbastanza vicino per poter parlare senza farsi sentire dagli altri invitati – che stavano chiacchierando chiassosamente alle loro spalle – Morgan, avvolse un braccio attorno alle spalle di Alex e celiò: “Importuni la mia signora, Barrett?”

“Tutt’altro, Thomson” ridacchiò Alex.

“Sicuro di non essere geloso?” lo punzecchiò allora Morgan, ammiccando al suo indirizzo.

“Perché dovrei? Sono felice per Joy e te…”

“Pensavo ti avrebbe dato fastidio vedermi sposare qualcuno che non fossi tu” esalò Morgan, fingendosi dispiaciuto.

Alex avvampò in viso per un secondo prima di spingerlo via e, tra le risate, esclamare: “Ma piantala con questa storia!”

Morgan rise assieme a Joy che, letteralmente, aveva le lacrime agli occhi per il gran ridere.

Data una pacca sulla spalla ad Alex, Morgan esclamò: “Dio, ci caschi sempre! Barrett, per essere uno stimato avvocato di grido, ti perdi sempre in un bicchier d’acqua.”

“Sei tu che sei più malizioso di una … no, meglio se non lo dico” sghignazzò Alex, asciugandosi una lacrima di ilarità.

A sorpresa, Morgan lo abbracciò strettamente, puntando con forza i pugni chiusi contro la sua schiena e, con voce rotta dall’emozione, mormorò: “Grazie per avermi fatto da testimone.”

Alex perse del tutto la voglia di fare dell’ironia e, ricambiato l’abbraccio con altrettanta energia, poggiò la fronte contro la spalla del giovane, replicando: “Grazie a te per avermelo chiesto. E’ stato un onore.”

Joy dovette impiegare tutto il suo coraggio per non piangere come, poco prima, aveva riso e, sfiorate le spalle dei due uomini dinanzi a lei, sussurrò sentitamente: “Sapete, vero, quanto questo mi renda felice?”

I due giovani si sciolsero dall’abbraccio, guardandosi con un vago imbarazzo prima di annuire alla donna che tanto amavano, pur se in maniera così differente.

Strette le loro mani nelle sue, Joy sorrise tremula prima di aggiungere: “Voi rendete questo giorno speciale.”

“Solo perché ci sei tu” sussurrò Morgan. “Solo perché ci sei tu.”

Già sul punto di replicare alle parole del marito – dèi, che strano pensare a lui in questi termini! – il trio venne raggiunto da Aileen.

Avvolte le spalle dell’amica con un braccio, esclamò: “Siete troppo seri, per i miei gusti, qui! Vieni, bella! La tua testimone di nozze, che poi sono io, ti esige al tavolo dei rinfreschi! Dobbiamo brindare!”

Scoppiando a ridere, Joy la seguì, avvolgendole la vita con un braccio mentre Morgan e Alex la osservavano allontanarsi e scivolare tra la folla festante con la stessa grazia di un alito di vento.

“Proteggila. Anche se non te lo permettesse” mormorò Alex, gli occhi fissi sul profilo perfetto della cugina, intenta a bere dello champagne da una flûte di cristallo.

“Morirò per lei, se necessario” annuì Morgan, senza mostrare alcun cedimento nella voce.

Ad Alex non servì sentire altro, ma aggiunse: “Non arrivare a tanto. Mi mancheresti.”

Morgan gli diede di gomito e, nello strizzargli un occhio, celiò: “Lo sapevo che sei sempre stato pazzo di me!”

Alex scoppiò a ridere e, presolo sottobraccio, chiosò: “Dai, affoghiamo nell’alcol questa fesseria. Ne ho davvero bisogno.”

“A chi lo dici!”
 
***

Le stelle splendevano alte in cielo e la solitaria Sirio, ormai prossima a scomparire oltre la linea dell’orizzonte, scintillava come un diamante di sopraffina bellezza.

La luna, un esile spicchio argenteo, reclinava verso occidente, parzialmente velata da sottili cirri, illuminati dalla sua luce riflessa.

L’aria profumava di salsedine e di una tempesta lontana, dispersa sull’oceano.

Quando anche l’ultimo degli invitati prense la via del parcheggio, l’infallibile trio di amiche di Joy si avvicinò alla novella sposa con dolci sorrisi dipinti sui loro volti preoccupati.

Joy sapeva fin da quando aveva raccontato loro del matrimonio, che quel confronto sarebbe avvenuto.

Solo, non aveva idea di cosa dire per cancellare le paure che leggeva in quegli occhi a lei così cari.

Sistematasi un ricciolo ribelle dietro l’orecchio, Joy sorrise alle amiche, che la raggiunsero sull’uscita del ristorante.

Dopo averle detto due parole a bassa voce, si dileguarono per attenderla sulla spiaggia, dove nessuno le avrebbe disturbate.

Scusandosi un momento con Morgan, che stava stringendo mani e baciando guance – l’aria stanca non meno di lei – Joy scivolò fuori dal locale e si inerpicò lungo il sentiero che conduceva alla battigia.

Lì, immerse nella notte, intravide tre figure solitarie che ben conosceva.

Le scarpe trattenute in una mano, Margot si volse non appena sentì Joy avvicinarsi e, mentre le altre la imitavano, esordì dicendo: “Quale frottola ci racconterai, ora?”

Joy sorrise spontaneamente. La conoscevano davvero troppo bene.

“Non si tratta di raccontarvi una frottola, quanto di proteggervi da eventi che potrebbero mettervi in pericolo” scrollò le spalle Joy, con tutta l’onestà che riuscì a trovare.

“Pensi che un po’ di pericolo ci spaventi? Ehi, noi siamo come i moschettieri! Tutti per uno, uno per tutti!” sbottò Aileen, lanciando in aria un braccio nel tentativo di imitare i prodi spadaccini francesi decantati da Dumas.

“Il pericolo che io e Morgan affronteremo proviene dal mio passato, e nessuna di voi deve rimanerne invischiata. Neppure i miei genitori, o i miei cugini, potranno aiutarci” spiegò loro Joy, mortalmente seria in viso.

Le tre ragazze si guardarono alternativamente senza sapere bene cosa dire.

I volti che, fino a qualche ora prima, avevano brillato di gioia e serenità, ora erano offuscati dall’ansia e dal timore di non fare la cosa giusta.

Alla fine fu Kelly a parlare per tutte loro.

“Cosa vuoi che facciamo?”

“State lontane da L.C. almeno finché non ve lo dirò io… o Alex.”

Con un sospiro, infilò una mano nella tasca della giacca e aggiunse: “Ho qualcosa per voi, e vorrei lo indossaste.”

Sempre più confuse, le ragazze si videro consegnare una collanina dorata ciascuna, da cui pendeva un curioso nodo, molto simile a una croce ansata2.

“Si tratta di un nodo di Iside, e protegge le persone che lo indossano da ogni male” spiegò loro Joy, tenendo gli occhi bassi, rivolti verso la fine sabbia giallognola che, sollevata dalla brezza, le solleticava i piedi e le gambe. “Non dovete togliervelo mai. Per nessun motivo.”

Sgranando leggermente gli occhi, Aileen mormorò: “Susy e Lily ne hanno uno identico, vero? Mi sembra di averglielo visto addosso.”

Joy si limitò ad annuire.

“Per quello che vale, siete state delle amiche impareggiabili.”

“Buona, A.J.” sbottò Kelly, afferrandola a un braccio prima che la giovane si allontanasse da loro. “Non te ne andrai con questa specie di addio strappalacrime, senza prima avere preso il nostro regalo.”

“Ma me l’avete già fatto” esalò Joy, sorpresa.

“Era quello ufficiale” brontolò Aileen, facendo spallucce. “Per questo, ci siamo affidate a Haniya. Ci aveva chiamate per via del regalo da farti e, visto che già ti aveva donato una mano di Fatima, abbiamo pensato che…”

Nel vedere l’amica in difficoltà, Margot intervenne al suo posto.

“Quello che non vuole dirti è che, tutte e tre, abbiamo avuto un incubo spaventoso, in cui tu ardevi tra le fiamme prima di diventare una stella splendente e, quando abbiamo sentito Haniya, ci ha detto di aver visto in sogno la stessa cosa. Così, abbiamo pensato a un amuleto da regalarti perché ti proteggesse, e lei ci ha consigliato l’occhio di Allah. So che ti potrà sembrare da credulone, però siamo state tutte d’accordo nel fartelo.”

Kelly le allungò una collana in bronzo, da cui pendeva uno scarabeo sacro alato, sormontato dal disco solare.

Presolo tra le mani con lo stupore ben dipinto sul volto, Joy percepì una familiare scossa di potere e, non potendo evitarlo, lanciò un’occhiata al cielo.

“Osiri?”

“Un semplice portafortuna. Ho scommesso anch’io contro Anubi…”

“Come hai fatto a…”

“A condurle a me e al gioiello?”
ironizzò il dio, nella sua mente.

Joy si limitò a sorridere, sfiorando il gioiello prima di stringerlo nel palmo.
“Se fossi superstiziosa, non indosserei mai un gioiello inviatomi dal Signore dell’Oltretomba.”

“Non solo Rah ti ha a cuore, Benu, ricordalo… anche Isi sarebbe triste, se perissi e, se ciò avvenisse, chi la sopporterebbe più, nei millenni a venire?”

Quell’accenno alla moglie e sorella, fece sorridere maggiormente Joy, riportandole alla mente le miriade di volte in cui aveva placato le ire di Isi.

Così cara e, al tempo stesso, così alterabile! Era stata proprio Isi a suggerirle di usare il suo talismano, per proteggere le persone a lei care.

Tornò a volgere lo sguardo in direzione delle sue amiche, mormorò roca: “E’ un dono bellissimo e no, non vi reputo delle credulone. Lo apprezzo moltissimo.”

Aileen le sorrise mesta, confidandole: “Sai, vero, che mia nonna è di origine Giamaicana?”

Joy annuì e la ragazza, preso un gran respiro, continuò dicendo: “Quando ho avuto quell’incubo, gliene ho parlato perché me ne spiegasse il significato e lei mi ha detto che, con tutta probabilità, c’è un loa che ti perseguita per qualche motivo.”

Sorridendo senza allegria nel sentir parlare dei loa, o misteri, della religione vudù, Joy annuì lievemente, asserendo: “Diciamo che è qualcosa del genere. Tua nonna deve essere una sacerdotessa molto potente, per averlo compreso solo da un tuo sogno.”

Un pallore cereo tinse le gote scure di Aileen, facendola apparire emaciata agli occhi di tutte.

Con voce flebile come il vento che le accarezzava sulla battigia, la giovane esalò: “Ha… ha ragione?”

Joy le fissò tutte per qualche secondo, prima di dire loro: “Ci sono forze più grandi di me che mi spingono lontana da voi, per il momento, e non voglio che queste forze vi facciano del male. Se vi sapessi in pericolo, non starei tranquilla.”

Margot sbuffò, scacciando con il gesto rabbioso di una mano una lacrima ribelle e, fissando le sue iridi brillanti sul viso serioso di Joy, ringhiò: “Così, fai stare in ansia noi, ma faremo ciò che vuoi. Ce ne staremo buone e lontane da L.C. Tu, però, stai attenta, qualsiasi cosa sia quello che ti accingi ad affrontare.”

Joy annuì, mentre una stella cadente fendette il cielo con la sua scia bianca.

L’ultimo saluto di Osiri prima di tornare nel Duat.

Joy lasciò con un abbraccio e un bacio le amiche, prima di rientrare nel ristorante e raggiungere Morgan.

Ora solo e con il volto percorso da un’ansia quasi palpabile, sobbalzò nel sentire la mano di lei sul braccio.

Subito dopo, le sorrise e, strettala in un abbraccio, mormorò: “Hai parlato con le tue amiche?”

“Sì. Non ho spiegato loro che succede, ma sanno che devono stare alla larga da qui” asserì Joy, avvolgendogli la vita con un braccio.

Annuendo, Morgan le chiese: “Sei sicura che Manasa non deciderà di radere al suolo L.C. solo per farti un dispetto?”

“Andrebbe contro il suo stesso interesse. Nessuna di noi vuole attirare l’attenzione, e mettersi a fare Godzilla in mezzo a una città, non è esattamente il modo migliore per mantenere l’anonimato” gli spiegò Joy con un mezzo sorriso.

Sollevando un sopracciglio con evidente confusione, Morgan esalò: “Ma… non può fare come te con l’ospedale?”

“No. Lei ha bisogno della sua forma animale, per poter usare il potere della dea che alberga in lei. Il suo corpo è un involucro e un mezzo, non la forma primigenia di Manasa, perciò non può agire come me che, invece, sono nata con caratteristiche divine, e non necessito della mia forma animale per poter usare i miei doni” sussurrò Joy.

Nell’udire dei passi alle loro spalle, si volse e, sorridendo, si rivolse ai suoi genitori, mormorando: “Stanchi?”

“Un po’,  ma la festa è stata molto bella” sorrise Melinda, dando un bacio sia a Joy che a Morgan.

Carmen la imitò, prima di chiedere loro: “Quando pensate di partire?”

“Tra due giorni” spiegò loro Morgan. “Così, avremo il tempo di scandagliare i dintorni di Phoenix per trovare il luogo più adatto in cui dare fuoco alle micce.”

Joy ammiccò per la sua battutina, e gli sorrise complice.

“Sapete tutti quanti ciò che deve essere fatto, perciò non vi angustierò oltre con i particolari. Sappiate solo che, per ciò che mi è stato possibile, siete stati protetti dai poteri di Manasa. Abbiate cura di voi, per il tempo in cui rimarremo separati.”

Nessuno disse nulla.

Il tempo delle parole era terminato.

Ora, restava soltanto l’azione.

 



 
 
***





 
Quella notte, io e Morgan restammo a lungo stretti l’uno tra le braccia dell’altra, stesi sull’erba fresca dietro la baita, a contemplare il cielo notturno colmo di stelle.

Il profumo dei fiori era mescolato a quello della resina dei pini, e a quello più intenso della terra umida e fresca.

Circondai entrambi con il mio calore per non avvertire il pizzicore del vento gelido proveniente dal mare, e Morgan mi carezzò infinitamente i capelli, mormorando dolci parole al mio orecchio.

Non volevo rinchiudermi in casa, quella notte.

Sentivo il bisogno di stare a contatto con la terra, con quella terra che avevo giurato di proteggere, così come avevo giurato di proteggere le creature che vi vivevano.

Non intendevo fare del male a Manasa, pur non sopportandola, perché la mia indole non era violenta.

Ma neppure avrei permesso che lei mi facesse del male, o ne facesse a coloro che amavo.

Mi sarei difesa strenuamente e, se non vi fosse stata altra soluzione, l’avrei uccisa.

Sapevo bene cosa Aileen e le altre avevano visto in sogno, e la cosa mi spaventava.

Usare il mio potere fino a quel punto avrebbe voluto dire avvicinarsi, e di molto, alla stessa potenza del sole.

Avrebbe voluto dire rischiare di radere al suolo l’intera Phoenix, se non avessi trattenuto a sufficienza la potenza delle stelle stretta nel mio pugno.

“Saremo insieme, lo sai, vero?” sussurrò Morgan, strappandomi a quei pensieri.

Sì, saremmo stati insieme, sul campo di battaglia.

Sperai solo che questo potesse bastarmi per trattenere quel potere distruttivo e assoluto.

Volgendomi a mezzo, lo baciai sulle labbra prima di mormorare: “Nessuno potrà scalfire il tuo corpo, poiché hai la benedizione di Fenice. Nessuno potrà ledere la tua pelle, ferire la tua anima, arrecare a te danno in alcun modo. Fenice vuole questo per codesto mortale che io amo sopra a ogni cosa.”

Vagamente confuso, Morgan mi fissò senza capire, prima di venire avvolto per qualche attimo da una fiamma purpurea che, come era giunta, scomparve.

Sorridendogli, gli spiegai ciò che aveva visto e udito.

“Tu e Alex avete la medesima protezione, ora. Probabilmente, riceverò una bella punizione per averlo fatto, ma non mi importa. Nessuno potrà torcervi un capello, ora. Per lo meno, non con mani, piedi, denti, zanne e artigli. Di più, non potevo fare.”

Sempre più sorpreso, Morgan esalò: “Non potevi farlo, vero?”

“No. Per questo, non mi sono permessa di farlo con il resto della famiglia, perché avrei davvero rischiato grosso. Ma voi due, beh, forse per voi due in particolare, chiuderanno un occhio. Spero.”

Nel dirlo, scrollai le spalle.

“Chi chiuderà un occhio, Joy?”

“Non hanno un nome, e ne hanno mille e più. Gli scienziati la chiamerebbero la materia oscura, gli egizi li chiamavano Nun e Nunet, la parte maschile e femminile dell’oceano primordiale da cui nacquero gli dèi tutti. E’ energia allo stato primigenio, Morgan, non ha né corpo né sostanza, è il tutto e il nulla allo stesso tempo. Per così dire, io sono al servizio di questa energia primordiale e, in tuta onestà, non so quanto essa sia elastica di fronte agli strappi alle regole.”

“Non ne hai mai fatti, eh?”

Con un risolino, scossi il capo, esclamando: “Oh, no! Davvero no!”

“Beh, parlerò io in tuo favore, a questo brodo primordiale di energia” ammiccò Morgan, stringendomi in un abbraccio tutto muscoli. “Sai che ci so fare con la gente.”

Mi limitai a sorridere, apprezzando il suo tentativo di tranquillizzarmi.

In realtà, non avevo la più pallida idea di quanto avrei dovuto pagare, per tutte quelle eccezioni alle regole.

Ma, come per il matrimonio, anche per quel dono non mi importò delle conseguenze.

Lo avevo fatto sapendo quanto esso fosse necessario per il nostro futuro.

Navigavo a vista, e il mio istinto mi aveva detto di farlo.

Punto.








Note: Osiri è il dio egizio anche conosciuto come Osiride. La sua compagna e sorella è Isi, o Iside.

Il sogno di Aileen, Margot, Kelly e Haniya non vi tragga in inganno. Non vuol dire che sono Oracoli a loro volta. Solo, semplicemente, le persone possono essere così legate tra loro da poter percepire certe cose, almeno in sogno. A me e due miei amici è capitato e credetemi, è stata una cosa stranissima. Ma maledettamente reale.

 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark