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Autore: lil_eveline    19/05/2012    3 recensioni
Quando furono abbastanza vicini, l’essere si girò verso di loro, mostrando un viso appena abbozzato. La forma, ovale, era già perfetta, ma entro quei confini così ben definiti la pelle si muoveva creando bozzi e fessure in posti casuali, come a voler provare varie alternative prima di decidere quale fosse il punto giusto per il naso. Non aveva ancora occhi, eppure aveva voltato verso di loro, quasi per guardarli, quell’ammasso informe che voleva assomigliare ad un viso.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Severus Piton | Coppie: Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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La stanza in cui era stato rinchiuso il mostro era poco più di uno sgabuzzino. Dopo aver portato in salvo l’alunno, Severus era riuscito a spostare la creatura. Non gli ci era voluto un grande sforzo, in realtà. L’aveva semplicemente presa per mano -per quanto quella cosa fredda e rigida che aveva stretto potesse assomigliare ad una mano- e l’aveva condotta in una stanza isolata dei sotterranei. La camera era piccola, particolarmente umida e priva di finestre. Severus sapeva che gli studenti non si avventuravano mai in quella zona del castello, troppo fredda, buia e assolutamente priva di ogni attrattiva.
Nei giorni seguenti alla cattura della cosa, il coraggio che Severus, il docente più giovane di tutta la scuola, aveva dimostrato gli era valso l’ammirazione di molti colleghi che fino a quel momento l’avevano snobbato. In pochi minuti la sua reputazione era cambiata radicalmente: da giovane, inesperto mago alle prime armi nell’insegnamento a brillante promessa e nuova speranza per il mondo magico. Severus detestava tutta l’attenzione che quell’impresa gli aveva procurato, ma apprezzava l’idea che finalmente le sue capacità fossero riconosciute da tutta la scuola.
Dopo essere stata bloccata con pochi incantesimi di sicurezza, la creatura era rimasta per lo più immobile, per giorni. Silente si era ripromesso di studiarla in futuro, quindi aveva pregato tutti gli insegnanti di non danneggiarla in alcun modo. Di tanto in tanto qualche professore entrava nella camera, spinto dalla curiosità. Bastavano pochi minuti passati in uno spazio tanto angusto con quella cosa a soddisfare ogni desiderio di conoscenza. Tutti quelli che avevano il coraggio di entrare, si premuravano di spegnere le torce prima di uscire. Per qualche ragione, che Severus non comprendeva, sembrava che tutti associassero quel mostro al buio, condannandolo di fatto ad un’angosciante oscurità perenne. Il giovane mago non provava pietà per una cosa che, seppur umana nell’aspetto, non era in grado di provare sentimenti o emozioni. Era più incuriosito dal comportamento dei suoi colleghi che dall’essere: nel mondo magico, ogni persona era abituata sin da piccola ad affrontare creature deformi e raccapriccianti. Da quel che aveva sentito in sala professori, questo particolare mostro aveva, invece, mantenuto la forma umana. Sembrava addirittura perfezionarla giorno dopo giorno. Severus, dunque, non riusciva a capire l’inquietudine che si impossessava dei suoi colleghi ogni volta che si parlava di quella cosa. E così, un po’ per curiosità, un po’ per dimostrare a se stesso di essere davvero il docente più coraggioso di Hogwarts, decise di andare a farle visita.
Severus si spinse fino a quella stanza una notte di dicembre. Faceva così freddo nei corridoi dei sotterranei che era costretto ad indossare il mantello. La creatura, come sempre, era al buio. Entrando nella stanza, il giovane mago accese una torcia alla parete; per qualche istante i suoi occhi ebbero bisogno di abituarsi a quella luce, prima di riuscire a distinguere la forma di quella cosa a pochi passi da lui. Prima di abbandonarla al suo destino, Severus aveva sigillato la porta di quella camera con un  incantesimo elementare. Sembrava che, da quel momento, ogni persona entrata in quella stanza avesse aggiunto un nuovo incantesimo per bloccare quella mostruosità. Qualcuno l’aveva rinchiusa in una gabbia, qualcun altro l‘aveva incatenata; qualcuno particolarmente sadico -e Severus non aveva dubbi sul responsabile di quel gesto: l’odioso professore di Difesa Contro le Arti Oscure- le aveva legato il collo con una pesante catena e l’aveva appesa al soffitto, abbastanza in alto da non permetterle di poggiare completamente i piedi per terra. La violenza, comunque, era bilanciata da una buona dose di stupidità: quell’essere, sebbene la forma potesse trarre in inganno, non era umano e non aveva affatto bisogno di respirare. Gli era bastato allungare a dismisura il collo, cosa che lo rendeva ancor più mostruoso, per potersi nuovamente sedere per terra. Con un gesto della bacchetta Severus fece sparire ogni incantesimo in quella stanza, liberando la cosa. Durante i suoi anni da Mangiamorte, il ragazzo aveva imparato a non fidarsi delle apparenze, eppure l’aspetto fragile e delicato di quella ragazza, per quanto finto, sembrava costruito ad arte per impietosirlo.
-Severus…-
Sentendosi chiamare, il mago alzò gli occhi sulla creatura. Per qualche istante fu talmente sconvolto da ciò che vide da non riuscire a pensare: davanti a lui c’era Lily. 
Lily, in tutta la sua bellezza. 
Era perfetta. Quelli che Severus vedeva erano i suoi occhi verdi, i suoi morbidi capelli rossi, le sue labbra carnose,  la sua pelle delicata; eppure non era lei. C’era qualcosa di sbagliato in quella figura -oltre al fatto che Lily fosse morta da più di un anno, ovviamente. Era troppo bella. Più che Lily in carne ed ossa, ciò che Severus aveva davanti era l’idea di Lily. Il ragazzo era consapevole che quell’immagine corrispondeva ad una sua fantasia. Gli occhi erano troppo brillanti, le labbra troppo rosse, i capelli troppo vaporosi. Era l’immagine di Lily che quel mostro stava ripescando dalla sua mente. Ripresosi dallo shock, Severus sorrise. E così, pensò, è questo che spaventa tanto i miei colleghi. Decise di stare al gioco.
-Sì, io mi chiamo Severus. Come fai a saperlo?- rispose.
-Io mi chiamo Molliccio.-
La voce di Lily, dalle labbra di Lily.
Doveva controllarsi! Aveva capito in quale tranello quel mostro lo stava intrappolando, eppure non riusciva a scappare, ad essere abbastanza forte da contrapporre la ragione ai sentimenti.
-Non ti chiami Lily?-
Nel suo cuore si agitavano paura, rimorso, rimpianto, amore, sofferenza, angoscia, in un vortice che lo stava inghiottendo. Tuttavia era la curiosità ad avere la meglio su tutti gli altri sentimenti.
-Silente mi chiama Ariana. Minerva mi chiama Elphinstone. Tu mi chiami Lily. Ma tutti gridate Molliccio nella vostra testa.-
Severus era confuso. Il suo sguardo vagava su quel corpo, la mente completamente assorbita dall’idea di memorizzare ogni dettaglio di Lily. Aveva dovuto sforzarsi molto, concentrandosi sul pensiero che quello non poteva nemmeno assomigliare al corpo della sua defunta amica: dal momento che lui non l’aveva mai vista nuda, quella cosa non aveva immagini a cui rifarsi per modellare il corpo di Lily. Per riuscire a tornare con i piedi per terra, Severus aveva effettivamente iniziato a concentrarsi sul fatto che quello fosse un Molliccio. Non riusciva a capire, però, perché l’essere gli avesse facilitato il compito. Se davvero avesse voluto nutrirsi della sua paura, avrebbe potuto mostrargli ben altre immagini. Invece non solo si presentava come qualcosa di piacevole, attingendo ai suoi ricordi e alle sue fantasie più belle, ma si qualificava anche come mostro, per non trarre in inganno col suo aspetto. Non aveva senso.
Eppure, mentre la sua mente ragionava razionalmente sul comportamento di quella creatura, il suo cuore era ancora in balia di tutti i sentimenti che la visione di Lily gli procurava. E, era costretto ad ammetterlo, il cuore stava ampiamente vincendo sulla mente. 
-Molliccio, sì, hai ragione. Tu non sei Lily. Sei solo uno schifosissimo mostro.-
E anche Severus andò via, spegnendo ogni luce dietro di sé.
  
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