A/N: Allora,
sto
ingranando xD Piano piano, anche questa Fic mi sta
catturando… nonostante
l'insicurezza (perchè davvero non so dove mi
porterà questa Long ed è una
situazione un po' nuova).
Quindi se avete consigli, son tutt’orecchie!
Forse è
meglio premettere subito che sono un tipo
che quando scrive vuole prendersela con comoda con quello che accade
nelle sue
storie,
nel senso che sto cercando di far diventare tutto più realistico
possibile.
In Primis il personaggio di Anastasia, poi tutto il resto.
Noterete che tengo molto a snocciolare - quà e
là - qualche notizia, o qualche
aggettivo che lentamente formeranno il puzzle della nostra protagonista
facendoci scoprire qualità, spregi, ambizioni, affetti e
modi di fare.
Probabilmente ci sarà un altro capitolo di "Stasi."
perchè credo sia
nel terzo quello in cui Annie entrerà in
contatto con il Cast e tutto il
resto.
Spero non dispiaccia troppo, questo mio modo di fare :P
Beh,
comunque questo è il mio inizio.. Speriamo bene,
allora!
Baci,
-Eyes.
Ka-boom!
Breaking News!
Era una
passeggiata tranquilla, il sole dei primi
giorni di giugno poteva mettere di buon’umore anche la
persona più triste e
mogia del pianeta. O almeno secondo me.
Con la mano sinistra tenevo il guinzaglio a Puck mentre con la destra
il mio
gustosissimo cono gelato che mangiavo canticchiando qualcosa in testa;
ero
quasi arrivata a casa quando vidi la signora Emilia – una
vecchietta eccentrica
che era al contempo la mia adorabile vicina dagli occhiali tondi e i
riccioli
bianchissimi.
“Anastasia,
cara.” Mi salutò con un largo sorriso.
Ricambiai, fermandomi “Buongiorno, signora. Perché
così di buon’umore?”
“Oh, nulla di importante! Mio nipote Francesco mi ha mandato
una cartolina
dalla Sicilia, salutandomi con delle ‘x’ e delle
‘o’…”
“Suo nipote la bacia e l’abbraccia, si vede che la
bella isola del Sud gli
piace molto!” Ridacchiai ripensando a quel ragazzo tanto
burbero che avevo conosciuto
appena arrivata; avevamo fatto amicizia grazie alla signora Emilia che
mi aveva
poi raccontato che era così con tutti e quindi di non
preoccuparmi. Tutto
sommato mi stava simpatico e aveva solo un paio di anni in
più di me.
“Voi giovani e i vostri strani codici.”
Rimbrottò la mia vicina scuotendo la
testa.
Io risi e la salutai, sentendo Puck tirare il guinzaglio per tornare a
casa.
Probabilmente aveva fame. Onestamente ancora non avevo capito come un
cucciolo
così piccolo poteva avere una tale forza da sbilanciarmi;
ero convinta che
sarei rimasta col dubbio di aver in casa un cucciolo di dinosauro
anziché di
Golden Retriver.
Aprii il
cancelletto della casa lasciando
immediatamente il mio cagnolino libero per quel piccolo spazio verde,
davvero
piccolo ma per lui forse abbastanza grande, e percorsi il piccolo
vialetto di
ciottoli fino ad arrivare alla porta di ingresso. L’aprii
entrando e cacciando
il saluto al nulla “Sono tornata!” e scuotendo la
testa – ormai rassegnata a
quell’abitudine ormai radicata in me- mentre versavo un
po’ d’acqua e
croccantini nelle ciotole di Puck.
Uscii fuori e lo vidi giocare con una pallina che gli aveva regalato
mia madre
– sebbene contraria agli animali domestici- dopo che le avevo
detto che lo
avevo preso nonostante mi avesse consigliato di no.
La storia di Puck era un po’ complicata e non era certo il
momento di andarla a
ripescare, con un breve fischio lo chiamai e lui si fiondò
su acqua e cibo.
Alzai gli occhi al cielo, ripensando al fatto del dinosauro e del cane
scambiati
al momento della nascita.
Involontariamente
lo sguardo mi cadde sul cancello di
metallo verniciato, rimasto socchiuso. La buca delle lettere era
lì vicino e si
vedeva che il postino aveva fatto un salto anche a casa Di Marco.
Erano passate tre settimane dalla notizia scioccante di Kristine che
aveva
mandato la mia storia al concorso della Plec e – con sollievo
ma nonostante
tutto un pizzico di delusione- a me non era arrivata alcuna risposta.
Presi
quello che c’era nella cassetta –
pubblicità, bolletta, pubblicità,
pubblicità,
promozione negozio all’angolo, bolletta e
pubblicità.
Nella norma. Nessun mittente oltreoceano.
Richiusi per bene il cancelletto e feci per rientrare in casa, quando
Puck mi
passò tra le gambe facendomi cascare come un sacco di
patate. “Puck, per la
miseria!” lo rimproverai ma lui non aveva fatto altro che
alzare la coda e
sparire da qualche parte dove non potessi trovarlo e sgridarlo a
dovere. Certo
che avevo trovato un bel tipetto, eh? Scossi la testa alzandomi e
bofonchiando
qualcosa sulla dubbia lealtà che i cani potevano avere verso
i loro padroni. Mentre
pensavo a come poter rimettere in riga
quel musetto sfacciato, sentii il computer trillare in modo insistente
dall’altra
stanza.
Sbuffai e
accettai la conversazione con Kristine
sedendomi e posando il portatile acceso sul tavolo della cucina, ancora
una
volta la prima cosa che sentii fu il grido esultante della mia amica
che
rischiava di essere vittima di un omicidio a distanza.
Alzai gli occhi al cielo “Sto pensando di assumere un
sicario, uno bravo però.”
Annunciai facendola fermare, mi guardò trattenendo a stento
l’eccitazione.
“Cos’è successo?” Mi arresi e
posi la domanda che lei voleva che le facessi,
però prima che potesse rispondere misi in atto una piccola
vendetta “Ti sei
decisa a fare un passo avanti e Joe ha detto sì?”
Joe era il ragazzo per
cui la cara biondina aveva un debole ed era l’unico fronte su
cui non riusciva
ad essere spavalda e sfrontata come lo era per tutto il resto, quindi
mi
divertivo a prenderla in giro perché anche lei era un essere
umano come tutti –
suo malgrado.
Lei si
imbronciò e “Non era questo che volevo
dirti.”
“E
cosa, sentiamo.”
Stropicciò
qualcosa davanti alla Webcam che non
riuscii a identificare – era un foglio di carta ma
perché la rendesse tanto
euforica non lo avevo ancora capito.
“Tienilo
fermo.” Sbottai infastidita, credendo che se
avesse continuato così probabilmente mi sarebbe venuto il
mal di testa.
Lei
sbuffò e, estremista com’era, decise di ritirarlo
precludendomi la possibilità di leggerlo sul serio. Kristine
mi guardò truce
per qualche secondo “Certo che a distruggere i veri
momenti sei proprio
brava,eh!” poi prese un profondo e
teatrale sospiro e continuò con voce pimpante e
solenne “ Gentile signorina
Di Marco, la ringraziamo per aver partecipato al concorso indetto dalla
produzione di The Vampire Diaries e siamo lieti di annunciarle
– no, no, no.
Oh cazzo- che è tra i cinque finalisti per il
posto di aiutante
sceneggiatore del cast. La preghiamo dunque di presentarsi
lunedì sette
giugno alle ore quattordici alla sede cinematografica in Atlanta,
Georgia. Bla,
bla,bla. Cordiali saluti e arrivederci.”
Kristine
mi guardò speranzosa e tutta allegra ma
cambiò subito la sua espressione vedendo la mia
“No. Anastasia, no. Non
provarci neanche a farti venire un attacco di panico proprio
ora!”
Il mio
sguardo era smarrito, confuso e impaurito,
proprio come me in quell’istante “Kri..”
La voce
di Kristine mi arrivava lontana, come fosse
irreale, ma era calma, con un accento quasi soffice e ipnotizzante
“Respira,
ok? Respira.”
Cercai di
seguire il suo consiglio ma non ci riuscivo,
l’aria sembrava essersi solidificata nei polmoni e la testa
non ragionava.
“Impossibile..” sussurrai in italiano, incoerente.
Vidi il
bianco sorriso della mia amica allargarsi, il
tono di voce immutato “Io non sono così sorpresa.
Sapevo che potevi farcela.”
In
risposta le lanciai un’occhiata terrorizzata che
non poteva essere fraintesa “Kristine, lunedì
è fra due giorni! Non posso
venire in America in soli due giorni! Non ho fatto il biglietto
né le valigie,
non ho avvertito nessuno… Dio, è impossibile, del
tutto impossibile… non così
velocemente, non può accadere così in
fretta!”
“Ehi,
ehi.” Kristine provò a placcare subito il mio
attacco di panico “Calma, ok? Non farti prendere dal terrore,
ricordi? Non sei
una fifona, me lo hai detto tu. Mi hai dato la tua parola che ci
avresti provato
ad uscire dal tuo guscio. Devi mantenere la promessa Annie.”
“Ma…
come faccio?”
“Andiamo
per gradi. I soldi cono un problema?”
Scossi la
testa “Ho fatto dei lavoretti appena
terminata l’università. Ho qualcosa da
parte.”
“Sappi
che non ho mai amato, tanto quanto adesso, il
tuo lato da risparmiatrice incallita.” Riuscì a
strapparmi un sorriso teso “Per
quanto riguarda la valigia, conoscendoti ficcherai lo stretto
necessario in un
unico trolley quindi siamo a posto. Puoi avvertire i tuoi genitori
stasera
mentre cerchi su Internet un biglietto Last Minute per la
Georgia.”
“Non
posso farcela...” mormorai, per nulla convinta “E
Puck? E la casa? Ho delle responsabilità che-”
“Per
l’amor di Dio!” Kristine esclamò,
perdendo di
colpo tutta la pazienza e lasciando libera una frustrazione ben
più che
giustificata “Anastasia Di Marco piantala di cercare scuse.
Puck lo porti con
te, tanto è piccolo e rimane nel trasportino senza problemi.
La casa la chiudi
a chiave e sei a posto! Sbarra porte e finestre e avvolgi il
divano con il
cellofan, che so io!”
“Tu
sei matta…” Scossi la testa in disaccordo
“Io non
sono così.. come faccio a mollare tutto per una decisione
presa così all’improvviso?
Non ha senso..”
“E’
una decisione che probabilmente cambierà la tua
vita, in meglio. Stai per realizzare il tuo sogno,
cara amica mia.
Domattina all’alba sarai su un volo per l’America e
domani sera dormirai nella
stanza degli ospiti di casa mia. Non sei
eccitata!?”
La
guardai nascondendo un sorriso “Un po’.”
Ammisi.
Incontrare di nuovo – e di persona-
Kristine Gordon era una delle
cose che volevo fare prima di morire.
“Vedi?”
Fece lei, con un pizzico di superbia ben
controllata “Ho sempre ragione
io.”
“Mi
sto davvero buttando in questa avventura..”
Mormorai incredula, all’indirizzo di nessuno in particolare.
“Sì.”
Annuì lei facendo muovere la sua perfetta chioma
bionda “E sono orgogliosa di te, bimba.”
La
guardai con un sopracciglio inarcato e feci un
gesto con la mano “Ma piantala, idiota!”
Poi
ridemmo insieme ma io mi fermai dopo qualche
istante “Kris..” La chiamai attirando la sua
attenzione “Ma come mai la lettera
è arrivata a te e con
così poco
preavviso?”
Lei
divenne tutta rossa e cominciò a balbettare un “Ti
posso spiegare, Annie!”
***
Alla fine
era saltato fuori che la cara Kristine aveva
dato – quando aveva spedito la mia storia
alla Plec - il suo indirizzo
di casa come riferimento e che alla fine la produzione aveva mandato il
responso da lei perché era l’unico recapito che
avevano.
Per quanto il ritardo era stata ancora una volta colpa della mia
cosiddetta
migliore amica che aveva avuto la fantastica idea di fare un viaggetto
a inizio
settimana, dal lunedì precedente quindi,e che era tornata a
casa trovando la
lettera solo quando mi aveva dato la grande notizia,
cioè oggi –sabato.
Io non ne sapevo nulla perché il genio
si era portata dietro il
portatile con la chiavetta Internet e avevamo continuato a sentirci
tutte le
sere; quando le chiesi perché non me lo aveva detto lei
aveva risposto che si
vergognava perché la sua gita era ad un luogo dove
c’erano delle cascate ed era
una cosa romantica doveva l’aveva portata
una certa Elizabeth.
Elizabeth era un’amica di Joe, il che voleva dire uscire in
una comitiva in cui
il ragazzo rientrava, quindi non aveva potuto rifiutare.
Quando me
lo raccontò la presi in giro per un bella
mezz’oretta, per ripicca, infastidita più dal
fatto che non me lo avesse detto
che altro.
Mentre la prendevo in giro ero alla ricerca del mio biglietto solo
andata
per Atlanta.
Mi
tremavano le gambe, sentivo le ginocchia molli e le
mani mi sudavano in maniera assurda. Ero terrorizzata
all’idea di quello che
stavo per fare; era un salto nel vuoto e io non ero abituata a buttarmi
in
qualcosa senza essere sicura di avere un paracadute stabile.
Ero una delle finaliste ma probabilmente le altre quattro scrittrici ,o
altri
quattro scrittori chissà, erano bravi molto più
di me. Se non avessi vinto
sarei dovuta tornare in Italia, ma ce l’avrei fatta? Dopo
essere stata in
America, dopo aver sfiorato il cielo con un dito?
Il mio
più grande desiderio era quello: vedere un mio sogno
su carta diventare reale sotto i miei occhi, attraverso una
recita,
un’interpretazione .. attraverso una serie TV.
Non riuscivo a credere che esisteva la semplice possibilità
di
riuscirci.
Ma se non
ce l’avessi fatta? Cos’avrei
fatto dopo aver constatato di non essere abbastanza in
gamba?
Scossi la
testa, sentendomi appesantita da tutti quei
dubbi e quelle paure. Avevo già messo il pigiama nonostante
fossero soltanto le
sei del pomeriggio; il mio volo per la Georgia era previsto per le
quattro e
quarantacinque del mattino e – conoscendomi- se non avevo
almeno otto ore di
sonno alle spalle non sarei riuscita a svegliarmi.
Contando anche il tempo che ci avrei messo ad addormentarmi era meglio
andarsi
a riposare subito.
Guardai
il trolley sulla sedia vicino alla scrivania
dall’altra parte della camera. Battei due volte la mano sul
letto sorridendo
vedendo il mio Puck salire sull’altra parte del letto
matrimoniale.
“Ci
aspetta una nuova avventura, palla di pelo.”
Mormorai sdraiandomi sotto le coperte nonostante fuori facesse
abbastanza caldo
– in fondo dormivo solo con una canotta e un pantaloncino
leggeri, e anche
questa era una delle abitudini che non sarei riuscita più a
staccarmi di dosso.
Dormire quasi nuda anche d’inverno ma con le coperte anche in
estate era una
cosa che adoravo: il
contatto della
pelle con le coperte morbide era una cosa che mi aveva sempre
tranquillizzato,
fin da quando ero piccolina.
Mi chiesi
se l’America sarebbe riuscita a cambiare tutte
le cose, se davvero tutte le mie sicurezze sarebbero state distrutte.
Se cose semplici come il mio saluto inutile alla casa quando tornavo
dopo
scuola, o dopo lavoro, o come il mio modo di dormire o vestire,
sarebbero
cambiate con il Grande Continente oppure no.
Mi
addormentai così, dopo chissà quanto, guardando
la
mezzaluna brillante d’argento fuori dalla porta finestra e
sentendo l’unico
amico che mi avrebbe seguito in questa pazzia
appallottolato ai piedi
del letto, già ronfante.
Quella
notte sognai due occhi azzurri e un sorriso che
avevo visto solo attraverso lo schermo, ma fu uno di quei sogni che
alla fine
non puoi ricordare quando ti svegli, uno di quei sogni troppo belli e
piacevoli,
rilassanti, che dovrebbero rimanere nell’oscurità
dell’inconscio perché troppo
pericolosi.
Chi
avrebbe mai detto che, quello della sceneggiatura,
non sarebbe stato l’unico sogno da sfiorare con un dito a
sconvolgermi?
TBC