14
Scar
tissue
"Another head aches, another heart breaks
I am so much older than I can take
And my affection, well it comes and goes
I need direction to perfection
Help me out
Yeah, you know you got to help me out"
[All These Things That I've Done – The Killers]
12
Marzo, 9:30, Villa Stark
Non
riusciva a ricordare di preciso quando si fosse addormentato, ma il
freddo piano del banco di lavoro non gli era mai sembrato
così
comodo, così continuò tranquillamente a tenere
l'occhio chiuso
cercando di ricadere nel dormiveglia. Stava anche facendo un sogno
niente male, considerando che implicava una donna non meglio
identificata che ballava una lap dance in un night club, e lui stesso
con ancora tutti i pezzi al loro posto che si godeva lo spettacolo
sorseggiando un drink.
Riaprì
con cautela l'occhio quando
realizzò che non sarebbe mai riuscito a riaddormentarsi,
vista la
quantità immane di caffè che ancora gli scorreva
nelle
vene – e non solo – e che quindi
non aveva speranze di riprendere il sogno. Il che non era poi una
conseguenza così malvagia, considerando il fatto che la
donna in
questione somigliava un po' troppo a Pepper, e dopo gli
avvenimenti del giorno prima non aveva alcun bisogno di
complicare ulteriormente il suo rapporto con lei, tantomeno
immaginandola in atteggiamenti provocanti e sconvenienti.
Scacciò
quei pensieri su cui aveva rimuginato fino ad allora –
cioè prima
di crollare semisvenuto per la stanchezza – e che avevano il
potere
di fargli venire una forte emicrania se tentava di analizzarli e
trovarvi un senso logico.
Non si
mosse dal tavolo, rimanendo con
la testa abbandonata sulle braccia incrociate e con lo sguardo
vagamente disgustato fisso sulla protesi inferiore in attesa del suo
intervento per essere completata. Calcolò stancamente che
gli
mancavano forse due settimane per renderla funzionale se continuava a
lavorare a quel ritmo sfibrante. Tre settimane se avesse rallentato
un po', come il suo corpo esausto gli implorava di fare... ma non
poteva mollare proprio ora che gli mancava così poco. Non
doveva
essere perfetta, non doveva neanche essere definitiva: gli serviva
solo un dannato pezzo di ferro che lo facesse stare in piedi; ai
dettagli e al perfezionamento avrebbe pensato in seguito. E poi il
processo ormai incombente, la futura riabilitazione, la terapia
–
perché sapeva che prima o poi avrebbe ceduto anche a quella
–,
l'occhio – l'occhio, dannazione! Non aveva davvero intenzione
di
starsene con una benda per il resto della vita –, Iron Man e
i
Vendicatori...
Emise un
lamento soffocato nel rendersi conto della
quantità esorbitante di problemi che si era accumulata sulle
sue
spalle in quel breve lasso di tempo. Iniziava a rimpiangere la
miriade di riunioni aziendali a cui era solito svicolare fino a pochi
mesi prima. Adesso avrebbe fatto salti di gioia per essere anche solo
in grado di presenziarvi.
Si
passò la mano buona sul volto,
incitandosi mentalmente a svegliarsi del tutto e a riprendere il
lavoro, ma si limitò a rimanere riverso sul bancone,
indolente,
assonnato e allo stesso tempo incapace di dormire. L'insonnia lo
stava sfibrando e non era neanche tutta colpa dei
moncherini, o almeno non del disagio fisico che gli provocavano, visto
che aveva davvero ricominciato ad assumere
regolarmente i suoi antidolorifici. Aveva comunque
l'impressione
che non migliorassero più di tanto le cose. Ma
no, era anche
altro
a tenerlo sveglio la notte. Un qualcosa di intangibile che gli causava
però un senso di nausea fin troppo reale e un'avversione
sempre più viva verso qualunque superficie riflettente.
Un
ticchettio di tacchi lo fece
sobbalzare, come richiamato dal suo rimuginare.
Quando
sentì la porta del laboratorio che si apriva
rialzò appena il capo, mentre il suo problema più
grande e nuova
concausa della sua insonnia gli si rovesciava addosso come una
secchiata
d'acqua gelida. O come un caffè freddo. Pepper
entrò a passo
svelto nel laboratorio, in un tailleur beige e con una cartellina
dall'aria pesante in mano.
Sapeva che
prima o poi avrebbe dovuto
chiarire le cose con lei, in un modo o nell'altro. Non era neanche
del tutto certo di cosa ci fosse da chiarire, in effetti. Si
era
comportato da stronzo, quello era lampante anche al suo ego
più che
permissivo verso i propri errori. E avrebbe decisamente dovuto
scusarsi. Quello delle scuse non era un ambito a lui
familiare, ma pensava di essere in grado di cavarsi fuori dalla bocca
un paio di frasi di senso compiuto.
Ma il
resto? Ovvero le loro "esistenze
complicate"? Non riusciva a capire se avesse ancora un senso
parlarne, ma era abbastanza sicuro che rimanere in quella posizione
non del tutto schierata fosse la cosa peggiore che potessero fare.
Aveva assolutamente bisogno di un punto fermo nella sua esistenza
che era diventata così mutevole. Se gli fosse venuto a
mancare anche
quello non aveva idea di quanto in basso sarebbe potuto cadere e, da
dieci anni o poco meno, aveva sempre individuato il suo punto fermo in
Pepper.
Si riscosse
dal suo torpore e fece per salutarla, poi cambiò
idea e
si limitò a un cenno del capo.
"Ma che
cavolo."
Fantastico.
Era appena diventato incapace di
relazionarsi con lei. Come faceva a mantenersi distaccato
comportandosi però normalmente? Non era mai stato troppo
formale
nei confronti della sua assistente, anzi, e nonostante lei lo tenesse
fermamente in riga, non rifiutava né era mai sembrata
irritata dalla
sua eccessiva espansività verbale, arrivando a prendere sul
ridere
le
continue avances che erano parte
del loro modo di
scherzare.
Adesso si trovava nelle condizioni di dover reinventare completamente
il proprio modo di porsi nei suoi confronti. Se non era totalmente
impazzito fino ad allora, quello era un ottimo momento per farlo.
Aveva la
netta sensazione di avere nella mente due pugili su un
ring – razionalità contro irrazionalità
– che si massacravano a
vicenda nel tentativo di prevalere l'uno sull'altro. Peccato che per
ora erano alla pari e i colpi li incassava solo lui, senza molto
beneficio alla sua già precaria salute psicofisica. Mentre i
due
allegri lottatori continuavano a darsele di santa ragione, Pepper
ricambiò appena il gesto apparentemente del tutto padrona di
sé,
come se nella sua, di mente, ci fossero solo tante leggiadre
ballerine intente a volteggiare su una pista. Non riusciva a
spiegare altrimenti la sua espressione assolutamente distesa e
serena.
La sua
parte irrazionale subì un duro smacco e fu messa
alle corde:
"Vedi?
È indifferente! Devi esserlo anche tu!"
sembrava gridargli la parte razionale.
Tony
tentò di sopprimere
quel patetico teatrino mentale e si trovò quasi a desiderare
l'autocontrollo di Pepper – oltre alla donna in
sé, ma relegò
quella considerazione in un angolo molto, molto remoto.
"Bene,
Tony,
prendine atto: il tuo buonsenso è magnificamente andato a
puttane se
speri di avere ballerine nel cervello," tentò di
sdrammatizzare, evitando in tutti i modi gli occhi di Pepper.
La
donna gli porse senza una parola la cartellina straripante di
documenti da visionare, ma la lui degnò appena di uno
sguardo,
troppo impegnato a fingersi concentrato sulla protesi per
considerarli.
Pepper non
si mosse.
«Signor
Stark, dovrebbe
firmarli ora,» lo invitò poi, vedendo che non
aveva intenzione di
distogliersi dal suo lavoro.
Tony
rialzò di scatto lo sguardo,
preso in contropiede nell'udire la sua voce assolutamente
normale.
Normalità.
La parola sembrò fungere da energizzante
per la sua razionalità, perché spedì
l'altro pugile al tappeto con
un colpo diretto. KO tecnico.
Adesso
poteva anche lasciar perdere
la possibilità di mettere in chiaro le cose nell'altro
senso,
qualunque esso fosse, perché a quanto pareva Pepper voleva
solo
riprendere a vivere come se niente fosse successo. Come aveva
fatto dopo il processo: quello era stato un chiaro segnale, e la sua
parte idiota – perché di idiota si trattava
– non aveva saputo
interpretarlo. D'altra parte, se in dieci anni non era mai successo
nulla tra loro, non vedeva perché dovesse succedere adesso,
nella situazione più sfavorevole che riuscisse a immaginare
sotto ogni punto di vista. Se anche fosse stato del tutto equilibrato
mentalmente e socialmente, ormai per la componente fisica poteva fare
ben poco. Non era neanche sicuro di rientrare in una categoria umana, al momento,
figuriamoci se poteva ancora considerarsi attraente. Era una semplice
questione di logica, e Pepper era una persona estremamente logica.
Razionalità-Irrazionalità:
uno a zero. Minuti di
recupero non concessi.
«Signor
Stark? Si sente bene?»
Si rese
conto di aver probabilmente assunto un'aria spaesata e di avere lo
sguardo che oltrepassava la protesi, perso nel vuoto. Non mancava mai
di sfoggiare lampanti
esempi di instabilità a chiunque gli stesse intorno...
«Io?
Certo, analizzavo solo questo gioiellino in cerca del modo
più
congeniale per ottimizzare l'utilizzo del titanio e...»
«Tutto
ciò è molto
interessante, ma la prego di firmare i documenti,
perché vista la sua situazione già abbastanza
disastrata è
davvero il caso di avere le carte in regola,» lo interruppe
con
gentile fermezza, porgendogli una penna.
Lui la
prese senza
pensarci, con la sinistra, e scribacchiò una firma malferma
su
ognuno dei fogli che gli aveva affibbiato, contando sul fatto che li
avesse letti per lui impedendogli di approvare contratti improbabili.
Era già abbastanza stancante dover lavorare con un occhio
solo, se
avesse anche dovuto leggere ogni singola riga di quelle scartoffie
sarebbe diventato cieco. Non che prima si fosse mai occupato molto
della burocrazia aziendale...
Appose
l'ultima firma, più simile
a uno scarabocchio, e lei fece per riprendere la cartellina e
allontanarsi, ma Tony la trattenne d'istinto con la mano
meccanica, senza pensarci.
Pepper
incrociò di scatto il suo sguardo, sorpresa, e
sembrò quasi infastidita.
"Idiota.
Non ti
è bastato ieri? Molla quella mano!"
Bla,
bla, bla... il suo
cervello ci provava, ci provava davvero a tenerlo lontano da
situazioni spinose, ma lui come sempre faceva l'opposto di quel che
gli suggeriva, da bravo idiota qual era. Aveva un dono per cacciarsi
in quelle situazioni. E adesso teneva la mano di Pepper senza
neanche poterla percepire sotto le dita artificiali, pregando di non
stringere troppo la presa e senza avere la minima idea di quel che
voleva dire o fare. Lei non sfuggì la sua stretta, anche se
sembrava un po' scossa dal fatto che stesse toccando un qualcosa di
inanimato. In effetti aveva evitato qualunque contatto diretto
con la sua protesi e Tony non sapeva davvero come dovesse interpretare
la
cosa. Davvero un ottimo momento per capirlo.
«Signorina
Potts...»
cominciò, ignaro di dove sarebbe andato a parare.
"Oh, Dio
onnipotente, se davvero sei lassù dammi una prova che esisti
e fammi
dire qualcosa di sensato!" si trovò a pregare, al colmo
della
disperazione.
Pepper
sembrò attendere le sue parole quasi con
ansia e non lasciò andare la sua mano, forse credendo che
lui stesse
per sbloccare quella situazione di stallo insostenibile.
«...
potrebbe chiamare Kyle?»
Se qualcuno
avesse preso un megafono,
l'avesse collegato a trecento casse e gli avesse urlato nelle
orecchie non sarebbe comunque potuto essere altrettanto sonoro
dell'immane bestemmia che gli esplose in testa quando si
sentì
pronunciare quella frase assurda. In quel momento decise senza
ulteriori ripensamenti che ateo era e ateo sarebbe rimasto, visto che
l'ispirazione divina sembrava non sortire alcun effetto su di lui. E
d'altronde non poteva davvero dire che la mano santa l'avesse aiutato
molto, ultimamente.
Lei lo
fissò un po' spaesata, poi annuì
appena e Tony la lasciò, fissandola con quello che sperava
fosse uno
sguardo eloquente: "normalità", avrebbe voluto stamparsi
in fronte.
«Naturalmente.
Lo faccio chiamare subito. Dovreste
proprio riallacciare i rapporti dopo quello che è successo.
Dopo il
processo, intendo.»
Ding.
Da quando
Pepper sapeva
parlare in codice? Poteva cogliere un chiaro invito in quelle parole,
sempre che la sua mente non gli stesse di nuovo facendo brutti
scherzi.
«Certo,
ha perfettamente ragione. Per una volta ammetto
di dovermi scusare con qualcuno,» disse con apparente
leggerezza,
riprendendo a lavorare sulla protesi dopo aver riconsegnato i
documenti a Pepper.
«Già,
dovrebbe rendersene conto più
spesso.»
Fu la sua
unica risposta, accompagnata da
un'occhiata un
po' dura, ma addolcita dalla piega forzata delle labbra che
nascondeva un sorrisetto soddisfatto.
***
Imbarazzante.
Era l'unico aggettivo che trovava per descrivere quella situazione:
molto, molto
imbarazzante.
Kyle era ad appena un metro da lui,
seduto sulla sua sedia a rotelle in una posa apparentemente
flemmatica, ma lo fissava con astio senza ritegno, mentre
lui, piazzato sulla sua solita sedia girevole,
faceva vagare lo sguardo per il laboratorio. Ora su un documento,
adesso su un pezzo di acciaio, dopo ancora sulla propria protesi in
fase di assemblaggio...
Erano state sicuramente poche le volte in
cui Tony Stark si era sentito a disagio, ma questa non sapeva da che
parte metterla: se tra quelle del "non esattamente a proprio
agio" o tra quelle del "terra, inghiottimi in questo
istante".
Il ragazzo davanti a sé si aspettava molto
probabilmente delle scuse o qualcosa che potesse anche solo
assomigliarvi, ma a parte tanti pensieri sconnessi e poco inerenti al
contesto – come se non ne avesse già avuti
abbastanza – non
riusciva a vedere una singola via d'uscita da quell'incontro
decisamente non programmato.
«Perché mi ha fatto chiamare,
signor Stark?» chiese infine l'avvocato, glaciale.
"Giusto,
Tony. Perché lo hai fatto chiamare? Certe domande dovresti
fartele
anche tu, ogni tanto."
Forse la sua sezione "risposta
pronta" era andata in vacanza.
"Perché lei
è un
idiota, signor Stark."
Gli sembrava che la sua coscienza
fosse formata non più da se stesso, ma da Pepper –
oltre ad altre
varie ed eventuali presenze che si divertivano a fare a pezzi la sua
facoltà decisionale. Ovviamente lei rappresentava
l'angioletto su
una delle sue spalle... sull'altra poteva quasi intravedere un demone
che assomigliava terribilmente a Fury, per associazioni mentali
abbastanza ovvie.
Tony alzò lo sguardo sull'avvocato, che lo
fissava tra l'interrogativo e l'infastidito: era sicuramente ancora
arrabbiato per le offese che gli aveva rivolto alla fine del
processo, senza dimenticare la minaccia di annullare il
pagamento. Nel tentativo di sfuggire a quella confusione di
pensieri gli cadde l'occhio sulla protesi della gamba:
«Volevo
solo informati di come sta procedendo la progettazione delle tue
gambe,» sparò, ringraziando se stesso per essersi
anticipato un po'
di lavoro e per aver buttato giù qualche schizzo mentre
lavorava
sulla sua.
Kyle rimase di sasso a quell'affermazione. Tony si
rendeva conto che quello non era esattamente un modo convenzionale
per chiedere "scusa", ma lui non era mai stato bravo con
quel genere di cose: stava facendo quel che poteva, più o
meno. Il
ragazzo distolse lo sguardo da lui per posarlo sul prototipo della
gamba poggiato sul banco di lavoro. Era ancora stupito, ma sembrava
finalmente più rilassato.
Tony tirò quasi un respiro di
sollievo nel realizzare che non era più sotto il tiro
terribile del
suo sguardo inquisitore. Si chiese come avesse potuto prendersela
con lui per quello che era successo. Era un buon avvocato, nonostante
la sua giovane età; anzi, era decisamente ottimo,
considerando la
sua scarsa collaborazione durante il processo...
«Prego.»
Kyle
lo invitò a continuare, il mento poggiato sulla mano e gli
occhi che
gli luccicavano oltre le lenti. Tony accolse il piccolo sorriso
con cui lo disse come un "sei-sulla-buona-strada".
«JARVIS,
apri il progetto Ph.01 X, cartella "K",» ordinò.
«Subito,
signore,» rispose pronta l'intelligenza artificiale.
«Ph.01 X?»
Kyle alzò leggermente le sopracciglia, interdetto.
«L'ha scelto
JARVIS, non io. Io mi limito a ribattezzare le persone, K,» disse
con un sogghigno sicuro di sé che l'altro
ricambiò appena.
Di
fronte a loro si materializzò uno schermo olografico, sul
quale Tony
iniziò a navigare con rapidità attraverso vari
file e immagini:
protesi, test al riguardo e dati medici scorsero veloci davanti ai
loro occhi prima di soffermarsi su quello che sembrava un nuovo
progetto per un reattore arc. Tony iniziò a spiegare,
cercando
di risultare il più comprensibile possibile:
«L'idea sarebbe di
sottoporti ad un'unica operazione per installare un micro-reattore
arc alla base della spina dorsale, così da riattivare i
nervi e le
cellule non funzionanti delle tue gambe: sarà una protesi di
una tua
vertebra che svolgerà la funzione di inviare gli impulsi
motori e
"rianimare" i nervi tramite dei filamenti in unobtanium.»
A
Kyle sembravano luccicare gli occhi al solo
intravedere una soluzione che gli avrebbe permesso di vivere la sua
vita esattamente come desiderava.
«Il progetto non è ancora
completo ed è del tutto teorico. Ad ogni modo non
c'è un modo per
testarlo con certezza: o funziona, o non funziona. Devo ancora
effettuare test e
simulazioni specifici, ma avremo la risposta definitiva solo ad
operazione compiuta.»
«E se non dovesse funzionare?» chiese il
ragazzo, evidentemente riluttante a prendere in
considerazione l'eventualità.
«Se non dovesse funzionare e non
sorgono complicazioni, c'è il piano B,» lo
rassicurò. «Il
chip verrà ancorato al tuo
midollo
osseo; a quel punto risulterebbe inamovibile. Se non funziona,
può
essere disattivato rimuovendo solo il palladio che lo alimenta con
una seconda operazione. Rimarrebbe nel tuo corpo, ma sarebbe inerte e
innocuo, almeno teoricamente.»
Tony
fece
scorrere alcune slide con un semplice e veloce gesto della mano fino
a soffermarsi sull'icona di un paio di gambe dalla struttura molto
simile a quella che stava progettando per lui: sembravano solo un po'
più tozze e pesanti.
«Dopo, puntiamo
su queste.» Estrasse l'immagine delle gambe dallo schermo
lasciandola sospesa in
aria e mostrando il prototitpo al suo futuro, ipotetico proprietario.
«La struttura non è ancora completata, come
d'altronde l'altro
ferrovecchio per me che sto cercando di assemblare. La cosa
più
difficile sarà installare le protesi nel tuo corpo e, come
ti ho già
accennato, non è detto che l'accetti. Potrebbe esserci un
rigetto.»
«Può succedere?»
«Ian mi ha detto che è possibile. Io ho
avuto fortuna, ma ha anche detto che la gamba potrebbe risultare
più
ostica, soprattutto per il recupero post-operatorio.» Tony si
massaggiò la nuca con malcelata preoccupazione.
«Facciamo che
prima mi opero e poi parliamo dei rischi, eh?» chiuse
l'argomento
con un sorrisetto nervoso e Kyle non insistette, comprensivo.
Tony
si schiarì la gola prima di riprendere:
«L'operazione sarà
difficile, visto che Ian dovrà prima amputarti entrambe le
gambe. E
se non andrà a buon fine...»
Si bloccò,
esitante, ma vedendo
l'espressione decisa di Kyle continuò:
«Saresti
costretto a
rimuovere gli impianti e non avresti più le gambe. Non
proprio una
bella prospettiva, ma Ian è bravo, lo sai meglio di me. E
posso confermarlo anch'io dopo che mi
ha ripescato dal coma e ha permesso questo.» Si
toccò la protesi
del braccio. «Non dirgli che l'ho detto,
però,» aggiunse
cauto.
«Non importa il rischio,» dichiarò
infine Kyle,
che aveva seguito attento e speranzoso ogni sua singola
parola.
Tony
spostò lo sguardo su di lui: aveva avuto anche lui
quell'espressione
così decisa ed allo stesso tempo fanciullesca prima di
iniziare a lavorare così assiduamente sui suoi arti? Ce
l'aveva
ancora? Gli
sembrava passata una vita, invece erano solo pochi mesi... era una
distorsione del tempo molto simile a quella che aveva avvertito in
Afghanistan, dove ogni giorno era una settimana e tre mesi gli erano
sembrati tre anni.
Si riscosse da quei ricordi, focalizzandosi su Kyle: non gli
riusciva difficile rispecchiarsi in quel ragazzo
che non chiedeva altro che poter camminare. In fondo era quello che
voleva anche lui... con qualche aggiunta un po' ambiziosa. Gli
sfuggì uno sguardo in direzione delle armature, ma lo
dirottò
rapidamente sul suo interlocutore. Voleva davvero sperare che
alla fine di tutta queslla storia ne sarebbero usciti... completi.
Capiva benissimo gli stati d'animo di Kyle e comprendeva la sua
paura, ma sapeva anche che la felicità che avrebbe provato
se fosse
andato tutto come previsto l'avrebbe ripagato di tutto. Almeno,
questo era ciò che aveva pensato quando si era svegliato
dopo
l'operazione; gli augurava di poter provare lo stesso, un giorno.
«Ian potrà sicuramente darti indicazioni
più precise viste le
mie scarse conoscenze mediche. In realtà dobbiamo ancora
consultarci; ultimamente sono stato un po'... preso,»
si
giustificò evasivo.
«Immagino.»
In quel mentre entrò
Pepper.
Tony distolse lo sguardo dall'avvocato, ringraziando la
donna per essere stata puntualissima come sempre e averlo salvato da
una conversazione probabilmente sconveniente su cucine devastate e
litigi notturni.
«Signorina Potts, dovrebbe parlare con K del
prossimo processo riguardo la parte burocratica, da cui io mi
terrò
ben lontano. Ditemi quando vi servo per il pezzo forte, nel frattempo
ho da lavorare per tutti e due,» disse rapido, indicando se
stesso e
Kyle e
licenziandosi con un sorrisetto un po' forzato, ma anche un
soddisfatto per aver teoricamente appianato la situazione col suo
avvocato.
«Kyle, se vuoi seguirmi ci spostiamo di sopra per
parlare. Vuoi del tè?» gli chiese Pepper con
naturalezza,
guadagnandosi un'occhiata storta da Tony che lei parve non
notare.
«Sì, grazie. Molto gentile,» rispose
l'altro,
sospingendosi verso l'ascensore dopo aver rivolto un cenno di saluto
a Tony.
I due uscirono dal laboratorio chiacchierando, lasciando
Tony indaffarato e sommerso dal lavoro.
Ora sì che vedeva le
ballerine...
Schioccò le dita in modo seccato, riattivando i
circuiti di JARVIS:
«Ehi, cervellone: proiettami un modello del
micro-arc e vedi di elaborarne una versione da applicare alla mia
gamba. E sbrigati, o ti fondo i circuiti.»
***
13 Marzo, Villa Stark
Le
note distorte di Iron Man risuonarono
improvvisamente nel laboratorio, quasi soffocate dalla musica
altrettanto aggressiva che proveniva dall'impianto stereo. Tony
si scostò gli occhialoni protettivi dal volto, sorpreso nel
sentir squillare il suo cellulare dopo due mesi di silenzio quasi
totale. E doveva decisamente cambiare suoneria...
Spense con un gesto la
musica dell'impianto, arrestando la cacofonia di accordi dissonanti
che si era venuta a creare tra AC/DC e Black Sabbath. Non si
disturbò a raggiungere il
cellulare, sepolto da un cumulo di scarti meccanici e limatura
metallica, e si limitò ad
ingrandire una schermata che era appena comparsa su uno dei suoi
innumerevoli schermi. La sua espressione si fece corrucciata
quando lesse il nome che lampeggiava a un palmo dal suo volto.
Valutò
per
qualche istante l'opzione di ignorare la chiamata, poi ripose
sospirando il saldatore sul suo supporto e trascinò con
rassegnazione il tasto di risposta.
«Ehi, Rhodes,» esordì con
forzata vivacità, scostando gli occhiali protettivi dal
volto.
Ci fu un breve silenzio, che esprimeva
probabilmente sorpresa per il fatto che Tony avesse usato il suo
cognome esatto senza storpiarlo come al solito.
«Tony?»
«Il solo
ed unico. Dimmi in fretta, sono un po' preso,» lo
incalzò subito.
«Come sempre... come stai?»
Tony colse chiaramente il tono
preoccupato dell'amico, ma non aveva alcuna intenzione di mostrarsi
conciliante, né tantomeno amabile nei suoi confronti.
«Un po' a
pezzi, ma lo sai,» rispose, lapidario.
Rhodey esitò brevemente,
forse non capendo se la sua fosse ironia o meno.
«Quando avevi
intenzione di chiamarmi, geniaccio?» cambiò
argomento, con brio forzato.
Era un chiaro invito a una conversazione civile, magari anche
scherzosa come al loro solito. Doveva ammettere che ammirava la
sua compostezza. Conoscendolo, stava probabilmente lottando contro la
tentazione di partire in quarta per una ramanzina interminabile. La
sua ammirazione però non compensava il risentimento che
provava,
perciò mandò all'aria il suo invito senza
esitazioni:
«A dir
la verità, mai,» Tony non si curò di
nascondere il fastidio che
trapelava dalla sua voce.
«Ok, a cosa devo tutta questa
ostilità?» la sua cadenza rassegnata lasciava
intuire che in realtà
la cosa non lo sorprendeva affatto.
«"Incidente coi
Whiplash" ti dice nulla?»
Tony ruotò sulla sedia un paio
di volte, curioso di sapere come si sarebbe giustificato.
Probabilmente non l'avrebbe fatto.
«Se è ancora per quella
storia...»
"Appunto."
«È per quello, Rhodes.»
«Non puoi metterci una pietra sopra?»
«No,» replicò
seccamente, stupendosi di quanto gli stesse risultando semplice
mantenere la calma.
Forse non poterlo vedere in carne ed ossa era
d'aiuto. Anche il fatto che lui fosse effettivamente "solo" il suo
migliore amico e non un qualcuno che oscillava nel limbo tra
amicizia, rapporto lavorativo e chissà-che-altro era un
ottimo
incentivo a tenere la testa sulle spalle. Si decise a continuare,
prima di perdere il controllo dei propri pensieri:
«Anzi,
gradirei una spiegazione.»
«Mi hanno chiesto, il che vuol dire
ordinato, di "rivedere" il mio rapporto ufficiale.
Non ho rivelato nulla sulla tua identità, ho solo detto che
Iron Man
era il responsabile. Non potevo mentire di nuovo e poi...»
«E
poi eri arrabbiato con me. Lo capisco, nei tuoi panni avrei
probabilmente fatto lo stesso...»
«Ecco, allora non capisco
perché continui ad accanirti su...»
«... se la
questione fosse stata privata fra noi due e non avesse riguardato la
mia identità segreta, la mia
immagine pubblica e
privata e i miei rapporti coi Vendicatori e col
governo che
già mi detesta,» completò Tony,
riuscendo a mantenere un tono
assolutamente impassibile. «Siamo un po' oltre la semplice
ripicca per un dissidio tra amici, Rhodes. Pensavo che te ne fossi
reso conto.»
Ci fu un silenzio attonito dall'altro capo del
telefono seguito da Rhodey che, prevedibilmente, cominciò a
perdere
la calma per primo. Doveva aver appena battuto il suo record di
resistenza al "brevettato metodo rompipalle Stark".
«Non
è sicuramente per quello che il tuo processo è
andato come è
andato!»
«Concordo. Ma questo non cambia nulla. Non voglio
farne una questione di principio, ma questa è
una questione
di principio.»
«Come se fosse una novità, per te.»
Tony non
raccolse quella provocazione, ma rispose altrettanto provocatorio:
«Tra
l'altro, complimenti: hai avuto un ottimo tempismo per aggiungere
altro stress nella mia vita. E per nascondermi informazioni
sensibili.»
«Tony, io non sapevo assolutamente nulla delle tue condizioni
finché non ti si è rotta la protesi al processo!
Lo SHIELD mi ha
proibito di contattarti...»
«Oh, certo, lo SHIELD! Ecco
un'altra vittima del sistema,» lo interruppe lui, caustico.
«...
e quando ho ignorato le loro direttive per informarti di persona tu mi
hai cacciato di casa, se
ben ricordi.»
«Un ottimo motivo per non informare né me
né
Pepper delle procedure di segretezza che avevate preso! Davvero, non
so se sei più incommentabile tu o Fury.»
«Sono infuriato
anch'io con lui! Se mi avesse detto quello che ti era
successo...»
«Cosa, avresti avuto pietà di me solo
perché
ora sono un povero mutilato?» lo interruppe nuovamente Tony,
stavolta
con disprezzo.
«No, avrei cercato di trovare una soluzione con
te!» esclamò l'altro, incredulo.
Tony sospirò e ringraziò
che Rhodey non potesse vederlo in quel momento. Gli sembrava di
sentir parlare se stesso, e la cosa lo inquietava, piuttosto che
rincuorarlo. Si costrinse a riportare la discussione su un
terreno neutrale.
«Senti, apprezzo la buona volontà, davvero.
Ma non credo tu possa aiutarmi, come non credo di volere il tuo aiuto
in questo momento.»
«Sei il mio migliore amico, Tones, non puoi
chiedermi di rimanerne fuori.»
«Lo sto facendo.»
«Di me
puoi fidarti.»
«Ultimamente ho qualche problema a fidarmi di
chiunque, escluso me stesso. Avete tutti il brutto vizio di tradirmi,
tenermi all'oscuro di tutto o decidere cosa devo sapere e cosa
no.»
Inspirò a fondo nel tentativo di mantenere un tono fermo e
vi fu una
breve pausa dall'altro capo.
«Non puoi sempre fare tutto da
solo,» disse infine Rhodey, in quella che era decisamente
un'accusa.
«Magari non posso, ma voglio
farlo.»
A questo Rhodey
non seppe rispondere e si limitò a prolungare il silenzio,
forse
sperando che lui aggiungesse qualcosa o facesse un passo verso di
lui. Ma Tony rimase semplicemente in attesa che l'amico capisse
che la conversazione era finita. Sapeva che l'avrebbe capito; di
solito era così che finivano le loro discussioni: con un
mutuo silenzio e muri d'orgoglio e testardaggine.
Dopo pochi
secondi, infatti, si udì un sospiro vibrante dall'altra
parte della
cornetta, seguito dalla voce rassegnata di Rhodey:
«Se cambi
idea, ci sono.»
«Lo so. Mi faccio vivo io.»
Attaccò
subito, tirando un sospiro di sollievo e pentendosi di aver risposto.
Avrebbe dovuto immaginare che sarebbe finita così...
Quand'è che tutti
avrebbero capito che aveva solo bisogno di starsene da solo, immerso
nei
suoi problemi così da poterli analizzare al meglio per porvi
rimedio
senza interferenze esterne? Non biasimava Rhodey per il suo
interessamento, ma non poteva fare a meno di trovarlo invadente.
Oltre al fatto che gli risultava davvero difficile
perdonarlo
per tutto il resto. E non aveva bisogno di fomentare
ulteriormente la sua diffidenza verso il mondo intero iniziando a
chiedersi se potesse fidarsi del suo migliore amico in una situazione
del genere. Preferiva tenerlo alla larga.
Tony scacciò lo
schermo della chiamata con un gesto secco, poi si calò
nuovamente
gli occhialoni sul volto, afferrò il saldatore e
tornò a dedicarsi
alla protesi inferiore, eliminando qualsiasi pensiero che non fosse
la volontà di finire quel ferrovecchio nel minor tempo
possibile.
«JARVIS, cos'è questo mortorio? Metti qualcosa di
più
stimolante.»
Gli AC/DC tornarono a colmare il silenzio.
Revisione effettuata il 26/02/2018
Note delle Autrici:
Questa volta siamo un po' in ritardo rispetto al solito e senza molte novità, ma stiamo dando un po' di tregua a quella povera anima pia di Tony che continua ad essere torturato. Ma lo amiamo comunque.
Ringraziamo i coraggiosi lettori giunti fin qui che ci continuano a sopportare nonostante siamo sempre più sadiche con il vostro povero playboy (é.è); in particolare ringraziamo chi ha recensito/letto ed aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite: BENNYloveEFp, bluephoenix, Checca Cullen, feddy92, Lupoz91, nenni96, Sherlock_Watson, WhiteRabbit, crystaleyes, alliearthur, blackpearl_, Grety, Morrigan Aensland, NemesiS_, Rogue92, serysaku, Micchi. Quante siete *-* <3 Ancora grazie ed a presto!
Moon&Light
Edit 26/02/2018: è stata aggiunta la parte con la chiamata di Rhodes, il quale era rimasto abbastanza tagliato fuori da questa storia (finendo pure per fare la figura dello stronzetto, in effetti). Ammetto che all'epoca fu la nostra pigrizia a spingerci a lasciarlo da parte del tutto, ma essendo il migliore amico di Tony ciò sarebbe decisamente irrealistico, quindi di tanto in tanto farà capolino per amor di IC. [-Light-, che continua a scrivere note nella speranza che vecchi lettori ancora sbircino/seguano la storia...]
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