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Autore: ___MoonLight    21/05/2012    7 recensioni
«Tu sei riuscito a creare qualcosa di buono, non solo per te stesso. Qualcosa in cui credi.»
Tony gli riservò solo un ostinato silenzio, al che Bruce esitò.
«Ci credi ancora, vero?»
«Che importanza ha? Ho mandato tutto in fumo,» replicò piattamente lui.
«Sei già rinato dalle ceneri, Tony. Davvero non puoi farlo ancora?»

L'Afghanistan ha segnato Tony e gli ha donato l'opportunità di cambiare in meglio la sua vita. Ma il destino ha tutte le intenzioni di mettergli nuovamente i bastoni tra le ruote, e l'immagine corazzata che si è costruito e dietro la quale tenta di riparare i torti commessi e quelli subiti non è più abbastanza per proteggerlo. Cosa succede quando l'uomo diventa davvero di ferro, anche senza armatura?
[Storia completa e revisionata]
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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"Another head aches, another heart breaks
I am so much older than I can take
And my affection, well it comes and goes
I need direction to perfection
Help me out
Yeah, you know you got to help me out"


[All These Things That I've Done – The Killers]



12 Marzo, 9:30, Villa Stark
N
on riusciva a ricordare di preciso quando si fosse addormentato, ma il freddo piano del banco di lavoro non gli era mai sembrato così comodo, così continuò tranquillamente a tenere l'occhio chiuso cercando di ricadere nel dormiveglia. Stava anche facendo un sogno niente male, considerando che implicava una donna non meglio identificata che ballava una lap dance in un night club, e lui stesso con ancora tutti i pezzi al loro posto che si godeva lo spettacolo sorseggiando un drink.
Riaprì con cautela l'occhio quando realizzò che non sarebbe mai riuscito a riaddormentarsi, vista la quantità immane di caffè che ancora gli scorreva nelle vene – e non solo – e che quindi non aveva speranze di riprendere il sogno. Il che non era poi una conseguenza così malvagia, considerando il fatto che la donna in questione somigliava un po' troppo a Pepper, e dopo gli avvenimenti del giorno prima non aveva alcun bisogno di complicare ulteriormente il suo rapporto con lei, tantomeno immaginandola in atteggiamenti provocanti e sconvenienti. Scacciò quei pensieri su cui aveva rimuginato fino ad allora – cioè prima di crollare semisvenuto per la stanchezza – e che avevano il potere di fargli venire una forte emicrania se tentava di analizzarli e trovarvi un senso logico.
Non si mosse dal tavolo, rimanendo con la testa abbandonata sulle braccia incrociate e con lo sguardo vagamente disgustato fisso sulla protesi inferiore in attesa del suo intervento per essere completata. Calcolò stancamente che gli mancavano forse due settimane per renderla funzionale se continuava a lavorare a quel ritmo sfibrante. Tre settimane se avesse rallentato un po', come il suo corpo esausto gli implorava di fare... ma non poteva mollare proprio ora che gli mancava così poco. Non doveva essere perfetta, non doveva neanche essere definitiva: gli serviva solo un dannato pezzo di ferro che lo facesse stare in piedi; ai dettagli e al perfezionamento avrebbe pensato in seguito. E poi il processo ormai incombente, la futura riabilitazione, la terapia – perché sapeva che prima o poi avrebbe ceduto anche a quella –, l'occhio – l'occhio, dannazione! Non aveva davvero intenzione di starsene con una benda per il resto della vita –, Iron Man e i Vendicatori...
Emise un lamento soffocato nel rendersi conto della quantità esorbitante di problemi che si era accumulata sulle sue spalle in quel breve lasso di tempo. Iniziava a rimpiangere la miriade di riunioni aziendali a cui era solito svicolare fino a pochi mesi prima. Adesso avrebbe fatto salti di gioia per essere anche solo in grado di presenziarvi.
Si passò la mano buona sul volto, incitandosi mentalmente a svegliarsi del tutto e a riprendere il lavoro, ma si limitò a rimanere riverso sul bancone, indolente, assonnato e allo stesso tempo incapace di dormire. L'insonnia lo stava sfibrando e non era neanche tutta colpa dei moncherini, o almeno non del disagio fisico che gli provocavano, visto che aveva davvero ricominciato ad assumere regolarmente i suoi antidolorifici. Aveva comunque l'impressione che non migliorassero più di tanto le cose. Ma no, era anche altro a tenerlo sveglio la notte. Un qualcosa di intangibile che gli causava però un senso di nausea fin troppo reale e un'avversione sempre più viva verso qualunque superficie riflettente.
Un ticchettio di tacchi lo fece sobbalzare, come richiamato dal suo rimuginare.
Quando sentì la porta del laboratorio che si apriva rialzò appena il capo, mentre il suo problema più grande e nuova concausa della sua insonnia gli si rovesciava addosso come una secchiata d'acqua gelida. O come un caffè freddo. Pepper entrò a passo svelto nel laboratorio, in un tailleur beige e con una cartellina dall'aria pesante in mano.
Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto chiarire le cose con lei, in un modo o nell'altro. Non era neanche del tutto certo di cosa ci fosse da chiarire, in effetti. Si era comportato da stronzo, quello era lampante anche al suo ego più che permissivo verso i propri errori. E avrebbe decisamente dovuto scusarsi.  Quello delle scuse non era un ambito a lui familiare, ma pensava di essere in grado di cavarsi fuori dalla bocca un paio di frasi di senso compiuto.
Ma il resto? Ovvero le loro "esistenze complicate"? Non riusciva a capire se avesse ancora un senso parlarne, ma era abbastanza sicuro che rimanere in quella posizione non del tutto schierata fosse la cosa peggiore che potessero fare. Aveva assolutamente bisogno di un punto fermo nella sua esistenza che era diventata così mutevole. Se gli fosse venuto a mancare anche quello non aveva idea di quanto in basso sarebbe potuto cadere e, da dieci anni o poco meno, aveva sempre individuato il suo punto fermo in Pepper. 
Si riscosse dal suo torpore e fece per salutarla, poi cambiò idea e si limitò a un cenno del capo.
"Ma che cavolo."
Fantastico. Era appena diventato incapace di relazionarsi con lei. Come faceva a mantenersi distaccato comportandosi però normalmente? Non era mai stato troppo formale nei confronti della sua assistente, anzi, e nonostante lei lo tenesse fermamente in riga, non rifiutava né era mai sembrata irritata dalla sua eccessiva espansività verbale, arrivando a prendere sul ridere le continue avances che erano parte del loro modo di scherzare. Adesso si trovava nelle condizioni di dover reinventare completamente il proprio modo di porsi nei suoi confronti. Se non era totalmente impazzito fino ad allora, quello era un ottimo momento per farlo.
Aveva la netta sensazione di avere nella mente due pugili su un ring – razionalità contro irrazionalità – che si massacravano a vicenda nel tentativo di prevalere l'uno sull'altro. Peccato che per ora erano alla pari e i colpi li incassava solo lui, senza molto beneficio alla sua già precaria salute psicofisica. Mentre i due allegri lottatori continuavano a darsele di santa ragione, Pepper ricambiò appena il gesto apparentemente del tutto padrona di sé, come se nella sua, di mente, ci fossero solo tante leggiadre ballerine intente a volteggiare su una pista. Non riusciva a spiegare altrimenti la sua espressione assolutamente distesa e serena.
La sua parte irrazionale subì un duro smacco e fu messa alle corde:
"Vedi? È indifferente! Devi esserlo anche tu!" sembrava gridargli la parte razionale.
Tony tentò di sopprimere quel patetico teatrino mentale e si trovò quasi a desiderare l'autocontrollo di Pepper – oltre alla donna in sé, ma relegò quella considerazione in un angolo molto, molto remoto.
"Bene, Tony, prendine atto: il tuo buonsenso è magnificamente andato a puttane se speri di avere ballerine nel cervello," tentò di sdrammatizzare, evitando in tutti i modi gli occhi di Pepper.
La donna gli porse senza una parola la cartellina straripante di documenti da visionare, ma la lui degnò appena di uno sguardo, troppo impegnato a fingersi concentrato sulla protesi per considerarli.
Pepper non si mosse.
«Signor Stark, dovrebbe firmarli ora,» lo invitò poi, vedendo che non aveva intenzione di distogliersi dal suo lavoro.
Tony rialzò di scatto lo sguardo, preso in contropiede nell'udire la sua voce assolutamente normale.
Normalità. La parola sembrò fungere da energizzante per la sua razionalità, perché spedì l'altro pugile al tappeto con un colpo diretto. KO tecnico.
Adesso poteva anche lasciar perdere la possibilità di mettere in chiaro le cose nell'altro senso, qualunque esso fosse, perché a quanto pareva Pepper voleva solo riprendere a vivere come se niente fosse successo. Come aveva fatto dopo il processo: quello era stato un chiaro segnale, e la sua parte idiota – perché di idiota si trattava – non aveva saputo interpretarlo. D'altra parte, se in dieci anni non era mai successo nulla tra loro, non vedeva perché dovesse succedere adesso, nella situazione più sfavorevole che riuscisse a immaginare sotto ogni punto di vista. Se anche fosse stato del tutto equilibrato mentalmente e socialmente, ormai per la componente fisica poteva fare ben poco. Non era neanche sicuro di rientrare in una categoria umana, al momento, figuriamoci se poteva ancora considerarsi attraente. Era una semplice questione di logica, e Pepper era una persona estremamente logica.
Razionalità-Irrazionalità: uno a zero. Minuti di recupero non concessi.
«Signor Stark? Si sente bene?»
Si rese conto di aver probabilmente assunto un'aria spaesata e di avere lo sguardo che oltrepassava la protesi, perso nel vuoto. Non mancava mai di sfoggiare lampanti esempi di instabilità a chiunque gli stesse intorno...
«Io? Certo, analizzavo solo questo gioiellino in cerca del modo più congeniale per ottimizzare l'utilizzo del titanio e...»
«Tutto ciò è molto interessante, ma la prego di firmare i documenti, perché vista la sua situazione già abbastanza disastrata è davvero il caso di avere le carte in regola,» lo interruppe con gentile fermezza, porgendogli una penna.
Lui la prese senza pensarci, con la sinistra, e scribacchiò una firma malferma su ognuno dei fogli che gli aveva affibbiato, contando sul fatto che li avesse letti per lui impedendogli di approvare contratti improbabili. Era già abbastanza stancante dover lavorare con un occhio solo, se avesse anche dovuto leggere ogni singola riga di quelle scartoffie sarebbe diventato cieco. Non che prima si fosse mai occupato molto della burocrazia aziendale...
Appose l'ultima firma, più simile a uno scarabocchio, e lei fece per riprendere la cartellina e allontanarsi, ma Tony la trattenne d'istinto con la mano meccanica, senza pensarci.
Pepper incrociò di scatto il suo sguardo, sorpresa, e sembrò quasi infastidita.
"Idiota. Non ti è bastato ieri? Molla quella mano!"
Bla, bla, bla... il suo cervello ci provava, ci provava davvero a tenerlo lontano da situazioni spinose, ma lui come sempre faceva l'opposto di quel che gli suggeriva, da bravo idiota qual era. Aveva un dono per cacciarsi in quelle situazioni. E adesso teneva la mano di Pepper senza neanche poterla percepire sotto le dita artificiali, pregando di non stringere troppo la presa e senza avere la minima idea di quel che voleva dire o fare. Lei non sfuggì la sua stretta, anche se sembrava un po' scossa dal fatto che stesse toccando un qualcosa di inanimato. In effetti aveva evitato qualunque contatto diretto con la sua protesi e Tony non sapeva davvero come dovesse interpretare la cosa. Davvero un ottimo momento per capirlo.
«Signorina Potts...» cominciò, ignaro di dove sarebbe andato a parare.
"Oh, Dio onnipotente, se davvero sei lassù dammi una prova che esisti e fammi dire qualcosa di sensato!" si trovò a pregare, al colmo della disperazione.
Pepper sembrò attendere le sue parole quasi con ansia e non lasciò andare la sua mano, forse credendo che lui stesse per sbloccare quella situazione di stallo insostenibile.
«... potrebbe chiamare Kyle?»
Se qualcuno avesse preso un megafono, l'avesse collegato a trecento casse e gli avesse urlato nelle orecchie non sarebbe comunque potuto essere altrettanto sonoro dell'immane bestemmia che gli esplose in testa quando si sentì pronunciare quella frase assurda. In quel momento decise senza ulteriori ripensamenti che ateo era e ateo sarebbe rimasto, visto che l'ispirazione divina sembrava non sortire alcun effetto su di lui. E d'altronde non poteva davvero dire che la mano santa l'avesse aiutato molto, ultimamente.
Lei lo fissò un po' spaesata, poi annuì appena e Tony la lasciò, fissandola con quello che sperava fosse uno sguardo eloquente: "normalità", avrebbe voluto stamparsi in fronte.
«Naturalmente. Lo faccio chiamare subito. Dovreste proprio riallacciare i rapporti dopo quello che è successo. Dopo il processo, intendo.»
Ding.
Da quando Pepper sapeva parlare in codice? Poteva cogliere un chiaro invito in quelle parole, sempre che la sua mente non gli stesse di nuovo facendo brutti scherzi.
«Certo, ha perfettamente ragione. Per una volta ammetto di dovermi scusare con qualcuno,» disse con apparente leggerezza, riprendendo a lavorare sulla protesi dopo aver riconsegnato i documenti a Pepper.
«Già, dovrebbe rendersene conto più spesso.» 
Fu la sua unica risposta, accompagnata da un'occhiata un po' dura, ma addolcita dalla piega forzata delle labbra che nascondeva un sorrisetto soddisfatto.


***


Imbarazzante. Era l'unico aggettivo che trovava per descrivere quella situazione: molto, molto imbarazzante.
Kyle era ad appena un metro da lui, seduto sulla sua sedia a rotelle in una posa apparentemente flemmatica, ma lo fissava con astio senza ritegno, mentre lui,
piazzato sulla sua solita sedia girevole, faceva vagare lo sguardo per il laboratorio. Ora su un documento, adesso su un pezzo di acciaio, dopo ancora sulla propria protesi in fase di assemblaggio...
Erano state sicuramente poche le volte in cui Tony Stark si era sentito a disagio, ma questa non sapeva da che parte metterla: se tra quelle del "non esattamente a proprio agio" o tra quelle del "terra, inghiottimi in questo istante".
Il ragazzo davanti a sé si aspettava molto probabilmente delle scuse o qualcosa che potesse anche solo assomigliarvi, ma a parte tanti pensieri sconnessi e poco inerenti al contesto – come se non ne avesse già avuti abbastanza – non riusciva a vedere una singola via d'uscita da quell'incontro decisamente non programmato.
«Perché mi ha fatto chiamare, signor Stark?» chiese infine l'avvocato, glaciale.
"Giusto, Tony. Perché lo hai fatto chiamare? Certe domande dovresti fartele anche tu, ogni tanto."
Forse la sua sezione "risposta pronta" era andata in vacanza.
"Perché lei è un idiota, signor Stark."
Gli sembrava che la sua coscienza fosse formata non più da se stesso, ma da Pepper – oltre ad altre varie ed eventuali presenze che si divertivano a fare a pezzi la sua facoltà decisionale. Ovviamente lei rappresentava l'angioletto su una delle sue spalle... sull'altra poteva quasi intravedere un demone che assomigliava terribilmente a Fury, per associazioni mentali abbastanza ovvie.
Tony alzò lo sguardo sull'avvocato, che lo fissava tra l'interrogativo e l'infastidito: era sicuramente ancora arrabbiato per le offese che gli aveva rivolto alla fine del processo, senza dimenticare la minaccia di annullare il pagamento. Nel tentativo di sfuggire a quella confusione di pensieri gli cadde l'occhio sulla protesi della gamba:
«Volevo solo informati di come sta procedendo la progettazione delle tue gambe,» sparò, ringraziando se stesso per essersi anticipato un po' di lavoro e per aver buttato giù qualche schizzo mentre lavorava sulla sua.
Kyle rimase di sasso a quell'affermazione. Tony si rendeva conto che quello non era esattamente un modo convenzionale per chiedere "scusa", ma lui non era mai stato bravo con quel genere di cose: stava facendo quel che poteva, più o meno. Il ragazzo distolse lo sguardo da lui per posarlo sul prototipo della gamba poggiato sul banco di lavoro. Era ancora stupito, ma sembrava finalmente più rilassato.
Tony tirò quasi un respiro di sollievo nel realizzare che non era più sotto il tiro terribile del suo sguardo inquisitore. Si chiese come avesse potuto prendersela con lui per quello che era successo. Era un buon avvocato, nonostante la sua giovane età; anzi, era decisamente ottimo, considerando la sua scarsa collaborazione durante il processo...
«Prego.» 
Kyle lo invitò a continuare, il mento poggiato sulla mano e gli occhi che gli luccicavano oltre le lenti. Tony accolse il piccolo sorriso con cui lo disse come un "sei-sulla-buona-strada".
«JARVIS, apri il progetto Ph.01 X, cartella "K",» ordinò.
«Subito, signore,» rispose pronta l'intelligenza artificiale.
«Ph.01 X?» Kyle alzò leggermente le sopracciglia, interdetto.
«L'ha scelto JARVIS, non io. Io mi limito a ribattezzare le persone, K,» disse con un sogghigno sicuro di sé che l'altro ricambiò appena.
Di fronte a loro si materializzò uno schermo olografico, sul quale Tony iniziò a navigare con rapidità attraverso vari file e immagini: protesi, test al riguardo e dati medici scorsero veloci davanti ai loro occhi prima di soffermarsi su quello che sembrava un nuovo progetto per un reattore arc. Tony iniziò a spiegare, cercando di risultare il più comprensibile possibile:
«L'idea sarebbe di sottoporti ad un'unica operazione per installare un micro-reattore arc alla base della spina dorsale, così da riattivare i nervi e le cellule non funzionanti delle tue gambe: sarà una protesi di una tua vertebra che svolgerà la funzione di inviare gli impulsi motori e "rianimare" i nervi tramite dei filamenti in unobtanium.»
A Kyle sembravano luccicare gli occhi al solo intravedere una soluzione che gli avrebbe permesso di vivere la sua vita esattamente come desiderava.
«Il progetto non è ancora completo ed è del tutto teorico. Ad ogni modo non c'è un modo per testarlo con certezza: o funziona, o non funziona. Devo ancora effettuare test e simulazioni specifici, ma avremo la risposta definitiva solo ad operazione compiuta.»
«E se non dovesse funzionare?» chiese il ragazzo, evidentemente riluttante a prendere in considerazione l'eventualità.
«Se non dovesse funzionare e non sorgono complicazioni, c'è il piano B,» lo rassicurò.
«Il chip verrà ancorato al tuo midollo osseo; a quel punto risulterebbe inamovibile. Se non funziona, può essere disattivato rimuovendo solo il palladio che lo alimenta con una seconda operazione. Rimarrebbe nel tuo corpo, ma sarebbe inerte e innocuo, almeno teoricamente.»
Tony fece scorrere alcune slide con un semplice e veloce gesto della mano fino a soffermarsi sull'icona di un paio di gambe dalla struttura molto simile a quella che stava progettando per lui: sembravano solo un po' più tozze e pesanti.
«Dopo, puntiamo su queste.» Estrasse l'immagine delle gambe dallo schermo lasciandola sospesa in aria e mostrando il prototitpo al suo futuro, ipotetico proprietario. «La struttura non è ancora completata, come d'altronde l'altro ferrovecchio per me che sto cercando di assemblare. La cosa più difficile sarà installare le protesi nel tuo corpo e, come ti ho già accennato, non è detto che l'accetti. Potrebbe esserci un rigetto.»
«Può succedere?»
«Ian mi ha detto che è possibile. Io ho avuto fortuna, ma ha anche detto che la gamba potrebbe risultare più ostica, soprattutto per il recupero post-operatorio.» Tony si massaggiò la nuca con malcelata preoccupazione. «Facciamo che prima mi opero e poi parliamo dei rischi, eh?» chiuse l'argomento con un sorrisetto nervoso e Kyle non insistette, comprensivo.
Tony si schiarì la gola prima di riprendere:
«L'operazione sarà difficile, visto che Ian dovrà prima amputarti entrambe le gambe. E se non andrà a buon fine...» 
Si bloccò, esitante, ma vedendo l'espressione decisa di Kyle continuò: 
«Saresti costretto a rimuovere gli impianti e non avresti più le gambe. Non proprio una bella prospettiva, ma Ian è bravo, lo sai meglio di me. E posso confermarlo anch'io dopo che mi ha ripescato dal coma e ha permesso questo.» Si toccò la protesi del braccio. «Non dirgli che l'ho detto, però,» aggiunse cauto.
«Non importa il rischio,» dichiarò infine
Kyle, che aveva seguito attento e speranzoso ogni sua singola parola.
Tony spostò lo sguardo su di lui: aveva avuto anche lui quell'espressione così decisa ed allo stesso tempo fanciullesca prima di iniziare a lavorare così assiduamente sui suoi arti? Ce l'aveva ancora?
Gli sembrava passata una vita, invece erano solo pochi mesi... era una distorsione del tempo molto simile a quella che aveva avvertito in Afghanistan, dove ogni giorno era una settimana e tre mesi gli erano sembrati tre anni. 
Si riscosse da quei ricordi, focalizzandosi su Kyle:
non gli riusciva difficile rispecchiarsi in quel ragazzo che non chiedeva altro che poter camminare. In fondo era quello che voleva anche lui... con qualche aggiunta un po' ambiziosa. Gli sfuggì uno sguardo in direzione delle armature, ma lo dirottò rapidamente sul suo interlocutore. Voleva davvero sperare che alla fine di tutta queslla storia ne sarebbero usciti... completi. Capiva benissimo gli stati d'animo di Kyle e comprendeva la sua paura, ma sapeva anche che la felicità che avrebbe provato se fosse andato tutto come previsto l'avrebbe ripagato di tutto. Almeno, questo era ciò che aveva pensato quando si era svegliato dopo l'operazione; gli augurava di poter provare lo stesso, un giorno.
«Ian potrà sicuramente darti indicazioni più precise viste le mie scarse conoscenze mediche. In realtà dobbiamo ancora consultarci; ultimamente sono stato un po'... preso,» si giustificò evasivo.
«Immagino.»
In quel mentre entrò Pepper.
Tony distolse lo sguardo dall'avvocato, ringraziando la donna per essere stata puntualissima come sempre e averlo salvato da una conversazione probabilmente sconveniente su cucine devastate e litigi notturni.
«Signorina Potts, dovrebbe parlare con K del prossimo processo riguardo la parte burocratica, da cui io mi terrò ben lontano. Ditemi quando vi servo per il pezzo forte, nel frattempo ho da lavorare per tutti e due,» disse rapido, indicando se stesso e Kyle e licenziandosi con un sorrisetto un po' forzato, ma anche un soddisfatto per aver teoricamente appianato la situazione col suo avvocato.
«Kyle, se vuoi seguirmi ci spostiamo di sopra per parlare. Vuoi del tè?» gli chiese Pepper con naturalezza, guadagnandosi un'occhiata storta da Tony che lei parve non notare.
«Sì, grazie. Molto gentile,» rispose l'altro, sospingendosi verso l'ascensore dopo aver rivolto un cenno di saluto a Tony.
I due uscirono dal laboratorio chiacchierando, lasciando Tony indaffarato e sommerso dal lavoro.
Ora sì che vedeva le ballerine...
Schioccò le dita in modo seccato, riattivando i circuiti di JARVIS:
«Ehi, cervellone: proiettami un modello del micro-arc e vedi di elaborarne una versione da applicare alla mia gamba. E sbrigati, o ti fondo i circuiti.»

***


13 Marzo, Villa Stark

Le note distorte di Iron Man risuonarono improvvisamente nel laboratorio, quasi soffocate dalla musica altrettanto aggressiva che proveniva dall'impianto stereo. Tony si scostò gli occhialoni protettivi dal volto, sorpreso nel sentir squillare il suo cellulare dopo due mesi di silenzio quasi totale. E doveva decisamente cambiare suoneria...
Spense con un gesto la musica dell'impianto, arrestando la cacofonia di accordi dissonanti che si era venuta a creare tra AC/DC e Black Sabbath. Non si disturbò a raggiungere il cellulare, sepolto da un cumulo di scarti meccanici e limatura metallica, e si limitò ad ingrandire una schermata che era appena comparsa su uno dei suoi innumerevoli schermi. La sua espressione si fece corrucciata quando lesse il nome che lampeggiava a un palmo dal suo volto. Valutò per qualche istante l'opzione di ignorare la chiamata, poi ripose sospirando il saldatore sul suo supporto e trascinò con rassegnazione il tasto di risposta.
«Ehi, Rhodes,» esordì con forzata vivacità, scostando gli occhiali protettivi dal volto.
Ci fu un breve silenzio, che esprimeva probabilmente sorpresa per il fatto che Tony avesse usato il suo cognome esatto senza storpiarlo come al solito.
«Tony?»
«Il solo ed unico. Dimmi in fretta, sono un po' preso,» lo incalzò subito.
«Come sempre... come stai?»
Tony colse chiaramente il tono preoccupato dell'amico, ma non aveva alcuna intenzione di mostrarsi conciliante, né tantomeno amabile nei suoi confronti.
«Un po' a pezzi, ma lo sai,» rispose, lapidario.
Rhodey esitò brevemente, forse non capendo se la sua fosse ironia o meno.
«Quando avevi intenzione di chiamarmi, geniaccio?» cambiò argomento, con brio forzato.
Era un chiaro invito a una conversazione civile, magari anche scherzosa come al loro solito. Doveva ammettere che ammirava la sua compostezza. Conoscendolo, stava probabilmente lottando contro la tentazione di partire in quarta per una ramanzina interminabile. La sua ammirazione però non compensava il risentimento che provava, perciò mandò all'aria il suo invito senza esitazioni:
«A dir la verità, mai,» Tony non si curò di nascondere il fastidio che trapelava dalla sua voce.
«Ok, a cosa devo tutta questa ostilità?» la sua cadenza rassegnata lasciava intuire che in realtà la cosa non lo sorprendeva affatto.
«"Incidente coi Whiplash" ti dice nulla?»
Tony ruotò sulla sedia un paio di volte, curioso di sapere come si sarebbe giustificato. Probabilmente non l'avrebbe fatto.
«Se è ancora per quella storia...»
"Appunto."
«È per quello, Rhodes.»
«Non puoi metterci una pietra sopra?»
«No,» replicò seccamente, stupendosi di quanto gli stesse risultando semplice mantenere la calma.
Forse non poterlo vedere in carne ed ossa era d'aiuto. Anche il fatto che lui fosse effettivamente "solo" il suo migliore amico e non un qualcuno che oscillava nel limbo tra amicizia, rapporto lavorativo e chissà-che-altro era un ottimo incentivo a tenere la testa sulle spalle. Si decise a continuare, prima di perdere il controllo dei propri pensieri:
«Anzi, gradirei una spiegazione.»
«Mi hanno chiesto, il che vuol dire ordinato, di "rivedere" il mio rapporto ufficiale. Non ho rivelato nulla sulla tua identità, ho solo detto che Iron Man era il responsabile. Non potevo mentire di nuovo e poi...»
«E poi eri arrabbiato con me. Lo capisco, nei tuoi panni avrei probabilmente fatto lo stesso...»
«Ecco, allora non capisco perché continui ad accanirti su...»
«... se la questione fosse stata privata fra noi due e non avesse riguardato la mia identità segreta, la mia immagine pubblica e privata e i miei rapporti coi Vendicatori e col governo che già mi detesta,» completò Tony, riuscendo a mantenere un tono assolutamente impassibile. «Siamo un po' oltre la semplice ripicca per un dissidio tra amici, Rhodes. Pensavo che te ne fossi reso conto.»
Ci fu un silenzio attonito dall'altro capo del telefono seguito da Rhodey che, prevedibilmente, cominciò a perdere la calma per primo. Doveva aver appena battuto il suo record di resistenza al "brevettato metodo rompipalle Stark".
«Non è sicuramente per quello che il tuo processo è andato come è andato!»
«Concordo. Ma questo non cambia nulla. Non voglio farne una questione di principio, ma questa è una questione di principio.»
«Come se fosse una novità, per te.»
Tony non raccolse quella provocazione, ma rispose altrettanto provocatorio:
«Tra l'altro, complimenti: hai avuto un ottimo tempismo per aggiungere altro stress nella mia vita. E per nascondermi informazioni sensibili.»
«Tony, io non sapevo assolutamente nulla delle tue condizioni finché non ti si è rotta la protesi al processo! Lo SHIELD mi ha proibito di contattarti...»
«Oh, certo, lo SHIELD! Ecco un'altra vittima del sistema,» lo interruppe lui, caustico.
«... e quando ho ignorato le loro direttive per informarti di persona tu mi hai cacciato di casa, se ben ricordi.»
«Un ottimo motivo per non informare né me né Pepper delle procedure di segretezza che avevate preso! Davvero, non so se sei più incommentabile tu o Fury.»
«Sono infuriato anch'io con lui! Se mi avesse detto quello che ti era successo...»
«Cosa, avresti avuto pietà di me solo perché ora sono un povero mutilato?» lo interruppe nuovamente Tony, stavolta con disprezzo.
«No, avrei cercato di trovare una soluzione con te!» esclamò l'altro, incredulo.
Tony sospirò e ringraziò che Rhodey non potesse vederlo in quel momento. Gli sembrava di sentir parlare se stesso, e la cosa lo inquietava, piuttosto che rincuorarlo. Si costrinse a riportare la discussione su un terreno neutrale.
«Senti, apprezzo la buona volontà, davvero. Ma non credo tu possa aiutarmi, come non credo di volere il tuo aiuto in questo momento.»
«Sei il mio migliore amico, Tones, non puoi chiedermi di rimanerne fuori.»
«Lo sto facendo.»
«Di me puoi fidarti.»
«Ultimamente ho qualche problema a fidarmi di chiunque, escluso me stesso. Avete tutti il brutto vizio di tradirmi, tenermi all'oscuro di tutto o decidere cosa devo sapere e cosa no.» 
Inspirò a fondo nel tentativo di mantenere un tono fermo e vi fu una breve pausa dall'altro capo.
«Non puoi sempre fare tutto da solo,» disse infine Rhodey, in quella che era decisamente un'accusa.
«Magari non posso, ma voglio farlo.»
A questo Rhodey non seppe rispondere e si limitò a prolungare il silenzio, forse sperando che lui aggiungesse qualcosa o facesse un passo verso di lui. Ma Tony rimase semplicemente in attesa che l'amico capisse che la conversazione era finita. Sapeva che l'avrebbe capito; di solito era così che finivano le loro discussioni: con un mutuo silenzio e muri d'orgoglio e testardaggine.
Dopo pochi secondi, infatti, si udì un sospiro vibrante dall'altra parte della cornetta, seguito dalla voce rassegnata di Rhodey:
«Se cambi idea, ci sono.»
«Lo so. Mi faccio vivo io.»
Attaccò subito, tirando un sospiro di sollievo e pentendosi di aver risposto. Avrebbe dovuto immaginare che sarebbe finita così...
Quand'è che tutti avrebbero capito che aveva solo bisogno di starsene da solo, immerso nei suoi problemi così da poterli analizzare al meglio per porvi rimedio senza interferenze esterne? Non biasimava Rhodey per il suo interessamento, ma non poteva fare a meno di trovarlo invadente. Oltre al fatto che gli risultava davvero difficile perdonarlo per tutto il resto. E non aveva bisogno di fomentare ulteriormente la sua diffidenza verso il mondo intero iniziando a chiedersi se potesse fidarsi del suo migliore amico in una situazione del genere. Preferiva tenerlo alla larga.
Tony scacciò lo schermo della chiamata con un gesto secco, poi si calò nuovamente gli occhialoni sul volto, afferrò il saldatore e tornò a dedicarsi alla protesi inferiore, eliminando qualsiasi pensiero che non fosse la volontà di finire quel ferrovecchio nel minor tempo possibile.
«JARVIS, cos'è questo mortorio? Metti qualcosa di più stimolante.»
Gli AC/DC tornarono a colmare il silenzio.









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Revisione effettuata il 26/02/2018


Note delle Autrici:

Questa volta siamo un po' in ritardo rispetto al solito e senza molte novità, ma stiamo dando un po' di tregua a quella povera anima pia di Tony che continua ad essere torturato. Ma lo amiamo comunque.
Ringraziamo i coraggiosi lettori giunti fin qui che ci continuano a sopportare nonostante siamo sempre più sadiche con il vostro povero playboy (é.è); in particolare ringraziamo chi ha recensito/letto ed aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite: BENNYloveEFp, bluephoenix, Checca Cullen, feddy92, Lupoz91, nenni96, Sherlock_Watson, WhiteRabbit, crystaleyes, alliearthur, blackpearl_, Grety, Morrigan Aensland, NemesiS_, Rogue92, serysaku, Micchi. Quante siete *-* <3 Ancora grazie ed a presto!

Moon&Light


Edit 26/02/2018: è stata aggiunta la parte con la chiamata di Rhodes, il quale era rimasto abbastanza tagliato fuori da questa storia (finendo pure per fare la figura dello stronzetto, in effetti). Ammetto che all'epoca fu la nostra pigrizia a spingerci a lasciarlo da parte del tutto, ma essendo il migliore amico di Tony ciò sarebbe decisamente irrealistico, quindi di tanto in tanto farà capolino per amor di IC. [-Light-, che continua a scrivere note nella speranza che vecchi lettori ancora sbircino/seguano la storia...]





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