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Autore: Panda_chan    22/05/2012    0 recensioni
La vide arrivare da lontano, perfettamente riconoscibile per via della lunga coda bionda e dei vestiti.
Itachi provò una lieve fitta di irritazione nel rendersi conto che il suo cuore era sprofondato mentre lei gli si avvicinava, e ricondusse la propria mente all’ordine, sforzandosi di guardare Ino con occhi di avversario.
Sulla sua pelle – incredibilmente
chiara – risaltava ancora qualche ematoma bluastro, e le sue movenze – di solito piacevolmente fluide – erano rese più scattose probabilmente da qualche dolore residuo.
La semifinale le aveva lasciato un paio di acciacchi, considerò l’Uchiha. Non sarebbe stata in grado di dedicarsi alle arti marziali al cento per cento indebolita in quel modo.
Bene, per lui – oppure
no?
Prima classificata al Chunin Contest indetto da Shark Attack
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Itachi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Salve. ^^
Non so tanto bene cosa dire, dal momento che è stato un primo posto decisamente inaspettato, e forse anche un po’ immeritato, date le defezioni interne al contest.
Tuttavia sono contenta del mio primo posto,  e sono davvero, davvero felice del giudizio positivo della giudicia (?), Shark, che ringrazio. Non me lo aspettavo un giudizio del genere, davvero.
Grazie a tutte le partecipanti e un abbraccio grande alle mie compagne di Team dell’inizio, Chis e Mimi.
Vi voglio bene. <3
E a voi… Buona lettura! ^^

 

La finale

La folla rumoreggiava, lì fuori.
Rombava, sommessa, ed in ogni sibilo, in ogni borbottio, l’attesa risuonava, trepidante.
Itachi non ci faceva molto caso.
Seduto nella stanzetta in cui aveva atteso anche l’inizio della semifinale, si limitava ad aspettare che qualcuno lo venisse a chiamare.
Forse qualcun altro, al suo posto, avrebbe iniziato a passeggiare avanti e indietro, oppure avrebbe mentalmente ripassato le proprie tattiche migliori, magari mimando qualche movimento nella solitudine della camera chiusa.
Uchiha Itachi invece rimaneva seduto su quella panca, respirando lentamente.
Non era per alterigia che rimaneva lì immobile, per immodestia, o qualcosa di simile, anzi, avvertiva correre sotto la pelle un’ansia vaga e sorda, un’impazienza sottile che lo induceva a tamburellare ininterrottamente le dita della mano destra sul sedile di legno consumato.
No, il motivo per cui rimaneva in attesa senza muoversi era che sentiva, sapeva di essere pronto.
Suo padre l’aveva preparato sulle tecniche più utili fino alla nausea.
Lui si era allenato fino allo sfinimento.
Nel caso non avesse superato quella fase finale – eventualità di cui tutti, peraltro, parevano ancora una volta dubitare – non avrebbe avuto nulla da rimproverarsi.
Inoltre, ultimo ma non meno importante, ciò che lo impensieriva non era davvero il timore di fallire la prova.
I suoi fallimenti erano sempre stati così rari e lui li aveva mostrati agli altri con così tanta dignità che mai una volta gli era pesato sbagliare; anzi, quando gli era successo si era sempre sentito pervaso da una sorta di subdola e indefinibile soddisfazione, che lo spingeva ogni volta ad alzare la testa con sfida, quasi a dire “Visto, anche io posso sbagliare, non sono perfetto come credete.”
Ciò che lo impensieriva davvero, per una volta, era l’avversario. Avversaria, per essere precisi.
Non particolarmente temibile per lui a livello di tecniche, certo, tanto più che era stata sua compagna di squadra e conosceva il suo stile di combattimento.
L’elemento infido in quel frangente era dato dal legame che in qualche modo li univa, lui ed Ino Yamanaka.
Perché se già per affrontare una ‘comune’ compagna di squadra si sarebbe probabilmente fatto degli scrupoli,  davvero non sapeva come comportarsi con Ino, che ultimamente era stata per lui, ad insaputa di tutti, qualcosa di più.
Scosse la testa per scacciare quei pensieri compromettenti che lo deconcentravano.
Per quanto fossero legati solo da vaghi sentimenti nascenti, avevano parlato a lungo quando avevano saputo che sarebbero stati avversari in finale, ed avevano concluso che quella mattina ciascuno avrebbe considerato l’altro unicamente un avversario da affrontare al meglio delle proprie possibilità.
Quindi le sue riflessioni non avevano giustificazione.
Si impose di smettere di tamburellare sulla panchina tentando di ignorare ancora il rombo degli spalti sovrastanti.
Gli parve di attendere ancora un’eternità, anche se più probabilmente fu solo una decina di minuti, ma poi un jonin venne a chiamarlo.
Nessun discorsetto stavolta, nessuna spiegazione, a differenza di quanto avevano fatto in occasione della semifinale; probabilmente, considerò, ora pensavano che lui fosse provvisto di tutta la teoria necessaria ad affrontare la prova.
Con l’improvvisa sensazione di avere la testa svuotata da ogni cosa che non fosse tattica, strategia, concentrazione, come gli accadeva ogniqualvolta era messo alla prova, seguì il jonin verso il centro dell’arena.
La vide arrivare da lontano, perfettamente riconoscibile per via della lunga coda bionda e dei vestiti.
Itachi provò una lieve fitta di irritazione nel rendersi conto che il suo cuore era sprofondato mentre lei gli si avvicinava, e ricondusse la propria mente all’ordine, sforzandosi di guardare Ino con occhi di avversario.
Sulla sua pelle – incredibilmente chiara – risaltava ancora qualche ematoma bluastro, e le sue movenze – di solito piacevolmente fluide – erano rese più scattose probabilmente da qualche dolore residuo.
La semifinale le aveva lasciato un paio di acciacchi, considerò l’Uchiha. Non sarebbe stata in grado di dedicarsi alle arti marziali al cento per cento indebolita in quel modo.
Bene, per lui – oppure no?
Evitò con cura i suoi occhi azzurri.
Non era il genere di ragazzo che  si faceva bloccare da uno sguardo languido, ma non era nemmeno davvero il ciocco di legno che interpretava così bene.
Se guardarla negli occhi non avrebbe scalfito la sua determinazione nel voler vincere, di certo avrebbe reso il proposito cento volte più doloroso da attuare.
Mantenendo basso lo sguardo le strinse la mano, il resto del mondo completamente estraniato tanta era la concentrazione.
Non ascoltò le poche parole che i due jonin si scambiavano, e tantomeno udì i commenti di chi era seduto poco lontano.
Senza parlare si mise in posizione alzando la guardia, e solo all’ultimo secondo posò gli occhi neri in quelli chiari di Ino, che gli parvero determinati e smarriti al tempo stesso.
Stava cercando qualcosa da trasmetterle con uno sguardo, non sapeva se per rassicurarla o metterla in guardia o spronarla o cos’altro, ma quel minimo contatto visivo fu immediatamente interrotto dal fischio lungo e acuto di inizio gara, che brutalmente intimò loro di cominciare.
Come Itachi aveva previsto non fu un inizio convenzionale: si conoscevano già talmente che sprecare tempo per saggiare mosse o fingere attacchi a scopo ricognitivo sarebbe stato inutile e probabilmente un po’ ridicolo.
Si limitarono a spostarsi dalla loro posizione frontale iniziale, fulminei, per ripararsi dietro agli alberi che ciascuno aveva avuto dietro le spalle fino a qualche secondo prima.
Itachi fu bene attento a nascondersi dietro ad un albero diverso da quello verso cui si era inizialmente diretto: se avesse agito altrimenti lei, protetta dal suo nascondiglio frondoso, avrebbe potuto comodamente colpirlo con la Tecnica del Capovolgimento Spirituale per poi parlare a suo nome e simulare il suo ritiro.
Attivò immediatamente lo Sharingan, dato che in quel frangente la prudenza non poteva essere troppa.
Lei non era probabilmente all’altezza del suo modo di combattere, certo, ma aveva l’enorme vantaggio di conoscere il suo stile.
Grazie alla sua abilità innata senza difficoltà notò dove si trovava, ma non poteva rimanere in attesa che lei si decidesse a fare qualcosa per regolarsi poi di conseguenza: aveva il vantaggio di averla individuata, poteva solo sfruttarlo.
A parte le due piccole macchie vegetali in cui si stavano nascondendo il campo era sgombro, né c’erano sul terreno dislivelli sufficienti a nascondere una persona, quindi era inevitabile che lei lo scorgesse se lui avesse in qualche modo tentato di avvicinarsi; dunque se voleva arrivare a lei la riuscita dell’impresa stava nella sua capacità di farsi vedere il più tardi possibile, in modo da non darle il tempo di elaborare un contrattacco più elaborato della semplice difesa immediata, che lui avrebbe potuto tranquillamente prevedere con lo Sharingan sincronizzandovi l’attacco successivo.
Decise che ci avrebbe provato.
Estrasse un kunai e concentrò il chakra sui piedi per dare un ulteriore incentivo alla sua velocità già di per sé elevata, e partì correndo come una scheggia secondo la traiettoria migliore per non farsi vedere, ovvero nascondendosi tra i rami finché gli fu possibile e costeggiando poi i bordi del campo circolare.
Le era ormai quasi di fronte quando Ino si voltò: aveva probabilmente compreso dai fruscii delle foglie che lui si era mosso, ma non era stata in grado di individuarne la traiettoria.
A giudicare dalla sua espressione ebbe un momento di rabbia verso se stessa per non essere riuscita a fare altro, in risposta all’attacco di Itachi, che estrarre a sua volta un kunai; ma tale rabbia, realizzò il ragazzo, doveva essere scemata subito in rassegnazione dato che immediatamente dopo lui riuscì ad immobilizzarla senza problemi.
Probabilmente doveva aver pensato che anche se avesse previsto la sua tattica non sarebbe riuscita a sfuggirgli a lungo, data la velocità e la resistenza di lui.
Dal ramo in cui si era appollaiata erano piombati entrambi a terra.
Itachi le stringeva entrambi i polsi con una mano, bloccandoli, mentre fermava le sue gambe tra il terreno e il proprio ginocchio che teneva saldamente contro le sue cosce unite.
Con la mano libera le teneva puntato il kunai esattamente sotto il mento.
I loro occhi si incontrarono veramente per la prima volta dopo giorni, rosso su azzurro.
Ino lo guardava, e sebbene si divincolasse Itachi leggeva bene nei suoi occhi la rassegnazione.
Non sarebbe riuscita a liberarsi.
Si era fatta bloccare dopo… tre, quattro minuti? D’altronde era il genio degli Uchiha. C’era da aspettarselo.
Stava a lui ora decidere come far finire la cosa.
La situazione non era tale da richiedere l’intervento dell’arbitro, perché Ino non era in immediato pericolo di vita, né Itachi stava gratuitamente infierendo su di lei.
Ce l’aveva semplicemente in pugno, e doveva stabilire cosa farne.
Stordiscila.
Lo stava guardando, in attesa di scoprire lei stessa come sarebbe finita.
Avevate concordato di non farvi influenzare dall’affinità. Dalle un colpo che la stenda e finiscila qui.
Sullo zigomo lei aveva ancora l’ombra di un ematoma non del tutto scomparso.
Un ultimo colpo alla nuca non la ammazzerà. Basta che svenga. Andiamo.
Ci doveva essere un modo per uscirne bene senza doverla colpire davvero.
Cosa aspetti? Non erano questi i patti.
La folla rumoreggiava, lei lo guardava sempre più impaurita. E forse anche un po’ perplessa.
Interverrà l’arbitro se non ti sbrighi a mettere tu fine all’incontro.
Deciso.
Sarà una buona scelta?
Con sommo stupore di Ino, almeno a giudicare dalla sua espressione, Itachi disattivò lo Sharingan.
Poi il giovane parlò, e con voce distesa, calma, e chiara  “Arbitro, mi ritiro” articolò.
Il sospiro trasecolato della folla venne emesso come da un sol uomo, mentre Itachi le lasciava i polsi, le liberava le gambe e riponeva il kunai nella custodia delle armi.
Il ragazzo finse di non notare la furiosa occhiata di fuoco che gli fu indirizzata da suo padre, su in tribuna d’onore con le autorità della Foglia.
“Ino Yamanaka è la vincitrice d’ufficio dell’incontro.” Alla voce di Genma, l’arbitro, l’arena si era nuovamente zittita. “Ricordo però ai presenti che aggiudicarsi un incontro o lo stesso primo posto del torneo non ha in questo frangente alcun valore effettivo, dato che i vincitori veri e propri, che conquisteranno il grado di Chunin, saranno selezionati unicamente dalla giuria secondo ben altri criteri che la semplice vittoria. Prego i candidati di ritirarsi e chiedo ai miei colleghi di seguirmi per le prime valutazioni.
L’Esame di Selezione dei Chunin, signori, è ufficialmente concluso.”
Non appena terminò di parlare il boato delle persone che si alzavano, si allontanavano e discutevano invase l’arena.
Ino ed Itachi si scambiarono un unico, significativo sguardo prima di allontanarsi in direzioni opposte.

 

Non furono molti a sorprendersi, qualche settimana dopo, nel vedere Uchiha Itachi aggirarsi per il villaggio con il suo nuovo giubbetto da chuunin.
Alcuni sostenevano fosse scontato, altri addirittura che fosse stata tutta una montatura e che la sua vittoria era stata già decisa a tavolino all’inizio del combattimento finale.
Gli Uchiha, dicevano,  avevano infierito affinché il loro genio, già molto capace, vincesse a tutti i costi e ottenesse i giudizi positivi di tutti i severi esaminatori, a scapito della sfortunata avversaria.
Era un’eventualità possibile, o forse no; di certo c’era da dire che Ino, mentre passeggiava mano nella mano con lui, non pareva particolarmente contrariata.
Anzi.

 

**********

Spero che la lettura sia stata gradevole.
Nel caso ci fossero dei punti un po’ oscuri o contraddittori, me ne rammarico, ma è nella natura del contest e ho potuto intervenire più di tanto.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito. <3
Alla prossima! ^^

 

Panda

  
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