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Autore: AbigailLuna    22/05/2012    1 recensioni
Pansy è malata, e forse non guarirà mai. "Da anni, la mia battaglia senza pause contro il sangue della mia famiglia, contro il sangue di un prestigio guadagnato sul sangue di uomini e donne innocenti, mi ha portata ad un punto di non-ritorno. Ti prego, aiutami. Due parti differenti di me stanno decidendo il mio futuro, ma io non riesco a capire quale delle due ha torto e quale ha ragione. Chi devo ascoltare? La voce che mi prospetta una vita agiata ma sempre imbavagliata da valori cui non crede? O quella che mi prospetta una vita da donna libera e quasi felice, ma che deve temere per ogni passo che fa, con aguzzini di entrambe le fazioni pronti ad uccidersi per avere la sua pelle?"
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Blaise Zabini, Luna Lovegood, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Mamma, giochi con me?
 
La signora Parkinson alzò gli occhi dalla corrispondenza che stava scrivendo e la fissò con lo sguardo più sprezzante che riuscì a creare.
 
- No. Sei troppo vecchia per giocare con le bambole. E raddrizzati, hai la schiena storta. Devi imparare ad essere degna del tuo rango, non a giocare con le bambole. Sei una vergona e una delusione.
 
Lei, trattenendo le lacrime, raddrizzò la schiena, si stampò un’espressione di superiorità sul viso magro e salì le scale. Non voleva essere una delusione. D’impulso, gettò la raffinata bambola di porcellana sul pavimento, la quale s’infranse in mille pezzi. Ora alla principessa mancava buona parte del viso, rimanevano integri solo un occhio e la bocca, e sembrava che la guardasse, piccola bambina vestita di verde, con lo stesso sguardo sprezzante di cui la madre andava tanto fiera. Pansy si sentì felice a vedere la bambola, che era stata così importante fino ad allora, e che aveva simboleggiato quella che nessuno avrebbe potuto chiamare “infanzia”, così ridotta, in tristi cocci bianchi sul pavimento nero. Prese nella piccola mano pallida il frammento che ritraeva uno degli occhi azzurri della bambola. Si sedette ad osservarlo. Lo fissò così intensamente che tutto il resto della stanza scomparve in una massa informe, per lasciare solamente posto a quel piccolo cerchio azzurro. Più il tempo passava, più sembrava cattivo. Arrivò un momento in cui la vista di quel piccolo capolavoro divenne insopportabile per la bambina, che, spaventata, buttò al suolo il piccolo frammento. Nella caduta, il coccio le tagliò una manina. Pansy si sorprese, e istintivamente si allontanò dalla bambola in frantumi, ma notò con meraviglia che  non provava dolore. Perplessa, si avvicinò con cautela e recuperò il frammento che aveva fatto cadere, arrotolò una manica fino al gomito e lo passò sull’avanbraccio. Guardò come in trance il sangue che usciva da un lungo taglio sul piccolo arto. Era come distaccata dal suo corpo, come se stesse succedendo ad un’altra persona, come se fosse solo una spettatrice immobile di un dolore che non le apparteneva. Provava un senso di pace, di felicità, nel vedere il sangue uscire dal braccio, dal suo braccio, senza che lei riuscisse a provare il minimo dolore. Sentì dei passi sulle scale e improvvisamente si riscosse dal torpore che aveva provato fino a quel momento. Risistemò frettolosamente la manica per paura che sua mamma potesse accorgersi di qualcosa e dirle di nuovo che era una delusione. L’elfo domestico di casa, Elmer, bussò alla porta della stanza della piccola Parkinson.

- Entra pure.

Aveva solo sei anni, Pansy Parkinson, eppure si esprimeva già come un’adulta. Aveva solo sei anni, ma sua mamma non voleva giocare con lei con le bambole. Aveva solo sei anni, ma secondo i suoi genitori, era già troppo grande per avere diritto a un’infanzia.

- La signorina Mindy è arrivata, padroncina Pansy, la signora padrona Parkinson le chiede cortesemente di scendere, disse tutto d’un fiato l’elfo domestico. Poi si accorse che la bambina aveva le mani sanguinanti e disse che si sarebbe affrettato ad avvertire la signora padrona che la signorina padroncina sarebbe scesa in ritardo. Elmer ritornò dopo pochi istanti e portò la bambina in uno degli enormi bagni del castello, per curare le ferite alle mani con dell’unguento magico. La bambina nascose accuratamente la ferita al braccio, voleva tenerlo come un suo personale segreto, che nessuno avrebbe mai dovuto scoprire. Aveva anche nascosto il coccio di porcellana in una delle tasche del vestito, come un piccolo portafortuna insanguinato. L’elfo domestico le curò le mani, le sistemò le unghie, la ripettinò e le scelse un nuovo vestito da indossare, blu, a maniche corte. Pansy lo guardò terrorizzata.

- No. Ne voglio uno con le maniche lunghe. C’è freddo.

Era una bugia, ma non voleva che sua mamma, la signorina Mindy, la sua precettrice, e tutti gli altri vedessero il suo braccio. La sua insensibilità al dolore sarebbe stato il suo segreto. Elmer fece una profonda riverenza.

- Come vuole signorina padroncina Pansy.

Indossò il vestito. Era molto bello ed elaborato, trasudava ricchezza e sfarzo da ogni cucitura, ogni piega. Era di un porpora molto scuro, un po’ come il colore del sangue che si secca, pensò la bambina. Era in velluto, con del pizzo nero in fondo alle maniche e alla gonna. Sarebbe stato già triste vederlo indosso a una vecchia signora in lutto, ma sulla piccola Pansy dava l’effetto di un vaso di rose appassite.
 Scese a lezione. Come ogni rampollo e giovane erede di famiglia purosangue, veniva educata a casa, mescolarla con gli sporchi babbani era fuori discussione. La sua precettrice, la signorina Mndy, era una giovane strega (probabilmente mezzosangue, le streghe purosangue non si sarebbero mai abbassate al livello di un’insegnante, anche privata), che le insegnava a leggere, scrivere, contare, parlare come una vera signorina degna del suo rango; le insegnava la storia della sua famiglia e il galateo, la storia della sua futura scuola e dei suoi antenati. L’educazione di una bambina purosangue incominciava molto presto (Pansy leggeva e scriveva già dall’età di tre anni), e l’obiettivo era quello di formare signorine capaci di intrattenere una conversazione interessante ed arguta in inglese e francese (perché il francese era chic, e anche perché in Francia vi erano molti maghi purosangue), che sapessero declamare il loro albero genealogico come l’alfabeto, e che, ovviamente, non sapessero distinguere la destra dalla sinistra (e non in senso politico), perché dovevano essere belle, non intelligenti. Argute e di buona conversazione, ma senza un qualsiasi ideale di propria natura nella testa. Degli involucri piacevoli alla vista, ma stupiti e ripieni esclusivamente delle idee da falsi moralisti della famiglia di appartenenza. Delle semplici marionette nelle mani dei genitori, perché il potere, si sa, non si acquisisce con i soldi, ma con i matrimoni. Riuscivi a concludere un buon matrimonio per tua figlia, che le fruttasse denaro e popolarità? Tutti i migliori, i potenti, venivano a complimentarsi con te. Più i tentacoli della tua famiglia si estendevano e si intrecciavano a quelli di altre famiglie, più il tuo prestigio aumentava, e di conseguenza il tuo potere e il tuo ascendente sul resto del mondo magico. Per questa ragione, le figlie erano solo fenomeni da baraccone che i genitori mostravano con orgoglio agli eventi importanti.
 
- Bonjour Pansy.
- Bonjour Mademoiselle Mindy. Comment allez-vous? Le temps est-il suffisamment clément pour une promenade?*
- Vedo che ti stai allenando. Tuo padre ti chiede di parlargli in francese?
- Oui mademoiselle.
- Bene. Ho pensato, d’accordo con tua madre, che oggi potremmo andare al parco per perfezionare la tua camminata: trascini ancora i piedi, e spesso non tieni la schiena abbastanza dritta.
 
Un enorme sorriso si allargò sul viso della bambina, ma lo nascose immediatamente dietro ad una maschera d’indifferenza. L’insegnante fece un triste sorriso di approvazione, e si avviarono verso il parco, dove Miss. Mindy fece camminare Pansy avanti e indietro con un pesante libro sulla testa, mentre recitava il suo albero genealogico. Era stata un’idea di mamma Parkinson: “può benissimo studiare mentre cammina, i piedi e le orecchie dovrebbero poter funzionare correttamente anche insieme, o mi sbaglio?” aveva detto alla precettrice. E ovviamente, la povera donna non aveva potuto replicare. All’ora del tè tornarono al castello, per una lezione sulle buone maniere a tavola, insieme alla temuta madre della piccola Pansy, poi lezione di francese, poi a dormire: le brave signorine non potevano permettersi di sembrare stanche.
 
- Non sbattere la tazzina sul tavolo così violentemente, è maleducato, commentò Mrs. Parkinson.
- Si mamma.
 
Ci fu un istante di imbarazzo e tensione. La madre, furibonda, si voltò lentamente verso la figlia, che arrossì e si affrettò a correggersi e scusarsi:
 
- Si signora Parkinson, mi perdoni per averle mancato di rispetto e la ringrazio infinitamente per questo suo insegnamento.
- Non va assolutamente bene. Signorina Mindy, lei pretenderebbe di star insegnando a mia figlia le buone maniere? Quello che vedo io è uno straccio che, per le maniere che ha, potrebbe benissimo fare la barista in uno squallido pub a Nocturn Alley, intervenne disgustata la Signora Parkinson.
 
Entrambe, alunna e insegnante, arrossirono e abbassarono lo sguardo. Druella Parkinson non era una persona da poter guardare negli occhi, e Anastasia Mindy lo sapeva, ma non poteva stare semplicemente a guardare la sua allieva diventare il docile cagnolino di un sistema marcio e obsoleto. Così alzò la testa, e fissando la sua datrice di lavoro con i suoi occhi verdi da irlandese, disse:
 
- Dato che non apprezza il mio modo di istruire quella che non posso chiamare sua figlia - poiché lei è troppo occupata a far sembrare puro il liquido che le scorre nelle vene, e che non può certo essere chiamato sangue, perché è troppo saturo di cattiveria e malvagità - per occuparsi della creatura che lei stessa, presumibilmente, ha partorito; io levo le tende. Ma posso dirle una cosa sola con certezza: lei è una pessima madre. Pansy, avvicinati.
 
La bambina, fino a quel momento, non aveva capito molto. Non aveva afferrato il senso esatto delle parole della signorina Mindy, ma aveva capito che stava succedendo qualcosa di strano, quindi fu con passo incerto che si avvicinò alla sua precettrice.
 
- Pansy, continuò, hai paura della tua mamma?

 
L’interpellata impallidì. La risposta, in tutta sincerità, era sì, ma come poteva dirlo? Non voleva essere di nuovo una delusione per sua mamma.
 

- No, signorina Mindy.
 
L’insegnante scosse la testa, disgustata. Stava per fare un’altra domanda alla bambina, ma la padrona di casa prese la parola.
 
- Nel caso questo fatto le fosse sfuggito, Anastasia, è questo sudicio liquido che mi scorre nelle vene e che mi sforzo tanto di far sembrare puro, a suo avviso, che la nutre. Quindi, prego, se la sua presenza in questa casa serve solamente a polemizzare su errori che non ho commesso, prego, la porta è alla sua sinistra. Nel caso avesse anche dimenticato la strada, insieme alla buona educazione, Elmer si farà violenza per accompagnare una sudicia mezzosangue come lei all’uscita.

 
Pansy si era completamente persa. Cosa c’entrava adesso Elmer? E chi diavolo era Anastasia? Sua mamma non stava parlando con la signorina Mindy fino a poco prima? Si guardò intorno, alla ricerca di una quarta persona, e, non vedendola, si chiese di nuovo chi fosse “Anastasia”.
 

- Per sua informazione, non sono mezzosangue, sono Nata Babbana, ma non credo le interesserà molto, dato che da questo momento in poi non lavorerò più per lei. Spero che quando Pansy crescerà, si renderà conto del mostro che ha fatto finta di crescerla per tutto questo tempo.

 
E su queste parole, la signorina Mindy si smaterializzò e scomparve per sempre dalla vita della famiglia Parkinson, lasciando tuttavia un’impronta indelebile che sarebbe rimasta per sempre ancorata nella piccola Pansy.
 
 


*-Buongiorno Pansy.
  -Buongiorno signorina Mindy. Come state? Il tempo è sufficientemente clemente per una passeggiata? (si, AMO il francese)




D'ora in poi, tutta la storia sarà più o meno così, forse con un po' meno di polemica anti-purosangue (non sono riuscita a farne a meno *va a sentirsi in colpa in un angolino*). Quindi, se vi piace, e sopratutto se non vi piace, fatemelo sapere! Se sono brava, il prossimo capitolo (che si svolgerà quando Pansy ha otto anni) dovrebbe essere pronto per lunedì :)
 
 

   
 
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