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Autore: loryl84    23/05/2012    2 recensioni
Stava calando la sera.
Il cielo si andava tingendo di rosso. Tutto era immobile, statico.
In lontananza, il rumore di un ruscello che seguiva il suo corso...
Salve! sono nuova di questa sezione, ho deciso di postare anche qui questa storia, postata già in un altro sito. Spero davvero che possa piacere! A presto, Lory
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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Kaori si chiuse la porta alle spalle, appoggiandovisi.

Era sfinita, non solo fisicamente, ma anche psicologicamente. La sua mente si arrovellava in mille pensieri, senza riuscire a districarsi. Con un sospiro si diresse verso la piccola stanza da letto del piccolo e modesto appartamento che le avevano procurato.

Si sfilò la tuta, indossando una canottiera e un paio di short. Si sdraiò sul letto, anche se immaginava che non sarebbe riuscita a chiudere occhio. Invece, contrariamente ad ogni previsione, si abbandonò ad un sonno profondo.


 
Fu svegliata da un’inspiegabile sensazione di essere osservata.

Nel sonno si era girata, e ora dava le spalle alla finestra. Quella sensazione si tramutò presto in certezza. E non furono i suoi sensi a dargli ragione, bensì quel continuo ed opprimente tamburellare del suo cuore. Sembrava che non facesse altro, da quando lo aveva incontrato. Stupido organo, pensò.

Si chiese come accidenti avesse fatto a trovarla, ma poi si diede della sciocca. Lui era City Hunter, dopotutto!

Lui la stava fissando, un’espressione indecifrabile sul volto. Poteva avvertire il suo sguardo posarsi sul suo corpo, partire dalla punta dei capelli fino ad arrivare ai piedi, in una lenta e deliberata perlustrazione.

Kaori fece scivolare lentamente la mano sotto il cuscino, dove teneva la pistola, ma il tono di voce di lui, la fermò.

“Non hai già sparato abbastanza per oggi?”

Una voce bassa e roca, sensualmente intrigante, che le procurò un leggero fremito.

Kaori rimase in silenzio, non sapendo se voltarsi o meno.

Lui continuò a parlare.

“Perché mi vuoi uccidere?”

Un lampo di rabbia passò negli occhi di Kaori.

“Ne avrei tutto il diritto” disse carica di risentimento, voltandosi a guardarlo.

Così facendo potè notare uno strano bagliore attraversare gli occhi di Ryo.

L’uomo era seduto su una poltroncina, sistemata vicino alla finestra. Kaori si mise a sedere, sul bordo del letto, in modo da fronteggiarlo.

“Non è come pensi”

Ryo la fissava, senza riuscire a capacitarsi di averla di fronte. Osservò i suoi corti capelli, che le davano un tocco sbarazzino e sensuale allo stesso tempo, il suo corpo snello e perfetto, le sue forme generose ed invitanti. C’era qualcosa in lei che lo attirava in modo forte, prorompente, come mai gli era successo. Forse erano solo i suoi sensi di colpa che volevano essere tacciati, anche se quello strano sfarfallio che provava al cuore gli suggeriva qualcos’altro.

“Ah no?” rispose lei, sarcastica.

Non aveva potuto fare a meno di constatare che lui la stava divorando con gli occhi, e, anche se la cosa la infastidiva, doveva ammettere di provare un pizzico di piacere. Diciamo forse più di un pizzico. Cielo, sembrava quasi che volesse prenderla lì, in quel momento!!!

Cercando di scacciare quegli assurdi pensieri dalla testa, si concentrò sulla conversazione, che, era inevitabile, si sarebbe tenuta. Voleva gridargli, urlargli in faccia il suo dolore, e allo stesso tempo non voleva. Non gli interessavano le sue patetiche giustificazioni, non sapeva che farsene di scuse arrivate con vent’anni di ritardo.

La realtà era quella, punto e basta. Nessuno avrebbe potuto cambiarla. Lei era venuta con l’intento di ucciderlo, e così sarebbe stato.

Il suo sguardo divenne freddo. Non doveva farsi trascinare dalle emozioni, doveva seppellire i suoi sentimenti. Così gli aveva insegnato Shin. Altrimenti Ryo se ne sarebbe approfittato, per indebolirla.

Ryo osservò lo sguardo di Kaori divenire glaciale e capì cosa stava facendo. Lui era un maestro in quel campo. Si stava alienando, chiudendo al mondo le sue emozioni, impedendo a chicchessia di entrare nella profondità della sua anima.

Si sollevò dalla poltrona, portando il busto in avanti, in modo da incontrare i suoi occhi. Freddi e imperscrutabili. Proprio come i suoi.

“Ti ripeto che non è come pensi”

“E io ti ripeto che non me ne importa niente delle tue scuse. È troppo tardi ormai”

“Non è mai troppo tardi”

Kaori scoppiò a ridere.

“Certo, come no. Il grande City Hunter viene a farmi lezioni di psicologia e filosofia. Il killer più spietato dell’universo, viene a dirmi che esiste una possibilità di redenzione per tutti. Ah, non ti facevo così romantico”

“Non è questo che ho detto”

Kaori lo fissò, tornando seria. Lo sguardo di Ryo era talmente deciso, la voce così tagliente, che non riuscì a controbattere.

Spostò lo sguardo verso la finestra, da cui si intravedevano, in lontananza, le luci intermittenti dell’insegna di un locale a luci rossi. Poi tornò a guardarlo.

“Perché”

La sua non era una domanda, e forse anche per questo faceva più male.

“Non avevo altra scelta”

“Tutti abbiamo una scelta”

“Non io”

I suoi occhi incontrarono quelli di lei, e a lui sembrò di cogliere un lampo di dolore.

“Te lo giuro Kaori, non avrei potuto portarti con me. Anche se avrei voluto farlo”

“Perché”

Ancora quella richiesta, sempre quel tono di voce, triste.

“Pensavo fosse meglio per te rimanere con loro”

Kaori alzò gli occhi al cielo, cercando di impedire alle lacrime di scendere. Lei era forte, avrebbe superato anche questo.

“Mi sa che pensavi male”

Ryo si irrigidì.

“Cosa ti hanno fatto?”

Kaori tornò ad incrociare i suoi occhi, ogni traccia di debolezza era passata.

“Niente, sono solo diventata un’assassina”

Un guizzo attraversò il volto dell’uomo.

“Che diavolo stai dicendo? Kaibara ti avrà sicuramente mandato in città, una famiglia si sarà occupata di te. Non è forse così?” disse, balzando dalla poltrona e afferrandola per le braccia, facendola alzare.

Una scarica elettrica attraversò entrambi, non appena le mani di Ryo sfiorarono la pelle calda di Kaori.

“Non è forse così?” ripetè, scuotendola.

Kaori scosse la testa.

“In principio, forse. Questa era l’idea. Ma Shin disse che era troppo pericoloso, e allora restai lì. Doveva essere una situazione provvisoria, invece…”

Ryo mollò la presa, passandosi una mano tra i capelli corvini. Kaori lo osservò, sembrava devastato.

Poi tornò a fissarla.

“Credimi Kaori, non è così che doveva andare, non era questo che avevo immaginato per te”

“Non ha importanza ormai, le cose stanno così” rispose lei, improvvisamente stanca.

“Io…io… se avessi saputo”

Ryo cominciò a camminare nervosamente per la stanza. Come accidenti era possibile? Sembrava di aver vissuto un dejà-vu. E così era, in effetti. Kaori aveva vissuto la sua stessa vita, quella da cui era scappato. Anche lui era rimasto orfano, in mezzo alla giungla, e anche lui aveva vissuto con Shin fin quando non era andato via.

Kaori lo osservava e un groviglio di sentimenti si alternavano in lei. Avrebbe voluto chiedergli tante di quelle cose, ma inspiegabilmente non ci riusciva. D’altronde poi cosa avrebbe potuto rispondergli? Che se l’era spassata mentre lei imparava ad ammazzare? No, si disse. Non doveva essere andata proprio così, se era diventato un killer. Ma più ci pensava, più non riusciva a trovare delle scuse per lui. Aveva serbato tanto di quel rancore, che le faceva male solo a pensarlo.

Lo vide tornare a sedersi nella poltrona e prendersi la testa tra le mani.

“Sono stato catturato” cominciò, con voce priva di qualsiasi inflessione.

“Cosa?”

Ryo sollevò la testa.

“La fuga. Non è andata come aveva sperato. Mi hanno sparato addosso. Ero ferito, e loro mi hanno catturato. Sono rimasto prigioniero dell’esercito per più di un anno. Poi la guerra finì e mi espulsero dal paese”

Kaori guardò l’uomo che aveva davanti. Sentiva un nodo alla gola, un fastidioso magone che le impediva di articolare qualsiasi parola. Perché la vita era stata così ingiusta con loro?

Sentiva le gambe diventare deboli, aveva bisogno di un appoggio. Si avvicinò alla finestra, aggrappandosi al davanzale e stringendo i pugni.

“Perché non sei venuto a prendermi, dopo?!”

Aveva bisogno di sapere, altrimenti sarebbe impazzita.

Ryo si alzò, avvicinandosi a lei. Si aggrappò alla tenda, osservando anche lui il paesaggio.

La donna poteva avvertire la sua vicinanza, il suo profumo muschiato, il suo fiato sul collo.

“Sono tornato. Tre anni dopo, sono tornato, ma dell’accampamento non c’era più nessuna traccia. Ho chiesto notizie a Pablo, un mio vecchio amico, ma lui mi disse che, con ogni probabilità, eri morta. La guerra aveva distrutto ogni cosa, i villaggi erano stati distrutti, le città attaccate. Molte persone morirono, soprattutto donne, bambini e anziani. C’era veramente poca speranza che tu fossi viva. Nessuno mi disse che Kaibara ti aveva tenuto con sé”

Kaori lottava contro la voglia di piangere, ma aveva imparato così tanto a trattenere le proprie emozioni, che quasi ci riusciva benissimo.

Ryo la prese per le braccia, facendola voltare. Lei si irrigidì a quel contatto, ma lui finse di non accorgersene. La guardò negli occhi, intensamente.

“Mi dispiace, mi dispiace davvero per come sono andate le cose, non potrò mai perdonarmelo. Mi credi, Kaori?”

Lei si morse le labbra, deviando lo sguardo. Credergli? Leggeva la sincerità nei suoi occhi, ma poteva fidarsi di lui? di nuovo? L’aveva fatto una volta, e lui l’aveva tradita.

Sentì di non poter sopportare oltre la sua presa sulle sue spalle, si divincolò, facendo un passo indietro. Poi lo fissò, ferita.

“No, non ti credo e non ti crederò mai. Sei solo un ipocrita. Vuoi ottenere il mio perdono per avere pulita la coscienza, non è così? Bhe, hai sbagliato i tuoi calcoli. Non sono più quella bambina ingenua, Ryo. Sono cresciuta, il mio mondo non è stato tappezzato di bambole e giochi, ma di armi e guerra. Vuoi che mi fidi di te? Non è possibile, mi spiace. Tu sei il nemico da abbattere Ryo, ed è quello che farò. Anche a costo della mia vita”

Ryo si stupì di quanto rancore leggeva in quegli occhi. Kaori sembrava un cucciolo ferito, ed era stato lui a procurargli quelle ferite. Ma la sfiducia nel mondo, l’odio verso la propria vita, quelle erano cicatrici indelebili che anche lui conosceva. Ed era stato il mondo in cui avevano vissuto a procurargliele.

Era dunque davvero finita? Non avrebbe potuto fare nulla per convincerla che si sbagliava?

Fece un passo verso di lei, che rimase ferma a fissarlo.

Quegli occhi… Dio, quante volte erano apparsi nei suoi sogni…

Si avvicinò, sfiorandole il volto con un dito. Le alzò il mento, in modo  da incontrare il suo sguardo.

Poi chiuse gli occhi, e poggiò delicatamente le labbra sulle sue, tremanti. Fu un semplice sfiorarsi, un flebile contatto, un soffio leggerissimo, ma fu sufficiente per far schizzare il cuore in gola ad entrambi.

“Mi spiace” sussurrò, staccandosi da lei.

Rimase immobile a fissarla per quello che sembrò un istante interminabile. Poi, così come era venuto, se ne andò.

Kaori rimase sola, una lacrima solitaria scendeva finalmente sulla sua guancia.

  
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