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Autore: melania    12/12/2006    5 recensioni
Una notte come le altre. Un futon caldo in cui dormire. Una finestra a separarlo dalla pioggia che imperversa fuori. Poi...il suono di un campanello che interrompe il silenzio. E la sua vita.
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lo osservo giocare con Akito

AIUTAMI

°5°

 

 

*Ciauzzzzzzzzzzz.. dopo una lunga pausa eccomi con un nuovo capitolo di questa storia. La trama e i personaggi incominciano a delinearsi maggiormente…e spero che non mi sfuggano di mano! ^__-;; Grazie a tutte le ragazze che mi hanno lasciato un commento al precedente capitolo (Elrohir, Ruki, Yumi, Brinarap e Kiba91)…essendo anche voi “scrittrici” potete ben capire la forza che delle semplici parole possono dare a chi scrive…GRAZIE… (_ _) *

 

*Un baciotto enorme…*

 

*Melania*

 

 

 

 

 

 

 

*******************************************************************

 

 

 

 

 

 

 

Lo osservo giocare con Akito. Non li raggiungo subito. Non voglio.

 

Ripenso a ciò che mi ha detto…

 

 

E…cazzo………………non sapevo fosse un orfano…ora capisco di più questa situazione contorta.

 

Anche se…rimangono ancora molte ombre in tutto ciò che è successo. E soprattutto non mi è ancora chiaro il mio ruolo.

 

 

 

 

 

 

 

Mi giunge la risata cristallina di Sakuragi…è molto diversa dalla risata falsa che propone a me e alla squadra ogni giorno.

 

 

Questo ragazzo è troppo complicato per la mia mente. Troppo. E più vado avanti….più si presentono ai miei occhi altri squarci della sua vita…e incomincio a pensare che forse dovrei lasciare perdere. So che c’è ancora molto da scoprire…e non credo che sarà qualcosa di piacevole.

 

 

 

 

 

 

Ho già tanti problemi…

 

 

 

 

 

 

 

Kaede ammettilo. Non sai aiutare nemmeno te stesso…come pensi di aiutare un’altra persona? Non sai parlare, le tue relazioni sociali sono pari allo zero. Non riesci ad avere rapporti con altri ragazzi. Non sapresti nemmeno da dove cominciare……..e vorresti davvero aiutare Sakuragi? Un ragazzo che dovrebbe avere davvero un aiuto serio?

 

 

 

 

 

No…non puoi aiutarlo. Saresti capace anche di peggiorare la situazione.

 

 

 

 

 

 

E poi in fondo…a te cosa importa? Fra pochi mesi partirai (perché sei sicuro che partirai) e ti lascerai tutto alle spalle.

 

 

Il tuo passato.

 

I tuoi ricordi.

 

 

Il tuo dolore.

 

Il tuo presente.

 

 

 

 

Sakuragi rimarrà solo un piccolo puntino insignificante sul suolo giapponese che tu vedrai rimpicciolirsi e allontanarsi dal finestrino dell’aereo. E rimpicciolendosi, scomparirà anche dalla tua vista. Rimarrà con il tuo passato…e a te sembrerà che non sia mai esistito. Scomparirà dalla tua memoria.

 

 

 

 

 

No Kaede…………………………………….tu non puoi aiutare Sakuragi.

 

 

 

 

 

 

Sorrido amaramente, distendendomi sulla sabbia calda.

 

 

Chiudo gli occhi. La leggera brezza fresca e umida…lo sciabordio delle onde contro la battigia. La sensazione dei granelli finissimi fra le mie dita…i gabbiani candidi che volteggiano pigramente nel cielo azzurro….l’odore caratteristico del MARE.

 

Di nuovo la sensazione di essere tornato bambino…e dei miei interminabili pomeriggi passati qui sulla spiaggia. Solo a osservare il cielo. O le nuvole. Ed ero diventato un osservatore così attento, che avrei saputo dire con esattezza il colore che il cielo assumeva a ogni ora del giorno.

 

 

 

Ogni ora…

 

 

 

In ogni stagione.

 

 

 

 

 

Mia madre diceva che bastava osservare il colore dei miei occhi per saperlo.

 

 

 

 

 

 

Già…a un tratto mi rendo conto di cosa sono diventato.

 

 

 

Sono ricolmo di ricordi. Della mia vita…prima che morisse mia madre. Mi sono chiuso così tanto in me stesso che ho scordato tutto ciò che mi circondava. Ho dimenticato cosa significhi avere rapporti con altre persone…ho dimenticato come si usano le parole.

 

E ora che vorrei essere utile a un'altra persona…ora che sarebbe fondamentale avere un po’ di esperienza…io sono perfettamente inutile. Come ho fatto a diventare così? Come ho fatto a ridurmi in questo modo..?

 

 

Già…io non ti posso essere d’aiuto a Sakuragi.

 

 

 

 

 

 

Eppure…lui ha bussato alla mia porta.

 

 

 

Avrà visto qualcosa in me cazzo. O no? O forse era la porta “più vicina” quella notte, fra le persone che conosceva?................no….non riesco a crederlo...non posso crederlo.

 

 

 

-          Signor Volpeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!! Guardi che castello enorme abbiamo costruito!!!!

 

Apro gli occhi lentamente, destandomi a sedere. Akito si sbraccia nella mia direzione. Vicino a lui campeggia un castello di sabbia molto rifinito nei particolari…e molto alto. Sarà quasi il doppio di lui in altezza.

 

Per un attimo incrocio lo sguardo di Sakuragi, ma lui abbassa repentinamente la testa.

 

-          Signorrrrrrr Volpeeeeeeeeeeeeeeeeee vieni vieni vieni!!! Aiutaci anche tu a costruire i castello!!! Daiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!

 

 

 

 

Ma quanto grida un esserino così piccolo! Sbuffando leggermente mi alzo lentamente, passandomi le mani sui jeans, eliminando la sabbia calda. E mi avvicino a loro.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Il fast-food è affollato. Mi guardo intorno…colori sgargianti, risate sguaiate, odori forti e brucianti, musica ad alto volume, megaschermi accesi su ogni parete del locale.

 

 

 

 

Socchiudo gli occhi infastidito.

 

 

 

 

No. Non sopporto questi luoghi. E vedervi così tanta gente anche di domenica…mi rattrista. Se avessi ancora una famiglia, di certo non starei qui a ingozzarmi di schifezze. Eppure perché così tante persone sono qui?

 

 

 

 

-          Non ti piace vero?

 

 

 

 

 

Sono distolto dalla voce calma di Sakuragi di fronte a me. Mi guarda comprensivo. È la prima frase che mi rivolge, dopo il nostro dialogo sulla spiaggia.

 

Muovo la testa in senso di diniego. Sakuragi mi sorride, lanciando un’occhiata verso Akito, seduto accanto a lui.

 

-          Neanche a me…ma…Aki-chan una volta mi aveva detto che lui invidiava tanto i bambini che potevano mangiare a un Mc Donald’s…credo che avesse visto qualche stupida pubblicità in televisione. Non me la sono sentita di dirgli nulla. Per lui ogni cosa che appartiene all’esterno della Comunità….è come oro. Anche per me era così quando ci abitavo.

 

 

 

Già…suppongo sia normale.

 

 

 

Porto lo sguardo su Akito. Ha davanti a sé un menù plastificato. Colorato. E largo. Con foto grandi. Come piace ai bambini.

 

 

Le industrie le pensano proprio tutte.

 

 

Ha l’espressione corrucciata. Non sa bene cosa prendere evidentemente.

 

Sakuragi si china sulla sua spalla, indicandogli il menù per bambini. Un sacchetto colorato, con dentro incluso anche un giocattolino. Akito sorride, annuendo.

 

-          E tu cosa prendi Volpe Spelacchiata?

 

Ignorando il gentile epiteto con cui mi ha chiamato, osservo anch’io il mio menù. Hamburger enormi e colorati. Plastica colorata con dentro salse cancerogene e carne pompata di ormoni.

 

Avverto distintamente il mio fegato urlare dall’interno del mio corpo: “Noooooooooooooooooooooooooooooooooooooooomolto…disperato.

 

Devo dire che è molto convincente. Sì…

 

 

 

 

 

 

-          Un’insalata… - richiudo con decisione il menù, poggiandolo accanto a me.

 

 

 

 

 

 

 

Sakuragi mi fissa sorpreso, sgranando eccessivamente gli occhi.

 

-          UN’INSALATA??? CIOE’…IO TI PORTO NEL FAST-FOOD MIGLIORE DI TUTTO IL GIAPPONE E TU VORRESTI MANGIARE UNA MISERA INSALATINAAAAA???

 

Si sporge verso di me sul tavolo, gridando così tanto che alcuni signori ai tavoli vicini si girano infastiditi verso di noi.

 

Akito si mette a ridere. Lo tira per la maglietta cercando di farlo sedere. Ci guardiamo negli occhi con Sakuragi per qualche attimo. E capisco.

 

 

 

 

 

 

Gli vuoi proprio bene a questo bambino, eh?

 

 

 

 

 

 

Quando viene la cameriera a chiederci la consumazione ordiniamo tutti e tre un doppio cheesburgers.

 

 

E Akito sorride contento e complice, nell’osservarci mangiare il suo stesso hamburger.

 

E anche Sakuragi sorride osservandolo.

 

 

 

Sì…gli vuoi molto bene.

 

 

 

 

Affondo i denti dentro il mio panino-spazzatura, sentendo una strana sensazione in corpo.

 

 

 

***

 

 

 

 

-          Perché prima…stamattina non mi hai fatto dire il mio cognome ad Aki-chan?

 

 

 

Con la coda dell’occhio osservo Sakuragi affondare le mani dentro il giaccone. Si siede più comodo sulla panchina verde, posando la testa sullo schienale.

 

Siamo tornati nel parchetto di questa mattina, per far trascorrere le ultime ore di “libertà” ad Akito qui…forse per questo mi sono ricordato di porgli questa domanda…

 

 

 

 

-          Il mio nome non è “Volpe” è Kaede Ru..

 

-          MI SONO RICORDATO CHE DOVEVAMO ANDARE A VEDERE IL MARE VERO AKITO???

 

 

 

 

Akito poco distante da noi si dondola divertito sull’altalena. Avanti e indietro…avanti indietro…avanti e indietro…i piedi che sembrano quasi toccare il cielo…avanti e indietro….

 

-          Non pensavo che te lo saresti ricordato…

 

-          Io non scordo mai nulla…

 

 

-          Già…io dovrei saperlo bene… - sbuffa, mezzo divertito…poi la sua espressione ritorna seria… - beh…in Comunità s’impara a chiamarsi sempre e unicamente per nome. Per questo.

 

 

Lo osservo perplesso…cosa c’entra?

 

 

-          Non capisco…

 

-          Ok…cosa pensi significhi essere orfani? – mi pianta i suoi occhi castani dentro i miei con violenza.

 

 

A disagio distolgo lo sguardo…che domanda stupida.

 

 

-          Non avere una famiglia.

 

-          Non solo. Significa che nessuno ti ha voluto. La maggior parte dei ragazzini che vivono lì sono neonati abbandonati…

 

 

-          Continuo a non capire – la mia espressione deve essere davvero perplessa perché Sakuragi mi sorride quasi comprensivo.

 

-          L’ho sempre detto che sei una baka kitsune.........- alza lo sguardo verso il cielo, sbuffando -………………………..appartenere ad una famiglia significa anche avere un cognome. E un bambino orfano non ha un cognome, perché non appartiene a nessuno……………………………….. Akito non ha un cognome.

 

 

 

 

È stata soltanto un’altra azione per difendere Akito…

 

 

 

 

 

-          Capisco…

 

Poi a un tratto penso che Sakuragi un cognome lo possiede. Lo osservo…che non sia stato sempre un orfano?

 

Forse sente il mio sguardo su di sé…si gira. Ci fissiamo negli occhi per qualche istante…mi sorride lievemente scuotendo la testa…

 

 

“Non è il momento Kaede…non è ancora il momento per rispondere a tutte le tue domande”…sembrano dirmi questo le sue labbra lievemente dischiuse.

 

Distoglie lo sguardo. Osserva il suo orologio al polso per qualche secondo, sospirando. Poi si alza, dirigendosi verso Akito.

 

 

-          Aki-chan sono le 5…- Sakuragi sembra rattristarsi nel dirlo. Ma sorride sereno, per non farlo preoccupare.

 

Akito smette di dondolarsi sull’altalena. Abbassa la testa, scendendo in un unico salto dal seggiolino di plastica.

 

Mi alzo anch’io dalla panchina, avvicinandomi ai due. Le mani gelate nelle tasche del giaccone…

 

Sakuragi rimette il capottino nero e la sciarpa rossa intorno al collo di Akito con dolcezza. Ma lui non smette di muoversi, cercando – inutilmente – di non farseli mettere.

 

-          Aki-chan sei tutto sudato. Ti prenderai un raffreddore se non ti copri almeno un poco. Fa freddo ora…se ti ammali chi li sente a quelli?

 

-          Uffyyy…….ma punge la sciarpa………….!!!!!!!

 

 

-          Non è vero…prima non ti pungeva, perché dovrebbe farlo adesso eh?

 

 

Akito s’imbroncia, smettendo ogni tipo di resistenza contro la vestizione. Sorrido lievemente.

 

 

 

 

Sembrano padre e figlio.

 

 

 

 

Non avrei MAI pensato che Sakuragi potesse avere così tanta pazienza con un bambino…lui che sembrava essere l’impaziente per eccellenza. Già…quanti lati nascosti possiede.

 

 

 

-          Su andiamo…

 

Sakuragi prende una manina di Akito e ben presto lungo la via di ritorno mi ritrovo anch’io a tenere l’altra manina del bambino. Mi sento un po’ ridicolo. Ma anche stranamente a mio agio.

 

Nessuno parla fin quando arriviamo alla Comunità. Akito ci tiene ancora il broncio (ma credo che in realtà sia molto dispiaciuto di dover lasciare Sakuragi), Sakuragi è triste anche lui e dispiaciuto…io invece…mi sento strano…non so…

 

Dopo un po’ il cancello rosso che delimita il condominio – Comunità appare alla nostra vista. Ci fermiamo vicino al cancelletto d’entrata.

 

-          Beh… fai il bravo eh? – Sakuragi s’inginocchia di fronte ad Akito, poggiando le mani sulle spalle del bambino.

 

Akito continua a tenere la testolina bassa. Non si vorrà mettere a piangere?

 

-          Dai Aki-chan…lo sai che ci rivediamo. Appena il Tensai sarà libero, ti onorerà della sua presenza va bene?

 

Gli strappa un sorriso. Alza la testa, con le lacrime agli occhi. Poi di slancio si butta contro il suo petto, incominciando a piangere.

 

Sakuragi perde l’equilibrio e si ritrovano entrambi seduti sul selciato.

 

-          Aki………………………………………..dai Aki-chan……………..smetti di piangere………..cosa devono pensare gli altri bambini quando rientrerai là dentro eh?

-          Non li voglio vedere!

 

 

 

Sakuragi sorride, incominciando ad accarezzagli la testolina rossa.

 

 

 

-          Perché? Sono tuoi amici………..devi pensare che tu sei stato fortunato oggi. Loro non sono usciti…

-          Ma le mamme e i papà li vengono a prendere! E a me no! Loro possono uscire tutti i giorni!

 

 

Vedo lo sguardo di Sakuragi annebbiarsi. Dolore? Tristezza? Disillusione? Non lo so…

 

 

 

Si china maggiormente verso Akito. Incomincia ad accarezzagli la testa…lentamente, cercando di farlo calmare.

 

-          Aki-chan…anche tu un giorno uscirai per sempre dalla Comunità…come me. Devi solo avere pazienza. E poi non ti trattano male vero?

 

Akito scuote la testa, rannicchiandosi contro il collo di Sakuragi.

 

-          Visto? Ci sono bambini che non sono così fortunati come te. Non hanno nessuno che si curi di loro…- e sorride.

 

 

 

 

E per un momento penso che fra quei bambini sfortunati ci sia anche lui. Cosa importa che ormai sia quasi un adulto?

 

 

 

 

 

 

 

Cosa importa se……………………siamo cresciuti?

 

 

 

 

 

 

 

-          E poi….quando una coppia di genitori ti vedrà…non potrà fare a meno di adottarti. Chi non potrebbe volerti bene? Eh?- gli scompiglia i capelli dolcemente. Finalmente Akito alza la testolina, guardandoci.

 

 

Sorride debolmente.

 

-          Sì.

 

 

Da un bacetto sulla guancia di Sakuragi, poi si avvicina anche a me e mi fissa.

 

 

 

 

Non vorrà dare un bacio anche a me?

 

 

 

 

Mi tira per la manica, facendomi cenno con la testa di inginocchiarmi. Pongo un po’ di resistenza, ma il colpo di tosse di Sakuragi mi fa capire che non posso decidere di mia iniziativa. E poi lo sguardo di Akito mi colpisce. Sembra davvero desideroso di darmelo questo bacio…

 

 

M’inginocchio e dopo qualche secondo sento le sue labbra umide sulla mia guancia.

 

 

 

Quando si stacca, ha il viso arrossato. Chissà perché lo imbarazzo in questo modo…

 

 

 

 

 

Si allontana da noi…si gira solo un’ultima volta sorridendoci un po’ triste per poi scomparire dietro il cancello.

 

 

 

 

 

 

 

Rimaniamo immobili. In silenzio. Poi sento un sospiro pensante di Sakuragi. Mi volto verso di lui. Ha lo sguardo abbassato…sembra fissare le sue scarpe.

 

Non so bene cosa fare…anzi…cosa dovrei fare? Parlare con lui? O tornarmene a casa facendo finta di non aver mai passato una giornata simile con lui e Akito?

 

Sakuragi continua a non parlare…il silenzio mi da fastidio e incomincio ad avvertire maggiormente il freddo.

 

 

 

 

 

-          Senti…hai fame? Te la faresti una cioccolata calda?

 

 

 

 

La sua voce interrompe all’improvviso i miei pensieri.

 

Lo osservo. Un po’ stupito. Mi ha davvero chiesto di passare altro tempo con lui?

 

Ci guardiamo negli occhi. Ma cosa vuole da me questo ragazzo? Che cosa vuole davvero?

 

-          No…devo andare a casa.

 

Il mio tono forse è eccessivamente freddo e annoiato. Stridente con ciò che provo realmente.

 

 

 

 

 

Ma perché devo sparare sempre cazzate?

 

 

 

 

 

 

-          Capisco…- Sakuragi sembra rabbuiarsi. S’infila le mani dentro le tasche del giaccone, osservandomi di sottecchi….- Beh allora…grazie di avermi retto il gioco oggi…kitsune. Ci vedremo domani agli allenamenti- si gira lentamente e facendomi un cenno con la mano, incomincia a incamminarsi nella direzione opposta alla mia.

 

 

 

 

Rimango immobile per qualche secondo…cosa dovrei fare?...........................maledizione……….mi odio….

 

 

 

 

 

 

-          Do’hao!

 

 

 

 

 

Si blocca in mezzo al marciapiede. Si gira un pochino, osservandomi con la coda dell’occhio. È l’ombra di un sorriso quella che vedo sulle sue labbra?

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Il bar non è molto affollato. Guardo fuori dalla vetrina….ormai è diventata notte nonostante siano le sei di sera. Riporto lo sguardo sul ragazzo di fronte a me. C’è un qualcosa di irreale nell’atmosfera che si è creata fra noi due. Non saprei come definirla.

 

-          Allora…con la panna o senza panna?

 

I suoi occhi castani si ficcano con prepotenza dentro i miei. Mi sento nudo. E questo mi da fastidio.

 

 

 

-          Senza.

 

 

 

Sorride, per poi chiamare una cameriera. La tipa ascolta le sue ordinazioni, fissandomi per tutto il tempo.

 

Sono così abituato a essere fissato dalle persone che il fastidio ha ceduto il passo alla noia. Gli sguardi altrui mi scivolano addosso come acqua fresca. Addosso mi rimangono solo gocce trasparenti.

 

 

 

-          Mi piacerebbe attirare lo sguardo della gente come fai tu. È tutta una vita che ci provo.

 

 

 

Sakuragi mi osserva sorridendo. Ma è un sorriso spento. Porta i gomiti sul tavolino in legno, poggiando il viso sui palmi aperti.

 

-          E’ per questo che ti sei tinto i capelli?

 

-          Mmmmm….probabile…..- si tira una ciocca rossa portandosela davanti agli occhi...

 

 

-          Sono neri?- forse sono troppo curioso…o forse in realtà vorrei parlare di argomenti più seri.

 

-          …..non me lo ricordo più. È da anni che me li tingo…e non lascio che appaia la ricrescita – libera la ciocca dalle sue dita.

 

 

 

 

 

Ci guardiamo negli occhi.

 

 

 

Basta.

 

 

 

 

 

 

-          Perché volevi che fossi qui?

 

 

 

 

 

O mi risponde seriamente o giuro che me ne vado. Mi sta facendo impazzire con il suo comportamento.

 

Inclina leggermente la testa. Poi abbassa gli occhi, intrecciando le dita abbronzate.

 

-          Volevo…chiarire con te.

 

-          Mh.

 

Ci guardiamo di nuovo negli occhi. Questo continuo contatto visivo mi mette a disagio. Io ho sempre guardato le persone negli occhi. Kaede Rukawa non si abbassava davanti a nessuno. Ma lui…ha il poter di agitarmi. Forse perché il suo sguardo è identico al mio.

 

 

 

 

 

 

Un nocciola caldo e un cielo azzurro increspati da qualcosa di indefinibilmente…vuoto.

 

 

 

 

 

 

La cameriera interrompe i miei pensieri, posando le nostre ordinazioni sul tavolino. Sfiora la mia mano in una carezza fugace e impalpabile. Allontano di scatto la mano, non degnandola di uno sguardo. Stupida.

 

Si allontana con passo veloce, lanciandomi occhiatine maliziose.

 

-          Ahi..:!

 

Guardo Sakuragi posare quasi di scatto la sua tazza di porcellana bianca sul tavolo.

 

-          Quanto scotta…. – si soffia sulle dita arrossate.

 

-          Devi aspettare che si raffredda deficiente – è quasi comico.

 

 

-          Va al diavolo Kitsune! – e continua a borbottare…

 

 

Lo ignoro, incominciando a girare pigramente il liquido caldo con il cucchiaino…cerchi concentrici…il metallo affonda per pochi secondi nel cioccolato…riemerge…un leggero vapore appanna il cucchiaino…riaffonda…

 

 

 

 

-          Senti perché sei venuto proprio da me? – era la domanda più importante che volessi porgli. E non pensavo di chiederglielo ora…e in questo modo. Ma le mie labbra si sono dischiuse da sole. E le corde vocali hanno vita propria.

 

 

 

 

 

Lo vedo irrigidirsi sulla sedia. Il cucchiaino ricolmo di cioccolata cremosa e una punta di panna che si stava portando alle labbra si blocca a metà strada.

 

Ritorna a riaffondare dentro la tazza bianca.

 

 

 

 

 

Un sospiro.

 

 

 

 

 

-          Io…non lo so – alza le spalle con fare noncurante, anche se la sua voce ha vibrato impercettibilmente. Mi fissa negli occhi.

 

-          Non dire cazzate. Lo sai invece – affondo con decisione il cucchiaino dentro la cioccolata calda.

 

 

 

 

 

Mi sto innervosendo.

 

 

 

 

 

 

-          Ok ok…- alza le mani come in segno di resa, ridendo lievemente – diciamo che…- ritorna serio…e il suo sguardo si adombra di nuovo – quel giorno che sono venuto a casa tua…ero abbastanza…triste. Solo questo. Avevo bisogno di…non so bene di cosa avevo bisogno.

 

-          E gli altri? I tuoi amici? Eri uscito con loro?

 

 

-          Gli altri? – mi guarda interrogativo, portandosi la tazza fumante alle bocca. Arriccia per un attimo le labbra a contatto con la porcellana calda.

 

-          Non so bene il loro nome…quelli con cui stavi sempre…- smetto di girare la cioccolata, leccando il cucchiaino.

 

 

-          Ah…no no. È da un po’ che ho chiuso con l’Armata…………e Yohei – beve un piccolo sorso di liquido. Il suo tono è indifferente…ma c’è dolore. E delusione.

 

-          Da come vi comportavate pensavo foste molto amici – è quello che penso davvero. E sinceramente…non mi ero accorto di questo loro allontanamento.

 

 

-          Forse lo eravamo…ma io non sono stato mai sincero con nessuno di loro. Nemmeno con Yohei…ho sempre raccontato un sacco di cazzate – beve un altro sorso di cioccolata.

 

-          … - mi porto anch’io la tazza alle labbra. Avverto il liquido ambrato scendermi caldo lungo la gola. Era da molto che non bevevo una cioccolata -….perchè?

 

 

 

 

Posa la tazza sul tavolo, guardandomi profondamente negli occhi.

 

 

 

 

 

-          Hai presente quando senti…una sensazione di Vuoto divorarti da dentro? Un Vuoto che non ti fa pensare, che non ti fa respirare…nulla ti scuote, nulla ti fa emozionare veramente, nulla ti appare davvero importante………………….

 

e passano i giorni

e gli anni

 

e non resta altro che cercare di riempirlo questo maledetto Vuoto. Ma………..non c’è verso.

 

Qualsiasi cosa tu faccia non scompare…anzi aumenta con il passare del tempo. E vorresti solo gridare fino a logorarti la gola…solo gridare…- la sua voce si spegne in un sussurro…abbassa lo sguardo…-…per questo motivo non puoi avere dei contatti reali con l’esterno.

 

Tutto ti sembra inutile,

disprezzabile.

 

Vuoto.

E allora fingi.

 

Fingi di essere un duro, di essere uno “che se ne frega di tutto e tutti”, di essere uno forte. E fare del male agli altri ti serve per non pensare al male che alberga dentro di te e che ti ferisce ogni secondo della tua giornata.

Picchiare ed essere picchiato, provocare risse, essere il capo di un Armata…essere temuto e rispettato per la tua fama di yankee…di teppista, ti serve per pensare di contare qualcosa.

 

 

 

Di non essere solo un qualcosa di insignificante e strisciante sulla strada.

 

 

 

Ma gli altri alla fine se ne potrebbero accorgere della tua maschera. E allora è meglio crearne un’altra…quella dell’idiota. Chi potrebbe dubitare di un idiota…chi potrebbe soffermarsi su un idiota……sapresti dirmelo Kitsune? – sorride amaramente - ………….anche tu………..fin quando non ho messo da parte la mia maschera, non mi hai notato.

 

Perché ero solo un do’hao.

 

 

Nulla di importante…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Io abbasso lo sguardo, colpito e sorpreso dal suo discorso. Sono stato un idiota. Non avevo capito nulla. Avevo solo percepito la superficie del suo animo. Solo la superficie. Mi passo una mano sugli occhi.

 

 

 

Ma lui continua imperterrito nella sua confessione, forse inconsapevole di ciò che sta scatenando con prepotenza dentro di me…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-          E allora fingi…fingi con le persone che ti circondano. Fingi di essere sempre contento. Fingi di essere come tutti. Anzi…meglio di tutti.

 

 

Un Tensai.

 

 

E nessuno ti capisce davvero.

 

Perché non vuoi che nessuno ti capisca.

 

 

Vuoi essere solo lasciato in pace…o almeno, questo è quello che ti ripeti ogni giorno prima di addormentarti la notte. È lo sai che anche questa è una cazzata. Cazzo se lo sai - si riporta la tazza alla labbra, finendo la cioccolata ivi contenuta – …credo di essermi davvero affezionato all’Armata…

 

per questo motivo l’ho abbandonata.

 

 

Ho preferito farlo io, prima che lo facessero loro.

 

 

 

 

 

 

 

 

-          Chi ti dice che ti avrebbero lasciato?

 

-          Lo fanno tutti. Cosa dovrebbe cambiare ora? – e quello che mi colpisce è il suo tono. Semplice. Sciolto. Come se stese dicendo un qualcosa di scontato.

 

 

 

 

 

E mio Dio…così simile al mio

 

 

 

 

 

-          E…….perchè ora vuoi che io…ti capisca………?

 

 

 

Sorride.

 

 

 

 

-          Io…credo di aver visto qualcosa in te…di molto simile a me. Anche se…….tu sei molto più forte di me Rukawa. Molto più forte. E penso…che con te sia diverso. O almeno…posso mostrarti in parte il vero Hanamichi.

 

 

 

 

Ci guardiamo negli occhi. Non riesco ancora a credere a tutto ciò che mi ha detto…mi è sembrato di leggere nel suo discorso fluido e sofferto brani della mia vita.

 

 

 

 

-          E’ per questo motivo…che ti tagli? – affondo nel suo nocciola.

 

 

Screziature dorate che si contorcono nel suo sguardo.

 

 

-          Sì. Per qualche attimo le grida scompaiono dentro il mio corpo, nella mia testa. C’è solo dolore. Reale. Materiale. Un dolore che finalmente puoi curare. Garze e disinfettante…e tutto scompare. Per qualche attimo provo piacere. Mi aiuta a sopravvivere. Vivo meglio così.

 

-          Ma le cicatrici…rimangono – ripenso alle sue braccia segnate. Mille taglia. Lividi. Arrossati. Sanguinanti. Cicatrizzati.

 

 

-          E devono rimanere. Mi ricordano ogni giorno che esisto davvero.

 

-          Eppure…. – finisco la mia cioccolata in un unico sorso, osservandolo -…tu sei venuto da me quella sera…e volevi aiuto.

 

 

 

Sakuragi distoglie lo sguardo, a disagio. Incomincia a tamburellare sul legno….

 

 

 

 

-          Te l’ho detto, quella notte ero particolarmente…triste. Punto.

 

-          Perché?

 

 

-          Cosa vuol dire “perché”? Sono fatti miei.

 

 

Sbuffo irritato.

 

 

 

-          E va bene...e allora anche oggi era particolarmente triste do’hao? Non sei stato tu a invitarmi a passare la domenica con te e il bambino?

 

 

Mi lancia uno sguardo risentito.

 

 

-          Ti prendi gioco di me Kitsune?

 

-          Cerco solo di capire che cosa vuoi realmente da me.

 

 

-          Mh?

 

-          Io penso che tu voglia aiuto da me. E lo sai anche tu.

 

 

-          Senti…vediamo di capirci subito. Io non ho bisogno di aiuto. Ok? – e sbuffa.

 

 

 

 

 

 

 

E allora perché i tuoi occhi mi gridano contro Sakuragi?

 

 

Eh?

 

Perché mi gridano di aiutarti a uscire dal tunnel in cui cammini da solo?

 

 

 

 

 

 

-          Va bene…

 

-          OK.

 

 

-          Fantastico.

 

-          Infatti.

 

-          Già.

 

-          Già.

 

-          Smettila Rukawa!!! – Sakuragi si slancia nella mia direzione, afferrandomi per il colletto del maglione azzurro– Vedi di finirla Sorbetto congelato! Mi stai dando sui nervi!

 

-          Non sono stato io a voler venire qui insieme a te…e mollami immediatamente il maglione….me lo stai sgualcendo – lo guardo negli occhi …e in un attimo mi rendo conto che siamo vicini. Quasi naso contro naso. Il suo respiro caldo contro la pelle lievemente umida delle mie labbra.

 

E sento…una strana sensazione in corpo. Non è la prima volta che succede…però...

Sakuragi arrossisce lievemente…per un secondo i suoi occhi si posano sulle mie labbra ma di scatto lascia la presa, risedendosi con un tonfo sulla sua sedia di legno.

 

 

 

-          Io… - tossisce lievemente – dovrei andare a lavorare – guarda fuori dalla vetrina.

 

 

 

E’ come se volesse sfuggire il mio sguardo…non capisco perché. E incomincio a pensare che mi sfuggano ancora troppi particolari …

 

 

 

 

 

-          Dove lavori?

 

-          In un piccolo bar vicino al Discount Masakori, a Yokohama… – i suoi occhi si socchiudono lievemente. Stanchezza sulle sue spalle.

 

-          Fino a che ora?

 

-          Mmmm…dipende dai clienti – abbassa lo sguardo, evitando sempre i miei occhi – generalmente verso le 2 di notte.

 

-          E questo lavoro te l’hanno trovato gli assistenti sociali?

 

-         Certo…pensi che qualcuno avrebbe potuto assumere un teppista nel proprio locale? – ride leggero…e strafottente. Falso.

 

 

 

E provo rabbia…perché è stato lui a crearsi questa fama…questa maschera.

 

 

 

 

 

E poi…non capisco che cosa vuole da me…prima m’ignora, poi mi cerca, poi s’innervosisce se cerco di scavare nel suo passato…poi di nuovo m’ignora.

 

Incomincio a pensare…che anche lui non sappia davvero cosa voglia.

 

-          Mh…va bene. Pago e ce ne andiamo – mi alzo e faccio per dirigermi verso la cassa, quando sento la sua mano afferrarmi per il braccio, bloccandomi.

 

-          Hai pena di me Rukawa? – il suo tono è grave…roco. La sua espressione è come delusa – pensi che non abbia i soldi per permettermi una cioccolata? Eh? – mi stringe con più forza il braccio.

 

 

Infastidito mi libero dalla sua presa.

 

 

-          Non farti idee idiote. Tu hai lasciato dei soldi a casa mia. Te li sto solo restituendo.

 

-          Quei soldi te li avevo dato per la tua ospitalità – mi osserva un po’ stupito. Non se l’aspettava un comportamento del genere da parte mia.

 

-          Ed io mi ero ripromesso di darteli indietro. Punto.

 

-          No…non voglio che mi offra nulla – s’imbroncia come un bambino piccolo.

 

-          Ho mai fatto qualcosa che tu volessi…do’hao? – sorrido lievemente.

 

E finalmente anche lui sorride. Un sorriso diverso. Un sorriso sincero. Scuotendo leggermente la testa.

 

Ed io posso finalmente allontanarmi da questo tavolo per andare a pagare. Il cuore in tumulto.

   
 
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