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Autore: I Camminatori dei Sogni    24/05/2012    0 recensioni
Il forum i Camminatori dei Sogni presenta la prima Chain Novel su La Ruota del Tempo, una via di mezzo tra fanfiction e Gioco di Ruolo scritta a più mani.
L'ispirazione proviene dalla saga di Robert Jordan: immaginando un suo probabile seguito, siamo partiti dalla quarta era, la successiva alla saga, inventando un mondo profondamente diverso nel quale vivono nuovi personaggi creati dai giocatori/autori.
La storia è in continua evoluzione, nuovi giocatori portano nuovi fili ad intrecciarsi nel Disegno. Un nuovo Drago Rinato dovrà affrontare un nemico antico, ma che questa volta ha saputo preparare al meglio il suo ritorno.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I Camminatori dei Sogni :: Chain Novel :: La Ruota del Tempo

Una via di mezzo tra FanFiction e Gioco di ruolo, questa è una storia scritta da molte mani: il progetto WoT Chain Novel del forum i Camminatori dei Sogni.
L'ispirazione proviene dalla saga di Robert Jordan, the Wheel Of Time: immaginando un suo probabile seguito, siamo partiti dalla quarta era, la successiva alla saga, inventando un mondo profondamente diverso nel quale vivono i personaggi creati dai giocatori.
La storia è in continua evoluzione, nuovi giocatori (partecipa anche tu) portano nuovi fili ad intrecciarsi nel Disegno. Un nuovo Drago Rinato dovrà affrontare un nemico antico ma che questa volta ha saputo preparare al meglio il suo ritorno.

Capitolo 3: L'Ombra della Profezia [parte prima]

Toras Skellig

La calca che ingombrava gli stretti passaggi tra i banchi del mercato aveva dato un vantaggio non indifferente al ragazzo, che riusciva ad infilarsi tra i capannelli di persone e sgusciarne molto più rapidamente che gli inseguitori. I paesani non si curavano più di tanto quando venivano urtati dal monello, anche se alcuni, più accorti, portavano una mano al borsello controllando che ci fosse ancora tutto. Ben diversa la reazione che, alcuni attimi dopo, suscitavano i tre Figli della Luce, le braccia protese in avanti a scantonare chi si trovava al centro dell’inseguimento: gli avventori allora si scansavano velocemente, mormorando veloci preghiere o mezze imprecazioni; i venditori, invece, più avvezzi a questo genere di avvenimenti, si limitavano a sbuffare o scuotere la testa, indispettiti da ogni piccola distrazione che distogliesse i compratori dalla loro mercanzia. Toras e il vecchio Jaem seguivano a breve, sfruttando il varco creato dai robusti Manti Bianchi. C’era poco che essi potessero fare ora, le guardie non avevano più bisogno del loro aiuto per individuare il ragazzino: bastava infatti seguire lo scompiglio che quest’ultimo causava al suo passaggio.
Toras dubitava che l’atterrito fuggitivo seguisse una direzione precisa. Il villaggio non era particolarmente grande, e terminava semplicemente all’altra estremità della piazza, ove scorreva il fiume Dodieb. Una volta uscito dal mercato, il giovane non avrebbe avuto molte alternative: svoltare e seguire il fiume verso est o verso ovest in entrambi i casi lo avrebbe condotto nuovamente in paese, dove altri Manti Bianchi gli stavano dando la caccia; proseguire diritto attraversando il lungo ponte di legno lo avrebbe svantaggiato nei confronti degli inseguitori, meno agili ma più atletici; tuffarsi, infine, non sembrava una gran idea, a meno che il giovane Incanalatore non fosse in grado di respirare sott’acqua.
Toras non aveva idea se il Potere desse questo tipo di capacità innaturali. In realtà c’era così poco che egli sapesse su quella diavoleria, quell’abominazione. Così poco sapeva, e così tanto avrebbe voluto sapere, ora che aveva scoperto che lui, Toras, era uno di loro.
Era passato ormai un mese dalla sua cattura. Quel giorno, aveva deciso di avventurarsi con gli amici in una piccola gita a Dodieb, sfruttando un passaggio sul carro di un mercante che, dopo aver battuto la zona del villagio di Toras e quelli limitrofi, rientrava in città per approvvigionarsi. Era sembrata niente più che una ragazzata; al ritorno, il padre lo avrebbe punito severamente, forse perfino preso a scudisciate, ma qualsiasi castigo gli era sembrato ben sopportabile al pensiero di una giornata spesa in libertà, con gli amici, a Dodieb. Mercati, taverne, sidro e giochi d’azzardo li attendevano, ma soprattutto ragazze: su in montagna da lui si diceva che quelle di città fossero incredibilmente affascinanti e arrendevoli. La sera, però, dopo una giornata di balordi e dopo avere scialacquato gran parte dei propri risparmi, i ragazzi avevano dovuto lasciare la città, prima che i cancelli venissero chiusi. Le misure di sicurezza erano infatti raddoppiate nella città, dopo che voci si erano diffuse di agitazioni e fermenti al nord, mettendo paura alle autorità di Dodieb.
Toras non si era mai sentito più felice e spensierato. Mentre camminava cantava canzoni da osteria con i suoi compagni, interrompendosi solo per rievocare con gli altri qualche occhiata che aveva scambiato con una cameriera particolamrente carina. Improvvisamente l’impulso di rimettere l’aveva scosso, e si era accasciato, in preda ad una nausea fortissima. Gli altri lo avevano deriso, stuzzicandolo con degli stecchi finché non si era, faticosamente, rialzato. Nonostante la subitaneità del malessere, Toras aveva già sperimentato gli effetti del troppo bere, e non si era preoccupato troppo. La sensazione, come di un flusso di sangue che improvvisamente gli giungesse al capo, se n’era andata come era venuta, ed il ragazzo si era affrettato, per quanto le sue attuali condizioni lo permettessero, a raggiungere gli altri. Era stato allora che un anziano mendicante, che avevano incrociato al bordo della strada, ancora non molto lontano dalla città, aveva preso a seguirli da vicino. Gli altri avevano cercato di allontanarlo con offese e minacce, ma Toras aveva notato che lo straccione non stava mendicando, ma cercava di avvicinarsi per scrutare i loro volti.
Ubriaco, non aveva fatto più di tanto caso ad uno strano segno che il vecchio portava su una guancia: come una bruciatura, ma con una forma che vagamente poteva suggerire un sole. Infastidito dalla presenza del vecchio accattone, aveva quindi raccolto un sasso e glielo aveva scagliato violentemente, facendolo ricusare dal tallonamento. Ma il gruppo di giovani non era andato lontano: una pattuglia di Manti Bianchi a cavallo li aveva raggiunti, sottomessi, e ricondotti a Dodieb con polsi e caviglie legate. Toras aveva passato giorni rinchiuso in una cella senza saperne il perchè, né conosceva la sorte degli amici. Era stato il mendicante a fargli visita per primo, dicendo di chiamarsi Jaem, e svelandogli di essere un Traditore, o meglio, come egli stesso definiva gli Incanalatori costretti a cacciare i propri simili per conto dei Figli: un «Segugio». Da lui, Toras aveva scoperto di poter incanalare il Potere, benché ancora non riuscisse a farlo volontariamente, e per quanto Jaem gli ripetesse che la sua capacità era veramente ridicola, la più insignificante che egli avesse mai percepito.
Splendido!, aveva pensato tra sé, non solo sono un rinnegato, disprezzato e odiato da tutti, ma la mia abilità con il Potere è completamente inutile. Mi impiccheranno senza che io nemmeno possa assaggiarlo, questo Potere! Poi, però, lo avevano inaspettatamente marchiato e arruolato come Traditore, vuoi per l’intercessione di Jaem, che lo aveva istintivamente preso in simpatia, vuoi perchè, in fondo, un Incanalatore debole ed incompleto era più facile da controllare. Dopo giorni passati nel tentativo di ritrovare l’accesso alla Fonte, con Jaem che lo spronava e lo consigliava, aveva capito che per farlo gli era indispensabile perdere parzialmente la lucidità, come quando, la sera della cattura, la sbornia lo aveva brevemente reso inconsapevole. Sfortunatamente, alla sua proposta che qualche pinta di sidro gli venisse somministrata prima di ogni missione, per metterlo in condizione di incanalare, i Figli avevano preferito un’altra, più spiccia soluzione: un colpo secco alla nuca, ben assestato con l’elsa della spada, funzionava a meraviglia.
Ed ecco che la sua vita semplice e spensierata di ragazzo di montagna, figlio di pastori, si era trasformata in quella, violenta e miserabile, di Segugio dei Manti Bianchi, costretto per lo più a stanare giovani Incanalatori che, come lui, avevano accidentalmente scoperto la propria capacità. Toras dovette riportare di scatto la propria mente all’inseguimento dopo che, improvvisamente, ebbe passato l’ultimo banco del mercato. Lui e Jaem si diedero rapide occhiate intorno, prima di individuare i tre Figli, che avevano ormai raggiunto il ragazzo in fuga lungo il ponte. Rallentando il passo, i due Traditori si diressero in quella direzione, preparandosi ad un eventuale, benché molto poco probabile, uso del Potere da parte del prigioniero. Avvicinandosi, Toras studiò il volto del ragazzo cercando di riconoscerlo: questo villagio non era lontano dal proprio, ed egli conosceva di vista quasi tutti i giovani locali.
Una morsa di angoscia e vergogna lo prese quando si rese conto che si trattava, invece, di un ragazzino appena adolescente. Lo aveva ritenuto più anziano: un suo coetaneo, a giudicare dall’altezza; ma i tratti del viso, ancora infantili, dicevano che non aveva più di dodici o tredici anni. Gli occhi sgranati per la paura, il poveretto tremava come una foglia mentre i Figli prendevano una cura eccessiva nell’immobilizzarlo ed imbavagliarlo: «non si può mai sapere» ripeteva spesso il Capitano Comandante Kines «quello che queste creature dell'Ombra sanno fare con il Potere». La mano rugosa di Jaem gli prese allora il braccio, invitandolo a distogliere lo sguardo dalla scena pietosa. Toras si appoggiò quindi al parapetto del ponte, lasciando che i soldati finissero il loro sporco lavoro. Sentì risuonare sulle larghe tavole di legno i passi dei Figli che portavano via il ragazzino, poi la rauca voce di Jaem che gli ripeteva per l’ennesima volta che tutto questo era per il bene degli Incanalatori liberi, che questi individui erano un pericolo per se stessi e per gli altri se lasciati al loro destino, e che i Figli si sarebbero presi miglior cura di loro.
Toras, tuttavia, faceva sempre più fatica a credere alle parole del suo anziano mentore. In precedenza, il suo concetto di Incanalatore era stato quello di una creatura mostruosa, crudele e spietata, che infestava i sogni dei bambini e serviva ai genitori come spauracchio per farsi obbedire. Ma quest’immagine mentale non corrispondeva per nulla alla realtà che Toras aveva di fronte. Pensò alla famiglia del ragazzo, all’incredulità che dovevano provare al pensiero che il proprio figlio fosse un’incarnazione del male, e alla disperazione che li avrebbe presi quando si fossero resi conto che non l’avrebbero più rivisto. Proprio come la mia famiglia, pensò Toras, che non potrò mai più rivedere. Sapeva infatti che, benché le sue missioni lo portassero a volte a poca distanza dalla fattoria del padre, non avrebbe mai avuto il coraggio di ripresentarvisi, lui: un Incanalatore. E l’essere diventato un Traditore non aiutava a mitigare il suo senso di colpa, per quanto Jaem gli dicesse che avrebbe dovuto «sentirsi onorato per la possibilità che gli era stata data di aiutare le forze della Luce a portare ordine in questo mondo».



Dorian

L’alba tardava ad arrivare in quella limpida giornata primaverile mentre un lieve ma gelido vento sferzava il mantello scuro dell’uomo che incedeva nel bel mezzo della strada. Nonostante l’ora, la via, in cui si teneva uno dei mercati della città, era già affollata da bancarelle in allestimento, con venditori e fornitori che, silenziosamente, contrattavano sulla merce o scambiavano qualche formalità.
Oltre ai mercanti, la strada era occasionalmente battuta da uomini ubriachi che tornavano a casa dopo una notte brava, oppure da qualche puttana intenta ad adescare gli ultimi clienti della nottata, prima che i bambini o, peggio, qualche Manto Bianco, potessero rendersi conto della sua esistenza.
L’uomo camminava con passo agile e sicuro e la testa incappucciata ne celava completamente il viso. Nessuno gli prestava attenzione, tutti intenti nelle loro faccende quotidiane, mentre lui prendeva nota di ogni singolo movimento, ogni singolo sguardo.
Ben presto abbandonò quella strada lunga e spaziosa immettendosi in un vicolo buio e stretto fra due case di pietra a due piani. Quella parte di Dodieb era abitata da molti benestanti boriosi, ma non dall’eccellenza aristocratica. L’alta società viveva, infatti, nell’anello di mura più interno, con i loro magnificenti palazzi, i templi lussuosi e le Accademie facoltose.
Era proprio in quella parte di città che l’uomo aveva trascorso gli ultimi due giorni. Non era stato poi così difficile trovare quello che cercava, e le informazioni ottenute si erano rivelate davvero preziose e confortanti. Non che ci fossero dubbi al riguardo.
Ripensando a tutto ciò che aveva scoperto, un sorriso di compiacimento affiorò alle sue labbra carnose, ultimamente un evento non molto raro. Tutto stava andando così bene. Tra le sue memorie non riusciva a trovare un momento più felice e favorevole di quello.
Mentre si dirigeva verso la porta nord, l’uomo sorpassò due pattuglie di Figli della Luce, cosa non strana dato che quella città veniva considerata uno dei centri nevralgici della Confederazione.
Stupidi idioti… Se non fossi già soddisfatto per l’andamento della situazione mi divertirei molto a giocare con voi.
In ogni caso, a volte, si rivelavano delle ottime pedine.
Mentre l’uomo si avvicinava alle mura, infatti, le due guardie di turno iniziarono subito ad allentare i ferri che tenevano ancorate le due ante di legno massiccio della porta e, subito dopo, i cardini ben oleati accompagnarono le loro spinte verso l’esterno. L’uomo non aspettò che la porta fosse completamente aperta ma continuò a camminare, maestoso e sicuro di sé, lanciando un sacchetto tintinnante alla guardia di destra, che lo salutò con rispetto e intascò la ricompensa per il silenzio. Il vantaggio migliore di quei tempi pacifici era che bastava corrompere un solo gruppetto di sentinelle di guardia sulle mura per diventare totalmente invisibile.
E pensare che potrei spazzare via l’intera città in un secondo…
La decisione di uscire dalla porta nord era dettata dalla necessità di passare il più inosservato possibile. Da quella porta, infatti, passavano i carri di metalli grezzi e lavorati provenienti dalle montagne vicine, scortati da scavatori e minatori, che ogni giorno rifornivano le forge e le botteghe della città; ma per motivi di sicurezza nessuna carovana viaggiava di notte. Sarebbero partite dalle miniere all’alba e quindi, in quel momento, per strada, non si vedeva anima viva.
L’uomo, adesso, godeva di una completa e agognata solitudine.
Da presenze umane, perlomeno.
Le sensazioni e le emozioni che gli riempivano costantemente la mente ormai da anni, infatti, al contrario, si fecero più pressanti.
Adesso non le sentiva più come prima. Prima era stata una sensazione emozionante, ricca di aspettativa, curiosità. Poi, appurata la sua natura, si era trasformata in una piacevole scoperta, qualcosa in cui rifugiarsi quando si sentiva solo, una scappatoia dalla monotonia umana e dalla realtà abitudinaria e statica della sua specie.
Adesso, però…
I miei cari e vecchi amici si stanno rivelando di grande aiuto per il piano, anche se contro la loro volontà.. chi l’avrebbe mai detto.
Quel pensiero gli lasciò stampato in faccia un sorriso ancora più profondo.

Quando ormai le mura della città divennero solo un ricordo sbiadito e il sole fece capolino tra i picchi alti all’orizzonte, l’uomo abbandonò la strada battuta e si inoltrò negli spogli boschi, incedendo con eguale facilità e la solita maestosità sulla terra brulla. Avanzava senza esitazioni in quell’intrico di rami, scrutando dappertutto in cerca di qualche segno di vita, animale o umano che fosse. Si sentì anche abbastanza tranquillo da calare il cappuccio del mantello, scoprendo il viso al gelo della prima mattina e lasciando sparire la tessitura che negli ultimi due giorni gli aveva celato il particolare sguardo.
Due respiri lunghi e profondi gli portarono alle narici l’odore che cercava, mentre alle orecchie gli giunse il vago brusio di quello che sembrava un ruscello, e così, senza esitazione, si diresse verso una ripida parete rocciosa che svettava alla sua destra.
Tutto va splendidamente secondo i piani. E pensare che non c’è neanche stato bisogno del mio diretto intervento in questa occasione. Quando si tratta di Profezie, nessuno può resistere. Quelle due donne non sanno ancora cosa stanno per scatenare..
Adesso il vago sorriso dell’uomo si era trasformato in una vera e propria risata, eco di altrettante espressioni di giubilo apparentemente sorte dentro la sua testa, segno che i suoi "amici" la pensavano come lui.
Il ghigno risuonava amplificato dal silenzio che regnava in quella landa desolata, alberi ed alberi di solitudine e pace.
In breve, si ritrovò proprio di fronte alla parete rocciosa: una lastra di piccole e numerose fenditure decisamente impossibile da scalare, umida al tatto e altrettanto friabile. Per un momento, l’uomo pensò di essersi sbagliato, ma nello stesso istante in cui quel pensiero si formava nella sua mente, una serie di ululati gli indicò la via. Si diresse, così, lentamente verso destra, trascinando per inerzia la mano sinistra poggiata sulla nuda roccia e prestando ascolto agli ululati sempre più vicini.
Una serie di immagini e sensazioni si formarono nella sua mente ed egli chiuse gli occhi, perso in quel benvenuto.
A un tratto, la mano non trovò più nulla di concreto su cui poggiare e l’uomo aprì gli occhi, fissando la sua attenzione su una nuova scena. La roccia, adesso, curvava semicircolarmente attorno a una piccola radura ben spianata. Dalla parete stessa scorreva, lenta, una cascatella d’acqua responsabile della formazione di un piccolo fiumiciattolo che da li, poi, si immetteva tranquillo nei boschi.
Vi era un odore benevolo di erba smossa e umidità, oltre a quello pungente dello zolfo. Odori che si aspettava. Ma vi era anche puzza di fumo… e d’uomo.
«Credevo non tornassi più…»



continua...



Aaron Gaeleaf Selohim di -ws
Dorian di Semirhage
Mabien Asuka di mercutia - su EFP
Merian Elen Syana di SilmaCauthon
Morgan Neglentine di Neslepaks
Norah di Semirhage
Siadon di -ws
Toras Skellig di Neslepaks

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