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Autore: Lullaby Candy    25/05/2012    1 recensioni
È sempre difficile e, a volte, quasi impossibile riuscire a dire quel che veramente si pensa, ad aprire la propria mente agli altri, soprattutto quando tutto è contagiato dall'Amore. Quando iniziano a nascere, dentro te, tutti quei sentimenti imbarazzanti e confusi, a cui non sai dare una risposta razionale, in quei momenti di assoluta incertezza l'unica consolazione che puoi trovare risiede soltanto negli occhi della persona Amata.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Untitled Document Questa storia narra di un amore omosessuale tra due ragazzi, chiunque non gradisca questo genere è pregato di astenersi dal leggere e commentare negativamente, grazie! :)

 

Se non dici nulla...

 

 

 

La porta si era chiusa alle loro spalle, lasciando i due ragazzi immersi completamente nel silenzio più assoluto.

Nonostante fosse stato lui a volere quella chiacchierata, Davide, al massimo dell' imbarazzo, ora non riusciva a proferire neanche una parola. Davanti a lui un ragazzo biondo ossigenato aspettava impaziente; sbuffò un paio di volte: lui non aveva di certo tempo da perdere.

Vedendo che l'altro continuava a tacere, sbottò, tenendo lo sguardo fisso sulle proprie scarpe:

-”Allora? Cosa c'è? Cosa mi devi dire?”- in realtà sapeva perfettamente quel che l'altro voleva confessargli, per questo in quegli ultimi giorni l'aveva evitato, ma quella faccenda era andata avanti così tanto da raggiungere ormai il punto di non ritorno. Comunque a lui non importava nulla, solo non voleva venire coinvolto in situazioni spiacevoli.

-”Ehm... Cioè, io... ti volevo chiedere una cosa...”- non ebbe ancora il coraggio di alzare lo sguardo per incrociare gli occhi color nocciola dell'altro, poiché in quel momento lo terrorizzavano da morire. Fece un respiro profondo e si diede forza.

-”Penso che tu ormai abbia capito quello che io.. si insomma.. quello che io provo... per te.”-sbirciò con la coda dell'occhio. Lo vide sfoggiare a malapena un lieve sorriso, mentre annuiva. Il suo cuore aveva incominciato a battere più veloce; proseguì balbettante.

-”Volevo sapere se anche tu ... se anche tu provi … quello…”- i suoi occhioni azzurri si sollevarono e scrutarono intensamente il viso di Mattia, in piedi di fronte a lui.

Lo sguardo del biondo, però, non era indirizzato a lui, guardava un punto non preciso del pavimento.

Sbuffando e sghignazzando allo stesso tempo rispose con voce calma e decisa.

-”No, mi dispiace. Io non provo quello che tu provi per me.”-

Davide ci rimase di sasso: in fondo una risposta del genere se la sarebbe potuta aspettare, ma sentire quelle parole pronunciate proprio dalla persona che amava gli fecero un effetto completamente differente da quello a cui aveva anche solo minimamente pensato. La voce gli si bloccò in gola, gli occhi spalancati e carichi di lacrime, il respiro sempre più affannato. Ancora qualche minuto e sarebbe potuto scoppiare a piangere davanti a lui e di certo non era quello che voleva.

Mattia, evitando anche solo di striscio il suo sguardo, si voltò, dirigendosi verso la porta.

-”Vabbè ci vediamo in giro. Ciao.”- così dicendo l'aprì, chiudendola poi dietro sé.


Come se una strana forza non gli permettesse di allontanarsi da quel posto, si appoggiò al muro adiacente alla porta della stanza da dove era uscito, lasciando in lacrime l'altro ragazzo.

Non riusciva a capire quel che gli stava succedendo.

Uno strano peso gli opprimeva il petto, intralciando la normale respirazione.

Aveva fatto quel che era più giusto fare o almeno quel che secondo lui andava fatto.

Lui non era di certo una checca gay e non poteva permettere che quella stupidaggine continuasse oltre e venisse divulgata in giro, rovinandogli la reputazione. Eppure non si sentiva affatto contento dell'accaduto.

Diamine, cosa c'era di sbagliato in lui?

Lui, che era sempre così distaccato e insensibile verso tutto quello che gli stava attorno e gli capitava, proprio in quel momento doveva mettersi a fare il sentimentale?

Il suono che raggiunse le sue orecchie lo sconvolse ancora di più: Davide era scoppiato a piangere e i suoi singhiozzi erano perfettamente udibili dall'esterno della stanza anche con la porta chiusa.

La rabbia lo invase, non gli aveva mai dato fastidio sentire qualcuno piangere per lui, ma in quel momento stava odiando profondamente quel che giungeva al suo udito.

Si scostò dal muro, borbottando a denti stretti una serie confusa di bestemmie, insulti e scuse.


Durante i giorni successivi non poteva evitare di cercare costantemente il ragazzo con lo sguardo, ovunque passasse. Talvolta il desiderio di trovare la sua figura era così forte da causargli perfino allucinazioni e ben presto si rese conto di essere già in completa balia di tutta quella situazione.

Nonostante camminasse per il corridoio adiacente alla sua classe o frequentasse i punti dell'istituto dove l'aveva visto più spesso, non era più riuscito a ritrovarsi faccia a faccia con lui, solo una serie confusa di sviste da lontano.

Dopo una buona settimana di inseguimenti realizzò che per tutto quel tempo si era comportato proprio come un pedinatore, ma questo non lo preoccupava minimamente: era diventata ormai un'abitudine per lui.


Quel che più servì a fargli aprire gli occhi sulla situazione che si era venuta a creare fu un fatto particolare che gli rese la giornata di Giovedì 10 Novembre un vero incubo.

Quella mattinata era trascorsa come al solito: lezioni noiose, qualche interrogazione svignata per un pelo e comuni chiacchierate stupide con i compagni.

Quando giunse l'intervallo, come consuetudine, incominciò a cercare Davide per tutta la scuola, andando su e giù per i tre piani dell'istituto. Lo trovò in una classe che non era la sua, seduto su un banco a parlare con altri ragazzi. Non c'era niente di strano in tutto quello, ma poi, sotto gli occhi stupefatti del biondo, Davide iniziò ad abbracciare calorosamente uno di quelli che gli erano attorno. Poi rimasero soli e pareva proprio che entrambi lo gradissero molto.

Mattia, sbirciando dalla porta, assistette a tutta la scena e, più restava fermo a guardare, più aveva voglia di andare là dentro e spingere quel tipo lontano da Davide, ma poi si rese conto che non avrebbe avuto alcun motivo per farlo.

In effetti non erano né amici né tanto meno fidanzati e ovviamente non si poteva permettere di intromettersi nella vita di un altro, eppure gli dava fastidio vederlo compiere simili atteggiamenti con quel tale.

In realtà, quella che si insinuò in lui per la prima volta nella sua vita fu pura gelosia verso una persona per lui estremamente importante, ma con la quale, in quel momento, non aveva alcun legame.

Così la mattinata scolastica proseguì con altrettante noiose lezioni, ma Mattia aveva ben altro a cui pensare. Doveva trovare un modo per cancellare dalla mente del moro quel che era successo tra loro e ricominciare tutto da capo.

Voleva instaurare un rapporto con lui, anche se non sapeva ancora bene di che genere.

Sapeva soltanto che gli interessava da ogni punto di vista.


Finalmente la giornata di scuola si era conclusa e non vedeva l'ora di poter sfogare la sua frustrazione agli allenamenti di basket, che si tenevano nella palestra del suo liceo.

Quando la campanella di fine lezioni suonò si diresse al bar del piano terra, andando contro il flusso degli studenti che si precipitavano fuori dall'edificio.

Mentre stava camminando con fare pensoso si ritrovò davanti proprio la causa delle sue innumerevoli paranoie mentali, accompagnato dal ragazzo con cui l'aveva visto all'intervallo.

Cercò uno scambio di sguardi che avvenne, imbarazzando uno ed eccitando l'altro, alzò la mano in segno di saluto e vide il moro irrigidirsi subito dopo.

Un ghigno divertito si stampò sul suo volto, si sentiva compiaciuto nel vedere di essere ancora la causa di qualche suo turbamento. Il tipo di fianco a lui cercava di comprendere quel che stava capitando, ovviamente senza riuscirci. Allora Mattia, passandogli esattamente di fianco, lo fulminò con lo sguardo: con occhi talmente penetranti che qualcuno avrebbe potuto leggerci una vera e propria minaccia di morte.

Prima degli allenamenti si trattenne un po' a fare qualche giro per i corridoi deserti della scuola, rimuginando sulle circostanze in cui si trovava.

Doveva parlargli, voleva avere la conferma che fosse ancora innamorato di lui e nessun altro. Voleva mettere le carte in tavola prima che fosse tardi e perdesse la possibilità di avvicinarsi a quel ragazzo.

Immerso com'era nei suoi pensieri non si accorse che l'ora dell'inizio dell'allenamento era già passata. Fortunatamente una bidella che passava di lì attirò la sua attenzione e realizzò di essere in ritardo; incominciò a correre.


Quando raggiunse lo spogliatoio i suoi compagni di squadra lo stavano ancora aspettando, alcuni preoccupati, altri desiderosi soltanto di tendergli qualche scherzo e farlo irritare come al solito.

Si cambiò velocemente, mentre alcuni ragazzi lo interrogavano sulla ragione del suo ritardo, finché non saltò fuori l'argomento che più di tutti odiava trattare, quello del suo adulatore maschio.

Quel pettegolezzo si era diffuso così tanto che ormai la dichiarazione di Davide era diventata famosa, passando di bocca in bocca, come se riceverne una da una persona dello stesso sesso fosse così strano ed inconsueto.

Possibile che a tutti interessasse così tanto della sua vita? Eppure non gli pareva proprio che quando aveva avuto problemi in passato quelli se ne fossero curati molto, in realtà si erano sempre limitati a far finta che non esistesse, a quel tempo. Perché proprio per questa questione era diventato tanto popolare?

Era assolutamente normale imbattersi qualche volta in fatti come quello, dato che ormai si era affermata l'esistenza di persone omosessuali e avevano tutto il diritto di innamorarsi anche loro.

Il punto stava nel fatto che quelli usassero questa scusa per tormentarlo maggiormente e prenderlo in giro, come se ci fosse stato qualcosa di sbagliato nell'essere gay.

Qualche settimana o mese addietro, quando lo scherzavano a quel modo non ne aveva dato molto peso, anzi si divertiva anche lui a sentire come quelli sfottessero Davide, ma adesso non riusciva proprio a restare calmo.

Il sangue gli ribolliva nelle vene e continuava a ribattere a qualsiasi affermazione o domanda proposta, con parole acide e violente, finché non raggiunse il punto di non ritorno.

Stava sbraitando già da parecchi minuti, quando il ragazzo che lo aveva canzonato pesantemente, come se si sentisse in pericolo o solo debole, in segno di difesa ad un attacco verbale, alzò le mani e così si scatenò il putiferio.

Urla, imprecazioni, pugni e calci, a quel litigio non mancava proprio niente, tranne una vera ragione razionale.

Tra i ragazzi attorno c'era chi cercava di dividere i due al centro, chi faceva scommesse su chi avrebbe vinto, chi, incurante di tutto, continuava tranquillamente a vestirsi, chi correva a chiedere aiuto a chiunque capitasse a tiro.

Così, quando il loro coach arrivò e li separò, su due piedi mandò entrambi dal vice preside, accuratamente scortati onde evitare che si scannassero anche durante il tragitto per gli uffici della presidenza.


   
 
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