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Autore: Theredcrest    26/05/2012    1 recensioni
Attorno ad un pianeta lontano orbitano sette lune, sette satelliti che vegliano sulle luci della Città, immenso agglomerato abitato da alieni non troppo diversi da noi. Il fulgore della Città è l'unica cosa in grado di squarciare la vasta desolazione di questo mondo, immerso nelle tenebre eterne. Mentre le lune brillano, la Stella Oscura brucia distante. Le leggende la vogliono in grado di esprimere i desideri, ma nessuno osa farlo all'ombra della sua influenza malsana. Le superstizioni, tuttavia, non fermano un bambino dal farlo, Cor.
E un giorno, molti anni dopo, qualcosa cambia.
Genere: Guerra, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FUGA

 
Ho sempre sperato di trovare qualcuno che si adattasse a me come un guanto, che mi fosse complementare e mi completasse. Era uno dei tanti sogni di bambino, dare un fermo alla solitudine. Avere un amico, un fratello, una compagna come me. Desideravo non essere più unico, avrei dato qualsiasi cosa per far avverare quest'eventualità. In cuor mio dovevo aver compreso l'importanza di avere un'individualità distinta, e non ero il solo. Ma forse non riuscite a comprendere a cosa davvero mi riferisca.
L'importanza dell'apparire per noi è relativa. Il risultato è l'imprevedibile espressione dell'unicità riflessa sul corpo, quando il modo di pensare è unificato. Capelli di ogni colore, modifiche in ogni forma e misura, ogni cosa concessa solo per dare un apparente senso di indipendenza ai singoli individui. Anch'io ai miei tempi ho mostrato analoghi comportamenti, i corti capelli rossi e neri ne sono una prova.
Cosciente del mio desiderio, mio nonno mi portava davanti alle stelle della nostra galassia con la speranza che, un giorno o l'altro, venissi ascoltato. Mi viene da pensare provasse lo stesso senso di desolazione vedendosi diviso da suo nipote per mezzo dell'RV che allora era costretto ad utilizzare, proprio come me dopo di lui. A volte ci dirigevamo ai margini della città, sedendoci sull'erba luminescente a guardare le Sette Sorelle, il nostro sistema di sette lune orbitanti. Mi diceva di pregare e sperare sotto il loro sguardo e quello delle Pleiadi lontane e questo alimentava il mio amore per il nostro cielo sempre buio, squarciato dalla limpidezza delle stelle. Alla fine di ogni ciclo, mi portava a rinnovare la promessa. E così fin quando l'età avanzata l'aveva portato al finire del suo tempo.
Gli tolsero l'RV allora, ricordo. Lo portarono a casa e per un'ultima volta trasse le forze e mi portò davanti alle stelle. Stavolta, però, non sotto le nostre lune o la distante Polaris, ma davanti alla Stella Oscura che si ergeva lontano dal nostro pianeta come un sinistro avvertimento, con i crateri fiammeggianti aperti come piccoli occhi cavi e bocche spalancate lontane anni luce. Leggende raccontavano che avverasse qualsiasi desiderio di sufficiente intensità, che era abitata da esseri superiori a volte propensi ad ascoltare i capricci della nostra gente.
Col senno del poi, avrei dovuto ascoltare la mia mente allarmata. Ma accecato dal mio sogno e ansioso di accontentare le ultime volontà di mio nonno, non lo feci e sperai, pregai più di quanto avessi mai fatto in vita.
Non accadde nulla.
Mio nonno morì il giorno dopo, e a qualche ciclo di distanza anch'io finii sotto RV. L'unica speranza che avrei mai avuto di tornare a guardare veramente le stelle sarebbe stata sul finire della mia esistenza, quando fossi stato troppo vecchio e impossibilitato a creare disagio alla società. Agli anziani, si sa, si perdona tutto. E invece, in quel preciso istante, stavo scappando senza incontrare resistenze. Nel pieno della mia età.
Un'eventualità mai considerata.
Percorsi i corridoi asettici in fretta, badando a che nessuno mi vedesse. Non mi imbattei in guardie o factotum, se c'erano sembravano essere scomparsi in un baleno. Da fuori sentii delle grida, e immaginai il perché. Mi diedi una mossa. Trovare l'uscita alla struttura non fu complicato, i miei dati erano già caricati sul visore, la piantina circolare liberamente scaricabile. Sorpassai le celle che si aprivano in continuazione sulle pareti ai miei lati, alcune delle quali lasciate con la porta mezza aperta, e finalmente arrivai alla zona che fungeva da reception per i visitatori e al portellone bianco che mi separava dalla Città. Digitai il codice, osservando le chiusure a pressione che si aprivano più lentamente di quanto avessi voluto. Contando sul fatto nessuno sarebbe mai scappato dal centro quarantena, le password per i visitatori sono a libera disposizione dei rinchiusi: solo noi possiamo dare o togliere gli accessi a chi si inserisce nel sistema e richiede l'accesso. Quando il portellone ebbe finito, lo scostai con forza per passare. Si richiuse dietro di me mentre uscivo. Fuori trovai il caos.
Solo pochi minuti prima ero connesso ad una città brulicante di vita, rallegrata dal chiacchiericcio della gente e dalla luce che lo accompagnava. Adesso il fermento era del tipo meno ordinato e più precipitoso: ovunque individui correvano, si accalcavano, sgomitavano.
Considerai inutile un simile comportamento in caso di possibile minaccia. Cercai di analizzare i dati che potevo raccogliere, cercandone la causa ovunque essa fosse, e la trovai quando un rumore sordo e prolungato mi passò sopra la testa stordendomi. Guardai in alto e, nel buio, vidi volare qualcosa. Fece un giro su sé stessa, si alzò e, muovendosi sinuosa, scese in picchiata verso di noi.
Potei dire addio all'autocontrollo. Con la paura che quella sagoma, simile ad una stella di cristallo nero, si schiantasse nella mia area presi a correre proprio come tutti gli altri, capitombolando e spargendo spintoni come chiunque nella mia situazione. Dovetti calpestare qualcuno e quando me ne resi conto, ringraziai di essere stato tanto fortunato da non finire per terra sotto i passi altrui.
A quell'ora e con la velocità tenuta, la sagoma sospesa avrebbe dovuto schiantarsi su di noi già da tempo. Molti se ne accorsero, vedendola sorvolare le nostre abitazioni, e alzarono lo sguardo in tempo per notare assieme a me che qualcosa veniva sganciato dal corpo appuntito. Nessuno capì cos'era, fino a quando un tremendo boato non ci investì in tutta la sua grandezza, dovuto ad un'esplosione non molto lontano da dov'eravamo. La folla riprese a spintonarsi e a disperdersi nel panico, ed io con loro.
Un giovane afferrò la mia mano, crollando poco distante, schiacciato dagli arti. Un uomo mi passò accanto a tutta velocità, sbattendomi contro la spalla. Vidi una donna urlare, stridula, gracchiando imprecazioni nella nostra lingua natia. A terra c'era una quantità di visori che faceva presagire il peggio.
Esitai nell'osservarli, inciampando sulla gamba di una ragazza. Risollevandomi le diedi uno sguardo, vedendola sfatta e sporca, col visore rifrangente graffiato che rifletteva l'ambiente circostante, e in un moto di solidarietà mi fermai ad aiutarla. Non disse una parola, quand'ebbi finito semplicemente mi lasciò, correndo in un'altra direzione. Anch'io corsi, diretto in un'altra.
Vidi altre navicelle di cristallo nero sorvolare il nostro spazio, e sentii altri fragori e altre urla. Altre esplosioni attentarono ai nostri corpi in cerca di rifugio. Qualcuno si barricava nelle dimore, altri negli edifici all'apparenza più stabili. Compresi che non aveva senso, che stare alla luce della Città poteva significare la nostra morte. Voltai le spalle alla famiglia e alla casa allora, e mi diressi altrove.
C'era un giardino solitario di fiori e piante fluorescenti che cresceva ai margini dello spazio abitato, laddove mio nonno mi portava. Riuscii a pensare solo a quello, sapendo che finito il giardino c'era l'accesso sicuro al nulla e al buio perenne delle lande desolate. Nel nostro pianeta freddo e arido, per gran parte invivibile, solo la Città è considerata come luogo abitabile. Adesso mi sembrava l'esatto opposto, e il gelido deserto planetario appariva di gran lunga migliore dello stare a farsi bombardare sulla testa da invasori sconosciuti.
Perché era l'unica cosa che avrebbero potuto essere, invasori, quelli che ci avevano attaccati. A cui dovevo, in molti modi, la mia attuale libertà. Ma scommetto che non mi avrebbero lasciato il tempo di ringraziarli, se mi fossi trovato faccia a faccia con loro, qualunque strano aspetto avessero.
Corsi velocemente attraverso il campo, schiacciando foglie e vegetazione sotto i piedi. Laddove l'iridescenza prodotta dalle piante finiva, c'era una soglia ben delimitata che, oltrepassata, si perdeva in un indistinto buio foriero di storielle e racconti per spaventare i bambini. Avrei dovuto provare paura davanti all'ignoto, angoscia per i mostri tentacolari dalle grandi bocche di cui ci avevano parlato i nostri genitori, appartenenti ad un passato prima della civilizzazione. Avrei dovuto temere le figure nere del deserto, in attesa di ghermire chi si perdeva nell'oscurità.
Invece non provai nulla. Tutto sarebbe stato meglio della distruzione che mi stavo lasciando alle spalle, pensai. Tutto sarebbe risultato più comprensibile senza le urla della mia gente, fatta a pezzi dietro di me da forze aldilà della mia immaginazione. E improvvisamente mi ritrovai nel buio. Continuai a correre come un disperato, alla cieca, finché i miei occhi non si abituarono. L'oscurità era una ragnatela filamentosa, quasi palpabile, che sembrava avvolgermi interamente e stringermi, stritolandomi nelle sue profondità. Era come un mostro intento ad attirare la sua preda nelle fauci, ma lentamente, in modo da far penare la vittima fino all'ultimo: più mi addentravo, più la sensazione di essere passato dalla padella alla brace si avvicinava. Lentamente.
Ad un certo punto mi fermai, senza sapere dove andare. Spensi le luci del visore e anche quelle del giubbotto e della tuta nella speranza di non essere rilevato, e proseguii sperando di abituarmi presto alla mancanza delle fonti luminose che avevano contraddistinto la mia vita e quella di tutti. Preferii non voltarmi in direzione della Città, ignorandola, in modo da concentrarmi sul mio obbiettivo e non essere sopraffatto dalla malinconia che, sapevo, presto o tardi sarebbe arrivata. Più facile a dirsi che a farsi.
Ripresi a camminare, controllando la respirazione per cercare di mantenermi calmo e lucido. Lo shock dovuto all'attacco era alle porte, specialmente considerando il nostro essere, nel complesso, una popolazione pacifica. Dovevo cercare un rifugio, trovare degli alimenti e dell'acqua, perché non avevo minimamente pensato a raccoglierne durante la fuga e adesso mi trovavo in un territorio ostile: dubitavo di trovare qualche prodotto della flora autoctona sul terreno sabbioso che si perdeva a vista d'occhio, e sicuramente sarebbe stato altrettanto difficile trovare del liquido potabile che non fosse congelato. O quasi.
Fortunatamente, una soluzione esisteva.
Non è un segreto che la Città si trovi nel letto di un antico mare asciutto. Le uniche fonti idriche utilizzabili sono le falde acquifere nascoste nelle viscere del pianeta, dove ancora fa caldo, o quelle risalite fino in superficie nei crateri sparsi sulla crosta, mentre il resto è ghiaccio. I rarissimi laghi naturali all'interno di questi crateri si potrebbero definire un'eccezione alla regola visto il nostro clima estremamente rigido, poiché sono riforniti dalle profondità e mantengono una temperatura stabile grazie alle piante fluorescenti che solitamente vi crescono vicino, in grado di produrre calore; tuttavia, sono l'eccezione alla regola che ci mantiene tutti in vita.
Ve lo spiegherò in modo vi sia chiaro: la Città esiste perché fondata in vicinanza ad uno dei più grandi crateri della zona, abbastanza largo e caldo da permettere l'installazione di estese coltivazioni lungo l'area e il loro mantenimento. Il cratere in questione, dal raggio di diverse miglia, è chiuso da grandi pareti che un tempo avevano dovuto formare un largo promontorio a picco sul mare. Avrei potuto dirigermi lì, tenendomi lontano dalla strada principale punteggiata di vegetazione iridescente ed evitando di morire in mezzo al nulla senza acqua né cibo. Se pure gli invasori avessero deciso di distruggere i nostri campi, ci sarebbe comunque stato qualcosa da recuperare in grado di sostentare un solo individuo, e l'acqua non poteva evaporare nel nulla nel giro di un attimo. Quanto alle mie ridottissime esigenze termiche, è necessario ricordarvi la nostra origine anfibia: voi mammiferi tendete a dimenticare. Il giubbotto appositamente strutturato mi avrebbe protetto dalla dispersione di calore, non avevo altre richieste in merito.
Con queste rassicuranti premesse in mente, cercai di orientarmi, accorgendomi solo ora di avere inconsapevolmente quasi imboccato la strada giusta. Il giardino illuminato da cui guardavo spesso l'andamento orbitale delle Sette Sorelle e da cui ero fuggito confinava a pochi chilometri di distanza con la via che portava al cratere. Non avevo deviato di molto uscendo dalla soglia, e tornando indietro di poco avrei potuto intraprendere il percorso corretto senza rischiare di espormi. Avrei camminato accostando la luce, tenendomi nell'ombra.
Sollevai una nube di polvere nera dal suolo, iniziando a ripercorrere i miei passi a ritroso. Poteva essere una soluzione accettabile.





Note dell'autore
Ed ecco il secondo capitolo di questa piccola storia! Spero che si dilunghi il giusto, non voglio rifilare a nessuno la solita frittata vista e rivista di quaranta capitoli con tanti filler tanto per riempire xD Vorrei fare qualcosa di serio il più possibile... senza che venga a mancare un po' di brava ironia che male non fa, ma ovviamente non so se ci riuscirò. Lo spero tanto, anche perchè ho nella testa tantissime idee che poi mi sembra si incastrino così male! Ma lascio a voi il giudizio di questo, non sono affatto brava a darmi dei pareri.
Ok, basta con le lagne xD spero vi sia piaciuto il breve scorcio di Città, presto ne avrete una visuale molto più ampia! Il breve passato di Cor l'ho trovato abbastanza complicato da descrivere in maniera soddisfacente, ma credo di aver fatto almeno un lavoro discreto col mio povero personaggio (ammmmore di mamma *.*).
Come sempre se volete leggere e lasciare dei contenti sarò contentissima di rispondervi *.* In ogni caso vi ringrazio di star seguendo questo racconto!
A presto col prossimo capitolo!
  
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