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Autore: ary91    27/05/2012    1 recensioni
Come da titolo. Questa storia narra di un tempo indefinito e tratta di un altro devastante flagello e la protagonista di questa storia è Maya, una ragazza specializzata nel tiro con l'arco dei nostri giorni e con la facoltà di viaggiare attraverso i secoli...
-- NON VERRA' MAI FINITA NE' AGGIORNATA. ABBANDONATE OGNI SPERANZA...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta
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PARTE 5

 

 

Deglutii tutto d’un colpo. «Amico?»

            Tabita annuì, sicura, continuando a ingollare dolcetti e offrendone di tanto in tanto al suo amore. Normalmente le coppiette felici mi inondano di tenerezza, ma osservare quei due invece mi provocava sempre un vago sentore di nausea. Non ricordavo un solo discorso con l’orlesiano che non includesse le parole jolie e absolutement… se quel damerino viziato non avesse avuto il fegato di sposare mia sorella, sarei stata certa al cento per cento che appartenesse all’altra sponda.

            Presa da un’incontenibile curiosità e dalla voglia di sottrarmi alla presenza frustrante di Tabita e Florent, raggiunsi quasi di corsa il soggiorno.

            Con un sussulto mi bloccai sullo stipite della porta, osservando le sneakers firmate calzate dal paio di piedi che penzolavano dal bracciolo della poltrona; il loro proprietario non era però visibile, perché nascosto dallo schienale e a giudicare dal suono del suo respiro regolare si era addirittura bellamente addormentato.

            Mossi qualche passo e rimasi di stucco nel vedere il viso di quell’estraneo, diventatomi però fin troppo familiare, ormai. Di primo acchito avrei voluto scrollargli le spalle e svegliarlo all’istante, ma vedere il suo volto rilassato nel sonno mi strinse innegabilmente il cuore in una morsa di tenerezza e cedetti al lasciarlo riposare un po’.

            Oltrepassai di qualche metro il ragazzo, andando a sedermi sul bordo del camino e lasciando che le fiamme mi scaldassero la schiena nel loro abbraccio.

            «Che carino…» commentò Tabita, sulla soglia della porta. «Visto, Florent, lui com’è sciolto? Non è mai stato qui prima d’ora eppure si comporta esattamente come fosse casa sua. La plebaglia sa essere tanto dolce…»

            «Sta’ zitta, Tabita», bofonchiai a bassa voce.

            «Noi Dubois siamo absolument beneducati, ma jolie», si giustificò lo zombie, aggiustandosi il nodo della cravatta a pois neri.

            Le voci dei due intrusi sortirono l’effetto di un colpo di cannone, a giudicare dal modo brusco con cui Eric – il ragazzo che centinaia d’anni prima mi aveva salvato la vita, allontanandomi dal campo di battaglia – si tirò su a sedere.

            «Che ci fai tu nel mio tempo?» chiesi semplicemente.

            Lui si guardò per un attimo intorno, spaesato, poi poco galantemente si asciugò il rivolo di bava che gli era calato lungo il mento durante il sonno.

            «Horrible», osservò Florent, rabbrividendo.

            Gettai un’occhiata torva a mio cognato, visto che continuava a borbottare commenti schifati riguardo al comportamento disdicevole dell’ospite.

            «Beh, non è mica solo tuo», rispose Eric, scocciato. «Chi è il damerino? Uno dei tuoi ragazzi?» aggiunse, pulendosi la mano contro la canottiera pulita – e chiaramente del mio secolo.

            Incassai a testa alta il commento velenoso, facendogli notare che non era molto educato inveire contro i padroni dell’abitazione in cui si ritrova, per poi ricordargli che il galateo di norma non permette agli sconosciuti di appisolarsi sotto il tetto altrui.

            «E comunque non me la farei mai con la sorella cattiva della “principessa buona”», ci tenne a precisare Florent, scoccando un bacio alla consorte e guardandomi in cagnesco.

            Già: in mia presenza lo zombie amava denominarmi così, poiché era sempre stato certo che le mie “capacità” fossero frutto di un qualche patto con un demone dell’Oblio. Di frequente l’avevo pizzicato a parlare di me a Madre Jocelyn, la Sorella più importante della nostra Chiesa, nonostante più volte nonna gli avesse spiegato chiaramente che possedevo soltanto una dote che la mia famiglia deteneva da sempre, ma lui si ostinava ugualmente a considerarmi un Abominio. Indubbiamente, riflettendoci, il fatto che gli remassi costantemente contro non aiutava certo a sollevare la bassa opinione che aveva di me.

            Eric sghignazzò. «Principessa? Non hai nemmeno lontanamente idea di cosa si cela dietro quella parola…» disse più a se stesso, che all’altro.

            Affranta da ciò che aveva appena accennato mi cinsi i fianchi con entrambe le braccia, impedendomi assolutamente di rievocare alla mente l’immagine della povera Anita Theirin priva di vita fra le mani del suo stesso carnefice.

            «D’accordo, uomo-del-mistero, tu e io dovremmo fare proprio quattro chiacchiere», affermai trascinando il giovane per un braccio e sorpassando senza una parola Tabita e il marito che schifato borbottò di sentire nell’altro la stessa identica aura negativa che percepiva in me.

            Lo portai in camera mia, chiudendomi la porta alle spalle e facendolo accomodare sul letto appena fatto. In silenzio gli osservai i capelli legati da un elastico rosa che mi accorsi appartenere a me con dubbio alcuno.

Che sia trasmigrato nel mio stesso istante e la nonna l’abbia aiutato a darsi una ripulita mentre io ero priva di conoscenza?

            «Perché non me l’hai mai detto?» interloquii, provando a mantenere un tono pacato da sorella-non-cattiva.

            «La domanda corretta è: perché avrei dovuto?» ribatté, così serio che iniziai a sospettare fosse in qualche modo imparentato con mio cognato.

            «Sei a casa mia, indossi una mia canottiera e perfino il mio elastico, una spiegazione me la devi, ti pare?»

            «E tanti cari saluti ai ringraziamenti per averti portata qui sana e salva…»

            «Me la sarei cavata in qualche modo… come sempre, d’altronde.»

            «Sì, trasmigrando priva di sensi in mezzo al binario Denerim-Kirkwall… ce l’avresti fatta sicuramente, hai ragione.»

            «Quindi sei un Viaggiatore», attestai, spezzando il suo umorismo pungente.

            «Tu che dici?»

            «Secondo mio cognato Florent, io avrei fatto un patto coi demoni: tu, invece   

«Sicuro! E nelle notti di luna piena ululo nudo assieme ai miei amici maleficarum…» replicò, massaggiandosi il collo e la schiena indolenziti dalla battaglia.

            Di regola sono un tipo allegro che ama lasciarsi andare all’ironia, ma in quel particolare frangente non ero proprio dell’umore adatto.

            «Ti invidio, sai?» dissi tutto d’un fiato e lui rispose con aria interrogativa. «Riesci a fare del sarcasmo subito dopo aver visto i tuoi amici stessi e un migliaio di persone trucidate brutalmente come bestie… Ti invidio davvero», mormorai infine, trattenendomi dal piangere nuovamente.

            Lui si improvvisò serio, dandomi tacitamente ragione, per poi giustificarsi con l’assurda scusa che comunque nel presente tutte quella gente sarebbe solo un mucchio di cenere.

            A quelle parole il muro di fredda razionalità che avevo tanto faticato a costruire intorno a me, crollò crudelmente, lasciando libero sfogo alle lacrime e alla disperazione, e in un attimo mi ritrovai a martellare i pugni contro il petto di Eric. Non avevo intenzione di fargli male, ma covavo dentro così tanta rabbia e malinconia da avere un terribile bisogno di sfogarmi in qualche maniera.

            Per un po’ fu comprensivo e lasciò che manifestassi la mia ira contro di lui, senza emettere una parola, poi lentamente strinse le dita attorno ai miei polsi, fermandomi e intimandomi con quel suo limpido sguardo azzurro cielo di smetterla di continuare a torturare entrambi.

            «Scusa…» sussurrai con un filo di voce.

            «No, è meglio buttare fuori tutto.»

            «Lo dice sempre anche mia nonna», ammisi voltando il capo verso la porta chiusa.

            «Saggia donna. Senti, sono tutti morti in modo tremendo, non lo nego, ma quel che è stato è stato, è completamente inutile continuare a pensare di cambiare gli eventi», affermò con tono duro, poi senza lasciare che replicassi, continuò: «Odio tutto questo. Non l’ho mai chiesto, eppure ogni giorno sono costretto a trasmigrare alla data che tu inserisci nel cronografo!».

            Lo guardai confusa. «Che c’entri te col mio cronografo?»

            «Tuo nonno offrì una cifra esorbitante per averlo e la mia famiglia all’epoca non poté rifiutare tanto denaro; ma il cronografo in origine venne fabbricato appositamente per me, al suo interno infatti c’è il mio sangue, e ogni volta che lo usi, sono ineluttabilmente strappato dal mio Tempo, a prescindere da dove o quando mi trovi.»

            Andai alla finestra, facendo scorrere l’indice lungo il vetro appannato. «Dici che mio nonno ha dato ai tuoi parecchi soldi… perché non hai un altro cronografo?»

            «Ce l’ho, infatti; ma per qualche motivo gli effetti dell’originale annullano quelli del mio.»

            «Non ti ho mai sentito parlare tanto…» notai con un sorriso sbieco.

            Dunque, se lui possedeva a sua volta il gene dei Viaggi allora avremmo sicuramente potuto unire le nostre forze per far sì che Orlais venisse smascherata prima di commettere il tradimento. Insieme saremmo stati in grado di rendere vincitore il Ferelden e salvare i nostri cari da morte certa. Ero così felice di aver trovato qualcuno simile a me, che il dolore per ciò che avevo vissuto era perfino passato in secondo piano e non potei trattenermi dal fare un enorme, sentito e sincero sorriso, e lui sembrò quasi avermi letto nel pensiero.

            «Frena, Maya, se pensi che ti aiuterò nella follia di Tornare là, ti sbagli di grosso.»

            «Ma, ma…»

            «Ti ho già detto che odio trasmigrare o Viaggiare e non intendo affatto mettermi in mezzo a una causa che non mi appartiene. E tutto ciò, solo perché tu non riesci ad accettare che il tuo ragazzo sia schiattato. Ricorda che lui non è il primo né sarà l’ultimo a fare quella fine.»

            Punta sul vivo non mi sentii di replicare alcunché. Che differenza avrebbe potuto fare se gli avessi detto che, sì tra me e Jimmy intercorreva un rapporto particolare, ma che non appartenevamo assolutamente l’uno all’altra. Eric si stava dimostrando solamente un egoista egocentrico e senza cuore per cui non valeva la pena star lì a perdere tempo a parlare della mia vita privata.

            Capii finalmente perché da che ricordavo lui era sempre stato l’eterno imbronciato e taciturno, era semplicemente costantemente di cattivo umore poiché trascinato assieme a me in un’epoca diversa dalla sua. Ma allora come mai non l’avevo mai trovato con abiti diversi da quelli indossati dalle genti dell’era di Jimmy e gli altri?

            «Credevo volessi bene a quei ragazzi…» bisbigliai, andandogli vicino e provando a tenere a bada l’umore altalenante.

            «Non stiamo parlando di sentimenti, qui c’è in gioco ben altro.»

            «Per esempio cosa?»

            «Maya, non si può cambiare il corso degli eventi senza che ne derivino delle conseguenze, te ne rendi conto?» dichiarò, alzando la voce e cambiando rapidamente colorito.

            Avevo sentito dire che toccare la pelle di chi è paonazzo dà la sensazione di avere sottomano un calorifero, mi chiesi quanto ciò potesse essere vero, dato che io in vita mia non ero mai arrossita. Forse ero difettosa, chissà… Beh, ora il problema fondamentale non era certo l’epidermide altrui.

            Sospirai, sconfitta. Non mi ero mai resa conto di vivere il tradimento di Orlais come una faccenda personale, ma a voler essere obiettivi si trattava di un fatto storico avvenuto secoli prima e che in un modo o nell’altro aveva plasmato e influenzato – seppur indirettamente – il mondo moderno.

            «Perché non possiamo almeno fare un tentativo?» domandai infine, andando perfino contro le mie stesse conclusioni.

            Si passò una mano sul viso stanco e sbuffando mugugnò che le cose non erano semplici come credevo. «E che vorresti fare? Non puoi presentarti davanti al re e dire “Salute, Vostra Maestà, provengo dal futuro e so per certo che se non vi guardate dallo stringerci amicizia, l’Imperatore vi pugnalerà alle spalle. Oh, sì e sapete vostra figlia? Ecco, sarebbe meglio non lasciarla sguazzare allegramente con vostro genero, altrimenti sarà assassinata. Grazie di avermi ascoltata.”» mi scimmiottò, inchinandosi addirittura.

            «Per te è tutto un gioco, vero?» sbottai, affranta, sentendomi ferita.

            «E per te, Maya?» ribatté, crucciato, con la solita espressione che aveva assunto negli ultimi due anni. «Credi di poter salvare il Ferelden? Hai letto troppe fiabe, è ora di svegliarsi e dire buongiorno alla vita reale.»

            «Io… io non posso lasciare che una simile barbarie resti impunita.»

            «Ma è già successo! Il mondo è andato avanti con o senza il tuo aiuto», grugnì. «Pensi davvero che io sia fatto di pietra? Oh, Creatore, se tutto fosse facile come credi, non esiterei un solo istante a salvarli tutti», confessò e riuscii a cogliere della sincerità nella sua voce.

            «Ma ugualmente non alzerai un dito per far sì che degli innocenti non cadano per colpa di uno sporco inganno», terminai per lui.

            «Esatto», confermò, poi senza aggiungere nient’altro uscì dalla stanza e poco dopo lo sentii sbattere dietro di se la porta di casa.

 

 

Dopo un secolo, eccomi di ritorno. Pian piano sto cercando di mandare avanti tutte le mie storie =) Che dire? So che sono un clichè, ma io adoro i ragazzi incazzosi, quindi perdonatemi se ce ne sono a bizzeffe in ciò che scrivo. Personalmente preferisco un uomo con le balls, pronto a difendere i suoi ideali con le unghie, con i denti e un pizzico di bastardaggine, piuttosto che quelli mollicci che ti lasciano fare tutto quel che vuoi con aria ebete e vagamente sdolcinata.

Non succede moltissimo, ma spero non sia stato un totale disastro il capitolo, ciaoo!

Vi ringrazio anticipatamente per il vostro passaggio J

  
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