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Autore: _BlueLady_    27/05/2012    5 recensioni
[ Dal Prologo]
Tutti lo chiamavano Eclipse, perché proprio come un’eclissi era in grado di nascondersi alla luce del sole, per poi fare la sua ricomparsa di notte, nelle vie buie delle città più conosciute, alla ricerca di non si sa quali preziosi tesori.
Le prime pagine dei giornali erano piene delle sue immagini, i gendarmi di ogni città gli davano la caccia, nella speranza di catturarlo e finalmente infliggergli la punizione che meritava per tutti i furti commessi in passato.
Non c’era traccia di scovarlo, tuttavia.
Così come appariva, altrettanto misteriosamente scompariva, lasciando dietro di sé solo un cumulo di mormorii perplessi ed impauriti.
Attenzione: leggermente OOC, la lettura potrebbe risultare un pò pesante.
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rein, Shade, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 16 ~
 
Villa Aqua era la più bella villa di tutta la contea appartenente alla contessa Dewdrop in persona, nella quale venivano celebrate le festività più importanti dell’intera regione.
Il Ballo di Primavera era certamente una di queste occasioni.
Solitamente la villa rimaneva disabitata per buona parte dell’anno, e solamente nelle grandi occasioni veniva agghindata di tutto punto e aperta al pubblico.
Come quella sera.
A Rein mancò il fiato non appena si presentò ai suoi occhi il salone d’ingresso finemente decorato nei più minimi dettagli.
A precedere l’entrata vi erano due grandi colonne in marmo bianco, che conferivano un tono di solennità all’intera struttura.
Successivamente l’ingresso si apriva in un ampio salone circolare, circondato da alte vetrate su ogni lato. L’altezza del soffitto era notevole, poiché passando accanto ad una delle finestre a Rein pareva di essere una formica al confronto.
Ogni vetrata era incorniciata su ambo i lati da tende in velluto rosso drappeggiate, che sfioravano il terreno.
Poi la sala si divideva in due metà perfettamente equivalenti: al centro vi era un grande tavolo, sede del buffet che si sarebbe tenuto a breve.
La facciata di sinistra dava sul portico che conduceva alle rimanenti stanze dell’enorme villa, mentre quella di destra si affacciava su un ampio balcone costeggiato da una scalinata che portava direttamente in giardino, esattamente nei pressi dell’enorme fontana a forma di sirena che fronteggiava la sontuosa dimora.
Ad illuminare il tutto, cinque lussuosi lampadari appesi su un soffitto decorato con arabeschi color avorio: quattro agli angoli della sala ed uno posizionato al centro, ognuno costituito da gocce di cristallo appese le une alle altre attraverso le quali filtrava la luce, in modo da formare una cascata argentea di acqua vitrea e cristallina.
Ora si spiegava il motivo per cui era stato deciso di chiamarla Villa Aqua.
Emozionata e allo stesso tempo stordita da tutto quel barlume di luci, si lasciò condurre dal suo cavaliere all’interno, la sorella ed il resto della comitiva a pochi passi più avanti di lei.
Il suo sguardo si posò sulla gemella per un istante: Fine, come lei, era estasiata da tanta bellezza, e si osservava intorno incontrando occasionalmente lo sguardo del suo accompagnatore, il quale ritirava subito gli occhi nel tentativo di celare l’imbarazzo e l’emozione di averla accanto.
Felice per la sorella e per la piega che stava assumendo man mano la sua storia d’amore, si disse che era giunto il momento anche per lei di mettere un punto sui sentimenti che da troppo tempo provava per il visconte, e l’occasione giusta era proprio quella sera.
Sopportando con molto coraggio e senza l’ombra di un rimpianto la vista del giovane accompagnato dalla sua bella, entrambi felicemente innamorati ed in procinto di sposarsi, si sarebbe finalmente resa conto che la sua battaglia nel tentativo di conquistarlo era persa fin da subito, e si sarebbe messa definitivamente il cuore in pace.
Così, senza darsi il tempo di avere dei ripensamenti, volse lo sguardo nella loro direzione, preparando il suo cuore a reggere il duro colpo che quella visione gli avrebbe inflitto.
Quello che vide, tuttavia, non l’afflisse ulteriormente ma, anzi, in un primo momento la sconcertò.
Il visconte e la duchessa poco più avanti parevano alquanto tesi e distaccati, forse delusi dalle ricche aspettative di quella serata, o forse irritati per uno spiacevole litigio appena avuto.
Si erano fermati attendendo l’arrivo del resto del gruppo, osservandosi intorno con fare disinteressato ed annoiato. Le loro mani erano ancora intrecciate le une alle altre, eppure sembrava quasi che entrambi volessero separarsi l’uno dall’altra il più presto possibile.
Non appena i loro sguardi si incontravano, entrambi distoglievano gli occhi, più per fastidio che per imbarazzo.
Nell’osservarli così attentamente, a Rein venne da pensare (e, ahimè, sperare) che sarebbe ancora potuta esistere una minima possibilità secondo cui si fosse sbagliata nel giudicare il loro rapporto all’apparenza così idilliaco e perfetto. Se prima, infatti, aveva pensato che l’affetto che li unisse fosse saldo e profondo, ora le sembrava quasi che fossero costretti a stare insieme per forza.
Il modo in cui si tenevano per mano era soffocante e possessivo, un atteggiamento per nulla dettato dall’amore. Pareva di più una pretesa di dimostrare chi dei due fosse il più forte.
I loro gesti, sebbene all’apparenza così carichi di affetto, non bastavano a celare i veri sentimenti che si consumavano nel cuore di entrambi.
Si, ne era assolutamente certa: potevano ingannare chiunque, ma non lei.
 
Il Ballo stava proseguendo da circa un’ora, la folla di invitati si faceva via via sempre più numerosa man mano che il tempo passava, e da circa un’ora il visconte non cessava di osservarsi intorno con aria contrariata, sentendosi costantemente oppresso dai corpi dei ballerini che gli passavano accanto urtandolo senza il minimo riguardo.
Sbuffò irritato, lanciando di tanto in tanto occhiate fulminanti ai presenti, come per intimar loro di stargli il più lontano possibile.
Non riusciva a spiegarsi quel senso di fastidio che continuava ad agitargli il petto da inizio serata. Era come se un ignoto incendio scoppiato in un angolo remoto del suo corpo gli stesse pian piano pervadendo ogni singolo arto, trovando nel cuore il fulcro di tutto il meccanismo.
Non se ne capacitava.
Più tentava di distrarsi, più l’incendio divampava ed i suoi pensieri si concentravano tutti su un’unica persona, presente al ballo di quella sera.
- Riesci ancora a stupirmi, Shade…-
La voce della duchessa al suo fianco riuscì a distoglierlo per un istante dai suoi tormenti.
Volse le sue iridi cobalto in quelle smeraldine della duchessa, socchiuse in uno sguardo sottile e tagliente.
- Come riesci, anche dopo tutto questo tempo, a mentire ancora a te stesso e agli altri?- gli domandò la duchessa, quasi come se avesse percepito le emozioni che si stavano consumando nel suo petto e alle quali si rifiutava ancora di dare ascolto.
Il visconte la osservò, inarcando la bocca leggermente all’insù:- A cosa vi riferite, duchessa?- le domandò, il più pacatamente possibile.
La duchessa riconobbe in quella una domanda retorica alla quale non necessitava neanche rispondere.
Notò con enorme fastidio che aveva ripreso a darle del voi.
La crisi di collera era ormai superata, o forse era quello che voleva far credere.
- Credi di riuscire a tener soppressa la verità ancora per molto? – gli chiese ancora, ignorando spudoratamente la domanda che lui gli aveva fatto in precedenza.
- Chi vi dice che la verità non sia già venuta a galla da sé?- rispose quello, col suo tono enigmatico che la fece uscire di senno.
Aveva capito benissimo che le sue parole erano una diretta accusa contro di lei.
- Sai cosa ti dico?- sbottò ad un tratto, piantandogli in faccia i suoi occhi colmi di disprezzo – Ti dico che sono stanca, Shade. Stanca di tutto e di tutti. Stanca di conoscere la verità solo per metà, stanca di avere un fratello che si dimostra più apprensivo nei confronti del suo migliore amico che nei confronti della sua stessa sorella…- la voce le si incrinò per un istante, una sottile pellicola di lacrime cominciò a farle vibrare le nere pupille. Osservò con rammarico la mano che teneva ancora stretta al visconte, non riuscì a contenere un singhiozzo che le sbalzò fuori dal petto con una violenza impressionante:- …Stanca di fingere un amore che in realtà non provo - concluse poi, liberandosi con rabbia violenta dalla presa ferrea del visconte, per poi lanciargli un’ultima occhiata fulminante prima di sparire tra la folla.
Lo lasciò solo e abbandonato a sé stesso, in balia dei suoi dubbi e delle sue incertezze.
Solo, in mezzo ad una miriade di persone.
L’irrefrenabile desiderio di sapere dove si trovasse e cosa stesse facendo la giovane Rein Sunrise accompagnata dal suo valente cavaliere non cessava di tormentarlo.
Perché continuava a darsi pena per lei?
Non ne aveva alcun motivo…
Irritato dai suoi pensieri, dall’ennesima discussione avuta con Altezza, e dall’opprimente atmosfera che si respirava all’interno della villa, si osservò intorno, nel tentativo di scorgere uno spiraglio di strada in mezzo alla folla per potersi definitivamente allontanare da quel luogo infernale alla ricerca di uno più tranquillo dove poter raccogliere i suoi pensieri.
Il caso volle, però, che proprio mentre si osservava intorno con fare circospetto, i suoi occhi si scontrassero con l’esile figura di una giovane donna dai capelli turchini, ancora alle prese con il suo cavaliere.
Eccolo, l’incubo che diventava realtà.
Tentò di distogliere lo sguardo da quell’irritante visione, ma i suoi occhi non vollero collaborare: si ritrovò ad ammirare, non senza una nota di amarezza, la giovane Rein Sunrise che danzava in maniera talmente leggiadra che pareva fosse il vento stesso a condurla nelle danze.
La ragazza sorrideva al suo cavaliere, chiunque avrebbe notato la sua gioia dipinta in volto, e le sue mani non rifiutavano la gentile presa del suo accompagnatore, anch’egli sorridente e in preda al più totale divertimento.
Il visconte li osservò, e sentì improvvisamente muoversi qualcosa nel petto.
L’incendio tornò a divampare nelle vene, più forte di quanto non fosse in precedenza.
Scosse la testa, rimproverandosi del suo egoismo.
Fece per voltare le spalle all’allegra coppia, sebbene a malincuore e non nascondendo una minima speranza che i due potessero improvvisamente separarsi, quando le sue mute richieste parvero essere improvvisamente esaudite.
Scorse con la coda dell’occhio il giovane accompagnatore della turchina condurla ad un lato della sala, per poi abbandonarla per inoltrarsi nuovamente tra la folla.
Rimase immobile al suo posto a riflettere, combattuto tra il desiderio di conversare ancora una volta con lei, e l’orgoglio.
In un primo momento parve sul punto di cedere alla tentazione, poi la lucidità si riappropriò della sua mente, e giudicò che era meglio lasciar perdere.
Sospirò un’ultima volta, prima di voltare le spalle alla fanciulla ed inoltrarsi tra la folla, imitando il gesto che il cavaliere di lei aveva compiuto pochi minuti prima di lui.
 

¤¤¤¤¤¤
 

 

La luna era meravigliosa quella notte, così pallida e piena, tanto da sembrare una perla strappata alle fauci del mare per essere restituita alla vanità del cielo.
Altezza osservava quell’enorme sfera madreperlata che si rifletteva nei suoi occhi, mentre stille di acqua salata sgorgavano da quegli smeraldi sciupati da tanta tristezza.
Si osservò intorno allarmata asciugandosi le lacrime che le rigavano le guance, temendo che qualcuno potesse accorgersi di lei e rabbrividendo all’idea di mostrarsi così fragile di fronte ad altre persone.
Dopotutto, lei era la duchessa di Tinselpearl, la Dea, una delle donne più prestigiose di tutta la contea. Qualunque cosa desiderasse veniva prontamente esaudita: altre donne meno fortunate di lei avrebbero dato qualsiasi cosa pur di avere la stessa fortuna che le era toccata.
Di che aveva da lamentarsi, allora?
Le sue non erano altro se non lacrime di ipocrisia.
Avrebbe dovuto essere grata alla sua buona stella per la felicità che mai, fin da bambina, le era stata negata.
Già… e allora perché, sebbene possedesse tutto ciò che una nobildonna potesse desiderare di ottenere, non riusciva comunque ad essere felice?
- Sono lacrime, quelle che sciupano i tuoi occhi?-
Sussultò nel riconoscere quel timbro di voce tanto familiare, capace di provocarle una violenta tempesta di emozioni in petto ogni volta che la udiva.
Voltandosi, scontrò le sue iridi con un paio di occhi blu a lei noti.
Non seppe se rallegrarsi o disperarsi della sua presenza lì, dov’era anche lei.
Lui le si avvicinò, sfiorandole la mano che aveva abbandonata lungo il corpo, come se fosse un inutile peso morto.
- Per quale motivo stai piangendo?- le domandò, con un tono di voce che le fece venir voglia di gettarsi fra le sue braccia e sciogliersi in un pianto che sfogasse tutto il suo rammarico ed il suo dolore.
Lo osservò nuovamente negli occhi, sfiorando le sue labbra con la punta delle dita.
Si rannicchiò sul suo petto, lasciando che le braccia di lui la avvolgessero in un guscio dentro il quale nulla avrebbe potuto ferirla di nuovo.
Poi la voglia di confessargli quello che tanto la affliggeva riguardo a Bright, a Shade e ai loro odiosi segreti cominciò a premerle sulla gola, nel tentativo di sciogliere il nodo che ingrippava la sua voce.
Tentò di dar sfogo alle sue parole, ma non appena tentò di aprir bocca le uscì dalla gola una sorta di lamento strozzato che diede il via ad una cascata di lacrime irruenti e furiose.
Si stinse a lui, aggrappandosi con tutta la sua rabbia ai suoi vestiti, ormai completamente infradiciati dalle sue lacrime. Avvertì Auler stringerla a sé, premendo con forza il suo petto contro la sua guancia rigata di lacrime.
Un odore acre e pungente le inondò i polmoni, inebriando le sue membra stanche e spossate dal troppo piangere.
- Perdonami…- lo udì proferire a un tratto, sovrastando i suoi singhiozzi sempre più acuti.
Cessò per un istante di singhiozzare, volgendo i suoi occhi resi lucidi dalle lacrime su di lui.
- Non avrei dovuto metterti contro persone alle quali sei tanto affezionata. Sono stato un vero e proprio egoista.-
Quelle parole espresse con così tanta malinconia le animarono il petto di una nuova determinazione. Si asciugò gli occhi, emettendo lunghi e profondi sospiri nel tentativo di calmare gli ultimi singhiozzi, poi volse nuovamente gli occhi a lui, sicura e forte come non lo era mai stata.
Si era ripromessa di non dirgli nulla riguardo a ciò di cui era venuta a conoscenza quasi per errore, eppure una piccola conferma sarebbe bastata a farle cambiare improvvisamente idea.
- …Mi ami?- gli domandò, lo sguardo acceso di determinazione.
Nell’udire quella domanda lo vide osservarla spaesato, come se stesse meditando su cosa fosse più conveniente risponderle.
- Come?- chiese soltanto, allentando la presa che prima aveva salda sui suoi fianchi.
- Voglio confessarti una cosa, ma prima ho bisogno di sapere se veramente mi ami - ripeté, senza lasciarsi intimorire da quel gesto che lui aveva appena compiuto, forse involontariamente.
Trascorsero interi minuti di silenzio, il cuore le trepidò ferocemente in petto.
La paura di ricevere una risposta negativa fece vacillare la sua determinazione.
- Si…- lo sentì dire infine, in tono fermo e deciso -… credo di amarti -
Lo scalpitio del suo cuore si fece più acuto e violento.
Lo osservò un istante negli occhi, nel tentativo di scorgere una scintilla di falsità brillare in quelle iridi notturne. La felicità si fece incontenibile, non appena constatò che non c’era nulla di falso nelle parole che lui aveva pronunciato.
Mossa da un impulso quasi istintivo, gli prese il viso tra le mani, baciandolo sotto i raggi lunari.
Sorrise nel constatare che lui aveva risposto al suo bacio con fervore, come se non desiderasse altro che quello a saziare le sue labbra avide del suo calore.
- So dove si trova il gioiello che ti sta tanto a cuore…- gli sussurrò all’orecchio non appena ebbe finito di baciarlo, con voce flebile e malleabile. Era giunto il momento di dargli ciò che gli aveva precedentemente promesso. Aveva preso una decisione: quello sarebbe stato il pegno d’amore che avrebbe provato definitivamente la sua totale devozione verso di lui.
Lui la osservò con sguardo vuoto, come se improvvisamente non volesse venire a conoscenza del suo segreto, ma fosse inevitabilmente costretto a farlo.
Prese un profondo respiro prima di aprir bocca, perché quello che aveva intenzione di dirgli lo avrebbe annunciato una volta soltanto.
- Il gioiello che tanto cerchi… si trova in casa di Rein Sunrise.- (*)



Angolo Autrice:

(*) 
Non so se rammentate che, qualche capitolo fa (e più precisamente nel capitolo 13) il nostro caro Auler aveva chiesto ad Altezza di prendere informazioni riguardo al gioiello rubato da Eclipse...

Oooh, cosa abbiamo qui?
Ma no, ma dai, ho aggiornato davvero? Faccio fatica anch'io a crederlo!
Il nostro Ballo di Primavera continua, ed ecco che già un piccolo altarino si scopre (finalmente!)
Altezza a quanto pare ha alla fine deciso di rivelare dove si trova il gioiello rubato che Auler tanto cercava, ora la domanda è: cosa succederà?
Il nostro Shade, invece, sembra essere preda di un conflitto interiore: entro la fine del ballo riuscirà a parlare ancora con Rein, oppure darà ascolto al suo orgoglio, e lascerà correre?
Nel prossimo capitolo avrete altri dettagli, che vedranno la conclusione del Ballo e una novità inaspettata per Rein.
Per il momento, però, sono costretta a lasciarvi col fiato sospeso ancora una volta.
Mi dispiace non aggiornare più di frequente come un tempo, ma forze di causa maggiore mi impediscono di farlo.
Per ora vi posso solamente far gustare un capitolo ogni morte di Papa, che spero comunque vi sia stato gradito.
Siamo nel bel mezzo del Mistero, non vorrete lasciare le indagini a metà, vero?
Ora vi saluto, con la speranza che il capitolo vi sia piaciuto.
Un saluto a tutti, ci si vede!

_BlueLady_

 

  
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