DISCLAIMER
Questa fan fiction non è a scopo di lucro.
Alice, James e Victoria sono di
proprietà di Stephenie Meyer (e ci mancherebbe altro!).
Le canzoni e le immagini che hanno ispirato
questa storia
sono proprietà dei rispettivi autori (vorrei vedere u.u).
L’autrice non intende commettere
alcuna violazione del
copyright.
A
chi crede
in me, mi ama così come sono e mi sta vicino nonostante le
difficoltà, senza
voltarmi mai le spalle.
A chi sperimenta e
ama il rischio al
punto da leggere il frutto delle mie fantasie notturne e dei miei
deliri “all-day-long”.
A Stephenie Meyer, senza la quale tutto questo non sarebbe stato
possibile.
A tutte quelle persone che mi ispirano ogni giorno, per un motivo o per
un
altro.
E, perché no, anche a questi adorabili esserini presi in
prestito e usciti
dalla mia mente traviata, che devono sopportare capricci, ripensamenti
e tutto
ciò che è possibile patire in quanto
personaggi letterari.
Ma
soprattutto, a tutte quelle persone meravigliosamente pazze, che vedono
un
mondo al contrario. Non permettete a nessuno di fermarvi e infrangere i
vostri
sogni.
Con
infinito
amore,
K.W.
Capitolo
1: Spark of insanity
A Jeff Dunham, la mia
dose di elettroshock preferita
Leakesville Memorial
Asylum, Leakesville, Contea di Greene, Mississippi
– Ottobre 1920
Una ragazza in una stanza buia, sola,
seduta su un letto sporco,
arrugginito e scomodo. Non ricorda nemmeno da quanto tempo non si
sentiva così
triste.
Intorno a lei, ogni tipo di rumore: urla, passi, perfino bestemmie,
prontamente
interrotte ogni volta da colpi di frusta, percosse o punizioni di altro
tipo,
che atterriscono e lasciano doloranti gli ospiti di quella che sembra
un’assurda
reggia sopraffatta dal tempo e dal dolore degli strani individui che
ospita nei
suoi appartamenti sciatti. La struttura, circondata da una natura
lussureggiante benché in stato di abbandono, accoglie entro
le sue mura ormai
da anni grida, ordini, nefandezze di ogni genere - secondo alcuni
persino
fantasmi - al punto che nessuno dei cittadini osa avvicinarvisi. Gli
alberi,
gli arbusti spuntati qua e là, l’erba a tratti
più alta e a tratti quasi
inesistente, colma di fiori come un cielo trapunto di stelle,
ingentiliscono
non poco il suo aspetto altrimenti trascurato.
“Perché
sono finita qui?” pensa fra sé e
sé la giovane donna dall’aspetto di
folletto, rimirandosi il polso destro, sul quale spicca un numero
tatuato, lo
stesso che da ben due anni, con il suo inchiostro blu scuro, ormai
leggermente
sbiadito, porta sulla sua pelle di porcellana: 41627.
Si guarda intorno. La stanza anonima, con le pareti tinte di un verde
triste e
smorto e le piastrelle bianche rovinate e sudicie, odora di chiuso, di
stantio,
talmente tanto che quella piccola creatura si sente soffocare. Sembra
quasi una
fatina intrappolata in un barattolo: spaventata, indifesa, disperata.
Riesce a percepire i movimenti di ogni singolo essere lì
intorno, isolandoli
uno per uno dal frastuono di sottofondo. I suoi sensi sono acuiti dalle
pessime
condizioni in cui vive da chissà quanto tempo.
Si raggomitola sul letto, come per proteggersi da qualcosa. Qualcosa
che la
tormenta sin da piccola e che ora è diventata la sua
condanna.
La gente le chiamava nei modi più disparati: deliri,
immaginazioni, visioni,
assurdità, maledizioni, allucinazioni.
Premonizioni sarebbe stato il termine più corretto. Glielo
diceva anche la
mamma, la sua dolce, fantastica mamma. Quante volte l’aveva
confortata, mentre
piangeva disperata e offesa dal modo in cui adulti e coetanei la
apostrofavano…
«Non
importa ciò che dice la gente là
fuori. Hai un dono diverso dagli altri e questo può
spaventare o suscitare
invidia. Ma non temere, Mary Alice, non c’è nulla
di malvagio in te. Queste tue
doti ti porteranno lontano e ti renderanno grande.»
Diceva in tono rassicurante, mentre lei, piccola, innocente e senza
tutta
questa voglia di crescere, la guardava negli occhi con aria un
po’ spaventata e
al tempo stesso si lasciava cullare dalla sua voce melodiosa e
tranquilla.
«Diventerai
alta e sempre più bella,
anno dopo anno … ma anche quando questo accadrà,
rimarrai sempre la mia piccola
dolce Alice.» Aggiungeva, con un sorriso, stringendola a
sé e continuando a
passare le mani candide e profumate di fiori tra i lunghi boccoli neri
che
amava tanto, mentre la sua amata bambina si lasciava inebriare dal
profumo
della sua pelle e dal calore delle sue coccole, sentendosi protetta al
sicuro,
quasi avesse paura che tutto questo non fosse destinato a durare per
sempre. E
non aveva tutti i torti, visto quello che accadde qualche tempo
dopo…
«Resta sempre la piccola Alice, resta sempre
Alice… » sussurra, sgranando gli
occhi, in preda al panico, mentre dei fotogrammi confusi e delle urla
di dolore
mettono in allerta i suoi sensi e inibiscono la sua
lucidità. Ripete quelle
parole cento, mille volte, fino a perderne il conto, come per
autoconvincersi.
Si tocca i capelli e prova una strana meraviglia nel sentirli corti.
Dovrebbe
essersi abituata ormai, ma quello stato di incontrollabile agitazione
le
impedisce di ragionare in maniera lineare e rapida.
“E’ vero…
l’epidemia di tifo… due mesi
fa…”
Le erano
stati tagliati dal personale del manicomio (così tutti
chiamavano il posto in
cui si trovava adesso), che l’avevano trascinata a forza in
infermeria per
controllarla e, nel caso, metterla in quarantena. Si era ribellata
più che
poteva – la sua mamma non avrebbe mai tollerato un simile
scempio – ma era
stato tutto inutile. Sotto gli occhi impietosi del direttore, un paio
di
infermieri l’avevano legata alla lettiga con spesse cinghie
di cuoio, mentre un
terzo, armato di lunghe forbici, la privava della lunga, morbida chioma
di cui
andava tanto fiera.
Tutto ad
un tratto, si catapulta fuori da quel labirinto di ricordi e fa per un
attimo
ritorno alla realtà. Un continuo brivido le scuote mente e
corpo in contrasto
con la sensazione di torpore che esso lascia dietro di sé.
Ogni frazione di
secondo è una tortura, un’agonia continua,
rinnovata e Alice ne percepisce
tutto il peso.
Inaspettatamente viene investita da una nuova sensazione. Si sente come
trascinata in un vortice, come un mulinello la cui corrente,
inarrestabile,
attira con violenza verso di sé tutto ciò che
c’è intorno. Inizia a vedere
bianco intorno a sé, il fiato corto e il corpo madido di
sudore.
Il flusso dei ricordi, una forza che conosce fin troppo bene nella sua
forma
più distruttiva, prende possesso ancora una volta della sua
mente con
prepotenza, senza neanche chiederle il permesso,
lasciandole dentro solo paura e una gran
voglia di piangere.
Altre immagini passano davanti ai suoi occhi, dapprima sbiadite, poi
via via
più nitide, come se stesse riacquistando gradualmente la
vista. Nella sua testa
si agita un turbinio di voci: quella della mamma, quella di suo padre,
imperiosa e austera, quelle degli abitanti di Biloxi…
«Ecco la
visionaria! Attenti alla
spiritata!» gridano i bambini,
fuggendo lontano da lei.
«Strega! Al rogo
la strega! Brucia, figlia
del diavolo!» incalzano in coro gli adulti, quasi
fossero a messa, guardandola
con aria torva, alcuni brandendo torce e forconi come si faceva
soltanto molti
secoli prima di allora.
«E’
soltanto pazza.» Asserisce in
risposta suo padre, per placare la folla urlante.
I bambini,
crudeli, ora compongono canzoni con gli insulti che vengono loro in
mente,
accompagnandole con sguardi crudeli e allegri balletti.
«Al riparo, ora
è arrivata! E’ Mary Alice la
spiritata!»
Un urlo
di dolore esce prepotentemente dalla sua bocca,
propagandosi in un’eco straziante nella cella vuota e nel
lungo corridoio
freddo, spoglio e polveroso, coprendo i mugolii e gli altri rumori
prodotti
dagli abitanti delle celle vicine.
Si sforza di distogliere la mente da quelle orribili sensazioni, ma
ogni suo
tentativo è ormai vano. Non resta che arrendersi e
abbandonarsi alla corrente,
sperando di sopravvivere.
Speaker's corner Angolo dello Sproloquio
My God, che emozione! Il primo capitolo... sono così in ansia.... Non so ancora cosa ne pensate (a parte te, piccola Seele) e penso che mi rosicchierò i gomiti finchè non leggerò le vostre recensioni. Sarà già tanto se ne avrò un paio credo, non ho scritto un'introduzione molto accattivante. Ma la dedica dovevo assolutamente metterla (e il disclaimer pure, altrimenti zia Steph mi sgozza nel sonno xD). Che dire, fino a qui non succede ancora molto, è il primo capitolo in fondo. Inutile dire che da questo momento in poi inizia un lungo, lunghiiiiissimo flashback. Ma torneremo al 1920, non temete, anche se credo che dopo questo salto temporale enorme ci vorrà la DeLorean. xD
Io me la rido, ma in realtà ho una fifa blu. Non so se chiedervi di essere clementi con i frutti della mia mente deviata o se chiedervi di non esserlo affatto. Perciò fate un po' come vi pare. xD A parte gli scherzi, spero davvero che questa storia vi piaccia e soprattutto prego Iddio di finirla bene e in fretta. Il mio proposito era di postarla solo una volta conclusa, ma ho seguito il consiglio di Seele (grazie mia cara :*) e così eccola qui, sul vostro schermo insieme a questo Angolo dello Sproloquio (si, credo che lo chiamerò così ormai).
Non
temete, i prossimi capitoli saranno ben più consistenti e
più in là ci saranno anche le foto dei personaggi
principali (ebbene si, le ho trovate). Per il momento non vi dico
altro: se questa storia vi piace, non vi resta che seguirla. :)
Grazie per aver letto questo capitolo fino alla fine e per aver sopportato anche i miei deliri.
That's all, folks! Al prossimo capitolo!
K.W.
PS: guardate i video di Jeff Dun-ham! E' un maledetto genio!