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Autore: suxsaku    16/12/2006    6 recensioni
Un mago ciarlatano, scorbutico e intrattabile.
Una ladra idealista, sognatrice e suscettibile.
Una profezia centenaria, astrusa e frammentata.
<< Fabrum esse suae quemque fortunae. >>
<< Che significa? >>
<< Che ciascuno è artefice della propria sorte. >>
Storia a cui tengo davvero molto. Sebbene abbia tutta la vicenda stampata in mente, non l'ho messa completamente per scritto, perciò gli aggiornamenti non saranno frequentissimi.
>> EDIT Capitolo 19. Ho fatto una correzione: alla fine del capitolo mancava una frase di Wantz; a causa dell'html si vedevano solo le virgolette. Ringrazio Yuna per la segnalazione.  <<
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Una precisazione, riguardo le pronunce.

La “t” di Wantz non si pronuncia; sono tuttavia aperti i dibatti se si legga “uanz” o “vanz”.

Per Jillian non ci sono dubbi: si legge “gillian”, perché lo dico io.  ù___ù

Figurarsi se il nostro mago non doveva cerare problemi anche per una banalità come il suo nome…

Felici di tornare nel vivo dell’azione? Almeno la lunghezza è di nuovo proponibile.

Ah, una cosa importante: io pubblico solo qui e su manga.it; perciò, se vi dovesse capitare di vedere Praedicio su qualche altro sito significa che me l'hanno rubata. In tal caso vi prego di segnalarlo ai webmaster del sito e anche a me, tanto per farmi salire la bile e povare l'ebbrezza del nutrire istinti omicidi verso qualcuno...

Ai soliti ringraziamenti aggiungo Marty92, nuova vittima della profezia più invadente della storia.

 

 

Capitolo 9: Il gelo come salvezza

 

***

< Che cosa farai in una circostanza come questa? >

< Non dovremmo interrogarci su cosa farà lui in una simile situazione? >

< No. Quello che mi chiedo è se ti affiderai a lui o continuerai a dubitare. >

< Mi stai mettendo alla prova? >

< Perché mai? Sai bene che IO ho fiducia in te. E poi, non sono quello che deve passare l’esame, no? >

< Resterai con me? >

< Ne dubitavi? >

***

 

< … in questo modo dovrei farcela. Hai capito tutto? > Vedendo che la ragazza aveva un’aria estremamente imbambolata e non dava particolari segni di attività celebrale, le diede uno scrollano. < Mi stai ascoltando? >

Jillian si riscosse e annuì. < Si, certo. >

< A me sembrava che pensassi ad altro. > insinuò Wantz.

< Ti chiedo scusa. Mi sono distratta un attimo. > ammise.

< Allora, hai capito tutto? > chiese di nuovo.

< Devo riunire tutti gli abitanti alla quercia subito fuori dal paese e trattenerli lì con una scusa per evitare che nessuno venga ad intralciarti, o, peggio, scopra che sei un mago. Questo è chiaro. >

< Perché, c’è qualcosa che non hai inteso? >

< Si. > disse la ragazza, fissandolo negli occhi < Non capisco che cosa vuoi fare, principalmente perché non me lo hai detto. Hai in mente di fare qualche magia? >

Wantz distolse lo sguardo. < Non c’è nulla che possa fronteggiare la peste. >

< E allora che intenzioni hai? >

< Bloccare il contagio. Forse siamo ancora in tempo. >

Jillian continua a fissarlo, ma lui aveva lo sguardo perso nel vuoto. < E come pensi di farlo, visto che hai appena ammesso che neanche la magia può nulla contro la peste? >

< Contro la peste, > ripeté < non contro la trasmissione. >

< Ancora non comprendo. >

< Per prima cosa brucerò la casa… > disse Wantz, iniziando a camminare.

< E poi? > gli domandò Jillian, mentre lui si allontanava.

Wantz si voltò verso di lei: era tornato calmo come suo solito, serio e concentrato sul nuovo problema che doveva risolvere. La guardò un attimo, pensando a chissà cosa. Parve esitare un attimo, poi le rispose. < Qualcosa farò. >

< Non puoi essere così vago: ti rendi conto di che situazione abbiamo davanti? Non devi prenderla alla leggera, altrimenti… >

< Esegui gli ordini. > concluse bruscamente voltandosi e correndo via. < E non scordarti il mio cavallo. > aggiunse urlando.

< Ma quale cavallo? Pensa a sopravvivere! Sii serio, dannazione. > Pestò i piedi per la frustrazione, chiedendosi quanto tempo avrebbe ancora retto. Alzò la testa e corse via anche lei, decisa a fare ciò che le era stato chiesto: che potesse fidarsi o meno di quel tipo, se c’era qualcuno che poteva fare qualcosa, quello era lui.

 

Fuoco… L’abitazione bruciava come un cerino. Presto non ne sarebbe rimasto nulla. E quella era la parte più semplice. Fuoco distruttore… Per arrestare la moltiplicazione delle pulci c’era solo un modo, e non era neppure sicuro che funzionasse appieno. Avrebbe abbassato la temperatura di tutta l’area del villaggio il più possibile. Oppure fuoco purificatore? C’era anche il rischio che lui finisse assiderato, ma non conosceva altre vie. Del resto, forse sarebbe morto prima di sfinimento.

“Sei troppo impulsivo, come un fuoco che avanza senza badare a nulla.”

Wantz strinse i pugni e si allontanò a passi cadenzati.

< Rogne, rogne… sempre e solo rogne. >

 

Jillian pregava con tutta se stessa che Wantz tornasse in fretta. Aveva raccontato ai contadini che “suo fratello” li avrebbe immunizzati tutti dalla malattia con un’erba rara che era andato a procurarsi. Tuttavia il tempo passava, Wantz non compariva, nessun fenomeno prodigioso appariva, e soprattutto la gente cominciava a spazientirsi.

Un contadino particolarmente intollerante iniziò ad incitare la gente a tornare a lavorare. Per quanto facesse, la ragazza non riusciva più a contenerli: nessuno la stava più ad ascoltare. Il capo della rivolta si mosse, deciso a tornare nei campi; ma, dopo pochi passi, accadde una cosa strana.

Sbatté contro il nulla e cadde a terra.

 

Quella collinetta era proprio l’ideale: da lì poteva dirigere l’incantesimo su tutto il centro abitato e la zona circostante, coprendo tutta l’area che gli interessava.Chiuse gli occhi, facendo quella cosa stupida che rispondeva a “raccogliere l’energia interiore”. Poi gli riaprì. Lanciò una breve occhiata alla quercia: c’era la possibilità che qualcuno lo vedesse. Tanto dopo l’avrebbero sicuramente capito… Riuscì a distinguere a mala pena una sagoma rossa che gesticolava animatamente in mezzo alla gente radunata.

Sospirò e riprese a camminare.

 

Il panico era totale. Era come se fossero chiusi in una bolla invisibile ma dura che non consentiva loro di uscire. I bambini correvano e facevano chiasso; gli adulti cercavano di sfondare il muro invisibile e i vecchi urlavano alla stregoneria. L’isteria era generale e la rabbia iniziale cominciò a modificarsi in panico. Al contrario, Jillian si sentiva stranamente al sicuro, come se una coltre protettiva fosse scesa su di lei, scudo astratto ma percettibile. Dentro di sé aveva la visione di un bambino in braccio alla madre. Tese le mani avanti finché  non andò a cozzare con lo strato di protezione. E allora capì.

 

< Dubiti della profezia? >

< Come potrei, con voi che mi assillate? >

< Hi ragione, quello su cui sei dubbioso è te stesso. >

 < ... >

< Non esitare. Non te lo puoi permettere, ora che non sei più solo. >

< Voi mi sminuite. Per questo andrete in punizione. >

< Oh, no, di nuovo nel mio loculo? >

< Non è sera: ripassate quando sarà l’ora adatta. >

< Vai, Wantz: stendili tutti. >

 

Era una barriera. Aveva letto qualcosa a riguardo. Si, lo ricordava bene: un pomeriggio aveva preso un libro a caso e si era nascosta in una torre del castello perché non voleva seguire la lezione di latino. A un certo punto l'autore anonimo citava una serie di incantesimi elementari, e tra questi era citata la barriera: elemento difensivo fondamentale che ogni mago degno di questo nome sapeva usare. Ora che le era chiaro cos’era e chi l’aveva fatta, restava un’incognita: perché? Per proteggerli, ovvio. Ma da cosa?

Jillian alzò gli occhi al cielo.

< Wantz, che stai macchinando? >

< Nulla di che: grandi pulizie. >

Jillian saltò per la sorpresa. < Cosa ci fai qui? > sibilò a voce bassa < Se ti vedono, questi ti linciano. >

Il ragazzo rise. < Sempre se riescono ad uscire. >

< Dunque, hai fatto? >

< Scherzi? Manca la parte peggiore. >

< E allora cosa fai qui? Fila, su! > mormorò, temendo che lo scoprissero, sebbene fossero tutti impegnati a zappare l’aria, convinti di poter abbattere il muro in quel modo.

< Nuovi ordini per te. > le disse.

< Qualsiasi cosa, ma fa’ presto. > lo implorò, cominciando a realizzare che neppure per lei era una bella situazione; chissà cosa sarebbe successo se si fossero ricordati che era stata lei a trascinarli lì.

< Stai pronta: quando avrò finito, dovrai fuggire. >

< Come? > chiese a occhi sgranati.

< Qualunque cosa succeda, e in qualsiasi condizioni io sia, vattene. > continuò il ragazzo.

< Che cosa stai dicendo? Io non… >

< Questi sono gli ordini. Non accetto lamentele. >

< Che cosa vuoi fare? >

Il ragazzo storse le labbra in un sorriso amaro. < Poi non sentirti in colpa, benché questo sia venuto da te. >

< Mi stai dicendo che ti devo abbandonare qui? Ma non possiamo prevedere la loro reazione, e… >

< Oh, si. > disse lui, voltandosi < Si può benissimo. >

< E’ per questo che mi dici di scappare? >

Lui non le rispose e si incamminò.

< Wantz! > Jillian constatò quanto fosse impotente davanti alle arti magiche del ragazzo, e ne provò rabbia.  < Se ho scelto di venire con te è perché sono pronta a correre tutti i rischi che ci saranno. Non escludermi solo perché non sono alla tua altezza. >

Il ragazzo la fissò con occhi vacui, parlando da solo. < Tieni così poco alla vita? >

< Mi hai sentito? >

< Non ti conviene urlare così, attirerai la loro attenzione. >

Jillian si girò per osservare la situazione: i mezzadri stavano ancora lottando strenuamente e non le prestavano la minima attenzione, sebbene lei avesse fatto un chiasso notevole.

Quando si voltò di nuovo, Wantz era sparito.

 

Può il gelo essere una soluzione? Non è forse meglio affidarsi al calore degli affetti, piuttosto che lasciarsi sopraffare dal freddo della solitudine?

< Ad averceli, gli affetti. >

 

Tornato sulla collinetta, Wantz stette alcuni minuti immobile, inspirando e aspirando aria a pieni polmoni. Ciò che si accingeva a fare era assolutamente folle. L’impulsività era come un fuoco? Beh, di certo ora si sarebbe rinfrescato.

Unì le mani, intrecciando le dita tra loro. Sbuffò al pensiero della faticaccia che lo aspettava. Alzò le braccia e levò la testa al cielo.

< E che i savi me la mandino buona. >

 

Sul momento era stata felice che avessero smesso di fare tutta quella cagnara; quando poi, però, capì perché si erano zittiti, desiderò che tornassero a fendere l’aria come dei forsennati. Cosa impossibile, purtroppo. Lo spettacolo che si presentava loro era oltremodo affascinante. Anche se le conseguenze sarebbero state discutibili, e probabilmente non altrettanto piacevoli.

Jillian era a naso in su, come tutti del resto, gli occhi sgranati e la bocca aperta per lo stupore, e fissava come un’ebete quella figura umana lontana, oggetto dall’attenzione di tutti. Al di là del perché quello scemo non avesse preso nessuna precauzione per non farsi vedere, Jillian si poneva un altro quesito.

< Che acciderba sta facendo? >

 

Wantz pestò i piedi, non tanto per la stizza, quanto per il fatto che le dita gli si stavano congelando. Non aveva previsto che il processo fosse così rapido. L’aria gli sferzava il volto, e sentiva il sangue scorrergli sulle guance. Gli occhi bruciavano a causa del vento gelido, e non riusciva più a vedere nulla. Quel che era peggio, le mani erano completamente ghiacciate, e faticava a tenere le braccia sollevate. Ora comincia a domandarsi seriamente se sarebbe riuscito a sterilizzare l’atmosfera prima di finire assiderato.

 

E come natura vuole, dopo lo stupore arriva la rabbia sapientemente miscelata alla paura. Chissà quale forza divina riusciva a tenerla fuori dagli istinti omicidi generali. Allontanandosi cautamente dalla folla inferocita, Jillian finì a sbattere contro il lato opposto della barriera. In mezzo alle urla e alla confusione totale, le riusciva difficile ragionare, tanto più che non aveva la minima idea del perché Wantz stesse coprendo di neve e ghiaccio tutto il paesaggio circostante. L’unica ipotesi possibile era che volesse uccidere con il freddo le pulci, che altrimenti avrebbero esteso il contagio. Per quanto l’idea fosse buona in linea teorica, non era sicura che fosse lo stesso sul piano pratico: fino a che punto è attuabile un abbassamento di temperatura? Nello specifico, fino a quando il fisico di Wantz avrebbe retto?

 

Incredibile quanto fosse poco serio anche nelle situazioni peggiori: come faceva a domandarsi se dovesse ridere o preoccuparsi del fatto che gli si erano formate delle stalattiti di ghiaccio sotto il naso? Tuttavia, pensare era l’unico modo che aveva per restare sveglio: se si fosse addormentato non sarebbe stato il massimo. Freddo e prostrazione. No, decisamente non andava bene.

Per quel poco che riusciva a vedere notò che le dita delle mani erano diventate blu. Non era un bene che fosse già cianotico.

Anche se, a pensarci meglio, anche il fatto che fosse caduto a terra non era un bene.

 

***

“Che cosa sta facendo? Di questo passo non reggerà a lungo.”

< Dura trattenersi dall’urlargli di fermarsi, eh? >

< Non essere così cinico, sta rischiando davvero grosso. >

< Ma tu non lo farai, vero? Rischiare di attirarsi addosso l’ira di tutte queste persone? E perché? Perché quel tipo non riesce a salvare delle vita senza danneggiarsi? >

< Smettila: è colpa mia se ora si trova lì. >

< Rimorso per averlo coinvolto? Non è meglio sacrificare lui per questo insieme di vite, che sono sicuramente più valide della sua? >

< Finiscila! Mi fai sentire solo peggio. >

< Già, dato che le parole sono inutili in questo momento. Servono fatti. Ma cosa puoi fare, visto che lui ti ha messo in gabbia? >

< … >

< Perché salvare qualcuno che ti ha messo chiaramente nella condizione di non poterlo fare? >

 

***

 

 

“Come una barriera impenetrabile, Egli proverà a frapporsi tra i due, sottoponendoli a quesiti senza risposta e ad incertezze strazianti.”

 

 

Le gambe erano completamente intirizzite e non rispondevano ai suoi comandi. Non sapeva nemmeno lui come faceva a tenere ancora sollevate le braccia: gli arti tremavano incessantemente, e per quanto facesse non riusciva ad arrestare il fremito. A testa china, ansimando per gli sforzi eccessivi, tentava di mantenere la lucidità continuando a pensare. Si appigliò al pensiero di Jillian in mezzo a quella mandria imbufalita, e pregò di finire prima che la scuoiassero viva.

Nel caso fosse sopravvissuto, voleva avere lui quella soddisfazione.

 

 

***

< Forse ha deciso di uccidersi e sfrutterà questa occasione per espiare le sue colpe. E tu gli succederai nel suo compito. Un’eredità  più che meritata. >

< Non cercare di irretirmi. >

< Non stai valutando la cosa con freddezza. >

< No, infatti: lo sto facendo con umanità. >

< Non stai più dubitando. >

< Lui sta morendo per loro. Di cosa dovrei dubitare? >

***

 

Che fare? Il capo-buzzurri aveva ripreso i suoi discorsi demagogici, e non mostrava particolare entusiasmo per aver scoperto che Wantz era un mago. Niente da dire, doveva assolutamente fare qualcosa, ma cosa? Era escluso se si mettesse a strillare in campo nemico, ma doveva trovare un modo di fermare il ragazzo. Un fremito di sorpresa serpeggiò tra la folla, e Jillian alzò la testa nella direzione della collina. Avrebbe voluto gridare, ma la voce le morì in gola.

 

La neve copriva ormai ogni cosa e la temperatura era polare; tuttavia non poteva essere certo che bastasse. La scelta era continuare e andare sul sicuro, oppure interrompere tutto e rischiare.

Rabbrividì, ma non capì se per il freddo o per il pensiero di non aver ucciso tutte le pulci e le relative larve. Uno spasmo lo colse all’improvviso e si accasciò nuovamente a terra.

 

“Che fa? Perché non si alza?” Jillian cominciò a sudare e ad agitarsi: aveva notato che il mago non sembrava stare particolarmente bene. Aveva abbassato le braccia, che prima teneva insistentemente sollevate, e la tempesta intorno a lui andava attenuandosi. Lei, però, era certa che non fosse sua intenzione interrompere la magia: lo capì da alcuni gesti di stizza che il ragazzo aveva compiuto, nel vano tentativo di rialzare le braccia. Era chiaro che non ci riusciva perché era allo stremo delle forze. Ma era davvero necessario che continuasse? Il suo fisico avrebbe retto alla sforzo cui era sottoposto? E lei? Lei lo avrebbe lasciato fare?

 

Avere degli affetti non vuol dire solo provare sentimenti verso qualcuno. Significa anche avere qualcuno che ne prova per noi. E, spesso, la solitudine è dovuta solo alla cecità che non ci permette di comprendere ciò che ci sta intorno.

 

E’ seccante sapere cosa fare, ma non come poterlo fare. Non sapeva in che modo si potesse uscire dalla barriera senza il consenso del mago che l’aveva eretta. Non serbava ricordi in merito da quanto letto nel libro. Forse non esisteva alcun modo. Ed effettivamente era probabile che fosse così. Jillian si chiese se non esistesse una maniera di abbattere qualcosa di invisibile ma tangibile: con qualcos’altro di invisibile o qualcosa di tangibile? Oppure con entrambi? E se anche esisteva un metodo, valeva anche per la magia?

Alle sue spalle sentì delle esclamazioni di stupore: Wantz si era rialzato, ma il colorito bluastro che aveva assunto non lasciava immaginare nulla di buono.

Intorno a lei piovevano urla di dispregio indirizzate al ragazzo: nessuno si interessava della sua salute, il loro unico pensiero era che li facesse uscire e si lasciasse pestare a sangue. Come osava uno sporco mago usare le sue arti sacrileghe nel loro villaggio?  Era parere unanime che dovesse pagare con la vita l’oltraggio recato loro.

Jillian era esterrefatta: passi l’ostilità ormai assodata che gravava sui maghi, ma era possibile che non provassero nemmeno un briciolo di gratitudine per quello che Wantz stava facendo per loro? Adesso capiva perché il ragazzo fosse così schivo nei confronti delle persone: non essere mai capiti, ma anzi accusati e perseguitati… Quante volte aveva provato anche lei la sensazione orribile che lascia addosso il disprezzo?

Furente, cominciò a tempestare di pugni la zona della barriera più vicina a lei, ben sapendo che era assolutamente inutile. Solitudine, odio, isolamento, forzato o meno…

Fu presa alla sprovvista: la barriera cedette all’improvviso sotto i suoi colpi e lei cadde in avanti, finalmente libera. Si rialzò, constatando che il resto dei reclusi era ancora bloccato all’interno. Decisa a non perdere tempo in domande inutili, pur non capendo che cosa era successo, si rialzò e corse verso il colle, incurante degli strilli esterrefatti che la richiamavano indietro e la imploravano disperatamente di liberarli.

 

 

“Sfortunatamente per Lui, quella barriera non era abbastanza per fendere il legame che si andava instaurando tra loro.”

 

 

Incurante di tutto e di tutti, Jillian corse a rotta di collo fin in cima all’ altura, e non si fermò finché non fu a pochi centimetri da Wantz. Questi appena la vide la guardò imbambolato, ansimante, incapace di nascondere il suo stupore.

< Perché sei uscita dalla barriera? > Si consolò constatando che riusciva ad essere irritato anche in un momento come quello.

Anche se la domanda giusta era un’altra.

Jillian lo afferrò per un braccio, sentendo sulle mani il freddo che permeava il ragazzo, e glielo abbassò con forza, spezzando l’incantesimo. La neve cessò definitivamente, e un vago senso di tepore si posò su di loro. Lo guardò malissimo, come una comare arrabbiata che sta per sgridare il figlio dopo l’ennesima monelleria. Sebbene stringendolo il freddo passasse anche a lei, non mollò la presa.

< Perché ti stai uccidendo! >

Come diavolo aveva fatto ad attraversarla?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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