Staticità, Maledetta Staticità.
«Come hai detto scusa?»
«Ho detto che sei bella quando piangi.» ripetè sorridendo.
Mi voleva prendere in giro o cosa? Risposi attaccando. «Peccato che io odio piangere, e in questo momento odio anche il perché del mio piangere.»
Rise. Ma che cacchio si rideva, quel Malik?
D'un tratto, mi resi conto di una cosa:q «Malik, ma dove sono gli altri?» gli chiesi. «Hei, ma anche tu vuoi delle vacanze, o no?» giusto, aveva voglia di vacanze anche lui.
«Quando la smetterai di chiamarmi Malik, Emma?» mi chiese. Che facciatosta!
«Mai, Malik. Anzi, no. Quando la mia Jennifer starà bene! E le probabilità ora sono ridotte al minimo!» mi resi conto di quello che ho detto e ricominciai a piangere. Mi rannicchiai le ginocchia al petto e mi lasciai stringere da Zay ehm, no, scusa, Malik, quando il telefono, che non ricordavo neanche di avere, mi vibrò nella tasca. Catherine. Mi scostai da Malik e risposi: «Notizie?»
«Per ora no, ti volevo solo aggiornare su come sta. Ha una commozione celebrale, lividi su quasi tutto il corpo, e la gamba destra ha un taglio poco profondo, ma grande. Dobbiamo ritenerci fortunate comunque.» m'imbestialii. «Fortunate? Fortunate? Non è stata fortunata, Kate!» adesso piangeva Catherine dall'altra parte del telefono, perché dovunque andavo portavo malessere, prima o tardi? «Preferisco averla così, che non averla, Emma.» attaccò. Attaccai anch'io, cosa potevo fare?
Prima che potesse dire qualcosa, mi aggrappai al cappotto di Malik, e mi ci strinsi contro, piangendo. «Portami a casa, ti prego.»
Mi prese in braccio e mi portò di fronte a casa mia e di Jen, quando mi girai improvvisamente: «Malik, da quant'è che segui me e Jennifer? Sai, non c'è un'altra spiegazione logica dato che sai il mio nome, a meno che tu non sia un pazzo, un pazzo maniaco da rinchidere subito in manicomio, ma quella è un' altra cosa.» Rise. Ma aveva la ridarella, quello?!?
«Sai, è incredibile come riesci a scherzare quando la tua vita è in bilico. Perché la tua vita ora è in bilico, no? Jennifer è la tua vita, l'hai detto tu stessa.» la voce mi morì in gola. Cos'altro potevo rispondere, se non con un misero «sì.» ? Fece per andarsene, ma lo presi per la manica della giacca e dissi con la voce che mi tremava «Non hai risposto alla mia domanda, Malik.»
Sorrise, come se fosse fiero di me, e mi sussurrò all'orecchio, mentre appoggiai la schiena alla porta. «Da una settimana, non potevo fare altrimenti.» M'immobilizzai.
Si scostò e probabilmente mi vide il terrore negli occhi. Mi aveva spaventato. In quest'ultima settimana solo io ero andata a scuola, Jennifer aveva avuto la febbre.
Aveva spiato solo me.
«No, no, scusa Emma, è che...» cercò di scusarsi Malik. Ma mi aveva fatto paura. Il problema era il suo. Aprii sbrigativamente la porta e la richiusi con la stessa frenesia.
Scivolai seduta sul pavimento mentre ricominciavo a piangere. Stavo diventando una fontana. Ma chi non lo sarebbe diventato?
Intuii che Malik restava lì dietro attaccato alla porta, e che mi stava ascoltando singhiozzare.
Mi mancava, quella era la verità.
Mi mancava la sua risata, il suo profumo, i nostri abbracci, il suo disordine per casa, mi mancava tutto di lei.
Si poteva decidere di morire?
Sì, avrei aspettato qualche giorno, poi mi sarei uccisa.
Note dell'autrice:
Scusatemi se è corto, è che avevo scritto tipo il triplo e poi mi si è aperto twitter senza salvarlo D: la buona volontà è andata a farsi benedire e per me comunque è stato un capitolo molto sudato, è sempre più difficile, perché quando racconto sento le emozioni di Emma e mi fa male, è come se la mia Jennifer in carne ed ossa fosse malata. Capite?
Grazie per chi ha letto, e recensito, e per chi ha solo letto. Grazie.
Emma: