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Autore: Itilis    29/05/2012    1 recensioni
Eveline Carter ha 22 anni, e studia per diventare avvocato divorzista.
Jeffrey di anni invece ne ha tredici, e' orfano ma un genio assoluto.
Mattew Nefflet e' un poliziotto in gamba, ma ha poca fiducia in se.
Walke Gremt e' un milionario senza scrupoli, pronto a tutto pur di ottenere ciò che vuole.
Persone e mondi completamente diversi che si fondono in un cocktail micidiale: tra sparatorie, rapimenti e frammenti di vita, un racconto in cui non esistono semplici buoni o cattivi, ma solo differenti punti di vista...
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti ^_^ ecco qui un nuovo capitolo fresco fresco di battitura! Ma per prima cosa ci tengo a ringraziare di cuore tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra le preferite e chi mi segue e recensisce! Un grazie speciale a Tatika che ha usato il suo tempo per recensire addirittura ogni singolo capitolo! Che piacevole sorpresa è stata =) ed ora bando alle ciance e buona lettura!!!


Mentre Eveline e Matthew si preparavano per cominciare le indagini.
Mentre Jeffrey cercava un'idea geniale per fuggire da quel magazzino.
Mentre Garret Sims metteva a punto i suoi piani.
Mentre Walke Gremt licenziava camerieri e sbraitava contro l'uomo con gli occhiali blu.

Mentre tutti facevano qualcosa, giusta o sbagliata che fosse, c'era qualcuno che semplicemente si guardava allo specchio cercando di sistemare quei capelli ribelli. Per quanto se la atteggiasse da killer professionista, Laureen era comunque solo una tredicenne: le piaceva la moda, avrebbe voluto delle amiche con cui fare dei pigiama party o andare al centro commerciale il pomeriggio, le sarebbe piaciuto uscire una sera con un ragazzo... Ma queste cose lei non le poteva fare, perché il suo destino era altro: era diversa dalle altre persone. Non aveva neppure un nome vero, pero' Laureen non le dispiaceva. Ma non importava neppure quello, tanto nel suo futuro non era contemplata la possibilità di scegliere. Le avevano insegnato che nel mondo non esistono buoni o cattivi, ma solo differenti punti di vista della stessa situazione: diventare un killer, nella sua famiglia, indicava non solo maturità, ma anche la capacita' di essere al di sopra delle parti. Uccidere, rapire, rubare non era sbagliato: era solo uno dei tanti modi di vivere. Eppure, in cuor suo, non riusciva a smettere di sperare che un giorno magari sarebbe riuscita a realizzare i suoi sogni. Guardo' fuori dalla camera d'albergo in cui alloggiava, poco lontano dal magazzino in cui si trovava Jeffrey, e non poté fare a meno di ammirare il sole riflesso in quel laghetto con i cigni neri proprio di fronte all'hotel. Torno' allo specchio dove comincio' a provare i vestiti per il giorno dopo, ma proprio mentre si specchiava con una magliettina fucsia molto graziosa, qualcuno entro' nella stanza.
-Ancora con questa mania dei vestiti colorati? Lo sai che un killer veste il nero-
-Ciao anche a te papa'. E comunque il nero non mi dona: non da risalto ai miei capelli-
-Fesserie- borbotto' l'uomo posando i suoi grossi occhiali blu sul tavolino e massaggiandosi le tempie.
-Giornata pesante?- domando' la figlia, continuando ad aggiungere colori stravaganti al suo già molto variopinto abbigliamento.
-Abbastanza... Due persone sono morte, ma non dovevano morire... Il capo si e' arrabbiato un sacco e ha fatto una gran scenata...-
-Certo che anche il capo pero' non e' che abbia capito molto della vita eh...-
-Che intendi?-
-Be', ha assoldato un assassino per mantenere in vita delle persone? Ma dai, non ha alcun senso!-
L'uomo dagli occhiali blu scoppio' a ridere
- Ah ah ah, mi sa che hai ragione... Va beh, ordino la cena- concluse ancora ridacchiando e componendo il numero del servizio in camera.
Laureen era felice di essere riuscita a tirar su il morale del padre: in fondo, a modo suo, le voleva bene. Sicuramente non era il padre modello, ma almeno ci provava, non come sua madre che li aveva abbandonati entrambi quando Laureen aveva a malapena sei anni... Ma basta pensare a cose brutte: voleva godersi quella rara cena con suo padre. Pizza! Ne andava matta!
-Allora papa'... Quand'e' che mi spiegherete il piano completo?-
-Laureen...sai che non va bene parlare di lavoro mentre si mangia-
-Hai ragione scusa... Allora voglio chiederti un'altra cosa... Stephan, il ragazzo della stanza accanto... Mi ha invitato al cinema domani sera... Posso?-
-E quanti anni avrebbe questo Stephan?-
-15...-
-Mmm... Non sono molto contento... Sai che non e' il caso di creare rapporti durante una missione... Distrae-
-Ma dai papa'... Si tratta solo di un film al cinema...-
-Non so sai.. Forse...- venne interrotto dal suono di un cellulare. L'uomo rispose, parlo' alcuni minuti poi lo richiuse e si volto' verso la figlia.
-Era tuo zio. Domani sera deve andare via un paio d'ore e ha bisogno che tu curi il ragazzo in magazzino. Mi spiace-
-Non fa niente... Non importa... In fondo... Non ci tenevo più di tanto- rispose sorridendo la ragazza.
-Oh beh, meglio così allora- ricambio' il sorriso l'uomo, tornando a mangiare.
Così facendo però, non si accorse degli occhi lucidi della figlia.

Ok, era un'idea idiota: meglio lasciar perdere, si disse tra se Jeffrey smettendo di cercare di sfilare le mani dalle manette. Non sapeva davvero cosa fare per andarsene da li! Non solo gli oggetti che erano attorno a lui non potevano essergli praticamente di nessun utilizzo, ma c'era anche il problema della sorveglianza. Il suo rapitore sembrava non muoversi mai da li, e ciò rendeva ancora più difficoltosa la fuga: non essendo un tipo molto atletico il giovane genio avrebbe perso in qualunque inseguimento o superamento di finestre e muri. No, doveva pensare a qualcos'altro, qualcosa che non richiedesse forza fisica. Tuttavia cominciava ad avere fame e freddo sul serio e il pensare lucidamente si stava rivelando una sfida. Quasi come se gli avessero letto nel pensiero la porta del magazzino si aprì.
-Tieni ragazzino, ti ho portato la cena. Spero la pizza ti aggradi, e' la cosa più vicina qua- disse il rapitore quasi in maniera ironica, slegando le manette e porgendo il piatto. Affamato, Jeffrey non se lo fece ripetere due volte e divorò la sua cena. Adorava la pizza..
-Per stanotte fatti piacere questa stanza e questa coperta.. Tra due giorni ti assicuro una sistemazione migliore se ti comporti bene. Vengono a prenderti.. Buonanotte moccioso- concluse l'uomo legandogli una mano sola ad una tubatura e uscendo. Jeffrey non disse una parola: a stomaco pieno il suo cervello si era rimesso in moto.
"Dunque.. Mi ha portato una pizza dicendomi che e' la cosa più vicina qua... E c'è una stazione ferroviaria.. Se sono ancora a chicago dove posso trovarmi?..." cominciò cercando nella mappa mentale della città. La conosceva tutta a memoria: individuò una decina di pizzerie da asporto nei paraggi della stazione. Tuttavia sbuffò
-Uff.. No, non va.. Troppe variabili.. Non e' detto neppure che io sia ancora a Chicago.. Mi servono più informazioni- disse sconsolato preparandosi a passare la sua prima notte consapevole di prigionia. In realtà era già la seconda ma la notte del rapimento lo avevano addormentato quindi... Rannicchiandosi sotto la coperta e cercando inutilmente una posizione comoda rimase a fissare la minuscola e unica finestrella che dava su un cortile in cemento privo di qualunque indizio. Lentamente il buio si fece prepotente e il ragazzo decise di provare a dormire: inutile. "Due giorni e vengono a prendermi.." si ripetè mentalmente. Detestava sentirsi così indifeso e alla mercè di sconosciuti! Si sentì solo, come d'altronde era stato per tutta la vita: anche ora che era rinchiuso in uno sperduto magazzino non c'era nessuno che lo aspettasse a casa preoccupato o che lo stesse cercando con tutte le sue forze. Persino i suoi genitori non lo avevano voluto, nove anni prima. Aveva appena quattro anni quando lo avevano portato in orfanotrofio abbandonandolo li con una lettera in cui si "scusavano per non essere in grado di gestirlo": maledetto il suo cervello che ricordava fin troppo distintamente quell'episodio.. Un suono di ambulanza in lontananza lo distolse momentaneamente dai suoi tristi pensieri.
-Dopotutto c'è chi sta peggio di me- si disse per farsi forza. E con questo pensiero il giovane genio chiuse gli occhi sul mondo, desiderando oltre ogni cosa che la fuori qualcuno stesse pensando a lui.

Eveline e Matthew avevano passato la giornata a cercare di capirci qualcosa in tutta quella dubbia faccenda in cui si erano ritrovati.
La ragazza, seduta sul divano tra miriadi di fogli, sbuffò portandosi una mano sulla ferita al fianco.
-Ti fa male?- domandò il poliziotto senza staccare gli occhi dal pc e continuando a fare ricerche in internet.
-Non più tanto.. Hai trovato qualcosa di interessante?- rispose Eveline alzandosi e avvicinandosi.
-Qualcosina... In internet e' pieno di roba su Gremt. Guarda qui: su questo sito lo accusano un paio di anni fa di aver collaborato con degli scienziati russi di dubbia moralità ad un progetto per la manipolazione delle cellule cerebrali...-
La giovane avvocato inarcò un sopracciglio leggendo ad alta voce il nome del sito da cui stavano prendendo informazioni
-"www.glialienisonotranoi.com"? Stai dicendo sul serio?-
-Beh perché? Non dirmi che tu non credi agli alieni..-
-Non e' questo il punto... Credevo avessimo fonti un po' più... Ehm.. Affidabili..-
-Fidati di me..-
-Scusa ma per deformazione professionale tendo a non fidarmi molto degli uomini.. In ogni caso, propongo di mangiare qualcosa.. A stomaco pieno si ragiona meglio non trovi?- disse la ragazza cominciando a frugare per casa alla ricerca di qualcosa di commestibile. Matt si alzò per aiutarla
-Comunque non siamo tutti uguali-
-Scusa?- domandò Eveline
-Dico, noi uomini non siamo tutti uguali-
-Si si.. Ne sono convinta. Senti non mi va di parlarne-
-Perché sei così fredda? Mi sembra di averti dato parecchi motivi per dimostrarti che puoi fidarti di me-
-Ma che avete tutti? In due giorni due persone che non mi conoscono si mettono a fare i filosofi su come mi rapporto con le persone...-
Matt rise
-Uno sono io... E chi e' l'altro?-
-Jeffrey, il ragazzino che stiamo cercando-
-Ih ih, credo andremo d'accordo io e lui.. Sbrighiamoci a trovarlo-
Senza riuscire a trattenere una risatina Eveline rispose con un
-Ma smettila...-.
Tutto sommato quel poliziotto non era male, ma di certo ci voleva ben altro per smuoverla dall'opinione che ormai aveva dell'universo maschile. "Dopotutto per quanto un fiore possa essere forte, e' difficile che sopravviva in un deserto..." diceva spesso suo padre, pensò Eveline sedendosi a tavola. Non aveva mai capito però se suo padre si riferiva a lei come fiore.. o come deserto.

   
 
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