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Autore: Mary P_Stark    30/05/2012    3 recensioni
Cosa potrebbe succedere, se l'Araba Fenice tornasse a vivere ai giorni nostri? Se camminasse come un comune essere umano, sconosciuto ai più e per nulla riconoscibile ai nostri occhi? La storia di Joy è la storia delle molte vite di Fenice che, con i suoi poteri, tenta a ogni rinascita di portare il Bene e l'Amore nel mondo. Ma può, l'amore vero e Unico, toccare una creatura come lei che, da sempre, non vi si può abbandonare poiché votata solo all'altrui benessere? Sarà Morgan a far scoprire a Joy quanto, anche una creatura immortale come lei, può cedere al calore dell'amore, facendole perdere di vista il suo essere Fenice.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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35.




 
 
Ricordavo quel profumo. E anche la piacevole frescura che mi circondava.

La penombra che mi avvolgeva mi era familiare, così come il peso morbido che percepivo nel palmo della mano.

Una risatina si levò intorno a me, rimbombando entro le pareti della stanza apparentemente interminabile in cui stavo procedendo con passo tranquillo.

Nel momento stesso in cui essa sfiorò i miei timpani, le immagini del libro dei morti si svelarono di fronte a me come i petali di un fiore colpito dai raggi solari.

Distese interminabili di geroglifici si allungarono sulle pareti perse nella penombra, mentre le immagini del giudizio degli dèi si intervallavano a visioni di antichi faraoni e nobili regine.

Mi fermai a metà di un passo, riconoscendo quelle danze di colori.

Calai confusa lo sguardo sulla mia mano, sgranando leggermente gli occhi prima di ansare spaventata.

Il mio cuore pulsava forte, caldo e ben deciso a non smettere di pompare sangue.

Una voce sottile e vagamente divertita si avvicinò a me, squarciando la barriera offerta dalle pareti della stanza dove mi trovavo.

Dinanzi ai miei occhi spalancati, il volto di uno sciacallo nero come la notte e il corpo statuario di un uomo.

Anubis si fece avanti con andatura dinoccolata, lo scettro shekem1 in una mano mentre, nell’altra, teneva  ben stretto il pesante libro dei morti.

“Anubis…” esalai, sgranando ancor più gli occhi nel vederlo.

“Benu…” mormorò lui, sorridendo con quel suo volto animale, il tono di voce reso esotico dalla conformazione allungata della sua bocca di sciacallo.

“Come mai tu qui, e non Thanatos, Kali, o chi per loro?”

“Ho vinto una scommessa. Osiri mi deve parecchio, visto che ha detto che non saresti arrivata a usare la Stella del Mattino” ridacchiò il dio, ammiccando con i suoi occhi guizzanti e scintillanti come stelle.

“Sono qui perché…” ansai spaventata, guardandomi intorno con espressione nervosa, non avendo neppure la forza di terminare la frase.

“Perché hai osato molto” mi rispose lui, scrollando le spalle come se nulla fosse.

“Quindi, stai per portarmi di fronte agli dèi per il giudizio finale?” esalai, deglutendo a fatica.

Avrei dunque perso Morgan, alla fine?

Lui rise, la stessa risatina che avevo udito in precedenza, prima di fissarmi con i suoi occhi di diamante e replicare: “Non hai combattuto per morire, vero?”

“No!” esclamai, sgomenta.

Anubis annuì, lasciando che il libro dei morti svaporasse nella sua mano.

Mano che andò poi a posarsi sulla mia guancia, calda e rassicurante nel tocco quando evanescente nella forma.

“Vuoi dunque vivere?”

“Sì. Ho chi mi aspetta, dall’altra parte” annuii, sorridendo.

“Hai dunque accettato ciò che provi per lui? Sei cosciente che il tuo amore per il giovane mortale è assoluto, e non altruistico?”

“Sì. Ma so che è giusto. E’ il mio cuore a dirmelo” annuii ancora, sicura del mio dire.

Anubis assentì a sua volta, dandomi un pizzicotto sulla guancia prima di ridacchiare nuovamente e commentare: “Avrei dovuto puntare di più, con Osiri, ma che ci vuoi fare. E dire che so che Osiri è un pessimo giocatore d’azzardo!”

Mi concessi il lusso di ridere come lui e, portando la mano che reggeva il mio cuore in direzione di Anubis, gli chiesi: “Posso riaverlo, allora?”

“Ovvio. O dovrei sorbirmi le imprecazioni di Rah per un tempo superiore alla mia capacità di sopportazione” sghignazzò Anubis, sfiorando il mio cuore con lo scettro shekem.

Presi un gran respiro a pieni polmoni, e gli occhi mi si chiusero.

La luce mi avvolse e io mi risvegliai. O almeno, così mi parve.

L’ambiente lo ricordavo perfettamente, come ricordavo perfettamente quanto lo avessi amato.

Le piante di sicomoro dondolavano al canto di un vento leggero mentre in lontananza, sospinto verso il mare, il Nilo scivolava placido.

Accompagnava le chiatte verso Alessandria d’Egitto e Pi-Ramses, conducendo spezie, ori e sete preziose.

Dabbasso, nella città, carri di mercanti portavano datteri e noci di cocco al mercato, e lettighe di importanti dignitari si facevano largo tra la folla con un gran sbracciarsi dei loro portantini.

Il profumo degli incensi, bruciati nei ricchi palazzi, si inframmezzava a quello delle pagnotte cotte sulle piastre di pietra scaldate da fuochi sfrigolanti.

Il tutto era accompagnato dall’aroma degli ibischi, della cannella e di altre spezie esotiche.

Sorrisi, ammirando Heliopolis come l’avevo conosciuta, in tempi in cui il mio nome era pronunciato con reverenziale timore e dove io ero venerata come dea vivente.

Una mano calda, familiare, si poggiò sulla mia spalla e io, volgendomi di scatto, sentii premere feroci lacrime di gioia, quando il mio sguardo si posò sul viso a me caro di Rah.

Inconsciamente, mi allungai per abbracciarlo e, quando potei stringere a me il suo corpo tonico, poggiare la guancia sul suo torace abbronzato, esplosi in una risatina isterica.

Alzai lo sguardo su di lui, lieta e felice, ed esclamai: “Sei realmente qui!”

“Sei tu a essere qui” replicò, carezzandomi la folta chioma ramata e rilasciata sulle spalle.

“Come ho potuto… Anubis mi ha detto che…” tentennai, scostandomi da lui con aria sempre più sgomenta.

Possibile che mi avesse mentito, e io mi trovassi nel Duat?

Chetandomi immediatamente con una carezza sul viso, Rah mi sorrise rassicurante, spiegandomi succintamente: “Era solo mio desiderio rivederti … per un ultima volta.”

Sobbalzando a quelle parole, esalai: “In che senso?”

“Le nostre strade si dividono qui, mia diletta Benu, per quanto io detesti anche solo il suono di queste mie parole” mormorò, fissandomi con profondi occhi dal colore mutevole.

Ora, erano di un blu oltremare, profondi, insondabili.

“Che intendi dire?!” esclamai, afferrando la mano che era poggiata sulla mia guancia e che, pian piano, stava divenendo più fredda, più distante.

“Fa parte della decisione che hai preso, mia Benu, e io sono felice che tu l’abbia presa, per quanto ciò significhi che dovrò perderti per sempre” sospirò Rah, chinandosi  a baciarmi mestamente sulla fronte. “Hai ottenuto, e voluto, ciò che io speravo ottenessi fin da quando ti tenni tra le braccia, il giorno in cui nascesti la prima volta.”

Tremai sotto il suo tocco, sconvolta da quelle parole, mentre lui proseguì dicendo: “Ti affidai a un mio fedele amico, una persona che ti avrebbe amata come figlia sua e ti avrebbe instradata nella giusta direzione, insegnandoti tutto ciò che Benu doveva sapere. Ti guardai crescere, immagazzinare dentro di te gli insegnamenti che, via via, ti vennero esposti e, quando fosti pronta per prendere il volo, tu giungesti da me, mia fiera Benu.”

Mi sorrise, e parve divenire ombra, dinanzi a me.

“Amarti fu facile come respirare, lasciarti andare per il mondo, perché altri ti amassero e accogliessero il bene che tu potevi fare loro, fu come morire. Ma sapevo fin dall’inizio che il tuo compito era quello. Come lo era stato quello del tuo predecessore.”

“Come?” ansai scioccata, impreparata a quelle parole.

“Benu è una, e una sola. Non due, non tre, ma una. Chiediti chi fosse il mio fedele amico, colui a cui ti affidai con il cuore sereno” mi disse Rah, sorridendomi con aria vagamente ironica.

La bocca mi si spalancò lentamente, come se la verità fosse troppo difficile da esporre solo a parole.

Con voce impastata dallo shock, esalai: “Era… mio fratello?”

“Sì, mia Benu. Ti allevò e ti fece crescere, tramandando a te i precetti cui doveva sottostare una creatura unica come te.”

“Ma… perché non ne ho memoria?!” esclamai, ora indispettita da tutti quei segreti.

Perché non avevo alcun ricordo di lui?!

“Se avessi saputo ogni cosa, il tuo cuore avrebbe potuto scegliere la via più facile, e ciò ti avrebbe resa debole.”

Poi, nel vedermi già sul punto di replicare, sollevò una mano per bloccarmi e proseguì dicendo: “Non voglio dire che sia giusto, mia Benu, ma pensaci. Se tu avessi saputo la verità fin dall’inizio, non avresti ceduto il tuo cuore a qualcun altro, e molto prima di conoscere il giovane Morgan?”

“Forse. E non avrei trovato il vero amore, lasciandomi andare a più menzogneri sentimenti, giusto?” mormorai, comprendendo mio malgrado le parole di Rah.

“Esatto, mia Benu. Avresti potuto donare il tuo cuore a me, e diventare una dea di primigenia stirpe, ma cosa avresti ottenuto? Il Duat, un’anima senza un corpo, un’eternità passata nel cosmo. Non è stato dunque meglio attenersi ai precetti, e attendere l’Unico in grado di portarti oltre i limiti di te stessa? Non sei dunque lieta di non aver saputo la verità fin dall’inizio?”

“Perché ho fatto questo passo, allora, se non sapevo di poterlo fare?” gli domandai, ancora vagamente irritata. “E perché tu non hai potuto dirmelo?”

“Ti dissi di cercare nel tuo cuore, perché lì risiedeva il ricordo delle parole di tuo fratello. Esso non era mai scomparso, solo celato ai tuoi occhi. Soltanto se avessi desiderato più di te stessa la persona a cui avevi indirizzato il tuo amore, questo segreto ti sarebbe stato svelato” mi spiegò Rah, camminando intorno a me per osservarmi con sguardo spiacente e dolente assieme.

“Ho passato dei momenti orribili, temendo di sbagliare, di condannarci tutti” mormorai, reclinando il capo.

“Era una prova, mia Benu. Non avrei mai potuto aiutarti. Mi capisci?”

“Capisco. Ma mi sento presa in giro” mi sentii in dovere di dire, prima di bloccare il suo pellegrinaggio, afferrandolo a un braccio. “Perdere te è la punizione per aver scelto Morgan?”

“Non è una punizione. Scegliere ti era possibile. Sono solo eventi collegati l’uno all’altro.”

Aggrottando leggermente la fronte, gli chiesi: “Neppure Apollo, o Vishnu, potranno più parlarmi, vero? Nessuna divinità, giusto?”

Rah si limitò a sorridermi e io, mordendomi un labbro, gli domandai ancora: “Dov’è mio fratello?”

“Ricordati, Benu. Non due, non tre, ma solo una.”

Detto ciò, la luce tornò ad avvolgermi e io, con un grido, allungai una mano per raggiungerlo, ma tutto fu vano.

Il nulla mi agguantò come una morsa e io caddi, caddi.

 



 
 
***




 
“Rah!” urlò stridula Joy, balzando a sedere sul letto, gli occhi sgranati, il volto terreo, la bocca riarsa e le labbra secche.

Morgan, semi disteso su una poltrona, si svegliò di soprassalto, spaventato dal suo grido.

La fissò sgomento e, solo dopo alcuni attimi, si permise di sospirare di sollievo nel vederla desta.

Ansante, le mani strette al petto come se il cuore le volesse balzare fuori dalla cassa toracica, Joy percepì le lacrime scivolare sul suo viso.

Morgan, a quel punto, si accomodò sul bordo del letto, le carezzò gentilmente il viso e le domandò dolcemente: “Ehi, piccola… come ti senti?”

Joy sobbalzò nel sentire il tocco della sua mano sulla guancia, così calda, leggermente ruvida al tatto e a lei così cara.

Mordendosi il labbro inferiore, scoppiò a piangere e lo strinse in un abbraccio soffocante, piagnucolando: “L’ho perso… l’ho perso…”

Dalla porta fece il suo ingresso Bharat che, lo sguardo trafelato e l’aria ansiosa, osservò i due giovani abbracciati prima di esalare: “Sta male?”

“Non saprei davvero” mormorò Morgan, cullando la moglie contro di sé. “La forza, però, ce l’ha tutta. Mi sta stritolando.”

Esalando un sospiro di sollievo, Bharat ristette a distanza di sicurezza mentre Joy riprendeva il controllo di sé.

Quando infine le lacrime furono scemate, e la giovane si rese finalmente conto di essere tornata, levò lo sguardo sul viso del marito e sussurrò: “Morgan. Tu stai bene?”

Morgan si concesse il lusso di ridere, infinitamente sollevato all’idea che Joy stesse nuovamente meglio – almeno all’apparenza – e che si preoccupasse, prima di tutto, della sua salute.

Era da lei pensare sempre e solo agli altri, il che era indice della sua buona condizione.

Carezzandole una guancia, il giovane le baciò con tenerezza la punta del naso e le disse: “Io sto bene, ma sei tu quella che ci ha fatto disperare.”

Ci?” esalò Joy, prima di volgere a mezzo lo sguardo e incontrare quello teso di Bharat Chandra.

Abbigliato con un comodo paio di pantaloni cachi e una camicia botton-down color cannella, l’uomo le sorrise sollevato prima di mormorare: “Bentornata, Garuda.”

Joy abbozzò un sorriso e, solo in quel momento, notò la flebo al polso e il liquido azzurrognolo che le stava scivolando nel braccio.

“Devo supporre che il siero sia opera sua” ipotizzò Joy, indicando la flebo.

Annuendo, Bharat infine si avvicinò per poi accomodarsi su una delle sedie poste accanto al letto e, intrecciate le mani in grembo, le spiegò: “Non so quanto tu ricordi della battaglia, ma ho ritenuto saggio provvedere a che tu non rimanessi vittima del veleno di Amrita, visto quanto avevi fatto per la mia gente.”

Joy ci pensò su un attimo, rammentando stralci di immagini in cui il suo corpo prendeva fuoco, illuminandosi come una stella.

Di ciò che era avvenuto dopo, ricordava ben poco e, per la maggior parte, aveva a che fare con Anubis e Rah.

E quelli, erano ricordi troppo dolorosi perché desiderasse sondarli proprio in quel momento.

Notando alcune cicatrici fresche sulle mani di Bharat, Joy gli chiese: “Residuo della Stella del Mattino?”

“Sì, ma sono già quasi guarite.”

Poi, sorridendo divertito a Morgan, aggiunse: “Tuo marito mi ha riempito di cibo come un’oca all’ingrasso.”

Con una smorfia, Morgan replicò imbarazzato: “Che ne sapevo io, di guarigioni miracolose? Eri l’unico a sapere cosa fare, con Joy. Dovevo tenerti in salute!”

“E io ti ringrazio” gli replicò Bharat, reclinando ossequioso il capo prima di farsi serio. “Ho comunicato alla mia signora, Miss Indira Darsha, delle tue condizioni, e lei è stata lieta di sapere che la tua salute andava migliorando. Mi ha pregato di rimanere fino a quando avrai bisogno dei miei servigi.”

Esalando un sospiro di stanchezza, Joy si appoggiò completamente a Morgan – che ancora la teneva tra le braccia – e ammise: “E’ una situazione strana, lo sa, vero?”

“Il mondo è strano” asserì Bharat. “Ma ho preferito comportarmi così, piuttosto che veder distrutto il mio popolo. Amrita ci avrebbe portati alla distruzione, e nessuno di noi aveva la forza per bloccarne le mire. Solo tu. Perciò, ho pensato che lo spirito di Manasa mi avrebbe perdonato questo momentaneo tradimento, comprendendo i motivi che mi hanno spinto ad allearmi con te.”

“Ha anche confidato che io capissi il suo piano, risparmiandola” gli fece notare Joy, un mezzo sorriso dipinto sul volto.

Annuendo, Bharat le confidò: “Ero disposto a sacrificare la mia vita, per permetterti di eliminare colei che stava mettendo a rischio il mio popolo, ma l’essere risparmiato dalla Stella del Mattino è stato un piacere insperato.”

“Lieta di aver risparmiato una vita” mormorò Joy, socchiudendo gli occhi per la stanchezza.

Bharat allora si levò dalla sedia e, guardato Morgan per un attimo, sentenziò: “Ha ancora bisogno di riposo.”

Morgan annuì, facendo distendere Joy prima di darle un bacio sulla fronte.

“Saremo in cucina, tesoro. Non hai che da chiamare, e noi accorreremo da te. Ora riposa, però.”

Joy si limitò ad annuire, chiudendo gli occhi subito dopo e lasciandosi andare a un pesante sospiro. Qualche attimo dopo, si era assopita.

In silenzio, Morgan e Bharat raggiunsero la cucina e lì il giovane, dopo essersi servito un po’ di caffè, ne consegnò una tazza ricolma anche a Chandra.

Appoggiarsi al ripiano di marmo della consolle, chiese al naga: “Quanto ci vorrà perché guarisca del tutto?”

“Garuda è forte, e le sue capacità rigenerative sono grandi. Il veleno di Manasa, però, è potente, perciò non so dire quanto tempo le occorrerà. Un mese, forse. Anche meno. Ma ora che è desta, nulla potrà accaderle di brutto. Il peggio se lo è ormai lasciato alle spalle.”

Annuendo pensieroso, Morgan sorseggiò un po’ di caffè nero prima di mormorare: “Ha detto di aver perso qualcosa… o qualcuno…”

“E’ sposata con te, giusto? E tu sei a conoscenza dei suoi segreti…” cominciò col dire Bharat, vedendo Morgan annuire più volte. “… perciò saprai anche a che precetti è sottoposta.”

“Mi ha detto di non poter amare in modo esclusivo e che, con me, ha commesso qualcosa di molto simile a un peccato capitale. Rah, però, l’ha spinta in questa decisione, da quel che ho capito. E, a ben vedere, il mondo non è esploso, né abbiamo danno l’innesco a nessun Giudizio Universale, mi pare” gli spiegò Morgan, scrollando le spalle.

“Tutto, nell’Universo, è bilanciato, giovane umano” replicò bonariamente Bharat. “La luce e l’ombra, la notte e il giorno, la vita e la morte. E’ possibile che, per avere te, Ella abbia dovuto cedere qualcos’altro, o qualcun altro, in cambio. Uno scambio equivalente. Più si è potenti, più questi scambi hanno un peso. A volte, enorme.”

Subito, Morgan lanciò uno sguardo in direzione della porta, chiedendosi cosa avesse perso di così importante in cambio di un’unione di pochi decenni con lui.

Quando rammentò la prima parola pronunciata da Joy al suo risveglio, impallidì.

Non lui. Non poteva davvero aver perso…

“Rah…” esalò Morgan, lasciando scivolare lentamente a terra la tazza del caffè, che finì con lo sparpagliarsi in un lago informe sulle piastrelle assieme ai cocci di ciò che, un tempo, l’aveva contenuto.

Bharat lo fissò senza capire mentre il giovane, afferrato il telefono in tutta fretta, compose il numero di Alex e attese trepidante che l’altro gli rispondesse.

Erano giorni che non si sentivano, dopo la loro litigata del tutto involontaria.

Morgan non se l’era sentita di scusarsi.

Alex, al tempo stesso, aveva preferito lasciarlo sbollire, sapendo bene quanto, quella situazione ai limiti dell’assurdo, potesse aver reso irritabile il marito della cugina.

Quando udì la voce di Susan all’altro capo del telefono, Morgan la salutò gentilmente prima di chiederle: “L’avvocato è a casa, per caso?”

“E’ sotto la doccia, ma credo uscirà fuori di corsa, non appena gli dirò che sei tu” ridacchiò Susan con voce tremante. “Lei come sta? Sta meglio?”

“Oggi si è svegliata. Il peggio è davvero passato. Ora, deve solo riacquistare le forze.”

“Bene” esalò un sospiro di sollievo Susan. “Bene. Allora posso chiamarlo senza temere che gli venga un collasso.”

“Sì, grazie” asserì Morgan, ascoltando i passi cadenzati della donna e il rumore dello scroscio dell’acqua in lontananza.

Quando il fruscio della doccia si fece più forte, sentì la voce di Susan spiegare ad Alex chi vi fosse al telefono.

In un attimo, il soffione venne chiuso, una porta venne aperta e la voce dell’avvocato sfiorò il padiglione auricolare di Morgan con un concitato: “Ehi, allora, come sta?”

“Si è svegliata” disse soltanto Morgan, chiedendogli subito dopo: “Puoi farmi un favore?”

“Tutto quello che vuoi” si affrettò a dire Alex, afferrando un salviettione per avvolgerselo alla vita.

Susan, nel frattempo, si accomodò contro il bordo del lavandino e attese di capire cosa stesse succedendo.

“Chiama Rah, so che puoi farlo… chiamalo, e chiedigli a cosa cazzo ha rinunciato Joy per stare con me!” sbottò Morgan, la voce resa nervosa dalla paura che stava montando in lui come marea.

Alex si sorprese non poco di fronte a quella richiesta e, dopo aver guardato la fidanzata con un sorriso di scuse, riempì il lavandino fino all’orlo con dell’acqua e disse: “Rah, ho bisogno di parlarti.”

Susan sbiancò in viso, aggrappandosi ad Alex e al bordo del lavandino.

L’acqua, trattenuta dal lavabo di ceramica bianca, sfrigolò come sospinta da un vento impetuoso, prima di lasciar intravedere un volto bruno e circondato da una chioma di capelli corvini.

Gli occhi, di un abbagliante caleidoscopio di colori, fissarono il volto serio e teso di Alex, mentre la sua bocca carnosa si mosse lentamente, lasciando che la sua voce stentorea riempisse la stanza.

“A che devo la tua chiamata, giovane Alexander?”

Susan divenne cerea, e gorgogliò sconvolta: “E’ davvero lui?”

“Scusa, piccola, non avevo tempo di spiegarti” si lagnò Alex, prima di tornare a fissare il volto del dio e chiedere gentilmente: “Morgan vuole sapere a cosa Joy abbia rinunciato, per stare con lui.”

“Di questo, il giovane Morgan non deve preoccuparsi. Non si è trattato di uno scambio. Benu non sapeva quali fossero i termini entro cui avrebbe potuto averlo, ha solo seguito il suo cuore. Cioè, l’unica cosa che le avrebbe permesso di ottenere la felicità che voleva per se stessa.”

Si lasciò andare a un sospiro, ma proseguì.

“Non poteva conoscere i termini entro cui le sarebbe stato concesso il suo desiderio, o tutto sarebbe stato vano. Come io non potrò dirvi i termini di tale concessione. Tutto verrà scoperto a tempo debito, ma non è questo il momento. Altre forze sono in atto, adesso. Il Cosmo sta recuperando equilibrio, e così anche Benu. Quando tutto sarà completo, la verità sarà rivelata.”

Storcendo il naso, Alex disse al telefono: “Hai sentito?”

“Anche troppo” brontolò Morgan.

“Hai altro da chiedere, giovane Alexander?” volle sapere Rah, lo sguardo ammantato di tristezza infinita.

“No, ti ringrazio. Credo di aver letto a sufficienza nel tuo sguardo” mormorò Alex, scuotendo il capo.

“E io spero che terrai per te ciò che vi hai visto” gli replicò bonariamente Rah, sorridendo appena.

“Come desideri.”

L’acqua sfrigolò ancora e il volto scomparve alla loro vista mentre Susan, ormai stremata, scivolò a terra con un ansito strozzato, esalando: “Oh, Signore Iddio!”

“Scusa, amore, scusa!” esclamò Alex, trattenendo con una spalla il telefono, mentre tratteneva Susan dal crollare lunga riversa sul pavimento.

“Occupati di Susan, Alex… ho sentito ciò che volevo. O meglio, non proprio, ma ho capito che, da quella campana, non sentirò altro” dichiarò Morgan, salutandolo.

“Ci sentiamo dopo, pompiere!” esalò Alex, prima di accucciarsi accanto alla compagna per controllarne le funzioni vitali.

Chiuso che ebbe la comunicazione, Morgan scosse mestamente il capo e Bharat, ben poco speranzoso, gli chiese: “Nessuna buona notizia, eh?”

“Gli dèi sono criptici” sentenziò Morgan, poggiando il telefono sul piano della cucina.

Osservando disgustato il pavimento sporco di caffè e cocci di porcellana, borbottò: “Che casino che ho combinato.”
 
***

“E’ davvero un peccato che tu ti sia ammalata proprio mentre eravate in vacanza!” esclamò Arianna, carezzandole il viso pallido, mentre Joy le sorrideva incoraggiante. “Meno male che non è nulla di grave. Morgan mi ha detto che ti stai riprendendo benissimo.”

Annuendo, Joy indicò il vassoio con i residui del suo pranzo e le disse: “Morgan mi sta rimettendo in forze davvero bene. Mi spiace soltanto non aver potuto passare molto tempo con voi.”

“Oh, quello! Avremo tutto il tempo, la prossima volta che verrete a trovarci, o quando noi verremo da voi a Natale” ridacchiò Arianna, scuotendo una mano con fare noncurante.

Joy lanciò un’occhiata al dream catcher che la donna le aveva portato quel giorno.

Sorridendo leggermente nel ripensare alla collana donatale dalle sue amiche, si chiese se quel portafortuna avesse contribuito a salvarle la vita.

Durante lo scontro, lo scarabeo si era sciolto sotto l’influsso di potere della Stella del Mattino.

Allo stesso modo, la Mano di Fatima dono di Haniya, si era liquefatta, finendo con il vaporizzare in milioni di atomi di metallo mentre la sua energia raggiungeva la stessa potenza del sole.

Le era spiaciuto immensamente ma, al tempo stesso, aveva percepito in quei monili l’amore delle sue amiche.

Per nulla al mondo, le avrebbe tenute lontane da sé, durante quella tremenda battaglia.

I messaggini che erano giunti sul suo cellulare nei giorni seguenti lo scontro – a cui Morgan aveva prontamente risposto – le avevano dimostrato una volta di più quanto forte fosse il loro legame.

I Quattro Moschettieri, si erano sempre chiamate, e Haniya si era unita a loro quando, all’università, avevano fatto conoscenza ed erano diventate amiche.

Cinque anime diverse, eppure così unite.

Ognuna di loro rappresentava un elemento e lei, nel mezzo del loro forte abbraccio, rappresentava la luce.

No, non era un caso se si erano conosciute.

Nulla lo era, lei per prima avrebbe dovuto saperlo, in fondo.

Arianna, intercettando il suo sguardo, sorrise a sua volta e dichiarò: “Ho pensato che avresti riposato più tranquilla, con quello a proteggerti. La malattia può condurre al proprio capezzale un sacco di spiriti molesti.”

“Grazie del pensiero. Sono sicura che avrà un effetto davvero benefico” assentì Joy, sorridendole.

Entrando praticamente di corsa, Morgan sorrise a entrambe le donne prima di avvicinarsi alla moglie, stamparle un bacio sulle labbra e dirle: “Ho una sorpresa enorme, qui fuori, che ti aspetta. Te la senti di uscire dal letto?”

Sbattendo le palpebre con aria confusa, Joy esalò un ‘sì’ appena accennato prima di vedersi letteralmente strappare via dal letto.

Fu presa in braccio e trascinata fuori, seguita a ruota da Arianna che, divertita, curiosò oltre l’arco delle spalle del nipote.

Trovò, però, solo la porta d’entrata chiusa e null’altro ad attenderli.

Sempre senza dire niente, Morgan procedette a grandi passi verso il battente e, dopo averlo spinto con la punta dello stivale da cowboy che indossava, esclamò: “Sorpresa!”

Joy sgranò gli occhi di fronte al nugolo di persone che, assiepate nel vialetto d’entrata, sollevarono le braccia e gridarono sorpresa! a loro volta.

Datole un bacio accanto all’orecchio, Morgan le sussurrò: “Non hanno resistito all’idea di aspettare ancora due giorni senza vederti, così hanno preso tutti l’aereo e sono venuti qui.”

Tutta la sua famiglia era lì per lei, tutti coloro che conoscevano i motivi del suo malessere erano lì.

Non riuscendo a trattenersi, Joy scese dalle braccia di Morgan e arrancò in direzione dei genitori, prima di venire avvolta dalle loro braccia cariche di affetto e calore.

“Papà! Mamma!” ansò lei, affondando il viso nel petto possente del padre.

La madre le accarezzò la chioma scarmigliata, dandole sonori baci sulla guancia bagnata di lacrime.

Mentre la famiglia di Joy si assiepava attorno a lei per darle un caldo abbraccio di gruppo, Oliver oltrepassò quella marea umana per stringere a sé il figlio.

Con voce rotta dall’ansia, mormorò: “Sono felice di vedere con i miei occhi che stai bene.”

Morgan inspirò con forza, stringendo i pugni contro la schiena del padre, prima di stritolarlo in un abbraccio soffocante e ringhiare contro la sua spalla: “Sei un idiota, papà. Dovresti avere un po’ più di fiducia in me.”

Oliver scoppiò a ridere, scostandosi da lui e annuendo più e più volte alle parole del figlio mentre Consuelo, sorridendo a entrambi, disse loro: “Era da tempo che aspettavo questo momento.”

Arianna raggiunse la sorella, stringendole un braccio attorno alla vita e, osservando l’intera scena, esalò: “Cielo! Sembra che non vi vediate da un secolo!”

“Siamo tutti molto emotivi” asserì Consuelo. “Tutto bene, querida2?”

“Sana come un pesce e forte come un toro” annuì Arianna. “Coraggio, signori, entriamo. Joy non è ancora al suo meglio, e ha bisogno di stare seduta.”

Fu Alex a rispondere per tutti.

Prese in braccio la cugina e, dirigendosi verso l’entrata della villetta, chiese ad Arianna: “Più che giusto. Dove posso depositare il pacco?”

“Da questa parte, giovanotto” dichiarò Arianna, strizzando l’occhio a Joy, che scoppiò a ridere.

Lasciando che Alex portasse dentro Joy, Morgan attese che tutti fossero scomparsi dal vialetto prima di dire al padre – rimasto accanto a lui: “Il professor Chandra ti aspetta nel giardino sul retro. Vorrebbe parlare con te.”

“D’accordo.”

Oliver diede una pacca sulla spalla al figlio e, senza dire altro, svanì dietro la villetta.

Non aveva idea di cosa avesse in mente Chandra, ma era giusto che quei due chiarissero una volta per tutte le tante incomprensioni che, negli anni, si erano venute a creare tra loro.

Forse, suo padre non avrebbe mai avuto i riconoscimenti che gli sarebbero spettati, ma Morgan era certo che questo, ormai, non gli interessasse più.

Suo padre era finalmente tornato.




 
 
***




 
Le parole di Alex mi parvero oscure come, al tempo, erano parse a lui e a Morgan.

Soprattutto, mi feriva sapere quante cose mi fossero state tenute nascoste in tutti quei millenni di solitudine, pur comprendendone le ragioni più che ovvie.

L’essermi battuta per l’amore di Morgan, non sapendo di poterlo effettivamente fare, mi aveva fatto comprendere quanto vi tenessi, quanto realmente fosse unico il sentimento che provavo per lui.

Se avessi saputo di poter amare qualcuno di amore sincero ed esclusivo, avrei atteso tanto?

Avrei ceduto prima all’abbraccio di un amante?

Forse sì. Non potevo saperlo.

Sentivo però un vuoto enorme, al pensiero di non ricordarmi nulla di mio fratello, di colui che mi aveva fatto da padre nella mia prima incarnazione.

Lui dov’era? Che fine aveva fatto?

Rah aveva parlato del vecchio detto: non due, non tre, ma una.

Che fosse morto per dare la vita a me?

Ma per quale motivo?

E quando era avvenuto?

Di quella mia prima esistenza rammentavo solo gli abbracci calorosi e l’amore, ma non il volto di alcuno.

Perché?

Quale tragedia era questa, che mi si negava il ricordo dell’unico vero consanguineo che avessi mai avuto?

E perché, dopo aver trovato un po’ di felicità per me stessa, venivo scarnificata a quel modo, mi venivano strappati gli amici di sempre, gli unici che avessi mai avuto al fianco in ogni mia vita?

Era questo, dunque, l’equilibrio?

Una continua, imperitura sofferenza?

Quando rientrammo infine a L.C., trovammo ad attenderci le mie amiche – invero, anche Haniya!

Fu a quel punto che compresi che l’equilibrio del Cosmo poteva chiedere in pegno grandi sofferenze, ma quante piccole gioie sapeva donare!



 
 


Note: 
1 Scettro shekem:
scettro con cui è solitamente raffigurato Anubis.
2 Querida (spagnolo): cara.
  
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