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Autore: CLOSED    30/05/2012    1 recensioni
---Breve storia ispirata da un estratto del libro di Svetlana Aleksievic intitolato “Preghiera per Cernobyl”.---
Tutto andava per il meglio, vivevamo normalmente sotto lo stesso tetto, assaporando ogni giorno, senza preoccuparci del resto.
Nostro figlio correva nell’erba, e raccoglieva le margherite e i fiori di ciliegio per poi portarceli tutto contento.
Poi quella dannata notte, quel fatale errore che ha distrutto tutto il nostro universo.
Genere: Drammatico, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fantasma


Tutto andava per il meglio, vivevamo normalmente sotto lo stesso tetto, assaporando ogni giorno, senza preoccuparci del resto.
Nostro figlio correva nell’erba, e raccoglieva le margherite e i fiori di ciliegio per poi portarceli tutto contento.
Poi quella dannata notte, quel fatale errore che ha distrutto tutto il nostro universo.
Ti chiamarono per andare a lavorare vicino alla centrale, a fare il liquidatore, e segretamente avevo comprato dei biglietti per fuggire in Inghilterra, ma tu mi fermasti dicendomi di lasciarti andare.
Io e il nostro bambino Andrej ti fissammo andartene in silenzio, lui che non capiva e io che piangevo.
Dopo alcuni mesi, tornasti a casa, e ti corsi incontro con le lacrime agli occhi per abbracciarti.
Un abbraccio che non ci fu mai.
Mi fermasti poco prima che le mie braccia si stringessero intorno alle tue spalle, hai sussurrato un rapido “Ciao” e ti sei rinchiuso in camera tua, senza più uscirne per dieci ore.
Andrej pensava che fosse colpa sua, e io provavo a rassicurarlo invano. Come giustificare un tale gesto da parte di un padre che era sempre stato presente?
Passarono i giorni, e la tua condizione di salute si aggravava sempre più.
Mi ricordo quel giorno in cui tornai a casa e ti vidi steso al suolo con una sottile striscia di sangue che colava dalla bocca.
Venisti ricoverato all’ospedale, e io e tuo figlio rimanevamo al tuo fianco, fissandoti peggiorare di giorno in giorno.
Subisti tre interventi, e aspettando il quarto chiedesti al medico di poter fare un giro nel cortile dell’edificio.
Quando eravamo la fuori, mi raccontasti tutto del tuo viaggio.
Mi dissi che tu e gli altri che erano stati chiamati lavoravate in un luogo non lontano dalla centrale.
Mi raccontasti dei giardini in fiore che nessuno dei proprietari avrebbe visto, dei panni stesi ad asciugare che le donne non avrebbero più raccolto, e degli oggetti quotidiani che sovente trovavi sporchi di terra e abbandonati.
Voi dovevate pulire lo strato superiore della terra, quello contaminato, poi aspettavate il giorno dopo e la routine riprendeva.
L’ultimo giorno di permanenza in quella città fantasma vi venne conferito un attestato solenne in segno di gratitudine e riconoscimento.
Al tempo rimasi stupita di tutto quello.
Avevo creduto che saresti andato a lavorare in un posto simile all’inferno, e invece sembrava una città tranquilla.
Come ultima cosa prima di rientrare mi dicesti che non appena saresti uscito dall’ospedale avresti chiuso con la chimica.
Ti sorrisi rassicurante e felice.
 
Ora io e Andrej siamo rimasti soli.
L’attestato di riconoscimento è là, nell’armadio, sepolto sotto i vestiti in un cassetto che non aprirò mai più.
Il nostro bambino ora a tredici anni, ma non farà più l’istituto tecnico come sognavi.
Perché ha capito che sei morto a causa del tuo lavoro.
 
 
O forse a causa di quel fatale errore che fece divenire Cernobyl un fantasma.
   
 
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