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Autore: Silver Pard    30/05/2012    2 recensioni
Il lieto fine dipende dal punto di vista.
[ Raccolta di rivisitazioni fiabesche:
01 ~ Cenerentola – Lei era acqua, e non esiste ostacolo che non possa superare.
02 ~ La bella addormentata – Profondamente addormentata e indescrivibilmente bella: se l’è cercata.
03 ~ La bella e la bestia – Le manca la Bestia.
04 ~ Il gatto con gli stivali – Il Gatto non è più tanto accomodante.
05 ~ Cappuccetto Rosso – Facciamo un gioco.
06 ~ Le fate – A volte le si tagliavano così tanto le labbra che i diamanti parevano rubini.
07 ~ I sei cigni – Il sesto fratello, il sesto cigno si abbandona alla deriva, dilaniato tra due mondi.
08 ~ Biancaneve – E si sveglia con il labbro rotto a morsi e gli occhi neri di odio e il cuore pieno di ghiaccio.
09 ~ Mr Fox – Osa, osa, ma non osare troppo, o il sangue dentro il cuore ti si ghiaccerà di botto.
10 ~ Hansel e Gretel – Soprattutto, ha paura del modo in cui sua sorella guarda alla strega.
11 ~ Tremotino – Il tuo nome è panna nella sua bocca, ma nelle dosi giuste, tutto è veleno. ]
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: Incompiuta
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Red ~ Rosso






C’era una ragazza che passeggiava nel bosco, un cesto appeso al braccio – portalo alla nonna, non attardarti e segui il sentiero.

Conosceva il bosco, conosceva i sentieri, conosceva il lupo. Non si è stupita quando, seduta all’ombra di una quercia, ha alzato gli occhi e incrociato quelli del lupo. Il sorriso del lupo ben si addice al suo.

Facciamo un gioco, ha detto il lupo, piegando il muso di lato per studiarla meglio con gli occhi d’oro.

« Un gioco » ha ripetuto la ragazza, curiosa, tendendo una mano e insinuandola nel folto colletto di pelliccia attorno alla nuca del lupo, ignara dell’irrigidirsi dei muscoli al tocco della sua mano pallida e irruvidita dal lavoro. « Che tipo di gioco? »

Il lupo ha ghignato.

(Segui il sentiero, figlia mia, o il Lupo Cattivo potrebbe ingoiarti tutta intera.)

Questo è il gioco, ha detto il lupo, la voce che imitava quella dei leali segugi del suo villaggio, dei cani e degli uomini che la guardavano con occhi devoti. Vediamo chi arriva prima a casa di tua nonna.

Il respiro caldo del lupo contro la sua guancia. Le sue mani curiose nel pelo lungo del lupo.

« Che succede quando si vince? » ha chiesto la ragazza, la testa china di lato come un uccellino curioso.

(segui il sentiero, figlia mia!)

Ah, questa sì che è una bella domanda, ha decretato il lupo, sfoderando un bianco sorriso affilato. Io andrò da una parte, e tu andrai dall’altra, e vediamo chi dei due arriva per primo.

« Ma qual è il premio? » ha incalzato, sfrontata, bellissima e impetuosa, e il sorriso del lupo si è allargato, allargato quando lei non guardava già più.

Il sentiero di spilli, o il sentiero di aghi, ha continuato noncurante il lupo, stiracchiando il corpo lungo e slanciato, voltando la testa per mostrare i denti ai suoi occhi rabbuiati.

« Aghi » ha risposto fermamente.

Il lupo ha riso sommessamente. Sei sicura? No, bella signorina, credo che il sentiero di spilli ti si addica di più. Io prenderò quello di aghi. Avanti, piccolina, vediamo chi ottiene il premio.

« E il premio è…? » ha detto sarcastica, cocciutamente determinata a non perdere terreno.

Le costole del lupo, perfettamente visibili attraverso la pelliccia. Le ciocche dei suoi capelli castani, che cascavano sciolti dal cappuccio rosso incorniciando un volto ancora rotondo, segno di un’infanzia a stento salutata. Il suo profumo, e la fame che divorava il lupo. Preda, gli sussurrava il suo odore. Cacciatore, rivendicavano i suoi occhi.

Corri, ha detto il lupo.

Il lupo ha corso, magro e famelico. La ragazza è rimasta ancora un po’ ai piedi della quercia, tormentandosi i ricci con le dita sottili, pensando al lupo, agli occhi e al ghigno del lupo, e alla promessa che pensava di potervi leggere.

Il lupo ha raggiunto la porta di sua nonna prima che lei inziasse a camminare, il profumo della ragazza ancora nel naso.

« Apri la porta, nonnina » ha chiamato a gran voce, il ricordo della voce della ragazza che gli usciva dalla gola, dolce e acuto. « Sono la tua nipotina. »

« Alza il chiavistello e entra, mia cara. »

Dove stai andando, figlia mia dal cappuccio rosso?

Facciamo un gioco

(un gioco?)


La nonna, oh, dalla carne così vecchia e erosa, dal sangue così denso di anni ormai conclusi. Sì. Un altro gioco è d’obbligo, un’altra prova per stabilire chi vincerà, l’odore o la vista.

« C’è della carne e del vino sulla mensola » le dice quando alza il chiavistello e entra, le guance che sbocciano rosse per il freddo, gli occhi irraggiati dall’invincibilità dei giovani.

Il sangue e la carne sono la vita.

Sangue e carne, l’alleanza più vecchia del mondo, risalente ad ancor prima che il dio crocifisso dicesse ai suoi seguaci questo è il mio corpo, questo è il mio sangue, bevete, mangiate in memoria di me.

Il sorriso del lupo si allarga, si allarga, quando lei beve, quando lei mangia.

Puttana! sibila il gatto nella voce d’ombra e fumo dei felini saltando sul davanzale. Mangiare la carne e bere il sangue della tua stessa nonna!

Il sorriso del lupo si affila quando lei non lo sente.

Vieni a letto, sdraiati accanto a me.

Il cappuccio rosso che scivola via dai ricci bruni, il soprabito rosso sangue ripiegato con cura per essere gettato nel fuoco, seguito dal grembiule bianco con i suoi lacci fastidiosi, e dal vestito da contadinella, semplice, rozzo e macchiato, che salgono, ormai fumo, verso l’alto. Gli occhi del lupo, che splendono.

Butta i vestiti nel fuoco; non ne avrai più bisogno.

« Oh, nonna- » Un accenno di farsa. « Che occhi grandi che hai. »

« È per vederti meglio, mia cara » gracchia con la voce di sua nonna, stando al gioco, perché è ancora un gioco fra loro due, e il sorriso che gli fa lei è trionfante quanto il suo.

Il bagliore dei suoi occhi lucenti, malizioso, che lo sbircia da sotto le lunga ciglia scure. Il pelo ruvido del lupo contro la sua pelle chiara, rosea.

Vieni a letto, sdraiati accanto a me.

« Nonna, che orecchie grandi che hai. »

« È per ascoltarti meglio, mia cara. »

L’odore del sangue e della carne della sua famiglia sulle labbra rosse rosse. Il muso volpino del lupo contro il suo collo, la lingua che raschia contro la guancia venata dal sangue, bianca di paura.

« Oh, nonna, che braccia grandi che hai. »

« È per abbracciarti meglio, mia cara. »

Il battito sordo del suo cuore tra le costole, accelerato da una paura compresa troppo tardi, ed è un peccato, pensa il lupo in un anfratto della sua mente affamata, che abbia dovuto sbagliare così tardi, quando mancava così poco.

« … Che denti grandi che hai… »

Un brivido le percorre la pelle, e lui sa la risposta per finire il gioco, perché quei suoi occhi mentono e lui ha fame. Il suo sorriso si allarga.

« È per mangiarti meglio, mia cara » dice.

Et en disant ces mots, ce méchant Loup se jetta sur le petit chaperon rouge & le mangea.

(Segui il sentiero, figlia mia)

Facciamo un gioco.

(Qual è il premio?)
   
 
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