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Autore: jewel    18/12/2006    14 recensioni
Perchè a Natale non si è più buoni.
Si è vermi marci come sempre.
Solo un po' più ipocriti.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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STELLA DI NATALE


25 Dicembre


Li sento i canti di Natale nell'aria. Rime patetiche sulla neve, sulla gioia e sulla pace.

Mentre cammino per Diagon Alley i miei occhi vengono accecati dalle luci delle vetrine.

E il grigio delle iridi brucia.

I bambini per strada raccolgono poltiglie di neve e fango per lanciarsele addosso. Solo inutile fatica per le madri, penso. Perché io non conosco quel gusto dolce che ha il divertimento. Quella sensazione che assuefà ed è più efficace di una droga.

Scorgo, stringendo appena gli occhi, un mendicante nel vicolo. È lì da sempre. E li rimarrà. Perchè è la giostra della vita. E finalmente esce fuori il marciume, la feccia del mondo. Perchè la povertà esiste anche nel Mondo della Magia dove i mali umani dovrebbero essere debellati, dove tutti gridano felici al cielo che è Natale.

E quel mendicante non vuole certo uscire dagli schemi lineari. Perciò canta anche lui. Con la sua voce arrochita e stonata, spenta. Ingoiata dallo schifo che lo circonda proprio come la sua anima. Perse per sempre.

Vedo gli alberi addobbati lungo la strada principale, oro, argento, splendore, candele.

E poi la strada secondaria, buia. Stretta, sporca, che vede cadaveri, stupri e grida, tana della disperazione.

Ma a Natale si è tutti più buoni.

E quel mendicante rimane invisibile.

E quella strada viene resa inaccessibile da un venditore di castagne.

Ed è tutto come prima. Il giorno di Natale non ha nulla di speciale. Si rimane dei vermi, solo un po' più ipocriti.


Ma io queste cose non le condanno. Del resto sono un viscido serpente che striscia dalla nascita. E del mondo non mi tange nulla. Figuriamoci quella viottola. Figuriamoci quel poveraccio.

Sono io il primo a far sì che nel mondo ci sia cattiveria, morte, guerra. Perché preferisco il realismo all'ipocrisia e, ammettiamolo, il realismo non è il Natale.

Il Natale è solo una bella carta da regalo con tanto di fiocco, ma il pacco al suo interno è marcio. E fa schifo. Proprio come me. Proprio come te, ipocrita!

Rasento il muro mentre cammino, il mio mantello nero ondeggia e si gonfia borioso, trascinato dal gelido vento di Dicembre. La ricchezza dei miei abiti e l'eleganza dei miei movimenti suggerisce che sono un uomo per bene. Non è così. La giusta definizione è bastardo. O figlio di puttana. A seconda del rispetto per chi si insulta. Ma visto che non si può e non si deve avere rispetto per me la scelta è libera da ogni costrizione formale.

La mia camminata è fiera, diritta, convinta. A testa alta. E non ondeggio come questa gente che ride, non sbatto contro gli altri passanti. Perchè io non sono insicuro come loro, perchè io continuo su questo sentiero bruciato. Aggirando gli ostacoli, camminando a lato, camuffandola paura con questo sguardo di superiorità e di disprezzo. Consapevole che, se volesse, questa gente sciocca, unendosi, sarebbe capace di distruggermi. E percorro, da solo, la mia strada sbagliata.


Oggi Draco Malfoy, strozzino, ammazzerà una famiglia felice. Sono proprio il peggiore fra gli assassini, vero? Proprio il giorno di Natale.

Che bel modo per dire al mondo che a me del Natale non me ne frega un cazzo.

Pochi passi e tutto tace, uno, due, tre, fine! E muore qualcuno.

Ed è come se non ci fosse mai stato su questa Terra ignobile.

E rimangono solo i cocci di cuore da raccogliere. Il cuore di chi piangerà su una tomba il giorno di Natale. Ma io non ho mai fatto molto caso al dopo. E non mi premurerò certo di farlo oggi solo perchè è Natale.

Il mio respiro è lento e regolare, ormai l'adrenalina che mi procurava uccidere si è affievolita. E di me rimane solo il braccio marchiato che solleverà la bacchetta per torturare i malcapitati.

Ogni volta che ammazzi qualcuno la tua anima si strappa e ormai la mia non è più neppure un'anima, è solo l'ombra di un destino amaro, è prassi. E questo lo sanno tutti. Ma allora perchè io, Mangiamorte dichiarato, posso girare per le strade della strada principale indisturbato? Perchè il mondo è ipocrita. Come quei canti di gioia e di pace.


Cammino ancora. Affaticato dal vento che mi soffia contro. Che cerca di fermarmi, che mi contrasta. E che perde.

Poi, finalmente, arrivo al numero 12. Il numero è inciso sulla pietra, eterno, come diverranno loro. Dopotutto mi dovrebbero ringraziare.

Sulla porta di legno c'è la targa in ottone che recita: Potter.

Finalmente la vendetta amara.

Busso, un colpo, una pausa e due colpi di seguito. Attendo pochi secondi e poi una voce di bimba mi sconvolge.

-Che persona sei?-

Immagino di dover rispondere semplicemente col mio nome eppure quella domanda posta in quel modo mi mette in difficoltà. Cattiva. Che persona sei? Cattiva.

Ma poi torno al piano originale e rispondo con falsa voce dolce -Un amico di mamma e papà, piccola-

Un gran trambusto mi suggerisce che presto dovrò agire e quando la porta inizia ad aprirsi stringo forte le dita intorno alla bacchetta.

Una manina paffuta è stretta in una affusolata e diafana. Ginny Weasley e sua figlia. Appena mi vede la bella Weasley cerca di richiudere il portone spingendo con tutto il suo gracile peso. Ma basta un mio piede fra la porta e il cardine a render vano ogni suo tentativo. Vedo gli occhi grandi tingersi di terrore e il palmo spingere le piccole spalle della ragazzina verso le scale. La bimba capisce. I bambini capiscono sempre. E corre a perdifiato su per le scale.

L'odore dei dolci e delle pietanze appena preparate mi penetra nelle narici e vorrei addirittura complimentarmi con lei per lo squisito aroma. Ma poi, ragionando, mi dico che non potrebbe rispondermi strozzata com'è dalla mano che premo sulla sua gola.

Cerca di gridare. Soffocata. Ma è tutto inutile. Con la bacchetta le squarcio l'addome, si accascia fra le mie braccia. Con il mento si abbandona sui muscoli del mio braccio ed io, con una sola mossa le spezzo il collo. Buon Natale, bella Weasley. Il suo corpo copre il pavimento macchiato. L'Albero addobbato lo osserva da accanto alla porta. Sotto di lui, un regalo era per lei.

Ora davanti a me c'è Harry Potter, suo marito. Il viso sconvolto, distorto da una smorfia di dolore. La bacchetta puntata al mio petto. Ma la disperazione acceca e il mio avversario non vede più dove colpire. Io invece lo scordo nitido il suo cuore già spezzato e, con un movimento fulmineo della bacchetta, indirizzo al suo cuore una pallottola. Cattiva scende lungo gli addominali e brucia la carne. Velenosa, intrisa di acido, divide i lembi di pelle che nessuno ricucirà mai più. E il sangue si unisce a quello di sua moglie. Così come il suo cadavere. E l'Abete guarda entrambi. E le stelle di natale nel vaso vicino ai loro corpi si tingono di un rosso diverso. Il rosso del sangue.

Ho compiuto il mio dovere.

Al piano di sopra una bambina piange disperata. Ma io non voglio certo infierire, perciò me ne vado, non capendo che il dolore è più lacerante quando ti manca qualcuno di quando muori. E nell'illusione di fare del bene la lascio in vita, uccidendola.

Dopotutto a Natale si è tutti più buoni.

E allora goditi questo Natale, piccola Potter. E sogna quelli futuri con un'unica modifica rispetto a quelli passati. Saranno senza i tuoi genitori.

Ti lascio una stella di Natale qui sul tavolo, piccola. È bagnata, ma non certo di rugiada. Così ti ricorderai sempre di loro e del sangue di questo giorno.

È il mio regalo di Natale per te. Da unire a tutti quelli che ho lasciato intatti sotto l'albero. Sono solo per te, tutti per te. Un bel regalo, non trovi?

Buon Natale, piccola.


Esco dal portone con gli occhi freddi. Le iridi grigie non hanno il calore dell'argento. Solo il tagliante fascino del metallo, e mi piace associarlo al gusto del sangue.

E prima o poi anche io cadrò morto bagnandomi del mio sangue, su un pavimento lucidato.

E rimarrà sempre l'odore di sangue in quella casa.

Perchè la morte è eterna quanto ciò che lascia quando si porta via qualcuno. Lascia i ricordi ed è immortale come loro.

Forse proprio Lei è l'unica che non cadrà mai a coprire la pozza del suo sangue. Forse, semplicemente, perchè Lei il sangue non ce l'ha.

Ma queste sono solo supposizioni. In fondo io non la conosco di persona. Io opero solo su commissione. Sono un servo. Non certo un consigliere. E forse è per il fatto che non sono realmente io a decidere di uccidere le mie vittime che non mi pento mai.

E rimango un assassino folle che ucciderà ancora. E nessuno se ne accorge. Neppure a Natale.


Ora cammino, calpestando il terreno di prima, e non mi pento di nulla. Almeno non spontaneamente. Ho le mani sporche di sangue. Ormai non mi piace più uccidere con l'Avada Kedavra. Lo trovo tediante e noioso. A me è sempre piaciuta l'originalità. E cos'è più originale di un quadro picassiano dipinto col sangue? Costituito da figure angolate in posizioni macabre, di colli spezzati, corpi squarciati e capelli strappati? Solo morte e terrore. In una tortura continua, carnale.

Ed io sono un grande pittore.

Nella neve ora, però, avanzo curvo. E le luci delle vetrine sembrano un po' più spente. Gli abeti sembrano solo molto inutili e i bambini sono rientrati in casa, sporchi di fango. Solo due cose sono ancora uguali: il mendicante e il vicolo buio.

Perchè a Natale non si è più buoni.

Si è vermi marci come sempre.

Solo un po' più ipocriti.


Buon Natale, ipocriti.


FINE




Salve a tutti. Esordisco col dire che è piuttosto macabra e me ne rendo conto. Però il mio genere è questo, dopotutto.

Spero che passiate tutti un felice Natale ben lontano da questo esempio.

Aspetto recensioni e commenti dai più assidui e anche da chi, per curiosità o per errore, ha letto questa one-shot.

Un saluto

Cam

  
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