Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: avalon9    18/12/2006    1 recensioni
Gli youkai sono essere terribili: affascinano e uccidono. Sono esseri diversi. I ningen sono insignificanti, per uno youkai; creature semplici, irrazionali, che trascinano la vita senza comprenderla. Dei ningen gli youkai non si curano; li ignorano con superiore indifferenza.
Sesshomaru è youkai ed è orgoglioso della sua essenza. Ma un inverno, incontrerà una ningen e, da quel momento, la linea netta che separa uomini e demoni inizierà ad assotigliarsi.
Genere: Romantico, Malinconico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao a tutti

Ciao a tutti!

 

Ho visto che l'hatml mi mangiava delle parole, così ho reinviato i primi capitoli, che adesso sono completi e anche corretti.

 

Questa volta, Sesshomaru e Alessandra non ci saranno, Chiamaiamolo capitolo di cornice. ma è lo stesso importante, perchè iniziamo a sapere qualcosa in più sui cattivi e poi compare anche...Sorpresa-sorpresa...

Coraggio comunque! Inoltre, invio anche  il capitolo 12, in cui, per la gioia di tutti voi, finalmente il passato di Alessandra si saprà.

 

Come sempre, ringrazio tanto tutti quelli che leggono e commentano e anche chi si limita a leggere soltanto.

 

Buona lettura!

 

 

 

 

CAPITOLO 11

ACCORDI

 

 

Inuyasha si fermò, tendendo i sensi acuti. Aveva sentito qualcosa.

“Cosa succede, Inuyasha?”. Dietro di lui, Miroku aveva afferrato più saldamente lo shakujo. Quando Inuyasha fiutava l’aria in quel modo, significava solo una cosa: guai in avvicinamento. Il gruppo si era riformato da alcuni giorni e procedeva tranquillo in direzione del luogo di provenienza di quella strana aura maligna che avevano avvertito tre settimane prima.

 

Tre settimane…Kagome mancava da casa da quasi un mese. Una cosa abituale. Ma in tutto quel tempo non aveva potuto evitare di ripensare, talvolta, alla storia che aveva sentito a scuola. Si chiedeva se avessero ritrovato quella ragazza e se stesse bene. Pensava a lei e si diceva di essere fortunata ad avere accanto persone come Inuyasha, Sango e Miroku. Persone di cui si fidava ciecamente. Amici. Le avevano detto che quella ragazza non aveva amici. Era più grande di lei, e forse questo era un elemento detrattore. E in più era straniera. Ma a Kagome non era sembrata una scusa sufficiente a spiegare il fatto che fosse sempre sola.

 

“Non si sa molto di lei. Solo che è reduce da una brutta esperienza…” le avevano detto le sue compagne. Di che tipo di esperienza si trattasse, probabilmente, gli unici a saperlo erano gli insegnanti e il preside. Ai ragazzi non era stato detto nulla, e quella ragazza non si era mai sbilanciata. Kagome si era sentita in pena per lei. Non l’aveva mai vista, è vero, ma istintivamente le faceva tenerezza. Aveva pensato ai suoi amici nel passato, a come sarebbe stata diversa la vita senza di loro. Più normale forse, ma meno ricca.

 

Tutti dovrebbero avere degli amici su cui contare…

 

Aveva deciso. Quando sarebbe tornata, l’avrebbe conosciuta. Perché Kagome era certa che l’avrebbero ritrovata presto. Magari, mentre lei era lì nel passato, quella ragazza stava tranquillamente seguendo le lezioni nel presente.

 

“Hai fiutato qualcosa?”

 

Sango osservava intorno, guardinga, e anche Kagome aveva impugnato l’arco che solitamente portava a tracolla. L’hanyou annusò ancora qualche istante, con gli occhi chiusi. Odore famigliare. Odore che gli dava fastidio. Sbuffò.

 

“Odore di lupo…”

 

Finì appena la frase che un piccolo tornado attraversò la pianura, fermandosi proprio di fronte a Kagome. Un ragazzo. Alto e atletico. Capelli neri e occhi azzurri. Koga. Inuyasha si girò stizzito. Non voleva vedere. Non lo sopportava. Non riusciva proprio a sostenere la vista di quel dannato lupastro mentre faceva la corte alla sua Kagome.

 

La mia Kagome…Già…Perché lei è mia… È me che ha…ha…

 

Una mano sulla spalla lo fece trasalire. Miroku lo fissava scuotendo il capo, con aria di commiserazione. Doveva avere proprio un’espressione strana se il monaco aveva preso la sua finta indifferenza per abbattimento.

 

“Fatti forza, Inuyasha! Dev’essere un duro colpo per te…Ma il mondo è pieno di belle ragazze…”proseguì il monaco occhieggiando verso la sterminatrice, che afferrata l’allusione provvide ad assestare un sonoro schiaffo a Miroku.

 

Belle ragazze? Miroku era forse impazzito? Ma quali belle ragazze! Lui voleva solo Kagome. La sua Kagome.

 

Si voltò. Rabbia. Gelosia. Koga continuava a tenere le mani della ragazza, a stringerle, a parlare. La investiva con tutte le sue chiacchere. La stordiva. Lo detestò. Non sopportava che qualcuno la toccasse. No. Nessuno doveva prenderla in giro. Perché Koga stava facendo questo. Giocando. Senza cattiveria. Candidamente. Con se stesso. Si stava illudendo.

 

“Ehi! Lupo randagio!”

 

Lo raggiunse veloce. Calmo. Si sorprese lui stesso della calma che riusciva a mostrare. Di solito, gli sarebbe saltato addosso e avrebbe ingaggiato battaglia. Ma non quella volta. Era deciso a chiarire definitivamente le cose senza possibilità di futuri equivoci. Chiarirle definitivamente. E gli era venuto in mente un solo modo per farlo.

 

“Che c’è cuccioletto? Non seccarmi!”

 

Finalmente, l’youkai aveva degnato anche lui di attenzione. Ma se ne pentì. Perché invece del solito mezzo-demone furioso e impulsivo aveva davanti un ragazzo con uno sguardo fermo e deciso. Un ragazzo troppo calmo per essere il solito Inuyasha. La provocazione gli morì in gola.

 

Inuyasha liberò Kagome dalle mani di Koga e l’attirò a sé. Un abbraccio urgente, possessivo. Le strinse forte la vita. E la baciò. Con veemenza. Con passione. Ne aveva bisogno. Bisogno di sentire le sue labbra di pesca. Di sentire il suo sapore. Per non temere di perderla.

 

Kagome inizialmente rimase spiazzata. La stava baciando. Davanti a tutti. Un baciò che sembrava contenere una domanda. Una preghiera. La paura di essere lasciato. La stava baciando. Per dimostrare a tutti che lei era sua. Che lui l’amava. Per dichiarasi. La più bella dichiarazione che la ragazza avesse potuto immaginare…

 

Si abbandonò fra le sue braccia, cingendogli il collo e affondando le mani nei suoi capelli. Brividi. Lungo la schiena. Piccole scosse elettriche. Di chi sta osando. Di chi sta trasgredendo a un segreto. Perché il loro bacio era stato finora un segreto. Nessuno ne era a conoscenza. E con tutti si erano comportati normalmente.

 

Koga era rimasto a fissarli sbalordito. Inuyasha, dopo aver stretto Kagome e averla baciata, ora lo stava fissando dritto negli occhi, mentre la ragazza era appoggiata al suo petto. Lei aveva scelto. Koga lo sapeva. Lo capiva dall’espressione sul suo volto. Estasi pura. Lei aveva scelto. E lui aveva perso. Definitivamente.

 

Sorrise. Forse compiaciuto, forse triste. E li salutò con la mano. Prima di andarsene. Avvolto dal vento. Non ricordava più neanche perché fosse andato alla loro ricerca. Semplicemente, sapeva che adesso, qualora si fosse nuovamente imbattuto in loro, avrebbe dovuto comportarsi diversamente. Era finito il tempo degli scherzi. Delle provocazioni. Lo aveva capito.

Era tempo di crescere.

 

 

 

 

Kagura fissò terrorizzata l’youkai davanti a lei.

Era andata al suo palazzo, come da ordini, e lui si era avvicinato, per poi fendere repentino l’aria. Decapitato. Aveva decapitato il kugutsu di Naraku. Si era accorto subito del trucco. E non gli era piaciuto.

 

E adesso gli stava davanti. Occhi viola guizzanti. Splendenti. Contornati da capelli d’ebano. Lunghi. Lucenti.

 

“Riferisci a Naraku che se vuole parlarmi dovrà venire di persona”

 

Voce calda. Sensuale. Voce giovane. La yasha non aveva mai sentito un tono simile. Né mai visto una simile potenza. Certo, il simulacro non era potente, ma l’aura demoniaca che avvertiva emanarsi da quel ragazzo era impressionante. Molto più di quella di Naraku. Pari solo ad un’altra aura. Quella di Sesshomaru.

 

Ed è solo il figlio del nuovo alleato di Naraku

 

Kagura si rialzò da terra sorridendo dietro il ventaglio. Notevole. Se giocava bene le sue carte, forse avrebbe potuto usare quel ragazzo per liberarsi del suo padrone; per essere libera.

 

“Farò come vuoi” gli rispose in modo mellifluo, inclinando un po’ la testa. Sapeva di essere bella e di poter avere molto ascendente sugli uomini. Le bastava volerlo. Accennò un inchino e iniziò a ritirarsi. Poi, con una mossa studiata e magistralmente eseguita, si voltò verso il giovane, mostrando il suo corpo flessuoso. Gli si avvicinò rapida e lo baciò. Con urgenza. Con finta passione. Mordendogli le labbra. Infine si staccò, facendogli scivolare fra le pieghe del kimono una piccola pergamena.

 

 

 

 

Shin guardò la carta contorcersi nel braciere di bronzo. Non sarebbe mai sceso a patti con una yasha. Non con una demone di quel genere. Capace di vendersi per libertà. Senza dignità. Senza onore.

 

Era indispettito. Sia per il comportamento di Kagura sia, soprattutto, per l’atteggiamento di Naraku. Come aveva osato inviargli un semplice simulacro? Non lo aveva forse ritenuto degno della sua attenzione? Se fosse stato così, sbagliava. In questo lui e suo padre si assomigliavano. Dai loro alleati esigevano entrambi il massimo rispetto.

 

La porta scorrevole si aprì. Un uomo. Alto. Inquietante. Vestito solo di una pelle di babbuino. Naraku. Si fissarono. Rubino contro ametista. Si studiarono. Attenti; sospettosi; da consumati esperti di vita e inganni. Shin si sorprese: il mezzo-demone che aveva di fronte era più giovane di lui; molto più giovane. Almeno quattrocento anni. Ma aveva il corpo di un uomo adulto. Un corpo molto diverso dal suo. Quello di un ragazzo. Appena ventenne.

 

Naraku osservava il ragazzo in piedi davanti a lui. Sorrise soddisfatto. Aveva dovuto farlo attendere più di una settimana prima di incontrarlo. Per permettere alla ferita al fianco di rimarginarsi e alle forze di tornare in quantità sufficiente a lasciarlo muovere come voleva. Ma era soddisfatto.

 

Se questo è solo il figlio del mio caro “amico”, il suo potere demoniaco deve essere inimmaginabile

 

“È un onore poter-”. Voce di miele. Falsa. Ripugnante. Troppo ossequiosa.

 

“Ho visto il corpo di Takakuni

 

Shin non lo aveva neanche ascoltato. Non voleva i suoi convenevoli, non voleva doversi abbassare a parlare con lui. Ma ci era costretto. Solo per il minimo indispensabile però. Solo per quello. Disprezzo. Verso di lui riusciva a provare solo quello. E non perché fosse un hanyou. Quel fatto per lui era irrilevante. No. Era proprio lui che detestava. Epidermicamente. Il suo modo di agire. Subdolo. Nell’ombra. Senza mai esporsi apertamente. Solo all’occorrenza. Un modo di agire che suo padre lusingava, certo, ma che lui non approvava. Non era quello che gli era stato insegnato. Quello per cui rifiutava anche l’altro motivo che aveva spinto suo padre a inviarlo lì così presto.

 

“È stato lui?”.

 

Naraku non diede segno di essersi offeso. Sapeva bene di non poter rischiare. Quel ragazzo non era uno sprovveduto. Si era subito accorto del suo feticcio, e lo aveva distrutto con la stessa facilità con cui si scaccia una mosca. No. Non era uno sprovveduto. E lui doveva stare attento.

 

“Un drammatico incidente. Lo avevo avvertito di non esporsi, ma lui non ha voluto ascoltarmi. Non siamo potuti intervenire…”.

 

Mentire. Per aggravare le cose. Per far aumentare la rabbia, il risentimento. Se voleva vincere, Naraku sapeva che doveva portare all’esasperazione il sentimento di vendetta che i suoi alleati provavano.

 

Shin non commentò. Accennò solo col capo. Ombre gli velarono lo sguardo. Lo avrebbe vendicato. Lo giurò sul fuoco che ardeva nel braciere e sulla sua vita. Lo giurò col silenzio. A se stesso. Sarebbe morto. L’erede era condannato.

 

Si riscosse all’improvviso, facendo segno al demone di seguirlo. Corridoi. Lunghi. Bui. Abbandonati da anni. Da secoli. Odore di muffa, di chiuso. Quel castello apparteneva alla sua famiglia da generazioni. Il loro epicentro. La sede del loro passato potere. Sarebbe risorto. Shin ne era sicuro. Sarebbe tornato a vivere. In un modo o nell’altro, quello che suo padre aveva preparato in tutti quegli anni, si sarebbe avverato.

 

Un oni gigantesco, al suo apparire, spalancò una porta. Una rimessa. Immensa. Sinistra. Shin appoggiò la mano su una cassa. Odiava quel compito…

 

“Come da accordi”

 

Naraku si avvicinò sollevando la copertura di legno. Un guizzo lucente al chiarore del fuoco. Un guizzo mortale. Fucili. L’hanyou sorrise, imbracciandone uno. Perfetto. Maneggevole, leggero, ma potente. Gli ultimi arrivati sul continente.

 

“E per i proiettili?”

 

Non era uno stupido. Sapeva bene che un’arma da fuoco, per quanto potente, non poteva nulla contro un demone. Non era per quello che aveva cercato un alleato capace di procurargli fucili. No. Gli serviva anche qualcos’altro. Qualcosa che solo il clan di Shin possedeva.

 

Il ragazzo sospirò mentalmente e lo introdusse in una stanza colma di alambicchi e provette. Un laboratorio. Doveva obbedire agli ordini anche lui…

 

Yaone!”. La voce rimbombò nella stanza silenziosa, e nel buio si delineò una figura di donna. L’alchimista.

 

Yaone si avvicinò leggera. Sembrava non avere consistenza terrena. Naraku la osservò. Era giovane e molto bella. Capelli del colore dell’acciaio, pelle di latte, labbra di fuoco. E due occhi: uno nero come la morte, l’altro verde come la vita. Era viva, ma il suo odore era quello di un morto. Il demone non capì cosa fosse. Forse un non-morto. Ma aveva un potere nascosto che si avvertiva palpabile attorno alla sua figura. Un potere sconvolgente.

 

“Signori…Ecco il composto che ci darà la vittoria”. La yasha sollevò la mano, dove reggeva un’ampolla colma di un liquido rosato. Fluorescente.

 

“Ne sei certa?”. Quello era Naraku, dunque. Un demone. Anzi, un mezzo-demone. Molto potente. Yaone sorrise e scosse una corda. Un tintinnio. Poi afferrò una pistola e ne bagnò un proiettile con il suo intruglio. Appena uno sfiorarsi di liquido e metallo.

 

Una detonazione. Secca. Assordante. Il corpo del demone cadde a terra senza respiro. Freddato. Senza neanche aver capito cosa stesse accadendo. Aveva aperto la porta ed era stato investito dal colpo. Prosciugato della sua aura.

 

“Splendido”

 

Un sorriso sinistro. Compiaciuto. Naraku era soddisfatto. Una dimostrazione perfetta. Soddisfacente. Chimica e youki fusi assieme. Un’arma potente. Letale.

Sorrise. Sì. La vittoria sarebbe stata sua.

 

 

 

 

Arcobaleno di luna. Leggero. Delicato. Fra acqua e colonne di ghiaccio. Un ricordo lontano. Un ricordo smarrito. Un sorriso sulle labbra. Triste. Il ricordo di una promessa che non si può mantenere. La consapevolezza che si farà soffrire. E che no lo si può evitare.

 

Un fruscio alle spalle.

 

“Ce ne hai messo di tempo per arrivare!”. Koga si girò, abbandonando le riflessioni e la malinconia. Davanti a lui, un ragazzo dai capelli neri. Inuyasha.

 

Il demone lupo si sorprese un po’. Non ci aveva fatto caso, ma quella era lo shingetsu. La prima notte di luna nuova. Quella in cui Inuyasha perdeva l’aura demoniaca.

Koga lo sapeva, ma non aveva calcolato che il mese era finito. Lo aveva chiamato. Aumentando di poco la sua aura. Il suo odore. Per parlargli. Per chiedergli quello che nel pomeriggio non aveva più voluto dire.

 

Non si aspettava che gli si sarebbe presentato in forma umana. Da solo. Si rendeva almeno conto del pericolo che stava correndo ad andarsene in giro così?

 

“Ma sei impazzito?! Che diavolo ti è saltato in mente?!”.

 

Già. Inuyasha doveva proprio essere ammattito per girare in quelle condizioni per la foresta. Avrebbe dovuto ignorare la sua chiamata. Non fare l’eroe senza paura. Correva un bel rischio. Che Naraku lo attaccasse e scoprisse il suo segreto.

 

“Non mi seccare anche tu!”.

 

Inuyasha sospirò pesantemente, incrociando le braccia. Si era allontanato perché non ce la faceva più. Lo stavano facendo impazzire con tutte le loro domande. Non la smettevano più. E se Kagome rispondeva un po’ imbarazzata alle continue richieste di chiarimenti da parte di Sango e Miroku, lui si era davvero spazientito. E imbarazzato. Molto.

 

Accidenti! Se avessi saputo che mi sarebbe toccato questo interrogatorio, sarei saltato addosso al lupastro come al solito. Ma come diavolo mi è passato per la testa di baciarla davanti a tutti?!

 

Aveva fissato Kagome. Non si era arrabbiata per quel bacio. Le era piaciuto. E adesso stava cercando di rispondere alle domande dei loro amici, glissando su alcuni particolari che avrebbero fatto sapere anche a loro le paure di Inuyasha. L’hanyou l’aveva ringraziata per questo. Gli stava evitando un pressione eccessiva. Che non sapeva se sarebbe riuscito a reggere. Ma anche quella situazione lo aveva infastidito. Così aveva afferrato la sua katana e si era allontanato.

 

Si era trovato Koga di fronte senza preavviso. Non ne aveva sentito l’odore. Che stupido! In forma umana e per di più perso nei suoi pensieri, avrebbe potuto trovarsi faccia a faccia con Naraku in persona e accorgersene solo andando a sbatterci contro. Un rischio cui non aveva pensato. Stupido! Stupido!

 

Koga continuava a fissarlo. Sorpreso. Della risposta e del suo menefreghismo. Ma possibile che avesse così poca voglia di vivere?!

 

“Nervosetto? Forse Kagome non ha gradito le tue attenzioni di questo pomeriggio e ti ha sgridato? Povero cuccioletto”

 

Provocare. Per venire alle mani. Per battersi. Senza volontà di farsi male davvero. Solo per scaricare la tensione. Per distrarsi. Perché sapeva di avere perso. Lo accettava, ma non voleva far credere al mezzo-demone di avere paura di lui. Voleva continuare la farsa ancora per un po’. Solo un altro po’. Per potersi illudere.

 

Lo fissò. Continuava a fissarlo. Zaffiro nell’ambra. Ambra nello zaffiro. Espressioni dure. Concentrate. Muscoli tesi, pronti a scattare. Pugni chiusi per colpire. Aveva voglia di picchiarlo. Per cancellare l’immagine di quel bacio. Lo avrebbe fatto. Non con la sua forza demoniaca però. Solo picchiarlo. Un’ultima rivincita…

 

Allargò il ghigno. Un sorriso. Sorrise. Rise. Inuyasha rimase spiazzato. Koga stava ridendo. Semplicemente. Divertito. Non lo capiva più. Forse aveva preso una botta in testa. O forse il vederlo baciare Kagome lo aveva scioccato troppo. Rideva. Non una risata di scherno però. Non un riso provocatoria. Ma il suono di chi ride perché è contento. Si lasciò contagiare. E rise anche lui. Senza un vero motivo. Per cancellare la tensione.

 

“E bravo cuccioletto! Alla fine, sei riuscito a portarmela via”. Niente livore. Solo realtà.

 

“No…”

 

“Come no?! Vuoi dire che l’hai baciata solo per ingelosirmi?! Che lei non è la tua donna?!”.

 

“Sì…”

 

Sorpreso. Esterrefatto. Ma che diavolo stava succedendo, allora? Kagome che si lascia baciare senza reagire? Delirio puro. Stava per ribattere, ma Inuyasha lo prevenne, completando la frase in sospeso.

 

“Sono io ad essere suo…Mi ha conquistato il cuore…”.

 

Koga respirò rumorosamente, lasciandosi cadere seduto a terra.

 

“Ah ecco, mi sembrava! Mi hai fatto venire un colpo! Bada a non riprovarci, cagnaccio!”

 

Inuyasha sorrise. Tono finto sfrontato. Già…Koga lo stava canzonando di proposito. Perché le persone non cambiano dall’oggi al domani. E a lui sembrava già incredibili star solo parlando con quel demone-lupo senza averlo ancora preso a pugni. Koga gli fece un ceno, invitandolo a sedersi. Voleva parlare, ma l’hanyou lo prevenne.

 

“Perché mi cercavi?”

 

“Dovevo farti alcune domande. Ma dopo quello che hai combinato questo pomeriggio, mi erano passate di mente. Ma guarda un po’ in che razza di situazione mi dovevo cacciare! Costretto a parlare con te! E per di più in forma umana!”

 

“Se ti do tanto fastidio, me ne vado!”

 

Inuyasha accennò ad alzarsi, ma, rapido, Koga lo afferrò per il braccio rimettendolo a sedere. Lo fissò negli occhi. Serio. Non era più il momento di scherzare.

 

“Cosa sai dell’aura di tre settimane fa?”

 

“Nulla”

 

“Non cercare di prendermi in giro! Credi forse che non l’abbia percepita la forza di Naraku in quel concentrato di potere demoniaco?! Ti sei forse scontrato con lui?”

 

“No”

 

Koga sospirò. Stizzito.

 

“Stai diventando peggio di tuo fratello, oggi! Cosa devo fare per avere risposte? Prenderti a pugni forse?”

 

Inuyasha assottigliò lo sguardo. Il riferimento al fratello non gli era piaciuto. Per niente. Ma di fare a pugni in quel momento non se la sentiva proprio. Aveva ancora sulle labbra il sapore del bacio dato a Kagome. Ed era stanco. Molto più del solito. Fissò l’youkai. In fondo, poteva fidarsi di lui. L’odio che provava per Naraku era una garanzia sufficiente. Almeno per lui.

 

“So solo che quell’aura è esplosa in direzione del monte Fuji, che al suo interno si avvertiva il fetore di quel maledetto e… la forza della sfera dei quattro spiriti.

 

Scherzi, vero? Perché mai Naraku avrebbe usato la sfera, tra l’altro incompleta?”

 

“Che vuoi che ne sappia io? Se ci tieni vai a chiederlo a lui! Sempre che tu lo trovi ancora vivo, perché ho intenzione di finirlo appena mi capita a tiro!”

 

Silenzio. Nessuno dei due aggiunse altro. Sapevano entrambi di non avere altro da dirsi. Nessun aiuto da scambiarsi.

 

“…Ayame?”

 

Koga addolcì lo sguardo a quel nome e sorrise trasognato.

 

“È sulla montagna, col patriarca”

 

“Perché non la raggiungi?”

 

“Prima devo vendicare i miei compagni. Lo sai”.

 

Inuyasha annuì. Sì. Lo sapeva. Conosceva l’origine dell’accanimento del giovane principe. Principe…Perché Koga lo era. Era l’erede della tribù dei lupi. L’erede di un antico clan. Antico come quello di suo padre. E lui era l’erede. Come lo era Sesshomaru fra loro.

 

“Sentirà la tua mancanza…”

 

Silenzio. Koga non gli rispose. Quella conversazione stava prendendo una piega inaspettata. Sorprendente. Era una situazione che nessuno dei due si sarebbe mai aspettato di vivere.

 

“Come l’ha presa Sesshomaru?”

 

“Non lo sa. Non siamo in buoni rapporti”. Il mezzo-demone sospirò. “ Non lo siamo mai stati…”

 

“Peccato. Non credo che farebbe i salti di gioia a saperti innamorato di una donna umana, ma…Almeno come fratello dovrebbe interessarsi!”

 

“Fratellastro…” precisò Inuyasha. Rimpianto nella voce.

 

“È lo stesso”. Koga scosse le spalle. “Quando si ha un fratello, bisognerebbe stare dalla sua parte. Comunque.”

 

L’hanyou non capì. C’era tutta una storia nascosta dietro quelle parole. Una storia che lui non conosceva. Che lo incuriosiva. Ma gli sembrava improbabile che Koga gliela avrebbe narrata. Invece…

 

“Avevo un fratello. Più piccolo. L’ho perso. Avevamo litigato, e lo avevo lasciato andare ad allenarsi. Da solo. Non è più tornato…Non so che fine abbia fatto. Ogni tanto, quando ti vedo, me ne ricordo. Perché tu gli assomigli un po’. Per carattere, intendo. Non voglio la tua compassione. Solo dirti di non rinunciare. Sesshomaru potrà anche detestarti, e forse dal suo punto di vista ha anche ragione. Ma tu non dimenticare mai che lui è tuo fratello. Che lui lo voglia o no”.

 

Koga si alzò. Lo sguardo smarrito dietro a ricordi lontani. S’incamminò.

 

“Ci vediamo, botolo”. Corse via, senza aspettare risposta.

 

Un sussurro.

 

“A presto, lupastro…”.

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: avalon9