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Autore: Mann    01/06/2012    2 recensioni
Odeon. Pianeta 17, ammasso 14, galassia 21. Un mondo separato dal resto dell'universo. Un mondo completamente diverso dagli altri. Un mondo che non ha né giusti, né ingiusti.
Un pianeta contenente numerose razze, con città medievali e metropoli ultra tecnologiche.
Armi, scienza, magia. Tutto unito, in un unico modo di vivere.
Ogni essere vivente crede che tutta l'esistenza sia dovuta a un capriccio dei Signori del Fato.
Ogni essere vivente crede che tutta la malvagità e distruzione sia opera del Re Ombra.
Ogni essere vivente, umano, gorlottiano, scipy o qualsiasi altra specie, teme le varie organizzazioni criminali esistenti sul pianeta, ognuna con uno scopo differente.
Angeli, demoni.
Il regno dei cielo, l'impero degli inferi.
Una reliquia dai poteri sconosciuti.
Una guerra.
Odeon.
Genere: Azione, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
 
Passi pesanti, i suoi, quelli del grosso Karl, guerriero della tribù Tallah, la più forte e temuta della sua razza.
Si, Karl era di razza Gorlot, un Gorlottiano, un uomo-scimmia, alto quasi due metri e mezzo, muscoloso, ma soprattutto terrificante. Molte persone provavano paura solo a guardarlo, tanto era grosso e imponente.
Era completamente nudo, portava solo dei pantaloni larghi e comodi, di colore verde scuro. Per il resto, i peli argentei e color marrone lo riscaldavano.
Dietro di lui lo inseguivano dei cacciatori, cinque in tutto. Karl avrebbe potuto sconfiggerli subito, ma non sapendo il numero preciso dei suoi inseguitori, continuava a correre, smuovendo il pelo e col fiatone in gola.
Non poteva continuare così, prima o poi lo avrebbero preso, torturato e venduto come schiavo. Il suo onore e la sua reputazione erano a rischio.
Continuò a correre per ancora una trentina di secondi, poi, finalmente, svoltò a destra. Gli inseguitori fecero altrettanto, ma in quella fitta boscaglia dove si trovavano, Karl divenne invisibile.
 < Dov’è finito? > fece uno dei cacciatori.
 < Questo è il suo habitat naturale, non possiamo prenderlo! > aggiunse un altro che subito ricevette un coltello dritto nel cuore, lanciato dal cacciatore che pareva essere il capo del gruppetto.
 < Quel Gorlottiano vale la bellezza di due milioni di ori! Io non me lo faccio scappare nemmeno per sogno, intesi? > sentenziò.
 < Ma non ci riusciremo mai! > rispose un quarto.
 < Vuoi fare la fine di Estacar? > chiese il capo al quarto cacciatore. Quest’ultimo abbassò lo sguardo, osservando Estacar, col coltello nel petto, sdraiato a terra e sanguinante.
Karl era sopra di loro, accovacciato su un ramo, finalmente li osservava.
Erano in quattro, cinque contando il morto.
Il primo ad aver parlato era biondo, bello, affascinante; il capo del gruppo invece era un uomo di bell’aspetto, col viso sfregiato da una cicatrice, alto  e accattivante; il quarto a parlare invece era piuttosto brutto, pelato, naso ricurvo e gobbo, alto e grosso, muscoloso.
L’unico a non aver parlato non era umano. Portava i capelli verdi, il volto bianco e ricoperto da macchie viola. Indossava un elmo rosso con delle rientranze nere, l’armatura anch’essa rossa, con il braccio sinistro, il guanto destro e le scarpe neri; la mano sinistra, visibile, pareva essere stata creata apposta per poter nuotare meglio, di colore verde e, infine, anche lui aveva una coda, anch’essa verde.
Karl si buttò giù dall’albero.
 < Attento! > parlò quello brutto, indicando lo scimmione e avvertendo il giovane biondo. Questo alzò la testa e i duecentosessanta chili di Karl gli schiacciarono le spalle.
Il ragazzo morì sul colpo e il Gorlottiano, indenne.
 < Bastardo! > urlò il cacciatore brutto.
 < No, Gun! > il capo lo avvertì, ma appena Gun sfoderò l’enorme spadone con un movimento fluido, Karl gli scivolò sui piedi, facendolo cadere a terra e, subito dopo, una frustata con la coda sul suo volto lo fece svenire.
Ora Karl era faccia a faccia col capo.
I due si stavano fissando, Karl con sguardo furioso, l’altro invece sembrava divertito, con un sorrisetto maligno in faccia mentre osservava lo scimmione. Quest’ultimo stava muovendo nervosamente la coda, segno che avvertiva del pericolo, ma non nel cacciatore che aveva davanti, bensì in quell’individuo che se ne era rimasto in disparte ad osservare la scena.
Karl prese la prima parola:
 < Chi siete? > ma l’altro, di tutta risposta scoppiò a ridere. Ma non una risata divertita; una risata maligna, crudele, pazza.
 < Che cazzo ti ridi? > il cacciatore smise di ridere ed estrasse una pistola, puntandola verso lo scimmione. Karl vide il movimento e subito cercò riparo, ma…
 < Fermati, o farai una brutta fine > Karl si fermò, nonostante la sua stazza, un proiettile ben piazzato avrebbe potuto togliergli la vita.
 < Mani dietro la testa, Karl >
 < Come conosci il mio nome? >
 < Non sei nella posizione di fare domande, credo! > rispose secco il capo cacciatore. Quindi, rivolto all’altro individuo:
 < Tu, vieni qui > quello strano cacciatore in un primo momento rimase a guardare, poi obbedì. Ma nel frattempo Karl aveva escogitato un piano e pian pianino stava avvicinando la coda al cacciatore.
 < Devo fare qualcosa? > chiese stranamente il misterioso individuo.
 < Si, tienilo d’occhio >
 < Non credo che ce ne sia bisogno…ormai sei finito. >
 < Cosa…? >
Il cacciatore che era rimasto in disparte aveva visto la coda di Karl, che fece scattare verso la pistola, stritolando il polso dell’altro. Un sonoro “crack” seguito da un urlo di dolore.
Il capo cacciatore si inginocchiò, lasciando la presa dell’arma, e Karl gli tirò una ginocchiata allo sterno, facendolo cadere a terra, quindi una pedata in faccia, poi una marea di pugni fino alla morte del suo aggressore.
Tutto ciò davanti agli occhi del quinto cacciatore. Karl si alzò dal morto, ansimando per la fatica ma continuando a guardare dritto negli occhi l’ultima persona.
 < Perché non sei intervenuto? > ci fu un attimo di silenzio nel quale lo scimmione provava un grande senso di paura di fronte a quell’essere molto più basso di lui ma con lo sguardo profondo.
Il tempo passava, Karl ora respirava regolarmente e l’ultimo cacciatore continuava a fissarlo, ma ancora non aveva risposto. Il Gorlottiano allora ripropose la domanda:
 < Perché non sei intervenuto? > questa volta passarono una decina di secondi, poi la risposta tanto attesa.
 < Perché tu non mi interessi. > diretto e conciso. Così aveva risposto l’individuo tenendo le braccia conserte.
 < Come ti chiami? > chiese Karl.
 < Ti interessa davvero? > lo scimmione non rispose subito, non sapendo cosa dire.
Passarono i minuti, i due si erano seduti uno di fronte all’altro, senza dire una parola.
Una strana situazione, ma quel cacciatore era troppo curioso per venir lasciato in mezzo alla foresta. Ancora una volta, Karl  domandò:
 < Perché non sei intervenuto? >
 < Oh, io sono intervenuto eccome! > Karl ragionò. In effetti aveva distratto il capo affinché riuscisse a rompergli le ossa del polso.
 < Mi hai salvato… >
 < Esatto. > ancora una volta passarono una decina di secondi.
 < Perché? >
 < Come ti chiami? > domandò invece il cacciatore, senza rispondere al Gorlottiano.
 < Karl, tu? >
I due si fissarono, quasi con sguardo di sfida, con i cuori che battevano all’impazzata. Karl con la voce nervosa mentre l’altro che riusciva a mantenere la calma. Finalmente rispose.
 < Il mio nome è Pigos… >
  
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