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Autore: Dicembre    02/06/2012    1 recensioni
Inghilterra, 1347.
Di ritorno dalla battaglia di Crécy, un gruppo di sette mercenari è costretto a chiedere ospitalità ed aiuto a Lord Thurlow, noto per le sue abilità mediche. Qui si conoscono il Nero, capo dei mercenari, e Lord Aaron. Gravati da un passato che vorrebbero diverso, i due uomini s'avvicinano l'uno all'altro senza esserne consapevoli. Ne nasce un amore disperato che però non può sbocciare, nonostante Maria sia dalla loro parte. Un tradimento e una conseguente maledizione li poterà lontani, ma loro si ricorreranno nel tempo, fino ad approdare ai giorni nostri, dove però la maledizione non è ancora stata sconfitta. E' Lucifero infatti, a garantirne la validità, bramoso di avere nel suo regno l'anima di Aaron, un prescelto di Dio. Ma nulla avrebbe avuto inizio se non fosse esistita la gelosia di un mortale. E nulla avrebbe fine se la Madonna e Lucifero fossero davvero così diversi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Lo porto a casa io” disse Jude con urgenza, cercando di prendere Alec dalle braccia di Matthias.“E secondo te io torno a casa tranquillo?” rispose l’altro non permettendo a Jude di toccare Alec “Io vado con lui. Dobbiamo chiamare un medico.”
“Sarebbe inutile, non c’è niente che la medicina possa fare, se non peggiorare la situazione.”
”Mentre tu hai la soluzione, deduco” chiese Matthias scettico e Jude annuì.
Alec intanto era completamente privo di senno: tremava e s’aggrappava alla giacca di Matthias, ma il moro sapeva che si sarebbe aggrappato ovunque, d’istinto, per paura di essere lasciato solo. Aveva il respiro accelerato e, a volte, l’aria che usciva dai suoi polmoni, sibilava. Con gli occhi sgranati cercava di guardarsi intorno, senza trovare apparentemente quel che cercava. Piangeva, pur non singhiozzando e a Matthias si strinse il cuore, completamente impotente di fronte a quella crisi che non capiva.
“Portiamolo a casa sua” suggerì Jude “probabilmente in un ambiente più familiare gli sarà più facile rilassarsi…”
Matthias non voleva Jude con sé, né tanto meno vicino ad Alec, però, in quel momento, quel consiglio era il migliore da seguire. Alec gli aveva confermato che non c’erano medici in grado di curare il suo male, quindi non gli restò che fidarsi.
“Sai come si arriva a casa sua?”
“Non sei mai stato a casa sua?” chiese Jude con un tono fra il sorpreso e il soddisfatto che Matthias non riuscì a decifrare bene.
Scosse la testa “No, non … Non ci conosciamo da molto.”
Jude annuì “Prendiamo la tua macchina, faremo prima che coi mezzi pubblici”
“Ma poi starà bene? Basterà portarlo a casa che lui starà bene?”
“Dal tono della tua voce, sembra che tu sia molto legato ad Alec.”
Matthias non rispose, attirò a sé il biondo e lo prese in braccio, incamminandosi verso la propria auto.
“Per di qua.”
Nessuno disse niente durante il tragitto, solo le luci notturne che correvano via dai finestrini accompagnarono i tre verso casa di Alec. Erano luci fredde, alcune colorate, che comparivano quasi d’improvviso sulla strada e che correvano via, per la velocità della macchina.
Lasciavano scie luminose negli occhi di chi guardava, ma nulla di più. Solo un ricordo sbiadito.
“La tua memoria ti dice qualcosa, ma non riesci ancora a capire bene, vero?” chiese Jude interrompendo il silenzio, una volta arrivati a casa di Alec.
Matthias lo guardò, aggrottando la fronte.
“Che cosa intendi?”
“Che io so quello che affolla la tua mente , in questo momento. So perché vedo, che i tuoi ricordi vorrebbero portarti da qualche parte…Ma ti stai sbagliando.” Matthias stava per rispondere, quando Alec lo distrasse con un gemito.
Jude prese le chiavi di casa dalla tasca di Alec, come se avesse sempre saputo fossero lì ed entrò nel piccolo appartamento.
Matthias fu investito dall’odore di Alec, l’aria era pregna del suo profumo: per un istante ebbe la sensazione che qualcosa – o forse qualcuno – stesse cercando di dirgli qualcosa.
Barcollò.
“E’ meglio che mettiamo Alec a letto, così si calmerà sicuramente…”
Stordito dalla sensazione, Matthias non poté fare altro che annuire.
La camera da letto era piccolina. Il letto a lato nascondeva, sotto di sé, migliaia di fotografie sparpagliate, che erano state accatastate lì probabilmente molto tempo fa. La moquette color vinaccia, però, creava un’atmosfera calda e molto ospitale. Nonostante l‘apparente disordine, quei colori e l’aria intorno a loro fecero scorrere un brivido sulla pelle di Matthias: il tepore di una casa.
Alec ormai aveva smesso di rimanere avvinghiato alla sua giacca, sembrava versare in uno stato catatonico.
Gli occhi erano finalmente chiusi e non c’era più traccia delle lacrime di prima. Matthias lo adagiò sul letto delicatamente. Gli tolse le scarpe e le calze, baciandogli lievemente i piedi prima di metterglieli sotto le coperte.
Il viso di Alec sembrava provato da una stanchezza infinita e insopportabile.
Matthias gli scostò i capelli da davanti agli occhi e lo guardò sussultare per un istante, quasi avesse capito di trovarsi finalmente a casa.
“Sono qui” gli bisbigliò e dandogli un bacio sul lobo dell’orecchio “Non so se puoi sentirmi, ma non devi preoccuparti, perché rimango qui con te finché non  ti svegli…”
Alec non diede segno di aver capito, Matthias gli prese la mano nella sua e l’accarezzò, sedendosi sul bordo del letto, non lasciandola andare.
C’era un silenzio assoluto, solo il respiro dei due, perfettamente sincrono, faceva vibrare l’aria.
Matthias guardò per terra, osservando le foto sparpagliate sulla moquette e solo quando una di queste si sfocò, si accorse di avere gli occhi pieni di lacrime.
Le asciugò velocemente, girandosi verso Alec per assicurarsi che non le avesse viste.
Che sciocco, pensò fra sé e sé, Alec non poteva vederle.
Cosa l’avesse fatto piangere, Matthias non era in grado di dirlo. Quel tepore, forse, la mano di Alec nella sua, lo spavento di aver visto il ragazzo in quelle condizioni… e poi forse altro… forse la preoccupazione che si portava dietro dal giorno in cui aveva visto la fotografia, l’incapacità di decifrarla, quello che provava quando l’aveva di fronte…
Matthias sospirò.
“Pare essersi calmato.”
La voce di Jude infranse la calda atmosfera di quella stanza.
Matthias annuì.
“Tu sai che cos’ha, non è vero?”
”Sì, so che cos’ha” disse con voce neutra Jude “Lo so perché ho incontrato altre persone come lui e ho imparato a… non so come spiegare…stabilizzarle. Sì, stabilizzarle è il termine giusto”
“E perché non puoi aiutarlo?”
“Posso, ma non se lui non fa parte del nostro gruppo. Ti apparirà strano, ma non posso fare nulla finché non firma quel foglio.”
Matthias aggrottò la fronte. E Jude proseguì: “Devo creare una connessione, devo trovare un contatto. E non posso farlo con tutti, c’è una procedura e un metodo che devo seguire, ma devo assicurarmi che anche chi è dall’altra parte…che anche Alec sia con me, per tutto il percorso” Jude si strinse nelle spalle “Gli farei più male che bene, altrimenti.”
“Ma è un foglio bianco, è naturale che non voglia firmarlo.”
”E’ naturale, sì, ma il foglio non può essere altrimenti. Vedi” cercò di spiegare “quando crei una connessione, quando ti esponi così tanto, tutti i tuoi sensi si ampliano. Il foglio è scritto, è solo che Alec non è ancora in grado di leggerlo.”
“Lo sarà dopo averlo firmato” non era una domanda, quella posta da Matthias. Le parole di Jude parevano essere convincenti, ma ancora il suo istinto gli diceva di non fidarsi.
“Come facevi a sapere della fotografia?” chiese quindi , per cercare di capire meglio se fidarsi o meno.
Jude sorrise “Te l’ho detto, io so e percepisco le cose diversamente da come lo fanno gli altri. Io so, per esempio, che non è solo nostalgia quella che hai provato quando hai guardato la fotografia di Alec…”
Matthias aprì la bocca per replicare, ma non uscì alcuna parola.
“Era soprattutto colpa: rimorso e rimpianto per qualcosa che non sai ancora.”
“Tu sì?”
“Io sì.”
Matthias attese che Jude continuasse a parlare. Il silenzio che si venne a creare era completamente diverso da quello di poco prima, pareva lugubre e pericoloso.
Lasciarlo aleggiare nella stanza per troppo tempo sarebbe stato un errore, ma Matthias non voleva essere quello che l’avrebbe spezzato.
Jude rise, sommessamente: “Sei un uomo molto forte, e sei un uomo molto libero.”
I suoi occhi furono attraversati da un lampo di qualcosa che Matthias non fu in grado di decifrare.
“Libero?”
Di nuovo, Jude non fu in grado di mantenere una faccia impassibile.
“Molto libero sì. Ed è proprio per questo che hai provato quel sentimento di disfatta di fronte alla fotografia, ma l’hai mal interpretato.”
“Spiegati meglio.”
“L’hai mal interpretato perché hai attribuito quei sentimenti a qualcosa avvenuto nel passato, ed invece è qualcosa che deve ancora succedere…”
“Sei anche un veggente?” Matthias non riuscì a nascondere il tono di scherno nella sua voce, ma Jude parve non farci caso“Quello che succederà è che tu ingannerai Alec.”
“Non potrei mai farlo” protestò Matthias.
“Ora dici così e sono certo che lo pensi veramente. Ma è solo perché sei stato travolto da qualcosa più grande di te, perché sei entrato in sintonia con quello che Alec può far provare. Ecco perché io non posso aiutarlo, a meno che lui non firmi, perché mi troverei come te, travolto da qualcosa che non riesco ad interpretare. Intrappolato in una tela inestricabile…”
Matthias sospirò esasperato.
“Una volta che quest’ondata sarà passata, una volta che la marea si sarà quietata e tu non vedrai più in Alec la fonte di questo sentimento, cosa pensi che succederà?” Nonostante la domanda, Jude non lasciò il tempo a Matthias di rispondere “Succederà che te ne andrai, succederà che lo lascerai.”
Matthias sgranò gli occhi. No…
“Non sarà colpa tua, perché quando una passione finisce, non si può certo additare qualcuno e addossargli la colpa, ma Alec questo non potrà sopportarlo e tu lo sai benissimo, qualcosa in te ti sta avvertendo…”
Matthias si accorse di avere il respiro accelerato. Lui abbandonare Alec? No, non poteva essere.
Eppure… Eppure Jude aveva ragione, fra il groviglio di quei giorni, fra l’intensità di quel sentimento provata per uno sconosciuto, Matthias era sicuro ci fosse anche rimorso.
Aveva frainteso questo sentimento, non era riuscito a dargli una collocazione temporale.
Aveva quindi ragione Jude? Avrebbe davvero lasciato Alec?
”E perché quindi, questa sensazione di rimpianto?”
“Per quello che sarebbe potuto essere ma che non sarà mai” disse semplicemente Jude “Quella foto t’ha aperto, parzialmente, le porte della mente di Alec, ti ha permesso di capire e sapere cose che di solito, sono al di là della comprensione. E’ stato un attimo, ma t’ha folgorato… Ben presto capirai che non puoi vivere così. Che questo non è quello che vuoi. Che non è amore, quello che ti ostini a non chiamare, ma che pensi di provare…” Jude fece una pausa, per permettere alle parole di raggiungere meglio Matthias. Poi continuò: “E’ vero, non è amore. Sei troppo libero per una parola così.”
“Ancora…” Matthias cercò di dire, ma la voce gli si fermò in gola “Ancora dici che sono troppo libero…” e non concluse, perché aveva la mente completamente vuota.
Forse davvero Jude aveva ragione… ma smettere, lasciare Alec ora sarebbe stato come smettere di respirare e morire.
“Ti sbagli…” Jude doveva sbagliarsi. Per forza.
 
Matthias si girò a guardare Alec addormentato, gli accarezzò i capelli sparpagliati sul letto e poi la guancia arrossata dal tepore sotto le coperte.
Sospirò.
“Non ci pensare ora” lo consolò Jude “rifletti su quello che ti ho detto, la cosa più importante adesso è che Alec stia bene.”
Matthias annuì.
“Ho lasciato in macchina il mio zaino. Dentro c’è un infuso che volevo dare ad Alec stasera… “
“Ho lasciato le chiavi nel cappotto, te le prendo”
“Saresti così gentile da andare tu a prenderlo? Non ho un buon rapporto con gli allarmi delle auto, il tuo ho visto essere molto complicato” Jude sorrise, arrossendo un pochino imbarazzato.
Matthias esitò, non voleva lasciare Alec solo, ma del resto - pensò - si trattava solo di un attimo. E l’allarme della sua macchina era, effettivamente, difficile da disinserire.
 
L’aria fredde della sera lo fece tremare. Matthias si strinse nelle spalle appena uscito dal portone. C’era silenzio in strada se non per qualche voce lontana che proveniva da qualche appartamento. Lo sbattere rumoroso del portone alle sue spalle lo fece trasalire.
Continuava a pensare a quello che gli aveva detto Jude. Era successo tutto così velocemente e d’improvviso che Matthias non aveva avuto il tempo di porsi vere e proprie domande. Nella sua mente s’aggrovigliavano una serie di quesiti, frammisti ad emozioni incerte ma troppo intense per permettergli di essere razionale e capire.
Forse vedere dove Alec aveva scattato quella foto l’avrebbe aiutato. Ma forse il vedere quel luogo avrebbe - come Jude aveva detto – sciolto quel nodo che sentiva nel petto e…
Non riusciva nemmeno a pensarlo. Prese lo zaino di Jude e gli diede un’occhiata veloce. Sembrava vecchio, il disegno sulla tomaia era scolorito: una montagna innevata e qualche fiorellino. Davvero un gusto pessimo.
Si incamminò verso il portone, ma quel disegno appena visto gli riportò in mente un’altra frase detta da Jude:
Sei un uomo molto forte, e sei un uomo molto libero…
Chissà che cosa aveva inteso… Libero.
Sentì un dolore intenso allo stomaco, come se qualcuno gli avesse appena dato un pugno. L’aria gli venne risucchiata dai polmoni e Matthias fu costretto a piegarsi in avanti per cercare di lenire la fitta. Si sentì frastornato e si guardò le mani, che tremavano. Erano mani diverse dalle proprie, più ruvide, più dure e con un lungo e sottile callo lungo il palmo destro.
Il vetro smerigliato attraverso il quale aveva guardato la sua vita sino allora  si crepò, lasciando piccoli spiragli di luce intensa. Ma non ne fu accecato, tutt’altro.
La gloria di quella luce gli portò alla mente un nome.
Iniziò a correre. Il portone era chiuso. Suonò freneticamente il campanello.
Qualcuno risponda…
Nessuno gli aprì.
Citofonò ad altri, sperando che qualcuno rispondesse, ma ancora una volta, il  citofono rimase silenzioso.
No, Jude  stava ingannando tutti quanti. Non sapeva bene come o chi, ma ora era più che mai ne era sicuro.
Alec era da solo a casa con lui…
Stupido che l’aveva permesso! Era stato un pazzo a lasciarlo solo!
Un’immagine di un cavallo e di un castello in lontananza gli si aprì di fronte agli occhi. Ancora una volta, lui si stava allontanando.
Cercò un’entrata alternativa. Doveva andare da Alec. Non poteva permettere che gli succedesse niente. Doveva proteggerlo.
Vide le scale antincendio a lato del palazzo.
Due scalini per volta. Doveva fare in fretta. Doveva arrivare in tempo!
Col cuore in gola arrivò alla finestra di Alec.
Il ragazzo era lì, in piedi in sala con la penna appoggiata sul foglio bianco
Matthias gridò: “Aaron no!”
All’udire quel nome, Alec esitò.
  
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