Capitolo 7- Lovely love
Duo era disteso su
un’amaca, gli occhi leggermente socchiusi. Era molto cambiato in quei quattro
anni… prima di tutto, si era irrobustito ed era diventato leggermente più alto,
anche se di molto poco. Aveva tagliato i capelli, dopo che gli aveva portati
lunghi per moltissimo tempo. Ora aveva un’aria molto più matura e dolce, anche
perché, da quello che era stato il dolore più grande della sua vita, era nato
qualcosa di meraviglioso. Il mare si infrangeva sugli scogli con un rumore
ritmico, mentre all’ombra della tettoia, Duo si godeva quella stupenda
giornata.
Sorrise, mentre
guardava Relena che si era addormentata. Lei era distesa accanto a lui, la
testa e la mano sinistra appoggiate sul suo petto, gli occhi chiusi e il
respiro regolare. Duo le accarezzò lentamente i capelli, che emanavano un forte
odore di camomilla e vaniglia. Lei si svegliò, stropicciandosi gli occhi, con
il palmo della mano.
“Mi sono
addormentata” disse, in un sussurro.
“Lo so, me ne sono
accorto” rispose lui, dolcemente.
“Che ore sono?”
chiese lei, stringendosi più forte a lui e abbracciandolo.
“Non lo so… ho
staccato anche il telefono, mi ero scocciato di sentirlo sempre squillare”
rispose, baciandole la fronte.
“Eh, che cosa vuoi?”
disse lei, guardandolo con gli occhi socchiusi “La Principessa di Saint Kindom
è sempre molto occupata, a differenza del suo fidanzato sfaccendato…”.
“E così io sarei uno
sfaccendato?!” disse Duo, con voce falsamente arrabbiata.
“Sì…” rispose lei,
con un sorriso, poi, più seria, continuò: “… solo che sei il mio delizioso
fidanzato sfaccendato…”. Si avvicinò a lui e lo baciò dolcemente sulle labbra;
lui la strinse forte tra le sue braccia e la cullò lentamente.
Dopo un po’, Duo le
disse: “Lo sai che non avrei mai immaginato che finisse così?”.
“Così come?” chiese
Relena.
“Voglio dire, io e
te… che stessimo assieme…”
“Neanche io lo avrei
mai immaginato…”, poi lo strinse più forte e disse: “Ma ora sono contenta che
sia finita così…”.
“Anch’io lo sono…
non saprei che cosa fare se non avessi te”
“Non lo so… magari
saresti un mendicante…”.
Duo, dopo un po’,
capì che lo stava di nuovo prendendo in giro. Le fece il solletico, mentre
l’amaca oscillava pericolosamente.
“Smettila!” urlava
lei, ridendo.
“Devi solo
ringraziare” disse lui, fermandosi “Che ho paura che tu perda qualcosa di molto
importante per me…”.
Relena annuì
dolcemente e lo baciò ancora una volta.
“Duo…”
“Dimmi”
“Ti amo”
“Ti amo anch’io”
Si baciarono ancora
una volta, mentre un raggio di sole li illuminava entrambi. Rimasero stretti in
quel lungo abbraccio per un po’, poi Relena gli disse: “Senti Duo, ti posso
chiedere una cosa?”
“Sì, basta che non
sia di nuovo qualcosa che abbia a che fare con il fatto che pensi che sia uno
sfaccendato…”.
Lei gli assestò una
gomitata nel fianco.
“Lo sai che scherzo,
quando dico così, scemo!” disse, ridendo. “No, volevo chiederti una cosa più
importante… ti piace di più un completo bianco o nero?”
“E che razza di
domanda è?!”
“Vuoi rispondere?!”
“Boh, che ne so?!
Bianco…”
“Bene”
“Come, bene?!”
“Ma insomma Duo!”
iniziò lei a voce alta, per poi abbassarla lentamente, “Non ti vorrai mica
sposare in giallo canarino?”.
Lui la guardò per
qualche istante, poi scoppiò a ridere: “Sei impossibile!”, poi la guardò negli
occhi e disse: “Ti sposerei anche in verde acido per quel che mi importa!”, poi
la abbracciò e la baciò a lungo.
“La amo così tanto,
Principessa Relena Eleanor Peacecraft” disse lui, in tono cerimonioso.
“Anch’io la amo
tanto, Comandante Duo Maxwell e futuro Re di Saint Kindom” concluse lei.
“Sai, che non ci
avevo mai pensato?” disse Duo, riflettendo con aria assorta “Se ti sposo,
diventerò Re di Saint Kindom… non dovrei avere un titolo nobiliare o qualcosa
del genere?”.
“Sì, in effetti
credo di sì… ma credo che sia qualcosa di facilmente aggirabile” rispose lei,
poi continuò in tono enfatico: “Io, Relena Eleanor Peacecraft Principessa del
Regno di Saint Kindom, in virtù dei servigi resi alla Corona e della Estrema
lealtà dimostratami, conferisco al qui presente Comandante delle Guardie Reali
Duo Maxwell il titolo di Duca di… ehm, non me ne viene in mente nessuno!”
“Scusa, e da dove te
lo inventerai questo titolo?” chiese ancora Duo “Non penso che il Consiglio
accetterà un uomo dal passato così dubbio, come il mio, e con un titolo
nobiliare, che non sta né in cielo né in terra, come Re di Saint Kindom, non
credi?”.
“Non mi importa di
quello che penserà il Consiglio!” disse Relena, alzando decisamente il tono di
voce “Io sposerò solo la persona che amo e quella persona sei tu, sia tu un
nobile o un delinquente!”.
Duo rimase un po’
spiazzato dalla reazione di Relena, perciò le disse di stare calma e di non
agitarsi, perché le avrebbe potuto fare male, poi le sorrise e la baciò ancora.
Lei, dopo un attimo,
si alzò bruscamente dall’amaca e iniziò a saltellare nervosa.
“Accidenti, ho
dimenticato che avevo la visita di controllo alle 10,30 e sono già le 11!”
urlò.
“Sei una smemorata!”
disse Duo, decisamente divertito, anche se cercava di trattenere le risate
“Vuoi che ti accompagni?”.
“Non ti preoccupare”
rispose lei, mentre freneticamente raccoglieva le sue cose “Farò una
passeggiata… e poi ora che ci penso, credo che Annie mi stia aspettando,
davanti alla clinica! Stai attento… dovrei ricevere un fax dal New England!”.
“Ok…” rispose Duo,
cercando di recuperare le cose che nella fretta cadevano dalla borsa di Relena.
Lei gli diede un bacio e poi, su consiglio di Duo, si mise un cappello a falda
larga per proteggersi dal sole.
Duo la vide
allontanarsi velocemente sul vialetto e poi, salutarlo con la mano aperta. Gli
sembrava così tremendamente bella… quegli anni di sofferenze l’avevano
cambiata, anche se molto del suo aspetto era rimasto uguale. Era diventata un
po’ più magra, anche se da un po’ non si notava più tanto. Aveva anche lei
un’aria più matura e compunta e, sebbene avesse solo venticinque anni, i suoi
occhi azzurri, gravati delle responsabilità di una Principessa e di una carica
mondiale, esprimevano una grande determinazione e un forte senso di
responsabilità. Il suo aspetto e la sua espressione si erano molto addolciti,
da due anni a quella parte e, in particolar modo, da sei mesi prima. I capelli
erano cresciuti, ma ora, di solito, gli portava legati in una treccia sola, che
spesso le cadeva sulla spalla destra.
Duo si alzò
dall’amaca e chiamò Jeannemarie, la loro governante, che arrivò di corsa.
“Ha chiamato, Duo?”
chiese la donna con un sorriso frettoloso.
“Sì… scusami,
Jeannemarie, ma che cosa ha chiesto Relena per pranzo?”.
“Oh, caro, quella
ragazza è davvero una scriteriata!” disse, con un profondo sospiro “Ha detto di
voler mangiare insalata di polpi freschi! Ma, dico, nelle sue condizioni?!”.
“Lo so, Jeannemarie”
replicò Duo, con un profondo sospiro “Il dottore dice che è normale che abbia…”
“Mio caro…” lo
interruppe Jeannemarie, agitando l’indice “Lei la vizia troppo! E va bene che è
incinta da sei mesi e che ha le voglie, ma pensi un po’ a quella povera
creatura! Sua figlia, Duo, avrà una madre, davvero incosciente!”.
Duo scoppiò a
ridere, come tutte le volte che discuteva con Jeannemarie, anche se non era per
niente, d’accordo con lei. La sua bambina, la loro bambina, che avrebbero
chiamato Daphne, come la madre adottiva di Relena, avrebbe avuto la madre
migliore del mondo.
Duo congedò
Jeannemarie ed entrò in casa per vedere se era arrivato quel famoso fax, poi,
uscito nuovamente in giardino, si sedette sull’erba, sotto un grande albero di
quercia. Gli si avvicinò Delia, il loro pastore tedesco di un anno e mezzo, che
gli leccò affettuosamente la mano. Duo sorrise e gli accarezzò la testa.
Quante cose sono
cambiate in soli pochi anni…
Si costrinse a considerare. Se solo pensava a quanto la sua esistenza fosse
cambiata, rispetto a quel lontano giorno di otto anni prima, quando aveva
lasciato la sua colonia, con la missione di distruggere OZ… e poi si era
diretto su quel pianeta azzurro, che guardava la sera prima di addormentarsi,
quando sua madre gli rimboccava le coperte, per poi uscire e andare chissà
dove. Non aveva mai avuto un’effettiva famiglia: quella che considerava sua
madre, era solo un’infermiera che lavorava nel suo Campo di Addestramento e che
si era presa cura di lui, quando era solo un bambino. Si chiamava Isabelle e,
dato che si era troppo affezionata a lui, fu allontanata in capo a qualche
mese. Era stato allora che aveva pensato che, a pieno titolo, l’avrebbe per
sempre considerata sua madre, dato che non aveva mai conosciuto i suoi veri
genitori e che, dopo qualche tempo, lei si era rifatta sentire per sapere come
stava e, anche allora, si tenevano saltuariamente in contatto.Come suo padre,
aveva sempre considerato Howard, l’uomo che l’aveva accompagnato sulla Terra e
che conosceva da quando aveva sette anni. Ma, nonostante non potesse certo dire
di essere stato sempre da solo e di non avere mai avuto nessuno accanto, la sua
“Famiglia” era sempre stato qualcosa che si era creato nella sua mente, per
sfuggire alla pazzia che poteva dargli il Gundam Raggio Letale.
Ora, invece, ne aveva davvero una. Aveva la sua Relena, la donna che amava di
più al mondo; aveva la loro bambina, che sarebbe nata di lì a poco, e poi,
perché no, aveva Jeannemarie, che considerava quasi una zia, dato che era stata
la balia di Relena. Poi, c’era Delia e anche Laurie e Hilde, con cui si era
riappacificato e che ora lavorava alla reggia, come segretaria di Relena.
Certo, che anche per
arrivare a quel punto, c’era voluta tanta pazienza e anche tanto dolore. Tutto
era cominciato ad iniziare, quando sembrava che tutto fosse finito.
Quel giorno di
quattro anni prima, aveva avuto la notizia più brutta che avesse mai ricevuto.
Heero, il suo più caro amico, era morto…e non era neanche morto, come ci si
poteva aspettare da lui. Era sì morto in missione, ma non come un eroe, come
era sempre stato. Era caduto, colpito da un colpo, che aveva fatto esplodere il
serbatoio del Suit, su cui si trovava; era morto, come un criminale, che aveva
appena ucciso un innocente…infine, era morto, come Eddie Thompson e non come
Heero Yuy.
Le esequie si
tennero nella sua colonia d’origine e, alla celebrazione, partecipò tantissima
gente che Duo non aveva mai visto, richiamata dall’annuncio straziante della
Principessa Relena Peacecraft, la persona di cui Heero era stato innamorato, la
persona che lo amava di pari amore. Era arrivata gente normale, comune, la
gente che Heero aveva sempre difeso e poi, tutti quelli che lui aveva
conosciuto e a cui, a suo modo, aveva voluto bene. Duo, durante il funerale,
era rimasto immobile, mentre quella bara gli passava accanto, sorreggendo solo
il braccio di Relena, che, con un pietoso silenzio, seguiva Heero per l’ultima
volta. Finito, poi, il dolore collettivo, era iniziato quello lancinante di
Relena; Duo era rimasto a vivere con lei, perché aveva paura di che cosa
potesse provare a fare e poi perché, nonostante tutto, l’amava ancora
tantissimo, così tanto che non avrebbe mai potuto lasciarla in quelle
condizioni.
Mentre Duo, i primi
mesi, si sentiva sempre più in colpa, per aver permesso all’amico di partire e
per non averlo sostituito, Relena continuò la sua vita, come se niente fosse.
Era sempre immersa negli impegni mondani e non aveva mai un secondo di tempo,
per fermarsi a riflettere. Ma Duo notava ogni giorno, quanto lei stesse soffrendo;
non mangiava mai, il suo sorriso si era spento sulle sue labbra, non dormiva e
piangeva quando pensava di essere da sola.
Inoltre, aveva dato
vita ad una caccia all’untore spietata, verso WhiteStar, rea di averle ucciso
Heero. La sgominò freddamente, radunandoli con il pretesto, che lei si stesse
recando a far visita alla loro colonia. Li catturò facilmente e molti furono
anche uccisi su suo ordine; era completamente cambiata. Era diventata di una
crudeltà impressionante e in lei, c’era solo rabbia, dolore e voglia di
vendetta. Quando quest’ultima, si esaurì con la fine di WhiteStar, rimase solo
il dolore, che purtroppo non si era minimamente attenuato.
Una sera, Duo era
uscito sulla veranda della reggia, dopo aver finito di cenare. Era stanco e demotivato;
non riusciva più a riconoscere Relena e gli sembrava che non fosse più la donna
che amava. Si sedette per terra, appoggiato alla ringhiera, guardando le
stelle. Poi, si accorse di una figura, accanto a lui…era Relena, che era
visibilmente stravolta.
“Relena…” disse,
attirando la sua attenzione.
Lei, lo sguardo
spiritato, si voltò verso di lui; aveva vicino a sé una confezione di
medicinali, che era quasi completamente svuotata. Relena, vedendo lo sguardo
sconvolto di Duo, disse ironicamente: “Che c’è Duo?! Pensi che la tua
Principessa non possa stare male, come i comuni mortali?”.
Duo, la voce che gli
tremava, rispose: “Che cosa sono?”.
Relena, ridendo
scompostamente, rispose: “Non lo so! Spero solo che mi facciano addormentare e
non svegliare più…”.
Duo si avvicinò
lentamente e prese la scatola di compresse. Sembravano psicofarmaci, ma non
avrebbe potuto dirlo con certezza. Solo allora, si accorse che lei aveva in
mano un coltello da cucina.
“Se poi non fanno
effetto…” disse, sempre ridendo “Potrò sempre tagliarmi la gola e farla
finita…sai, Duo, amico mio, io mi sono davvero scocciata di questa situazione,
di essere la Principessa di questo regno, di essere la persona che tutti
pensano che io possa essere…”; poi, continuò, bisbigliando, quasi come se
stesse per rivelare un atroce segreto, un qualcosa che aveva cercato
faticosamente di seppellire nel suo cuore, ma che ora la stava uccidendo e,
pertanto, doveva uscire fuori per darle un po’ di sollievo. “Lo sai, Duo?Io non
ce la faccio più a vivere in questo modo, a fingere di essere felice o, almeno,
serena… io sono la Principessa del Regno di Saint Kindom e il Viceministro
degli Esteri e questo ci si aspetta da me, ma io sono stanca di reprimere le
mie sensazioni e le mie emozioni…”.
Duo la interruppe
sommessamente, ma con forte decisione: “Non penso che nessuno ti abbia mai
chiesto di farlo…”.
Relena divenne
all’istante livida in volto, strinse i pugni e iniziò a piangere, mentre rapide
come frecce, le parole uscivano sconnesse dalla sua voce: “Non è vero! Non è
vero! Io non ce la faccio più a reprimere il mio dolore, non ci riesco più,
Duo! Io ora non voglio più essere tutto quello che sono, non lo voglio più! Io
non ho mai avuto la forza per fare questo, non l’ho mai avuta e, invece, mi
sono divertita a fare la Regina del Mondo! E per essere la stupida apparenza
che sono diventata, ho perso l’unica persona che per me abbia mai avuto
senso!”.
Duo rimase immobile,
mentre lei singhiozzava. Non sapeva perché, ma quelle parole lo avevano colpito
più di quanto credesse possibile. Si sentiva, come se un fuoco lento gli stesse
consumando tutti gli organi interni e che, di lì a poco, sarebbe morto. Sapeva,
sì, lo aveva sempre saputo che Relena amava ancora Heero, ma sentirlo così
fortemente, lo fece sentire così disperato da avere la voglia di prendere il
coltello che la ragazza reggeva tra le dita e piantarlo nel suo petto. Anche
ora che Heero non c’era più, lei pensava sempre a lui, il suo fantasma era
ancora incagliato nei suoi occhi azzurri…non che avesse pensato che Relena lo
scordasse, ma quel pensiero di fronte al silenzio di lei, si era assopito. Ma
ora si era risvegliato e sentiva il dolore che, come se fosse dotato di un
corpo immateriale, entrava dalle sue unghie, per poi espandersi per tutto il
corpo.
Solo dopo qualche
secondo, focalizzò che Relena reggeva ancora quella lama e che aveva preso un
sacco di compresse di dubbia origine. Si avvicinò lentamente a lei e disse:
“Ascoltami, Relena, anche a me Heero manca tanto e credimi, il dolore per
averlo lasciato partire, non mi lascia neanche un momento da solo. Sento che
forse le cose sarebbero dovute andare in modo diverso, ma purtroppo niente può
farci tornare indietro a quel maledetto giorno e far sì che tutto vada in
maniera diversa…”. Cercò di avvicinarsi ancora di più a lei, che ora lo
guardava con aria sempre più affranta, il viso rigato dalle lacrime. “Alle
volte,” le disse, sinceramente “Vorrei essere morto io al suo posto, perché so
che al mio ritorno, non c’era nessuno ad aspettarmi…se fossi morto io, nessuno
avrebbe sentito la mia mancanza…”.
“Io l’avrei sentita”
disse Relena sussurrando.
Duo sorrise
leggermente e sospirò: “Lo so…ma per Heero stai quasi morendo, Relena. Per me
sarebbe stato diverso. Saresti stata male e poi avresti ricominciato a vivere.
E io so, per certo, che Heero non vorrebbe mai vederti in queste condizioni,
non vorrebbe perché ti amava da morire e credo che non vorrebbe che tu ti
distruggessi per lui…devi andare avanti, non dico che il tuo dolore sparirà del
tutto, ma si potrà calmare…”.
Relena disse, ancora
piangendo, mentre il coltello le cadeva di mano: “Io non credo che ce la farò
da sola, Duo…”
Il ragazzo l’aiutò
ad alzarsi e le disse, abbracciandola: “Non ti preoccupare, ci sarò sempre io
con te… e poi troveremo il modo di farti aiutare, ok?”.
“E il Regno?” chiese
lei, soffocando i singhiozzi nella camicia di Duo.
“Lo affiderai ad un
reggente…puoi chiamare Milliardo”
La ragazza annuì
lentamente.
Relena entrò in una
clinica, dove rimase per circa sei mesi. Si fece curare a lungo, finché riuscì
a trovare in sé la forza di capire che la morte di Heero era stato qualcosa che
per una serie di circostanze, sarebbe dovuta succedere e che non era stata
colpa sua. Da quando uscì dalla clinica, la vita di Duo iniziò a prendere un
piega decisamente imprevista.
Relena camminava
velocemente per strada. Era tremendamente in ritardo, come il novanta per cento
delle volte e sapeva benissimo che Annie si sarebbe molto arrabbiata, perché
arrivavano al controllo sistematicamente in ritardo e sempre per colpa sua.
Girò velocemente l’angolo e urtò un uomo, che veniva in direzione opposta.
Rischiò di cadere a terra, ma per fortuna, l’uomo la resse appena in tempo.
“Sta bene,
Principessa?” chiese preoccupato “MI scusi, ma non l’avevo proprio vista!”
Relena sorrise,
stupendosi ancora una volta che gli abitanti di Seaflower, si fossero tanto
acclimatati alla sua presenza da considerarla come una di loro a cui dovevano
solo rivolgersi con un po’ più di riverenza se necessario. Rispose: “Sì, non si
preoccupi; sono io che sono molto distratta!”.
L’uomo sorrise a sua
volta, poi si accorse che Relena aveva perso, nel mezzo capitombolo, una
collana che le si era sganciata, cadendo dal suo collo. L’uomo gliela porse,
dicendo: “Questa è sua, Principessa?”.
Relena, estremamente
grata, disse: “Sì, grazie; è mia…se l’avessi persa, non so che avrei fatto!”.
L’uomo si congedò e
Relena si infilò la catenina di nuovo. Era un collana d’oro bianco, che recava
un medaglione d’oro, sempre bianco. Al centro, era inciso il fiore di ninfea,
simbolo del Regno di Peacecraft, che era costituito interamente da brillantini;
nel retro del ciondolo, c’erano quattro lettere incise nell’oro, a caratteri
molto eleganti: “M..E.R.T.”.
Relena riprese a camminare,
sorridendo alla vista della sua collana, che batteva sul suo petto. Era stato
un regalo, che le aveva fatto Duo, circa due anni prima, lo stesso giorno, in
cui si erano messi assieme.
Adesso, ricordare quel periodo
le procurava una grande dolcezza, si sentiva tranquilla e felice, come non era
mai stata. Da quella sera, era nata quella meravigliosa cosa, che era
scoppiata, prima tiepida nel suo cuore, e, ancora allora, dopo due anni,
sgorgava con forza incandescente nella sua anima.
Ricordava ancora quel giorno,
che era uscita dalla clinica. Si sentiva così strana, come se muovesse i suoi
primi passi da sola, e si sentiva, al contempo, anche malinconica. Stava
lentamente ritornando alla sua solita vita; forse già dal giorno dopo, sarebbe
tornata ad essere la Principessa del Saint Kindom: ma poi, si disse che era
quello il suo compito e che ormai doveva rassegnarsi a quell’idea; tante cose
che non aveva voluto, erano però, successe e stare in clinica, l’aveva convinta
di quanto tante cose non potessero dipendere dalla sua volontà. Il motivo
principale, per cui era entrata in terapia, era stata la morte di Heero; era
finalmente, dopo tanto tempo, riuscita a capire che la sua morte era stato
qualcosa che, allo stadio attuale delle cose, non avrebbe mai potuto evitare.
Doveva anzi ritenersi fortunata di aver potuto conoscere ed amare quella
stupenda persona, che si era trovata davanti; aveva anche imparato così tanto
da lui che avrebbe dovuto essergli sempre grata. Lui avrebbe per sempre,
continuato a vivere nei suoi ricordi e forse non avrebbe mai smesso
completamente di amarlo, ma ora lei doveva ricominciare a vivere.
Relena era uscita dall’ingresso
della clinica, reggendo la sua valigetta, poi, guardandosi attorno, aveva visto
un ragazzo appoggiato al muro, che le sembrava di conoscere.
“Ma che fa, Principessa?” disse
il ragazzo, con un largo sorriso “Non saluta più la sua fidata guardia del
corpo?!”.
Relena lo guardò per un attimo e
disse, scoppiando a ridere: “Ma sei Duo?! Hai tagliato i capelli?”.
Duo le si avvicinò e Relena si sentii
all’improvviso accaldata. Lui sembrava così cambiato; certo, non è che non lo
vedesse da molto tempo, era andato a trovarla solo due settimane prima, ma da
quel giorno, sembrava così diverso. Sembrava più alto, più maturo, come se di
quel ragazzino che aveva conosciuto a diciassette anni, non fosse rimasto
praticamente nulla. Eppure, nei suoi occhi blu profondo, c’era ancora quella
luce abbagliante della prima volta che lo aveva visto.
“Sì, Vostra Grazia” disse lui,
prendendole la valigetta dalle mani “Sa, mi ero scocciato di sembrare sempre un
ragazzino, anche se ho ormai ventitre anni”. Relena sorrise, meravigliandosi di
essere arrossita, mentre il ragazzo le aveva sfiorato le mani.
“Bene, scommetto che il
Comandante è venuto a portarmi alla Reggia…Milliardo ha già preso il volo?”
chiese ironicamente Relena, incrociando le braccia.
“Affatto, Vostra Grazia; sono
venuta per portarla alla sua prima lezione di deltaplano” disse, reprimendo a
stento un sorriso, alla vista della faccia stupita della ragazza.
“Che, che cosa hai detto?!”
“Lezione di deltaplano” ripeté
il ragazzo, con una risata “Dovremo andarci tra circa cinque minuti, quindi
spicciati!”. La prese per un braccio e se la trascinò dietro, nonostante le sue
proteste. Relena dovette, però, ammettere che si divertì moltissimo, librando
nell’aria, mentre il mondo sottostante, sembrava sparire. E poi, anche se era
ancora una sensazione schiacciata nel suo subconscio dai sensi di colpa per la
morte di Heero, si sentiva così sicura tra le braccia di Duo lassù nel cielo.
Da quel momento, era stato tutto
un crescere di attività, che Duo le proponeva quasi ogni giorno: feste in
maschera, fantomatiche sagre di qualcosa, corsi di Karatè, pittura, strumenti e
tantissime altre cose, che la facevano sentire bene. Si divertiva tanto e la
Reggia era così lontana, che non si sentiva più né una Principessa, né un
Viceministro. Poi, lentamente, in quei mesi così colorati, quella sensazione
che aveva nel profondo del cuore, crebbe sempre più, divenne fortissima sotto la
sua pelle, quando entrava minimamente in contatto con quello che era stato il
migliore amico di Heero e che ora era il suo. Gli diceva praticamente tutto
quello che le passava per la testa e lui faceva lo stesso, eppure non era
capace di dirgli quello che era il suo più importante segreto, quello che
rimaneva compresso nel suo animo, senza possibilità di uscire e trovare uno
sfogo. Aveva capito, e questo le faceva malissimo. Si era innamorata di Duo, si
era innamorata di lui non di un fatua cotta, che le sarebbe passata presto; si
era innamorata di lui, con quella forza che l’aveva sempre lasciata sul trono
di Saint Kindom, e, al contempo, con quella fragilità che solo la morte di
Heero, le aveva potuto lasciare addosso. Non aveva il coraggio di parlargli
perché sapeva che così l’avrebbe perso, e non poteva permetterselo; e poi si
sentiva in colpa nei confronti di quel fantasma, che era ormai Heero nella sua
testa. Per questo,aveva deciso di non dirgli nulla, accontentandosi di averlo
accanto come un amico, sperando che quella cosa le sarebbe passata, anche se,
quando si specchiava nei suoi occhi, capiva che non sarebbe stato possibile
così facilmente.
Una sera, però, qualcosa fece
cambiare completamente i suoi piani.
Era con Duo a Parigi ed era il
giorno del suo compleanno. Lui aveva organizzato tutto in quel giorno e l’aveva
portata lì con gli occhi bendati, per non farle capire dove fossero diretti.
Relena aveva sempre desiderato recarsi in quella meravigliosa città, ma non ne
aveva mai avuto l’occasione. Si sentiva felicissima e, al contempo, era così
nervosa. Ormai lo sentiva, ormai ne era certa. Mancava poco, pochissimo. Non
riusciva più a celare nel suo cuore il suo amore; desiderava stare solo e
soltanto con lui, non vederlo mai più andare via e si era ormai resa conto che,
di lì a molto poco, la sua mente non sarebbe più riuscita ad imbrigliare il suo
folle sentimento. E allora sarebbe tutto finito.
Era ormai mezzanotte ed erano
seduti sulla riva della Senna e stavano parlando. Poi, Duo, all’improvviso, le
aveva detto che aveva un regalo per lei.
“Ma non era necessario!” disse
lei, aprendo la scatoletta di velluto rosso che le aveva dato “Il più grande
regalo che mi hai fatto è stato starmi accanto, quando ne avevo più bisogno”.
“Relena, “ disse, in tono
autoritario, agitando l’indice “Questi sono i discorsi della Principessa
Relena, non della persona con cui sono venuto in vacanza, la ragazza che è
stata capace di scappare, davanti ad un gatto…”, lui scoppiò a ridere.
“La vuoi smettere! Pensavo che fosse
qualcos’altro!” replicò, arrabbiata, anche se sentiva un groppo in gola,
vedendo il ragazzo che, mentre rideva, le sembrava così tremendamente bello.
Relena aprì il pacco e ne uscì
la collana: “Grazie Duo, è molto bella!”
“Non è solo bella!” disse lui,
con aria quasi offesa “E’ qualcosa, di cui forse ignori anche
l’esistenza…questa collana fu regalata da tuo padre Theoden a tua madre
Eleanor, il giorno della tua nascita… sul davanti, c’è il simbolo della tua
Casata e, invece, se leggi dietro, c’è scritta la parola MERT…sono sia le
iniziali dei membri della tua famiglia, sia la parola PACE nell’antica lingua
di Saint Kindom… certo, che avete sempre avuto tutti la stessa idea fissa, tu e
la tua famiglia!” .
Relena era rimasta a dir poco
esterrefatta dalla spiegazione di Duo.
“Ma scusa se è appartenuto a mia
madre…” chiese in un sussurro “Deve esserti costato parecchio…”.
“L’ho avuta da un collezionista,
che l’aveva dal giorno del colpo di Stato nel regno…gli attentatori fecero
manbassa dei beni della tua famiglia e lui continuava a dire di averla avuta
onestamente… sì, come no! Poi, l’ho minacciato di dire che era uno dei membri
di quel commando e lui me l’ha data per un prezzo irrisorio…”.
“Quanto irrisorio?!” chiese
Relena, che non riusciva ancora a capire come fosse riuscito a trovare un
oggetto del genere. Ma, soprattutto, voleva tenere lontano dal suo cuore il
pensiero di che meraviglioso regalo lui le avesse fatto, di quanto
quell’oggetto riuniva in sé tutta quella che era la sua vita e le cose più importanti,
che la costellavano: la sua famiglia, il suo Regno, il suo fortissimo desiderio
di pace tra le persone e poi… e poi lui, lui che le aveva fatto quel regalo,
lui che lei amava così tanto che ora credeva quasi di morirne.
“Ma insomma, Relena!” disse,
sempre con aria indispettita “E’ un regalo, no? E allora accettalo, punto e
basta!”.
Relena rimase immobile,
soppesando la collana tra le mani.
“Non posso” rispose, abbassando
lo sguardo.
“Ancora?! Smettila, così mi
offendi e mi fai pensare che non ti piaccia!”
“Non è così!” disse, guardandolo
negli occhi e provocandogli un rossore diffuso sulle guance “E’ un oggetto che
apparteneva a mia madre, come puoi pensare che non mi possa piacere?!”
“Se è per quanto, mi
è costato, sappi che non lo riporterò mai indietro…”
“Non è per questo
DUO!” disse lei, alzando il tono di voce “E’ solo che ogni volta che penso di
averti capito, tu fai qualcosa che mi spiazza completamente…tu, tu mi fai
sentire confusa… e poi, e poi, io non posso avere qualcosa che anche solo indirettamente
mi ricordi te!”.
“Che significa,
scusa?” chiese lui, la voce ridotta ad un sussurro.
“Significa” riprese
lei, con un profondo sospiro, per darsi coraggio “Significa Duo che questo
oggetto non mi ricorderà mai mia madre, o la mia famiglia, ma te e soltanto te,
Duo, e io non posso permettere che accada”.
“Ma scusa che ci
sarebbe di male?!”.
“Ci sarebbe di
male…” disse, urlando, non riuscendo più a trattenersi “Che io mi sono
innamorata di te! C’è di male che io ti amo da impazzire da ormai tre mesi! Ti
sembra che non ci sia niente di male?!”.
“No” disse lui,
guardandola in faccia e avvicinandosi di più a lei “Non c’è niente di male
perché io ti amo da morire già dal primo momento, che ti ho vista…”, prese
dolcemente ad accarezzarle le labbra con un dito, mentre lei lo guardava con
gli occhi colmi di stupore, ma anche di felicità, che a stento, riusciva a
reprimere “…e credimi, non ho mai lontanamente sperato che tu un giorno mi
dicessi una cosa del genere, non potevo sognare di stare con te, solo perché
sapevo che tu non avresti mai pensato che io sarei potuto essere la persona che
ti poteva rimanere accanto… io non posso, non posso, Relena, perderti, ora che
ti ho finalmente qui accanto a me… per questo, amore mio, dimmi che vuoi che io
sparisca per sempre dalla tua vita, anche tra un minuto, ma dammi anche solo un
secondo, per stare con te e sapere che ora, anche solo in questo istante, tu mi
ami anche forse solo la metà di quanto io amo te…”.
Relena era rimasta
immobile alle parole del ragazzo. Si sentiva un’onda calda che lentamente le
attraversava il cuore, che le stava sciogliendo tutto il ghiaccio che le si era
formato dentro in quegli anni di rabbia e di dolore così cieco e acuto…sentiva
che lo amava immensamente, sentiva che non avrebbe mai potuto lasciarlo andare
via allora, che aveva bisogno di lui da impazzirne e che non le importava più
niente, se era la principessa di Saint Kindom, se era qualsiasi altra cosa…non
importava più niente. Era solo necessario che lui stesse con lei, ora e per
sempre.
“Ti prego..” gli
disse, sussurrando, avvicinandosi a lui, tanto da sfiorargli la fronte con i
capelli “Dimmi solo che mi sarai accanto, fino a quando ti sarà possibile…ti
prego, Duo, non lasciarmi sola, non ce la farei a vederti andare via, non lo
potrai mai sopportare…ti amo molto più di quanto tu possa solo pensare…”.
Duo le si avvicinò e
le disse in un orecchio: “Non ti lascerò mai, mia dolce principessa…non lo farò
mai, perché ti amo da morire…”.
Una lacrima ribelle
scese sulla guancia di Relena. Duo gliela asciugò con il palmo della mano, poi
lentamente la baciò sulle labbra, mentre altre lacrime cadevano dagli occhi
chiusi di Relena e si mescolavano calde al sapore delle labbra l’uno
dell’altra.
Da quel momento, non
c’era stato solo un momento, che non avessero passato assieme. Lui era
diventato il primo pensiero, che aveva la mattina, quando si svegliava, e
l’ultimo, che aveva la sera, quando se ne andava a letto. Era così
stupefacente, quanto riuscisse a vivere solo di un suo sguardo, solo di una
sola parola, solo del suo sorriso, di quanto si preoccupasse se lui non tornava
in orario. Quanto era stupendo addormentarsi la sera tra le sue braccia, sapere
che qualsiasi cosa sarebbe successa lui le sarebbe stato per sempre accanto…
poi c’era qualcosa di Duo che la teneva sempre piena di luce. Lui viveva la sua
vita con una gioia che lentamente si era trasmessa a lei, che ora le consentiva
di essere sempre contenta di qualunque cosa le potesse accadere…aveva imparato
con lui a scherzare, a ridere, a saper giocare, e poi a ritornare la donna, che
era diventata, la donna che aspettava da sei mesi una bambina da lui, la donna
che stava per sposare l’uomo che amava, la donna che era anche una futura
Regina e un Viceministro…con lui, poteva parlare di tutto, e sapeva che le sue
più grandi tristezze e gioie erano state anche le stesse di Duo. Aveva passato
certo un periodo di tempo, in cui si era sentita fortemente in colpa nei
confronti di Heero, ma poi, aveva capito che era così che dovevano andare le cose,
che forse se Heero non fosse morto, sarebbe successa la stessa e identica cosa.
Relena camminava
contenta e, anche un po’ saltellando, incrociò la sua amica, che la rimproverò
a lungo. Poi entrambe iniziarono a camminare verso la clinica.
Ho aggiornato di due capitoli per farmi perdonare del ritardo! Grazie ancora a tutti coloro che hanno recensito!!