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Autore: LadyofShadow    21/12/2006    3 recensioni
Tre persona sanno la verità. Tre persone sanno che Lucius non è il vero padre di Draco. Ma quando la verità è troppo dolorosa, quando scopre un baratro di menzogne, segreti e rimpianti, forse è meglio che resti celata... quando la verità fa fare cose strane alle persone, cose priobite... forse la verità è che non è mai troppo tardi per cercare di tornare indietro. Questa fiction è dedicata ad Angi e Gius.
Genere: Triste, Malinconico, Dark, Sovrannaturale, Mistero, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 14 – A cosa servono gli amici

Capitolo 14 – A cosa servono gli amici?

 

 

Draco P.O.V.

 

Avevo la sensazione che il mio piano avesse funzionato, che ora Luna avrebbe accettato di concedermi un po’ di fiducia. Non mi sbagliavo; quella sera, a cena, mi sorrise con complicità. Per fortuna nessuno dei miei compagni se ne accorse, e Luna ebbe il buonsenso di farlo una volta sola.

-         …da te? Draco? –

Impiegai qualche attimo a rendermi conto che Pansy Parkinson stava parlando con me. Da diverso tempo, probabilmente

-         Come hai detto? – chiesi distrattamente

-         Ti ho chiesto cosa voleva quella sciaquetta della Lovegood. – ripetè, con un certo astio

“Ma saranno affari tuoi??” pensai, ma dissi

-         Penso di non esserle del tutto indifferente. – a quella conferma dei suoi sospetti, Pansy strinse gli occhi a fessura. La ignorai, e continuai a spiegare – Avevo intenzione di sfruttare la cosa… - stavo inventando tutto sul momento, parlando sempre più a bassa voce – e di fingermi suo amico. Può sempre tornare utile, sai, lei è amica di Potter e di quegli altri sfigati. – al nome di “Potter” una smorfia di genuino disgusto attraversò il mio volto pallido – Un giorno potrei decidere di tendere loro una trappola, usando la Lovegood come esca

Non avevo chiamato Luna per nome, nemmeno una volta, così che la Parkinson non si facesse strane idee sul mio conto. Theodore Nott, seduto alla mia sinistra, aveva sentito tutto e approvato con un cenno del capo. Quando Pansy borbottò qualcosa in protesta, tipo che non c’era nessun bisogno di fingersi amico di qualcuno per sfruttarlo, proprio Nott mi venne in aiuto rimproverandola e ricordandole che sarebbe un vero spreco non approfittare di una situazione così vantaggiosa. Sia benedetta l’indole ingannatrice dei Serpeverde! Se fossi stato un Grifondoro (Dio me ne scampi!) e avessi dovuto spiegare ai miei “amici” come mai familiarizzavo con un Serpeverde, non avrebbero mai accettato una spiegazione del genere.

 

Così, con il benestare dei miei compagni di Casa, chiesi a Luna se potevamo vederci quel pomeriggio, dopo le lezioni, nel labirinto del giardino (dove si era svolta la terza prova del Torneo Tremaghi… per fortuna, poi era stato sgomberato da tutti i trabocchetti). Neanche a dirlo, lei accettò con entusiasmo.

 

Come tutti i nostri incontri, sapevo che sarebbe cominciato con un lungo momento di silenzio imbarazzato, cosa che volevo a tutti i costi evitare; per cui, quando Luna arrivò all’entrata del labirinto, trovò un animaletto simile a uno scoiattolo ad attenderla. Scappai subito quando si diresse verso di me; lei stette al gioco e m’inseguì, per parecchio tempo, tra le siepi del labirinto; scappavo, ogni tanto mi fermavo a controllare che fosse sempre dietro di me, un paio di volte mi sono perfino arrampicato su una siepe, per poi planare su di lei e ricominciare a scappare nella direzione opposta.

Quando ci fermammo, stanchi e affaticati, non riuscivamo a smettere di ridere. Eravamo in una piazzola con una fontanella e delle panche di pietra, seduti per terra l’uno accanto all’altra, e ridevamo come matti, senza un motivo apparente.

-         ahahahahah.. che stupido sei! – mi rimproverò bonariamente – tutte quelle corse! –

-         beh.. mi sono divertito da morire – mi giustificai, scrollando le spalle

-         si! Facendo morire me! – rise ancora – Sono stanchissima! –

Restammo per un po’ in silenzio, a contemplare il cielo che dipinto dei colori del tramonto. Probabilmente faceva freddo, ma eravamo entrambi troppo accaldati dalla corsa per accorgercene.

-         Sai, Luna… non avevo mai giocato con qualcuno, prima. Intendo, con l’unico scopo di divertirmi. –

Lei si voltò a guardarmi, gli occhi a palla completamente sgranati, cosa che li faceva sembrare ancora più a palla.

-         Dici davvero? –

Annuii, spiegandole:

-         I miei genitori non me l’hanno mai permesso. – enfatizzai una smorfia alla parola “genitori” – Perché un Malfoy non può perdere tempo con queste cose, e soprattutto deve guadagnarsi il rispetto e il timore di tutti. –

Lei non disse nulla. Mi passò un braccio intorno alle spalle.

 

Dopo qualche minuto cominciai ad avere freddo. La temperatura era ulteriormente calata e ormai ci eravamo riposati dalla corsa, non sentivamo più il calore dovuto alla fatica. Guardai Luna: anche lei tremava leggermente, anche se stava cercando di non darlo a vedere.

-         Rientriamo? – le proposi

-         Ok – si alzò, aspettando che io facessi altrettanto.

Mentre tornavamo verso il castello mi riempì di domande: era stato difficile diventare un Animagus? Come mai mi era venuta quest’idea? (evitai di rispondere a questa domanda). Cosa provavo nel momento della trasformazione?

-         Beh, è come… come uno starnuto di tutto il corpo. – provai a spiegare – E’ difficile da descrivere. –

-         Ma perché proprio un Petauro dello zucchero? E’ carinissimo, davvero, ma perché non un animale più grande e pericoloso e maestoso, come una tigre o un serpente, che è il simbolo della tua Casa? O magari un animale più anonimo, come un gufo? –

-         Te lo spiego subito: mi serviva un animaletto abbastanza piccolo perché, mettiamo le mani avanti, un giorno potrei finire in prigione e vorrei essere sicuro di poter evadere. – dissi in tono scherzoso.

Ridemmo entrambi, ma in realtà era una possibilità concreta.

-         E poi… - continuai – Volevo un animaletto che potesse vivere sia nei boschi sia in casa di qualche mago, nel caso qualcuno mi avesse voluto, e tu sai quanto sono carino quando mi trasformo… chi potrebbe resistermi? –

Lei rimase zitta per qualche attimo, con una strana espressione.

-         Insomma, mi stai dicendo che hai scelto la tua forma animale in base alla possibilità di finire in prigione o di… abbandonare le tue spoglie umane? –

Mi bloccai, basito. Non l’avevo mai considerato in questi termini, ma dovetti ammettere che era proprio così.

-         Uhm.. si? –

-         Oh, Draco… - mi prese una mano, dolcemente. Sono certo che avrebbe preferito abbracciarmi, ma non aveva ancora tanta confidenza con me e poi eravamo molto vicini al castello, ormai; qualcuno avrebbe potuto vederci. – Perché sei così pessimista riguardo al futuro? –

-         Non sono pessimista. – replicai, per niente convinto. – E’ solo che.. odio la mia vita – risposi, per la prima volta completamente sincero.

-         Cosa? E perché? – mi domandò, mentre entrambi, inconsciamente, ci allontanavamo di nuovo dal portone, tornando in giardino. Ormai non c’era più nessuno fuori, stavano tutti andando a cena. – Insomma, tu hai tutto. Sei ricco sfondato, puoi comprarti tutto quello che vuoi… -

-         Non c’è niente di quello che voglio che si possa comprare con i soldi – replicai, in tono neutro

-         Hai una casa, un padre e una madre che ti vogliono bene… - cercò di obiettare.

Sembrava voler dire “un sacco di altri non possono dire altrettanto”. Pensai a lei, che aveva perso la madre. Pensai a Potter, orfano di entrambi i genitori. Pensai a mio padre. Era per lui che stavo facendo tutto questo. Per lui e per me. Pensai a Lucius e Narcissa. I miei… genitori? Che mi vogliono bene?

-         Non ho niente di tutto questo! – negai, quasi con rabbia.

Luna mosse un passo indietro, quasi spaventata.

-         Hai un sacco di amici – sussurrò alla fine, con voce appena udibile.

Già, un sacco di amici, altra cosa che a lei mancava. Lei mi vedeva sempre circondato dagli altri Serpeverde; come spiegarle che non erano davvero miei amici?

-         No, non è vero. – risposi a bassa voce, riprendendo la sua mano – Ho soltanto te. –

E mi accorsi, in quel momento, che era la verità. Di nuovo, avevo detto la verità. Consideravo Luna un’amica. Insomma, lei voleva esserlo, e a me non dispiaceva affatto avere un’amica, quindi perché no..? Perché avrei dovuto ingannarla? Ripensai al pomeriggio appena trascorso. Non ero mai stato tanto bene con qualcuno. Non avevo mai osato essere me stesso, prima d’ora.

-         Perché me? – chiese, alla fine. Sembrava incerta. – E’ un po’ che me lo chiedo. Perché me? Io posso credere che tu sia sincero, adesso, ma voglio sapere per quale motivo tenevi a diventare mio amico, quando ancora non mi conoscevi. –

Rimasi molto sorpreso da questa domanda; non pensavo che me lo avrebbe mai chiesto. Non risposi, pensando velocemente a una scusa.

-         Sembro stupida, sai, ma in realtà non lo sono. Se tu vuoi essere mio amico, va bene, sono lusingata. Ma perchè? Tu prima hai detto che un Malfoy deve ottenere il rispetto e il timore di tutti. Ma non avrai niente di tutto questo se ti farai vedere in giro con me. –

-         Io.. ho bisogno del tuo aiuto. – ammisi alla fine

-         Perché.. hai bisogno di qualcuno con cui essere te stesso? – domandò. Riuscì a stupirmi di nuovo.

-         Cosa vuoi dire, scusa? –

Lei mi sorrise mestamente.

-         Il Draco con cui ho giocato e ho parlato oggi non è la stessa persona che fino all’anno scorso prendeva in giro me e i miei amici. Questo vuol dire forse che di solito indossi una maschera? Hai bisogno di qualcuno con cui essere te stesso? Io sarei felice di essere questo qualcuno, ma questo non risponde alla mia domanda.. perché io? –

-         Non indosso nessuna maschera. – provai a controbattere – Ti assicuro che la mai antipatia per i tuoi amichetti Grifondoro è sincera, e se sono sgradevole con tutti è solo perché… beh… è quello che si pretende da me, e non ho nessun valido motivo per comportarmi diversamente. –

-         Draco… - pacatamente, lasciò andare la mia mano e mi guardò negli occhi – Smettila di tergiversare. Smettila di mentire. Perché io? –

La sua insistenza mi lasciò senza argomentazioni.

-         Ho bisogno del tuo aiuto… - bloccai sul nascere le sue proteste – Ma non per quello che pensi tu. Per una questione concreta. Sto facendo una ricerca… -

-         Sui Finfalli Rugosi? – chiese, sollevando un biondo sopracciglio

-         No – sorrisi mestamente – No, quello era un preteso, l’avrai capito da sola. Si tratta di una faccenda molto importante, ma… molto segreta. Non posso parlartene qui, e non ora. –

-         Dunque vuoi il mio aiuto? Ma allora perché non me l’hai chiesto subito? –

Ahia. Domanda imbarazzante. Dovevo forse ammettere con lei che avevo intenzione di sfruttarla senza che lei se ne accorgesse? No, decisamente meglio di no.

-         Oh, sai com’è. Non ti conoscevo bene, anzi, per quanto ne sapevo tu mi odiavi. Come potevo chiedertelo, temendo che tu non solo rifiutassi, ma andassi anche a spiattellarlo a tutta la scuola? –

-         Non è carino quello che hai detto. – mi guardò in tralice, ma annuì – Però capisco il tuo punto di vista. Va bene. Quando mi parlerai di questa cosa? –

-         Ehm.. presto. Ma questo vuol dire che accetti di aiutarmi? –

-         Certo. Che cosa devo fare? –

-         Solo rispondere a qualche domanda. –

Ci pensò un po’, infine acconsentì.

-         D’accordo. Andiamo a cena, adesso? –

-         Si, direi di si. La corsa di prima mi ha messo fame! –

 

  
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