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Autore: Fabichan    21/12/2006    2 recensioni
Ha perso tutto senza volerlo....dopo un lungo viaggio arriverà in un luogo a lui nuovo... o forse no? Le leggende si intrecciano con la realtà in questa nuova storia. Buona lettura!
Genere: Generale, Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Nota legale: tutti i personaggi qui presenti apparterranno sempre e comunque alla grandissima Rumino Takahashi, e l’uso di cui

Nota legale: tutti i personaggi qui presenti apparterranno sempre e comunque alla grandissima Rumino Takahashi, e l’uso di cui ne farò io non è assolutamente a scopo di lucro.

 

Capitolo 4- Dreams

 

Buio.

Ovunque guardasse, in qualsiasi punto posasse gli occhi, l’unica cosa che riusciva a vedere era solo un’impenetrabile e inquietante oscurità che avvolgeva tutto.

Nessun suono.

Nessun odore.

Nessuno.

- Che posto è questo?-

Iniziò lentamente a camminare, muovendosi con passo incerto e malfermo in quello spazio a lui sconosciuto, non chiedendosi minimamente se quella che avesse preso fosse la direzione giusta. Non ne aveva bisogno. Dentro di lui regnava una strana sicurezza, come se sapesse per certo che si stava dirigendo nella direzione corretta.

Avanzò per molto, ma attorno a lui la situazione non mutò. Sempre il solito, monotono buio. Iniziava ad agitarsi mentre sentiva che se non avrebbe visto, o almeno sentito qualcosa entro poco sarebbe impazzito nel giro di pochi minuti.

Fu un istante.

Neanche a farlo apposta appena finì di formulare quel pensiero un suono sommesso raggiunse le sue orecchie, facendolo fermare immediatamente. Sembrava...

«Un singhiozzo.»

Si guardò attorno cercando di capire da dove provenisse quel suono. Ogni suo senso in allerta mentre cercava di percepire qualcosa, ma era inutile dal momento che attorno a lui era nuovamente tornato a regnare il solito impenetrabile silenzio. Tuttavia fu proprio quando si arrese e iniziò nuovamente a camminare che lo sentì di nuovo. E poi un’altro. E un altro ancora.

-Sembra che qualcuno stia...-

«Piangendo.»

Si voltò immediatamente verso la direzione da cui proveniva nella speranza di vedere qualcuno, ma il paesaggio che gli si parò d’innanzi non era molto differente da quello che aveva visto fino a quel momento. Le solite, fitte tenebre gli impedivano di vedere. Nel frattempo quel pianto continuava, diventando sempre più disperato e forte ogni minuto, ogni secondo che passava. Si portò una mano al petto, all’altezza del cuore, mentre sentiva delle fitte dolorose, che si ripetevano ad ogni singhiozzo. Perché quell’inedito senso di dolore e di tristezza? Era come se stesse soffrendo... per quel pianto.

Con la speranza di trovare qualcuno, Ranma s’incamminò nella direzione da cui proveniva quel rumore pregando che non cessasse com’era accaduto prima. 

Iniziò a camminare, dapprima lentamente, poi man mano sempre più forte, fino a che si ritrovò a correre furiosamente. Man mano che continuava faceva il pianto diventava sempre più forte, e si mischiava al suono del suo respiro affannato e a quello dei suoi passi, mentre quel senso di tristezza lo attanagliava sempre di più.

Corse per molto. Non seppe neanche lui per quanto, finché si fermò improvvisamente, stremato. Le mani sulle ginocchia piegate, il petto che si alzava e si abbassava incessantemente.

Quando riuscì a calmare un po’ il suo respiro affannato, si alzò, guardandosi nuovamente attorno.

Lo sentiva ancora, ma questa volta era diverso. Non aveva più una fonte distinta, come prima, ma ora sembrava che lo avvolgesse.

«Chi è?!» Urlò stanco e scombussolato, mentre iniziava veramente ad entrare nel panico.

«Si può sapere chi sei!? Esci fuori!»

Vedendo che non accadeva niente Ranma iniziò nuovamente a correre freneticamente, questa volta senza una direzione precisa, andando a casaccio, sperando di trovare la persona che, evidentemente, si trovava in quel posto insieme a lui.

E finalmente ci riuscì.

Dalle fitte tenebre emerse lentamente una persona.

-Una donna- Costatò. Era inginocchiata compostamente a terra, dandogli le spalle. Probabilmente teneva le mani sul volto e le spalle erano scosse da violenti singhiozzi che la lasciavano senza respiro. Alcuni capelli erano fuggiti alla sua alta acconciatura e le cadevano disordinatamente sul collo candido. Di lei non riuscì a vedere altro se non l’impugnatura di una katana che, con ogni probabilità, stava abbracciando, tenendosela stretta al petto.

Ma chi era?  E, soprattutto, perché, non appena l’aveva intravista, il suo cuore aveva perso un battito e delle piccole lacrime avevano iniziato a pungergli fastidiosamente gli occhi?

Provò ad avvicinarsi, ma, appena mosse un passo nella direzione della donna, un’altra figura apparve, ponendosi affianco alla precedente.

-Un uomo?- Corrugò le sopracciglia, guardandolo. Era completamente vestito di bianco, e un fazzoletto gli copriva la testa, probabilmente calva. Era anch’esso voltato di spalle, anche se non completamente, in modo tale che poteva distintamente scorgergli il profilo. Il volto era chino, e molto probabilmente si stava mordendo il labbro inferiore nel tentativo vano di desistere dal piangere anche lui, ma inutilmente. Poteva scorgere anche una parte del mento, dal quale pendevano alcune lacrime che attendevano di cadere. Stava tremando incredibilmente e le mani erano chiuse a pugno, talmente tanto forte che le nocche gli erano diventate inevitabilmente bianche.

Pochi istanti dopo molte altre figure comparvero di fronte a lui, e stavano tutti piangendo.

Ma chi erano? Perché erano così disperati?

«Chi siete?!» Urlò forte, in modo da farsi sentire, ma sbarrò gli occhi... dalle sue labbra non usciva alcun suono...

-Ma come è possibile?-

Incredulo, guardò prima le proprie mani, poi l’assembramento di persone di fronte a lui, e agì come l’istinto gli ordinava di fare, iniziando a dirigersi verso di loro, ma, non appena si avvicinò la folla scomparve e attorno a lui regnò nuovamente il buio e il silenzio.

Non ebbe neanche il tempo per domandarsi nuovamente cose stesse succedendo quando un’altra persona si materializzò di fronte ai suoi occhi. Era seduta a terra. I lunghi capelli castani erano legati alla ben meglio in un’alta coda di cavallo. Le ginocchia tenute strette vicino al petto. Lo sguardo fisso nel vuoto.

Appena la vide il cuore gli si strinse improvvisamente nel petto, e si sentì sprofondare quando lei si voltò verso di lui, guardandolo con gli occhi rossi e ancora lucidi di pianto. Si guardarono per molto, fino a che lei non articolò poche, tristi parole.

«Ranma...»

Inconsapevolmente anche le labbra di lui iniziarono a muoversi, articolando una parola a lui sconosciuta, ma che aveva iniziato a martoriargli la testa.

«U...Ucc...»

Però non poté finire di parlare dal momento in cui fu interrotto nuovamente dalla triste e disperata voce di lei.

«Perché sei morto?»

Improvvisamente tutto svanì, e lui spalancò gli occhi, trovandosi sdraiato e sudato all’interno di un futon mentre un paio d’occhi lo stavano fissando con preoccupazione

 

*****************************

 

«Happosai, tutto bene?»

L’anziano batté svariate volte le palpebre, fino a che gli occhi non di si adeguarono alla flebile, ma al tempo stesso fastidiosa luce della candela accesa dalla moglie che lo guardava con preoccupazione.

Lui la fissò un secondo, per poi voltarsi mettendosi supino, mentre si passava una mano sulla fronte imperlata da goccioline di sudore.

«Io...»Iniziò lentamente, per poi fermarsi lasciando incompleta la frase. Chiuse gli occhi, ispirando ed espirando lentamente. Aveva bisogno di pensare.

«Niente.»  Disse infine con tranquillità, mentre usciva dal letto sotto lo sguardo d’Obaba. Era dal giorno in cui avevano lasciato Ushibuka che il marito era strano. Era sempre in pensiero e ansioso. Non riusciva veramente a capire che cosa avesse, ma non si preoccupò ulteriormente. Conosceva abbastanza bene il marito e sapeva che, prima o poi, le avrebbe rivelato quello che lo impensieriva di sua spontanea volontà, senza costrizioni di alcun genere. L’importante ora era lasciarlo solo in modo tale da farlo riflettere, era un uomo che sapeva il fatto suo e, era certa, che avrebbe preso la decisione giusta. Così, senza fare né dire niente, guardò l’uomo uscire dalla porta della camera del ryokan nel quale alloggiavano, andandosene via.

 

Il mare era illuminato leggermente dai delicati raggi della luna che, bellissima, si rispecchiava sulla sua superficie. Happosai fissò insistentemente la sua figura deformata, come a cercare fra le piccole, spumose onde una risposta che avrebbe saputo spiegare ciò che vide quel giorno, ma  fu tutto inutile.

In quel lasso di tempo, durante quei tre mesi che erano stati via dal loro paese natale, aveva pensato a mille e più cose per dare una spiegazione a quello, ma ancora non aveva trovato la risposta più adatta, o  capace almeno di tranquillizzarlo un po’. Ormai era ossessionato dalla scena che aveva visto. Si ricordava ancora ogni singolo particolare come se l’avesse appena vista, e ogni volta che gli ritornava in mente aveva ancora il potere di turbarlo lasciandolo... allibito. Sorpreso. Sbigottito. Incredulo. Semplicemente senza parole. Un bel problema visto che bastava che chiudesse gli occhi per rivederla.

Continuava a guardare lontano, strofinandosi di tanto in tanto gli occhi e aspettando in ogni momento di risvegliarsi dal sonno e tornare alla realtà, scoprendo poi che quello che vide fu solo frutto della sua immaginazione. Aspettava quel momento tutto il giorno, da molto tempo ormai, ma l’attimo del risveglio non arrivava mai e ogni minuto che passava cresceva nella sua mente la consapevolezza che quello che aveva appena visto era semplicemente la realtà.

Ma era impossibile una cosa del genere! Non riusciva in alcun modo a spiegarsela né, tanto meno, si capacitava di ciò.

In realtà però un modo per capire cosa stesse accadendo ci sarebbe stato, perché era anche piuttosto semplice: tornare a casa. Era questione di pochi giorni di viaggio, e niente più, e sarebbe stato finalmente tutto chiaro, e allora cosa lo fermava? Perché non si decideva a dire alla moglie di partire?

-Perché ho paura di quello che ci posso trovare.-

Si rispose da solo.

-Happosai alla tua età hai ancora paura dei fantasmi?!-

Una fastidiosa vocina interiore lo schernì.

«È facile dirlo... fino a che non vedi il fantasma con i tuoi occhi...»

Sussurrò a se stesso, rispondendo all’odiosa voce che continuava a ripetergli quella frase nella testa.

-Già... fino a che non vedi il fantasma con i tuoi occhi...-

Ripeté mentalmente le sue stesse parole, chiudendo contemporaneamente gli occhi, mentre i suoi pensieri volarono verso quel giorno, facendogli rivivere per l’ennesima volta la stessa scena, facendogli rivedere le solite immagini che sognava ogni notte, che ormai aveva imparato a memoria, e che lo tormentavano... e rivide la stessa scena che lo stava facendo diventar pazzo. Rivide colei che, ormai, considerava come una nipote...

-Akane.-

Che lo sorreggeva, tenendolo stretto. Lui si trovava con la moglie a molti metri di distanza. Erano in partenza, però, nonostante la lontananza poté chiaramente scorgere il viso dell’uomo che sosteneva prima che sparissero dentro la casa dei Tendo.

Quel volto... quei lineamenti... quel condino... lo avrebbe riconosciuto fra mille. Non avrebbe mai potuto mai sbagliare...

«Non è possibile...» La voce era affannata, come se avesse compiuto uno sforzo enorme anche solo ricordando quelle immagini.

«Non è possibile.» Ripeté.

«Lui è morto morì di fronte a me lo vidi morire con i miei occhi com’è possibile che fosse lì che fosse con lei!» Bisbigliò tutto d’un fiato mentre iniziava a tremare. Si piantò le unghie nei palmi delle mani, facendosi consapevolmente male sperando, in quel modo, di svegliarsi, ma non accadde.

Una folata di vento fresco lo riportò alla realtà e finalmente Happosai riaprì gli occhi guardando le onde che s’infrangevano sul bagnasciuga.

Rimase lì per molto, fino a quando non sentì una presenza dietro di sé. Non serviva chiedere chi fosse, sapeva con certezza che dietro di lui c’era su moglie. L’avrebbe saputa riconoscere fra mille.

«Happosai, inizia ad essere freddo. Perché non rientri?»

«Credi ai fantasmi, Obaba 

 

*****************************

 

«Non dovresti stare qua ...»

Un leggero sorriso era dipinto sul volto sofferente di un uomo. La sua voce era tremante ed affaticata, e la forza fisica che lo aveva caratterizzato e reso famoso anni prima ormai era solo un lontano ricordo. Mentre gli stringeva la mano, Shan-pu ricordò quando era piccola e il padre era nel pieno delle sue forze. Lo ammirava, per lei era come un dio, la sua unica figura di riferimento, mentre ora a malapena aveva la forza di tenerle la mano. Gliela strinse leggermente, stando attenta però a non metterci troppa forza.

«Non ti preoccupare.» Gli disse con un leggero sorriso, mentre un sorriso sforzato le si dipinse sulle labbra tremanti a causa del pianto che stava malamente trattenendo. Non voleva farsi vedere piangere dal padre, non poteva dimostrarsi debole in quel momento. «Al momento non ci sono impegni che richiedano la mia presenza, e siccome  ho un po’ di tempo libero preferisco trascorrerlo con voi, padre. »

Si portò la mano dell’uomo vicino al volto mentre diceva questo, e gliela baciò leggermente. Lui le fece un altro sorriso, rivolgendo stancamente il volto verso il soffitto.

«Piccola mia...» Sussurrò. Nessuno dei due però poté aggiungere altro perché qualcuno bussò alla porta.

Il tono calmo, sereno e gentile della voce di Shan-pu sparì in un secondo, e venne sostituito dal tono gelido e autoritario che la caratterizzava.

«Chi è?!»

La porta si aprì lentamente e da essa entrò uno dei tati. Il capo chino e un’espressione mortificata sul volto.

«Mi spiace interromperla, ma...»

Un’occhiataccia gelida da parte della ragazza lo zittì all’istante. S’era quasi scordato degli ordini che la principessa aveva impartito non appena il padre si era ammalato, e se avesse continuato la frase certamente non avrebbe passato dei momenti piacevoli.

«Ecco...» Farfugliò cercando una via di fuga, ma non era la cosa più semplice del mondo. Ogni qual volta si parlava alla principessa Shan-pu si doveva calibrare ogni parola a dovere. Anche solo una lettera fuori posto, una soltanto, e sarebbe andato contro a punizioni inimmaginabili. Questo lui lo sapeva bene.

«Ecco, volevo avvertirla che è attesa nella sala del trono...» Finì tutto d’un fiato, pregando mentalmente i kami di aver detto le parole giuste.

- Sarà lui?- Si domandò mentalmente la cinesina.

«Arrivo subito, ora sparisci

Il tato, silenziosamente com’era arrivato, si congedò con un “Sua maestà” mormorato leggermente. Appena rimasti soli, Shan-pu si rivolse nuovamente verso l’uomo.

«Ora devo andare.» Gli disse quasi inutilmente. Poi ad un tratto i tratti della ragazza si addolcirono nuovamente in un sorriso.

«Tornerò il prima possibile, padre.» Gli lasciò la mano, rialzandosi in piedi e chinandosi verso l’uomo, dandogli un dolce e leggero bacio sulla guancia. « Ciao»

L’uomo gli sorrise leggermente, annuendo nel contempo, mentre guardava la figlia che, con passo veloce e regale, si dirigeva verso la porta. Il cuore gli si strinse nel petto mentre l’immagine di una Shan-pu bambina sostituì quella della sedicenne. La rivide trotterellare allegra nella camera attratta dai preziosi ornamenti argentati e azzurri che decoravano le alte pareti. Quando ritornò alla realtà, la figlia era già sparita dietro la porta e una strana sensazione s’impadronì della sua anima.

«Bambina mia...»

 

Appena entrò nella stanza del trono, trovò molti soldati schierati di fronte a lei, ma la sua attenzione si focalizzò subito sulla persona che le interessava. Era facile notarlo, non sarebbe potuto passare in secondo piano neanche se, invece di trovarsi alcuni passi davanti agli altri, si fosse trovato nascosto in fondo alla sala, coperto dagli altri soldati dell’esercito. La sua armatura, appena lucidata, era di una bellezza quasi accecante, e risaltava ancora di più l’innegabile fascino di colui che la indossava. Si scambiarono uno sguardo veloce, e quando lui s’inginocchiò, copiato immediatamente da tutti gli altri, lei si diresse con passo deciso verso il trono. Solo una volata messasi a sedere che si rialzarono tutti, mettendosi sugli attenti.

«I miei ossequi, principessa Shan-pu.»

Le disse il giovane di prima.

«Pochi convenevoli.» Tagliò corto lei. «Hai scoperto qualcosa?» Lo sguardo era gelido.

«Si, dopo molte ricerche siamo riusciti a trovarlo. Alcuni dei miei uomini lo hanno avvistato ieri su una spiaggia...»

«Sii più preciso.» Lo riprese immediatamente lei.

«Si trova ad Ushibuka.» Shan-pu artigliò con le unghie l’imbottitura morbida dei braccioli, rischiando quasi di strappare la stoffa pregiata.

«Bene.»

In fin dei conti non era andato molto lontano. Avrebbe subito preparato il viaggio e sarebbe andata a riprenderselo.

«Kuno.» Lo chiamò. «Prepara immediatamente la spedizione per andare a riprenderlo. Non c’è un minuto da perdere e non credo che ci sia bisogno di spiegazioni.»

«Ai suoi ordini» Le rispose servizievole, inchinandosi mentre lei si alzava per congedarsi, ma si trattenne ancora qualche secondo, rimanendo a fissare un’altra persona che si era messa in fondo, quasi nascosta.

-Mousse.-

Lanciò un’occhiataccia al ragazzo, che non sapendo trattenere quello sguardo, chinò subito il capo sentendo uno strano peso che gli opprimeva l’anima, non facendolo quasi respirare. Con fare altezzoso lei girò di scatto il capo, andandosene.

 

Appena arrivò nelle sue stanze, Shan-pu si appoggiò con la schiena alla porta che aveva appena chiuso alle proprie spalle e sospirò pesantemente.

I suoi desideri.

I suoi sentimenti.

I suoi doveri.

La sua mente era in subbuglio, e non sapeva come uscire fuori da quella situazione. Ogni suo sentimento era in fermento. Era come se nella sua testa avesse delle persone e ognuna le diceva, le urlava di ascoltare lei e solo lei, mentre cercavano di avere la meglio l’una sull’altra. L’amore che soprafava il dovere. Il dovere che aveva la meglio sui desideri. I desideri che si arrendevano di fronte alla forza dell’amore. Creando così una lotta senza fine, facendola essere infine ancora più confusa di quanto non lo fosse già...

Aveva appena scoperto dove era finito Ranma, ora era solo questione di poche ore e sarebbero partiti. Bene, ma la questione era un’altra: cosa avrebbe dovuto fare una volta trovato? Come si sarebbe dovuta comportare? Quale sentimento avrebbe avuto la meglio su di lei?

Sorrise amaramente. In quel momento l’importante era trovare un modo per convincere Ranma a tornare a palazzo con lei prima possibile, al resto ci avrebbe pensato dopo.

Improvvisamente un’immagine le riempì la mente, facendola entrare nel panico.

«La Zinsei no sizuku.» Mormorò mentre si scostava velocemente dalla porta, correndo velocemente dall’altra parte della stanza, inginocchiandosi poi davanti ad un mobile.

«La chiave...» Affannosamente iniziò a cercarla tra le pieghe del suo voluminoso vestito. Una volta trovata provò ad inserirla nella serratura. Impresa ardua dal momento in cui le mani sudate le tremavano incontrollatamente, facendole sbagliare sempre mira e quando finalmente ci riuscì si sbrigò a girarla e ad aprirlo. Pochi istanti dopo si afflosciò al suolo, con gli occhi sbarrati.

All’interno si trovava solo la scatola aperta. Vuota...

«E’...sparita...»

 

 

 

 

 

 

 

Zinsei no sizuku- Goccia della vita...almeno secondo quello che sono riuscita a tradurre, ma sono un po’ incerta su “Zinsei” che vuol dire “vita”, non so se ho usato il termine corretto...

 

 

 

Nota dell’autrice: Un capitolo un po’ più lungo degli altri *_* non ci credo °__°. Ok, basta con gli scelri. Chiedo infinitamente scusa per il terribile ritardo con cui ho postato questo capitolo, ma sono stata letteralmente travolta dai vari impegni...scuola, patente, stage...un vero casino insomma, senza contare il fatto che la prima stesura non mi piaceva, non mi sapeva di niente, inoltre, dovevo anche pensare a come sistemare varie scene e a far sviluppare determinate situazioni e quando finalmente avevo creduto di aver finito in realtà non avevo fatto niente perché alla fine erano di più i discorsi che non mi tornavano di quelli che invece andavano bene...e così sono passati mesi e mesi ^^ vabbè, chiedo ancora scusa. Considerate questo capitolo come un regalo di natale ecco (che esso sia gradito o meno poi è una cosa soggettiva). Ora, prima di passare ai ringraziamenti volevo avvertirvi che neanche gli altri capitoli arriveranno molto presto, mi spiace tanto, ma essendo perennemente impegnata non me la sento di farmi promesse. I’m sorry. Bien, detto questo passo ai commenti

Ringraziamenti: Yaya, sono felice che trovi GAF interessante. Il Rapporto fra Ranma e Shan-pu? Lo scoprirete solo vivendo. In quanto al fatto che consideri Ranma un’idiota bhè...quella scena in realtà mi serviva per sdrammatizzare ( e anche mandare avanti la trama con un pezzo importante). Grazie per il commento. Akane!!! Quando Ranma si faceva spostare la testa qua e là da Tofu bhè...lascia che ti dica che non era proprio consenziente ^^; diciamo che stava poco ad esplodere, e per fortuna il suo vero carattere non è ancora emerso. Povero Tofu-sensei^^;; sono felice che ti sia piaciuta la scena di quando ha offeso Akane. Quella mi è venuta fuori chissà da dove e....l’ho scritta senza pensarci due volte...grazie mille per il commento. Louise89 grazie anche a te, bhe, quello che avevo da dire al tuo commento l’ho già detto quindi mi limito solo a ringraziarti di cuore e spero tu continui a leggere e la mia beta Cri a dire il vero Mousse lo faccio comportare così naturalmente. Non mi piace quello che stravede (per quanto ci veda...ok, questa era brutta) per Shan-pu. È un personaggio che mi piace molto e che secondo me se fosse più serio sarebbe ancora più bello (come personaggio) ma che viene, aimè, messo più volte in secondo piano...ha aiutato Ranma si, il motivo però ha ancora da venire fuori e metterò ancora più alla luce il cinese (^^) in quanto ad avere fatto la fotocopia del manga....sto inconsciamente percorrendo la strada del manga effettivamente, ma fra un po’ mi discosterò dalla storia...e verrà il bello ^^ comunque non smetterò mai di ringraziarti per la tua disponibilità nei miei confronti.

Bien, con la speranza di ricevere commenti vi saluto qua! Un bacione. Fabichan

 

  
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