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Autore: 11cerbero    04/06/2012    1 recensioni
Gaia è un romanzo fantasy d'azione, mirato a diventare lo Shonen letterario. Pagina Facebook: http://facebook.com/GaiaElementalWorld
Genere: Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il Salvatore sospira e si asciuga del sudore dalla fronte. Ha portato tutti i cadaveri al cimitero, li ha seppelliti e ha pregato per ognuno di loro. Perché tutto da solo? Nell'ultima battaglia ha osato utilizzare un'arma, per questo La Temperanza lo ha punito. Anche se teoricamente era un remo, uno strumento per nuotare su una piccola barca, ma non è importante l'oggetto bensì l'intenzione.

I pochi rifugiati sono partiti da due albe. Loro non mangiano da un ciclo di luna, e va bene. Ogni tanto Il Salvatore soffre la fame, ma è nei momenti di difficoltà che l'uomo riesce a tirare davvero il meglio di sé stesso. Due macchine elettriche rovesciate sono state smembrate dal monaco. Quest'ultimo ha dovuto utilizzare pezzi di sportelli, volanti e la leva del cambio per riuscire a creare delle tombe decenti.

"Se andassimo al centro del vulcano?" Chiede il ragazzo, mentre fascia accuratamente il remo. La Temperalza lo guarda in piedi, severo, con il cappuccio ancora alzato. Lui non si siede mai: nemmeno quando dorme. "Per quale motivo, sentiamo?" Più un uomo si priva dei piaceri, più si avvicina all'anima assoluta, così dicono. Il maestro non mangiava, non beveva, non dormiva. Si diceva che il suo cuore avesse smesso di battere da anni. Era praticamente un dio. Ma ora è morto. A quanto pare nemmeno gli dei sanno sopravvivere alle catastrofi naturali.

"La magia proveniva dalla bocca del vulcano, no? Andando lì potremmo scoprire qualcosa di più." Il Salvatore giocherella con le perline infilate tra i suoi capelli. Perline d'acqua cristallizzate che risplendono nella pallida luce di Tera.

"Quello è il lavoro per i maghi e gli eroi. Tu sei qui per aiutare, non per giocare all'eroe investigatore."

Il Salvatore, sconsolato, pulisce la polvere e il terriccio attaccato sulla tunica bianca da monaco. La corda che passa sotto il tessuto del cappuccio spunta all'altezza del petto, di un blu intenso, intrecciata finemente e dura quanto l'acciaio, si rifiuta di dondolare assieme al vento.

Dovrà continuare a girare per Tera cercando superstiti e dandogli da mangiare? Quando arriveranno le imprese eroiche come quelle di pochi giorni fa? Lui vuole combattere, vincere, sbeffeggiare gli avversari, salvare donzelle anche se non gli è permesso avere rapporti con le ragazze. Ma l'importante è l'ammirazione, il contatto platonico. "I rifugiati potrebbero cavarsela da soli, se non fosse.."

"Se non fosse?" Lo incalza La Temperanza.

"Se non fosse per quei soldati che cercano di sterminarli tutti, per opera del Generale. Ma chi è?"

Il suo compagno resta in silenzio, con le mani dietro la schiena. Una cintura arancione avvolta attorno alla vita mostra l'elevato grado tra i monaci. Due gradi in meno del maestro.

"Il vero aiuto potremo darlo noi: eliminiamo tutti i soldati."

La Temperanza scuote la testa, in disappunto. "Il mondo non è fatto di buoni e cattivi. È fatto di situazioni. I soldati uccidono perché sono malvagi? No, certo che no. È tutto circostanziale: potrebbero non volerlo, e la leva potrebbe essere obbligatoria. Potrebbero voler salvare e aiutare la loro patria. Potrebbero persino aver voluto sventare un attacco terroristico da parte di Tera, eliminando il problema alla radice. Noi non lo sappiamo."

"Va bene allora." Il Salvatore stringe i pugni. "Cerchiamo la verità. Prendiamo uno di quei buffoni e.."

"Sembra che dentro di te risieda comunque violenza." Commenta La Temperanza. Il ragazzo gli lancia uno sguardo furbo. Lui non capisce, fa parte del suo ruolo salvare innocenti e combattere contro avversari potenti. Perché avrebbero dovuto dargli questo nome, sennò? È Il Salvatore per un motivo. Ha salvato un'intera famiglia quando era solo un ragazzino, potrà salvare chiunue altro quando vuole.

La Temperanza, quel testardo, per ordine del maestro dovrebbe proteggerlo. Ma ha una concezione strana di protezione. Per lui è più un discorso morale: proteggere la sua integrità da monaco. Non ucciderlo, non ammazzarlo, lascialo stare, non importunarlo, non usare armi, non mangiare, lascia stare quel bambino. Sempre le solite cose.

Non ha scelto Il Salvatore di essere un monaco. Fosse stato per lui sarebbe andato in giro per il mondo, armato di spadone e armatura, a farla vedere ai cattivoni. È stato cresciuto lì, come tutti gli orfani di Venexia, e lì e rimasto per quattordici lunghi anni.

"Andiamo, allora. Abbiamo percorso solo parte della città e sono passati quattro giorni dalla catastrofe. Chiunque sia ancora in pericolo rischia grosso, e più tempo perdiamo peggio sarà."

I due si avviano. In realtà è passato abbastanza tempo per far sì che i superstiti se la siano cavata o siano morti definitivamente. Il Salvatore vuole che si sbrighino a trovare altri uomini dell'esercito prima che cambino zona da perlustrare. O semplicemente abbandonino Tera.

Il tempo e il vento hanno lentamente eroso la città. Prima era ricoperta di cenere, ma questa è volata via. Tera è passata da candida città bianca a un terribile cimitero nero e grigio. Ciò che non è crollato è stato eroso e mangiucchiato fino all'osso, formando così costruzioni strane, grottesche, inquietanti. La cenere soffiata via ora è nel cielo, producendo un effetto molto simile alla nebbia mista a soffocante fumo. In pratica è una città degli orrori. Cielo coperto, case magre, nere, crollate, fumo fastidioso e la maggior parte degli abitanti morti.

Il cemento delle strade praticamente non esiste più, sembra piuttosto di star camminando su della arida sabbia grigia. Toccherà camminare alla cieca finché non si imbatteranno in qualcosa. Qualsiasi cosa, e loro la risolveranno. È il loro mestiere.

"Non noti niente?" Chiede La Temperanza, mentre segue pazientemente il suo compagno, con i pugni dietr ola schiena.

"C'è un silenzio spaventoso. Come minimo questa zona è vuota da giorni."

La Temperanza resta in silenzio. Perché questa domanda? Sta diventando paranoico?

No, un attimo. Se l'ha chiesto vuol dire che Il Salvatore non ha notato qualcosa. Rallenta fino a fermarsi. "Cosa avrei dovuto notare?"

"Dimentico che hai ancora tanta strada da fare, e non riesci ad avvertire la presenza di altre persone semplicemente con lo spirito. C'è qualcuno qui vicino."

"Dove?" Chiede entusiasta Il Salvatore.

"Proprio dietro di voi." Dice un'altra voce. I due si girano di scatto per vedere chi diamine è arrivato. Una ragazza li stava seguendo. Il Salvatore degludisce di fronte a quello spettacolo.

Non si tratta di una semplice ragazza, ma di un soldato dell'esercito. Probabilmente di grado elevato, la sua armatura è fin troppo decorata per essere una soldatessa semplice. Indossa un vestito di cuoio scuro attillato, che lascia intravedere ogni sua forma. Il pettorale che stringe il più possibile i suoi seni, i parastinchi, i manicotti e gli spallacci sono gli unici pezzi d'armatura che la proteggono seriamente. La sola parte scoperta del suo corpo sono pochi centimetri sulle cosce, tra la fine del vestito di cuoio e l'inizio dei parastinchi. Può sembrare poco ma è sufficiente per attrarre l'attenzione.

Sul pettorale è disegnato un grosso serpente che divora la propria coda. I suoi capelli color cenere le incorniciano il viso. Due lunghe trecce svolazzano in preda a un vento inesistente, due fiocchi ballano con loro. Due lunghe fodere sono appese alla cintura, dai quali sporgono manici di colore diverso: uno bianco e uno nero. Due occhi di ghiaccio li fissano, senza lasciar trasparire alcuna emozione positiva.

"Allora, cosa abbiamo qui?"

Il Salvatore cerca di mantenere il sangue freddo. "Siamo due monaci di Venexia, signora."

"Venexia, eh? Credevo fosse stata inondata per la seconda volta.. affogando tutti i monaci."

"Siamo gli unici sopravvissuti." Risponde Il Salvatore. Chi è quella ragazza? Di certo è un pezzo grosso, ma non ha un'aria spaventosa o malvagia. Solo severa. Al monaco ricorda La Temperanza.

"E come mai siete qui? Volete vendicarvi?"

"No, noi monaci ripudiamo la vendetta. Come mai dovremmo vendicarci?" Risponde Il Salvatore, sospetto. Incrocia le braccia, mostrando i muscoli scolpiti e delineati.

La ragazza lancia uno sguardo penetrante al monaco. Dopodiché estrae una delle due spade.

"Io sono La Justice, caporale dell'esercito Oroboro. Faccio parte dei cinque caporali assegnati a Tera per la pulizia."

Il Salvatore e il suo compagno si scambiano un'occhiata eloquente.

"Mi sembra strano che una persona chiamata La Justice si appresti a sterminare persone innocenti. D'altronde noi siamo solo monaci che cercano di aiutare."

La caporale sorride, amareggiata.

"I piani dell'Oroboro potrebbero essere giusti, ma sicuramente non lo sono i mezzi. Vi schiaccerò sotto il pesante martello della giustizia. Ogni sopravvissuto merita di morire, in quanto minaccia. Vi dò la possibilità di fuggire, perché la morte sotto un'altra catastrofe sarà sempre più dolce rispetto al venir affettati dalle mie lame. Fuggite, ora, prima che l'ira di La Justice trionfi."

"Questa non è affatto giustizia." Il Salvatore si lecca le labbra, determinato.

"Sei troppo piccolo e insignificante per capire. Ma non fa niente, questo è il disegno di iddio. Sei nato così e sei destinato a esserlo per sempre. Ti assicuro che la tua morte garantirà un bene superiore a tutto il mondo."

Il Salvatore non ne capisce di religione. Per lui esiste solo chi fa del male e chi fa del bene. Per questo trova difficile controbattere a un discorso simile, tanto insensato. Vale la pena scontrarsi con il credo altrui? Forse no, ma quando i credenti alzano le armi è giustificato difendersi. Quale futuro benevolo toccherà la terra con la morte di tanti uomini?

"Mi pare, poi, che voi non siate persone così giuste. Siete stati voi a uccidere tre dei miei soldati, o sbaglio?"

"Sbagli. Sono stato io, il mio compagno non c'entra nulla."

"È qui infatti che arriva il mio compito. Non mi macchio le mani finché non incontro assassini e ladri. Se ti chinerai riceverai una morte indolore e rapida, per il bene universale di questo mondo grazie all'Oroboro. Se scapperai subirai una fine peggiore, non per mano mia. Cosa scegli?"

Il Salvatore procede nella sua posizione da combattimento a mani nude. Non potrà ucciderla, quindi si limiterà a romperle tutte le giunture e lasciarla lì per terra finché non cambia idea.

"Prendi la tua arma, Il Salvatore." Dice La Temperanza. Il monaco sgrana gli occhi, stupito. "Cosa? Perché?"

"Se combatterai a mani nude morirai."

Questo è sconcertante. Certo, rischiava di morire anche contro i soldati. Ma per la Temperanza non era un problema. E infatti se l'è cavata in un modo o nell'altro. Ma questa volta no. Come ha fatto a comprendere già la sua forza? Il Salvatore afferra tutto teso il remo di legno e lo punta in avanti, come se fosse una spada.

"Non ti preoccupare del mio compagno, La Justice. Non gli è permesso combattere finché ci sono io. Sarò il tuo unico avversario."

La ragazza fa roteare la spada lunga e sottile. L'elsa elegante ed esile rappresenta una rondine in volo. "Per la giustizia e gloria di un mondo migliore, muori." Recita, più a sé stessa che altro. Si fionda in avanti e colpisce il fianco del monaco con così tanta rapidità da lasciare tutti sorpresi. Il Salvatore non è riuscito nemmeno a difensersi, e ora il fianco gli sanguina copiosamente. La lama preme sulla carne, perforando ogni secondo di più.

"Hai un'arma di legno, lenta e pesante. Sei davvero sicuro di voler soffrire? Sicuro di non voler scappare?"

"Fatti avanti."

La ragazza si appresta ancora a colpire il monaco. È terribilmente agile: più che correre sembra scivolare sul terreno. Fluidamente si porta alle spalle dell'avversario, colpendolo sull'altro fianco. È come se avesse dipinto una dolce linea su di un telo. Neanche questa volta il Salvatore è riuscito a difendersi. Quest'ultimo si gira di scatto e prova a colpirla. Lei si difende. Non para l'attacco, accompagna il colpo con la lama altrove. Dopodiché affonda la punta della spada nella costola del monaco. Quest'ultimo sputa sangue, innervosito. Ferite del genere farebbero crollare per terra un uomo qualunque, ma non lui. La ragazza si ferma ancora, come per chiedere se è ancora sicuro di voler combattere. Il monaco annuisce, leggendole il messaggio negli occhi. Allora la ragazza torna a danzare, sgusciandogli sul fianco. Questa volta l'asceta si difende, parando il colpo con il remo. Scheggie di legno volano nell'aria. Se riesce a fregarlo una volta è lei che è stata brava, se riesce a fregarlo due volte è lui che è stato stupido. I due continuano a combattere: lei mena dolci e fluidi fendenti, rapidi come rondini. Lui si limita a parare, difendersi, schivare. Ma su due colpi parati il terzo va a segno, e il monaco sembra ormai un colabrodo di sangue e carne. Non riesce più a reggersi in piedi, ansima e sputa per terra.

La Justice capisce che non è più il caso di continuare. Tiene alzata la lama e decide di farla finita: si fionda contro il monaco danzando e scivolando. Il suo ultimo colpo è diretto al collo di Il Salvatore. Ma prima di colpirlo, qualcosa le devia l'attacco. Il manico del remo le ha spostato la lama.

La Justice non ci pensa: è solo un atto disperato. Ci riprova, ma il colpo viene schivato. E subito arriva il contrattacco: la punta del remo sbatte contro il suo stomaco. La ragazza si piega in due, perdendo fiato. E Il Salvatore non perde tempo: la colpisce con il piatto dell'arma in pieno volto.

"Meno un uomo vive, più è forte." Ansima lui. I monaci non si limitano solo a privarsi di cibo, di acqua e di comodità. Alcuni prima di combattere si rompono le costole per essere più forti. Non era esattamente questa la tattica di Il Salvatore.

I due riprendono il combattimento: lei danza più veloce, più forte, più veemente. Ma tre colpi su tre vengono parati, e il quarto la colpisce in pieno volto. Finché lei non si stanca.

"Sei più forte di quanto immaginassi. È un peccato che tu debba morire." Ed estrae la seconda lama. Si fionda in avanti in silenzio, senza produrre neanche un rumore, e procede con uno dei suoi attacchi più forti. In pochi secondi Il Salvatore viene colpito da più di venti fendenti. Lo stormo di rondini. Gli uccelli volano, stridono furiosi, planano e volteggiano, ferendo il monaco mortalmente. O almeno così dovrebbe accadere.

Ma Il Salvatore non presenta nessun segno di debolezza o stanchezza. Non è stato colpito, come mai? La ragazza fa qualche passo indietro, spaventata. Il Salvatore sorride.

"Avanti, provaci un'altra volta."

La Justice digrigna i denti. Questa volta non fallirà. Si fionda in avanti e danza come una rondine. La lama lo tocca dieci, venti, trenta, quaranta volte ma lui non si fa del male. La afferra per il collo.

"Sei mia."

La scaraventa contro il muro, che crolla come cenere. Il Salvatore socchiude gli occhi e richiama una delle antiche tecniche da monaco: la lama fantasma, o anche affilamento spirituale. Affilare il proprio spirito così tanto da rendere tagliente il proprio corpo, più di un bisturi. E il remo viene ricoperto da una patina bianca, simile a una lama. Sembra che stia mantenendo uno spadone etereo e magico. Appena la ragazza si rialza, Il Salvatore le si fionda contro. La colpisce con il suo ultimo attacco, così forte da spezzarle buona parte dell'armatura e la spada con cui si è difesa. L'arma dal manico bianco e le spalliere cadono per terra, dopodiché il silenzio. La Justice è riuscita a difendersi all'ultimo secondo. Ma non può durare così, è stanca, distrutta, ferita. Il prossimo colpo di Il Salvatore la distruggerà. Ma il monaco, contro ogni aspettativa, cade a terra spruzzando fontane di sangue.

La Justice non capisce cosa è successo esattamente.

La Temperanza si fa avanti, camminando lentamente. "Povero Il Salvatore. È stato bravo a richiamare il danno ritardato."

La ragazza lo guarda in cerca di spiegazioni. "Danno.. ritardato?"

"Sì. Il corpo subisce danni ma li dimentica, li posticipa. È una tecnica di noi monaci, alcuni studiosi dicono che si tratta di un vero e proprio viaggio del tempo. Straordinario. Sperava di poterti sconfiggere in questo modo. Purtroppo non ci è riuscito. Ha aspettato troppo, ha fallito. Ha tanto da imparare. Ha poca esperienza. Povero Il Salvatore."

La Temperanza si avvicina al monaco, guardandolo in modo addirittura paterno. La Justice getta la lama rotta e gli punta contro l'unica intatta. "Io dovrei uccidere anche te..!"

Il monaco si alza e sospira. "C'è qualcuno del tuo esercito in questa zona?"

"Sì, un intero plotone arriverà in mio soccorso. È meglio che tu ti arrenda adesso. Hai visto che il tuo amico non è riuscito a sconfiggermi, nemmeno tu ci riuscirai.."

Non si sa se La Justice dica il vero o no, ma il monaco preferisce prenderla come buona.

Tocca il petto della ragazza, con molta delicatezza. Come se fosse una pacca amichevole. L'armatura di La Justice si frantuma in mille pezzi, ogni brandello di cuoio che la protegge viene strappato. Lei cade per terra con gli occhi sgranati.

Il monaco prende in braccio Il Salvatore. "Quando arriveranno, fatti ricoverare. Quando tutte le tue ossa si saranno rimarginate torna per la vendetta. Quando accadrà, il mio compagno sarà ancora più forte."

Dopodiché se ne va, lasciandola per terra ansimante. La Temperanza è in cerca di un riparo dove poter curare il suo amico, finché non incontra qualcuno. Un ragazzo giovane quanto Il Salvatore scuro di pelle, porta sulle spalle un altro ragazzo, moro, e svenuto.

Sembra che qualcun altro abbia bisogno di un monaco.

   
 
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