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Autore: Cheshire_Blue_Cat    04/06/2012    1 recensioni
... bene, questa è la prima fic che pubblico e, anche se sono cosciente che fa veramente schifo, spero che piaccia a qualche buon anima ^.^ parla di una ragazza che non è umana, si chiama(casualmente -.-) Lirin e sul suo passato è gettato un velo di mistero su cui lei intende far luce, ovviamente possiede un'Ombra(di mia invenzione)... bhe, spero vivamente che qualcuno legga questa schifezza... P.s. ho preferito scrivere che i personaggi fossero un po' più grandi che nell'anime... spero non dispiaccia a nessuno. ^.^
P.p.s. ho apportato alcune modifiche al capitolo 8 per chi fosse interessato... -.-" mi ero dimenticata che per inserire i dialoghi bisogna usare i trattini e non le virgolette... pardon! ^.^
//Incompiuta... già... mi duole il cuore, ma alla fine ogni storia è già finita appena si scrive la prima parola per chi la scrive quindi anche questa storia prima o poi avrà una fine//
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Salve gente! Sono tornata! In ritardassimo ovviamente… T.T
Anticipo che questo capitolo sarà chilometrico anche perché non riuscivo mai ad esserne sicura quindi aggiungevo sempre qualcosa e alla fine è diventato questo obbrobrio…

 
 

Gemini

 
Zola batté un palmo sul tavolo, il che la fece sussultare, ma non riuscì a farle alzare lo sguardo: - Avanti Lirin, se vuoi restare devi dirci tutto. - era più o meno la decima volta che formulava una frase del genere, Zola sapeva essere molto paziente ed era decisamente troppo ostinata per dissuaderla con del semplice mutismo.
Erano di nuovo nella città della logica, ricordava quando ci era andata pedinando quelli che adesso dovevano apparentemente essere i suoi compagni di viaggio.
Spostò la testa da un lato tenendola sempre appoggiata sulle braccia conserte. Kluke e Jiro ricopiavano le Extra Sette in cui Bouquet si trasformava, desiderava con tutta se stessa che anche Zola girasse i tacchi e andasse a sedersi al tavolo. Le bastavano già gli sguardi indagatori di Marumaro e Shu.
- Se non parli non possiamo aiutarti. - disse ancora la donna.
Non ho mai chiesto aiuto… pensò con stizza pregando che Zola in qualche modo intuisse, voleva disperatamente che capisse senza che dovesse parlare. Anche perché non riusciva, si sentiva la lingua pesante e la bocca sembrava cucita.
Zola sospirò e finalmente ritornò alla sua sedia per aiutare Kluke e Jiro.
Lirin rimase al suo posto, immobile, a fissare la stanza di biblioteca in cui erano andati a rinchiudersi e gli evocatori che ci trafficavano dentro quasi senza vederli. Gli occhi le si erano spenti, due fiammelle di candela che soffocano nella cera, e non parlava da quasi due giorni, da quando Lameire e Cynthia erano morti, da quando aveva combattuto contro Andropov e da quando la sua Ombra per poco non la inghiottiva.
Avevano impiegato due giorni per tornare a Mithia e da lì regnava il silenzio salvo le considerazioni di Zola sulle Extra Sette e qualche sporadica domanda di Kluke.
Per fortuna Lirin poté rimanere tranquilla dopo quelle assillanti domande dato che, dopo aver finito di copiare le pagine, Zola si era messa a decifrare la prima, apparentemente la più difficile.
Dagli sprazzi di conversazione che riusciva a cogliere capì che le pagine erano scritte in lingua antica ed erano in codice.
Dopo appena due ore e il crepuscolo che calava riuscirono a decifrare solo il prologo, a parer suo un insieme di frasi sconnesse che accennavano alla scomparsa delle Ombre dopo la grande guerra perché custodi di troppo potere.
Non badò neanche a quello, la sua mente vagò da sola e andò a posarsi sull’argomento Lingua Antica. Le ricordava inspiegabilmente qualcosa e, senza accorgersene, ogni volta che Zola leggeva una frase per confrontarsi con gli altri riusciva a tradurla.
Purtroppo ogni pagina e sezione aveva un suo codice di decifrazione e rimasero fino a notte fonda senza aver trovato nulla.
Lirin li osservava, ad occhi semichiusi, finché non sorse la luna e qualcosa la spinse ad alzarsi. Nessuno la notò mentre scrutava le rune delle pagine da sopra la spalla di Zola.
Indicò con noncuranza un gruppo di parole sul foglio: -I tha hou o silenc shine a ligh crimso - lesse con voce assonnata.
La donna si voltò di scatto e la guardo, stupita.
Lirin fece spallucce e tradusse: - Nell’ora del silenzio brilla una luce color cremisi. È facile. -
- Come hai fatto? - chiese a bocca aperta.
- Non lo so… - si sentiva un po’ a disagio ora che la guardavano con tanta insistenza, lei aveva solo ricordato, tutto qui.
Dato che non aggiunse altro fu Zola a spingerla a continuare: - Mi dispiace di averti forzato prima, ora vuoi parlare? -
Lirin spostò indecisa il peso da un piede all’altro, ma poi annuì seppur poco convinta e si sedette accavallando le gambe sulla prima sedia libera che trovò: - Avanti, fai tu le domande. -
Zola assentì: - Perché sei qui? - fu la sua prima domanda.
La ragazza deglutì incerta e, preso coraggio cominciò a parlare: - Sono stata esiliata dalla mia terra, l’Isola Errante. È lì che sopravvivono gli ultimi Demoni. Io sono un Mezzodemone, quindi più umana che Demone e dalle mie parti non è una cosa buona anche se posso assumere una forma in più. - disse tutto d’un colpo.
- Puoi diventare anche umana. - completò la donna ascoltandola con attenzione.
- Cosa puoi dirci del tuo popolo? - seconda domanda.
Sospirò: - I Demoni sono esseri nel cui sangue scorre anche uno Spirito animale, e da quello che dipendono le sembianze che si possono assumere. Io per esempio posseggo lo Spirito di un giaguaro. - sorrise appena, quelli erano argomenti basilari. Non era mai andata a scuola, al contrario di Yaone, quindi sua sorella fu ben lieta, a suo tempo, di spiegarle tutto ciò che imparava: - C’è una minima quantità di genoma umano nei Demoni e gli Spiriti sono tutti di animali simili all’uomo. - le ritornò in mente un Demone-serpente visto una volta e si affrettò a correggersi: - Più o meno… diciamo quelli con una spina dorsale… - aggiunse.
Poi rimase in silenzio non sapendo cos’altro dire, la gola cominciava a chiudersi e il pensiero di An cominciava a farsi sempre più frequente. Non sarebbe riuscita a mentire ancora.
Zola però non fece altre domande, si alzò e iniziò a scorrere i titoli dei vari libri nella libreria alle sue spalle. Ne prese uno e lo aprì sul tavolo, niente a che vedere con le Ombre, con le Extra Sette o sui miti riguardanti la creazione. Il titolo recitava più o meno così: T’Anìen Ràc.
L’Antica Razza… tradusse immediatamente la ragazza, sentendosi scendere un brivido lungo la schiena.
Zola sembrava assorta a leggere il primo paragrafo che le sembrava una sorta di introduzione, dopo poco alzò gli occhi: - Qui dice anche che ogni Demone dispone di un Ombra riflettente il proprio Spirito e che la Lingua Antica può essere usata per manipolare la realtà… - disse perplessa.
Lirin annuì appena: - Io non ho mai imparato come si fa… - si giustificò: - E fino a qualche anno fa non sapevo di avere un’Ombra… - si affrettò ad aggiungere.
Zola lasciò aperto il libro e le porse la mano: - Io mi fido di te, è solo che di un potere come il tuo avevo sentito parlare in una vecchia leggenda. -
La Demonesi fece attenta: - Davvero? -
- Si, descritto come l’incarnazione del Caos, impossibile da controllare se non da una creatura dal cuore infetto che potesse con esso nutrirlo. - si bloccò un attimo e contemplò brevemente il paesaggio fuori dalla finestra: - Quando la tua Ombra e Blue Dragon stavano per assorbire te e Shu ho avuto paura. -
Lirin non osò chiederne il perché come nessuno degli evocatori, rimasti ad ascoltare in silenzio.
Si sentì in dovere di aiutare Zola dopo che le ebbe detto che capiva la scrittura arcana, la aiutò a decifrare le pagine, conosceva la maggior parte delle parole di quella lingua, ma fu lo stesso un lavoro lungo che si prolungò fino alla mattina seguente contando che lei e Zola non avevano dormito per terminare.
Ad ognuno di loro Zola consegnò un foglio, a tutti fuorché a Lirin.
A Jiro fu consegnato il primo foglio: - Cosa sono? Copie delle Extra Sette? - chiese osservando le righe nere che occupavano la pagina.
- A quanto pare… - concordò Shu lasciando che Lirin sbirciasse da sopra una sua spalla: - E sembrano già tradotte. -
- Capitolo primo: il guerriero che difende l’ovest emerge dalla foresta, si volge con occhio sereno e infine esce allo scoperto… - cominciò a leggere Kluke, tutti si fecero attenti e dal foglio di Shu Lirin passò a quello della rossa.
- … nell’ora del silenzio brilla una luce color cremisi e dal guardiano del cielo nasce una nuova Ombra che illumina la strada mentre il soldato smarrito nelle Tenebre trova la risposta nello spazio che si trova tra menzogna e verità… ma che significa? - chiese appena finito con uno sguardo un po’ confuso.
- È strano, la mia sembra una poesia. - aggiunse Bouquet.
- Io ho solo una lunga lista di numeri… -
- E io dei disegni… -
Si lamentarono Shu e Marumaro.
- Ho fatto del mio meglio per tradurre le pagine nella nostra lingua. L’aiuto di Lirin mi è stato molto utile. - mentre parlava Zola fece un cenno verso la ragazza: - Tuttavia non sono riuscita a capire i vari significati nascosti tra le righe quindi sforzatevi di capire voi e se scoprite qualcosa avvisatemi. Ricordate che quelle pagine riguardano la vostra Ombra, che voi conoscete meglio di me. -
 
Lirin non aveva ricevuto una delle pagine quindi intuì che Zola da quel punto in poi non la reputò più di aiuto, si limitò a sedersi e poggiare la testa sulle braccia conserte nel tavolo. Restò ad occhi semichiusi, voleva pensare.
I ragazzi leggevano e rileggevano i propri fogli, un lavoro molto noioso. Cercava in ogni modo di trovare una giustificazione al fatto che non le dispiacesse essere messa da parte.
L’unica cosa che spezzò la monotonia fu quando Shu e Kluke uscirono per andare a prendere qualcosa da mangiare.
Ma chi voglio prendere in giro… si rammaricò pensando a quanto le desse fastidio che Zola l’avesse mollata così, dopo che era rimasta sveglia con lei per tradurre quelle pagine. Cambiò posizione sulla sedia.
Non riusciva neanche più a trovare conforto nel chiacchierare con Kirillion, era come morta da quando aveva perso il controlla trasformandosi in quella bestia assetata di sangue.
Così, per ingannare il tempo, iniziò a contare i libri presenti sugli scaffali. Inutile dire che dopo i primi venti iniziò a sbadigliare e le si chiusero gli occhi, anche perché era da quasi due giorni che non dormiva.
 
I sogni l’avevano abbandonata da un po’, sostituiti dalle visioni, ma quello sembrava proprio un sogno. Di quelli scomposti e apparentemente senza senso che ti ricordi solo per qualche secondo dopo essere sveglio.
Azzurro e viola… un senso di abbandono totale e frustrazione…
Erano solo vaghe sensazioni e colori che si mescolavano, che tuttavia non poteva fare a meno di pensare che fossero associati a qualcosa.
- Ehi Lirin, svegliati! - una voce.
Aprì piano le palpebre e si ritrovò Jiro a pochi centimetri dal viso che le dava dei lievi buffetti su una guancia per farla svegliare.
Sobbalzò e scosse la testa: - Si… sono sveglia… - rantolò a palpebre chiuse rizzando la schiena. Nel contempo sentì Kluke parlare concitata riguardo la sua pagina.
- Ne sei sicura? - chiese Zola.
- Sicurissima, al villaggio c’è tutto. Si, insomma… le rovine, la foresta, l’ovest… - rispose agitata Kluke.
- Va bene, mi hai convinto. Dobbiamo andare. -
Lirin, da appena sveglia e intontita dopo tutti qui colori in movimento riuscì a capire solo che avevano rubato un mecha da un accampamento del Gran Reame a pochi chilometri da lì e stavano andando a fare visita al villaggio dove abitavano Shu e Kluke. Per il resto si limitò a seguire Jiro.
A svegliarla per bene ci pensò il vento, appena decollarono la brezza iniziò a frustarle il viso e scompigliarle i capelli, era una sensazione piacevole.
Il viaggio era lungo e, non godendo della compagnia di Kirillion tentò di evocare una delle sue visioni, non ci aveva mai provato e voleva sapere com’è che funzionavano.
Chiuse gli occhi e aspettò, come faceva quando evocava l’Ombra. Quando risollevò gli occhi quelli erano lattei e, dato che era rivolta verso il paesaggio che scorreva sotto di loro, nessuno ci fece caso.
 
A Logi era stato tolto il comando dello Squadrone Volante Indipendente…
 
Riaperti gli occhi capì di aver afferrato solo quello da quelle immagini in rapida successione, erano diventate sempre più veloci tanto da abbagliarla man mano che si avvicinava… si voltò spalancando la bocca: Le rovine delle Ombre!
Erano atterrati proprio sullo spiazzo di fronte all’entrata della caverna, appena scesero Shu e Kluke scomparvero nella foresta urlando a Zola che andavano solo a dare una breve occhiata al villaggio.
Lirin invece, rimasta con Zola, Jiro, Bouquet e Marumaro, entrò nelle rovine e da lì una strana euforia non riuscì ad abbandonarla.
Arrivarono davanti ad una grande porta di pietra con degli affreschi stilizzati in tinte blu, al centro c’era raffigurato un uomo con un solo occhio al centro della testa costituito da una pietra blu. Shu e Kluke tornarono proprio in quel momento: - Zola, questo è un vicolo cieco. - disse piano Shu ritrovandosi davanti l’enorme muro.
Zola non vi badò e posò un palmo sulla pietra e, Lirin non poté crederci, la parete si spalancò docile e un po’ cigolante al tocco della donna.
Dall’altra parte si poteva scorgere solo una stanza quadrata e quasi del tutto oscurata tranne per un solitario fascio di luce. Il muro era colorato di blu per tutta la sua lunghezza e nella parete di fronte a loro si stagliava un immenso dipinto, non si riusciva a guardarlo tutto stando fermi, si doveva per forza spostare la testa.
Sulla destra, la parte meno illuminata, un drago azzurro accovacciato spalancava le fauci in un muto ruggito e le ali erano ripiegate sulla schiena, al collo e su ogni corno portava un anello d’oro, gli occhi erano privi di pupilla e non erano di un colore apparentemente distinguibile.
Sulla sinistra vi era un altro drago in apparenza più grosso con solo gli anelli sui corni, sembrava ringhiare e la coda con sette spuntoni, a differenza dell’altra creatura, era visibile e frustava l’aria con violenza.
Ad occupare tutta la parte centrale, le zampe anteriori ognuna protesa verso uno dei draghi laterali con gli artigli snudati, le ali uncinate immense e la bocca stirata in un sinistro ghigno a mettere in mostra i denti una creatura con le squame scure e gli occhi vuoti. A prima vista sarebbe potuto sembrare un drago come gli altri due, ma aveva un che di innaturalmente inquietante dato che, a guardarlo bene, le ali sulla schiena erano quattro, il muso era irto di corni e spuntoni e gli occhi senza sguardo eccessivamente crudeli.
- Cos’è? - la voce di Lirin tremava, aveva osservato il disegno in tutta la sua lunghezza e non riusciva a capire.
Shu le si avvicinò e indicò la figura sulla sinistra: - Quello sembrerebbe Blue Dragon… - gli si incrinò la voce e gli tremolava la mano.
Lirin notò che sbirciava di continuo la bestia al centro. Entrambi cercarono d’istinto conforto in Zola. Lei però era assorta ad osservare ancora la parete: - Shu, prova ad evocare la tua Ombra. - ordinò all’improvviso.
Il ragazzo obbedì, ma no successe niente. C’era sempre silenzio.
- Che cosa è? - ripeté allora la Demone scandendo bene le parole.
- Io credo… - Zola sembrava indecisa, spostava nervosa lo sguardo da Lirin alla figura infondo alla sala: - … sia la tua Ombra. -
Il cuore della ragazza saltò un battito e, quasi con rabbia, andò a ripescare Kirillion nelle proprie Tenebre. Si ritrovò di fronte all’Ombra che la guardava assente nel suo buio: - Tu lo sapevi! Perché non me l’hai detto? - la accusò.
Le rispose un’ occhiata fredda: - Non me l’hai chiesto. - la sfidò la dragonessa sbuffando dalle narici aria calda e investendola in pieno.
Da lì perse la sua breve discussione perché Zola la scosse per una spalla per tirarla fuori da quello stato di shock. Lirin scosse la testa: - Come può essere? -
- Lo immaginavo… - fu la sola frase che uscì dalla bocca di Zola, guardò la ragazza e Shu: - Usciamo da qui, non è successo niente. Ritorneremo per sera. -
Kluke confermò: - Il testo diceva “nell’ora del silenzio brilla una luce color cremisi.” È probabile si riferisca al tramonto. -
Zola annuì e uscirono.
Lirin rimase ancora più scossa dopo il racconto di Zola, aveva parlato loro di un’Ombra eccessivamente potente, ritratta probabilmente in quel dipinto come la bestia al centro, e di una guerra ancestrale che l’aveva letteralmente divisa in due.
Né Shu né Lirin fecero domande, rimasero in silenzio tutto il pomeriggio e gli altri non avrebbero mai avuto il coraggio di smuoverli, poi arrivò il momento di rientrare nella caverna.
La luce calda del tramonto si riversava fino alla sala affrescata, ma se possibile l’atmosfera pareva ancora più inquietante. Lirin e Shu non smettevano di guardarsi intorno nervosi, camminavano affiancati e più lentamente degli altri.
Quando entrarono di nuovo nella stanza la ragazza a momenti non si reggeva più sulle gambe, Zola ordinò di nuovo di evocare l’Ombra. Stavolta lo disse anche a Lirin.
Quasi non ce ne fu bisogno, appena i due si posizionarono davanti all’affresco l’ombra ai loro piedi iniziò ad allungarsi e stirarsi fino a raggiungere la parete di fronte e a quel punto prendere i contorni definiti dei due draghi.
Poi la parete brillò e nessuno osò respirare, Zola provò ad avvicinarsi ai ragazzi, ma un attimo prima il brillio avvolse i sue corpi e un attimo dopo, scemata la luce, Lirin e Shu erano scomparsi.
 
Lirin si sentì sbalzare in avanti, chiuse gli occhi e fu sicura di aver preso la mano a Shu.
Anche con le palpebre serrate la luce le bruciava gli occhi che non provò ad aprire nemmeno quando sentì un appoggio stabile sotto le ginocchia piegate.
Strinse la mano, ma c’era solo aria. Si concesse di guardare però vedendo solo le pareti bluastre di una caverna sotterranea dove numerose stalattiti pendevano dal soffitto.
- Shu! - chiamò spaventata alzandosi di scatto in piedi, ma la voce le uscì dalla gola come un verso strozzato che rimbombò sulla roccia.
Indietreggiò sbattendo la schiena contro la roccia, si teneva la gola respirando con affanno. Non le piacevano i luoghi stretti, l’aria era troppo pesante e si sentiva perennemente in trappola.
Richiuse gli occhi tentando di concentrarsi sul ricordo sconfinato dell’orizzonte: Va tutto bene, non succederà niente… Ora devo cercare Shu, abbiamo solo oltrepassato la parete… socchiuse le palpebre a quel piccolo pensiero: … com’era successo a Kluke nelle sue rovine, lei n’è uscita sana e salva… continuò per tranquillizzarsi.
Osservò il luogo in cui si trovava. Era una caverna e sboccava in un corridoio buio e freddo, proprio davanti a lei.
Le si strinse di nuovo la gola: Kirillion?
Stai calma bambina, non ti succederà niente…
Si scostò d’improvviso dal muro drizzando le orecchie. Non la sentiva da un po’, ma quella non era la voce della sua Ombra e veniva da infondo a quel corridoio.
Avanti…continuò la voce. Doveva seguirla.
Lirin si avvicinò, prese fiato, come se dovesse immergersi, e si buttò di corsa nel corridoio.
 
- Blue Dragon? - fu la prima cosa che riuscì a dire dopo che ebbe battuto forte la testa. Il drago apparse, molto più allarmato di quanto non lo avesse mai visto, si guardava intorno con sospetto e attenzione: - Dove siamo? - chiese ringhiando verso un’ombra che si rivelò poco dopo essere quella di una stalattite.
Shu si alzò a fatica e guardandosi alle spalle notò l’immagine ondeggiante di Zola e gli altri oltre il muro di pietra: - Credo che abbiamo attraversato la parete e ora siamo dentro le rovine. -
L’Ombra grugnì contrariata.
- Intendo dire “dentro le rovine” nel vero senso della parola. - aggiunse. Blue Dragon lo fulminò con un’occhiataccia poi riprese a guardarsi intorno: - L’avevo capito. Non mi piace questo posto. -
Shu iniziò a pensare ad un modo per uscire da lì, ovviamente dopo aver recuperato Lirin che chissà dov’era andata a finire. Strinse la mano destra, la Demone, tenendogli la mano gliel’aveva quasi scorticata quando era stata trascinata inspiegabilmente via.
- Lirin riesce a localizzare le aure delle Ombre, puoi trovare quella di Kirillion? – chiese all’Ombra dopo non poche difficoltà per pronunciare il nome della dragonessa di Lirin dato che non l’aveva mai fatto.
Blue Dragon sbuffò, ma chiuse comunque gli occhi per un po’, quando li riaprì scosse la testa: - Non la sento, ma credo che dovremo cominciare con l’andare in quel corridoio dato che è l’unico. - l’indicò con l’artiglio ricurvo e ci si immerse insieme all’evocatore.
 
Il buio le prendeva alla gola mentre correva, era alla ricerca di una luce, una qualunque luce che significasse che c’era il solo sopra la sua testa.
Quella che c’era in fondo al cunicolo le sembrava sempre troppo lontana e quella strada non sembrava avere altri sbocchi.
La voce continuava a chiamarla seppur flebilmente.
Ad un certo punto chiuse gli occhi, non sopportando più quella coperta di oscurità, attraverso le palpebre avvertì il cambiamento di luce e li sgranò in una caverna in tutto e per tutto identica alla prima, illuminata da una fioca luce azzurra. Una statua che era il triplo di lei troneggiava in mezzo alla stanza.
Kirillion comparve alle sue spalle senza preavviso e solo allora riuscì a notare la paurosa somiglianza tra la propria Ombra e la statua.
Senza parole si voltò verso la dragonessa. Quella, non degnandola di uno sguardo, si portò una zampa al petto e chinò il capo.
Inizialmente non capì, ma quando rivolse di nuovo l’attenzione sulla statua notò qualcuno appoggiato ad essa, portava un mantello nero lungo fino ai piedi e con il cappuccio quindi non riuscì a vederlo anche se ne fu spaventata.
Sguainò la spada e si mise tremante in posizione d’attacco. La sagoma si avvicinò quasi fluttuasse: - Come ti chiami? - avrebbe dovuto attaccare, ma la voce dolce e rassicurante con cui parlava la costrinse a mollare l’elsa.
- L-Lirin… - balbettò a bassa voce.
Da sotto il cappuccio le parve di vederlo sorridere, allungò una mano a sfiorarle i capelli con estrema delicatezza: - Una figlia degli Inferi… - mormorò piano osservandole troppo attentamente una ciocca di capelli neri. Lirin era di ghiaccio sotto il suo tocco, non tremava neppure.
- Cos’è quella statua? - ebbe il coraggio di chiedere Lirin dopo che si fu allontanato.
Sorrise e i denti sembrarono risplendere: - L’Ottava Ombra, Blue Dragoness. - fece una breve pausa durante la quale Lirin sentiva alterarsi nel suo corpo caldo e freddo a velocità vertiginose: - Quella che tu chiami Kirillion… - aggiunse senza degnarsi di non rivolgerle più le spalle ammantate.
Lirin tremò ancora: - Chi sei tu? - chiese quasi ringhiando in un atteggiamento che non aveva più niente di timoroso verso quella figura.
L’altro non ne fu per niente sorpreso e continuò a tenerle incurante le spalle, si avvicinò alla statua  facendo scorrere le dita pallide sul profilo di un’ala. Kirillion fremette e le tremò l’ala destra.
- Sono Almalas. - si presentò quasi sottovoce, Lirin però lo udì come se fosse il boato di una tormenta, le parve quasi di non avere più aria che arrivasse ai polmoni.
- Sei una specie di guardiano? - domandò senz’aria con un nodo alla gola.
Almalas ammiccò: - Una specie… - prese a girarle intorno, studiandola e da sotto la stoffa sembrava esserci un sorriso. Un sorriso felice.
Si schiarì la voce riprendendo il tono atono usato fino a quel momento: - Questa statua simboleggia il potere della tua Ombra, distruggila e ne otterrai dell’altro. -
Facile… pensò la ragazza e la sua Ombra scagliò una violenta fiammata verso la roccia inglobando del tutto la statua.
Rimase sinceramente stupita quando vide oltre le fiamme l’Ombra di pietra senza nemmeno una fenditura.
La figura soffocò quasi una risata: - Fàind you twin. -
Lirin rimase a bocca aperta, quelle parole le rimbombarono nella testa come un coro di campane: Trova il tuo gemello… si ripeteva cercando il significato di quelle parole pronunciate nella Lingua Antica.
- Esso riempirà con il sangue il tuo patto. - aggiunse Almalas per poi scomparire in una folata di un vento invisibile come un fantasma prima che lei potesse fermarlo e chiedere chi dovesse cercare.
Nello svolazzo che portò via l’uomo fu sicura di avergli scorto il viso: le labbra sottili piegate in un mesto sorriso, gli occhi rassegnati ma con un debole bagliore e un ciuffo di capelli biondo che gli ricadeva leggero sulla fronte. Si era scostato da un lato anche un lembo del manto, di proposito credette, perché sugli avambracci e ai polsi portava delle catene.
Anche dopo che fu scomparso cercò in ogni modo di scolpirsi nella mente ogni dettaglio ci quel viso e quegli occhi così tremendamente tristi ed sfuggenti: Sono… Viola… fu l’unica cosa che riuscì a pensare nel più assoluto silenzio.
- Sento Blue dragon, è in fondo al tunnel. - ringhiò l’Ombra cercando di farla smuovere.
- Mi ha parlato nella Lingua Antica come se sapesse che l’avrei capito… - fu la considerazione atona di lei: - Mi ha chiamata Figlia degli Inferi, che vuol dire? -
- Ci sarà tempo per quello, ora corri! - forse non furono le parole spaventate dell’Ombra a farla partire di corsa verso il buio, ma il boato secco che ne seguì subito dopo e non era la roccia che franava da qualche parte in quella specie di labirinto.
Era il ruggito di una bestia.
 
Forse quando riattraversò il corridoio al doppio della velocità e arrivò alla fine, aspettandosi di essere nell’anfratto di prima, avrebbe voluto correre più lentamente. Quello sguardo la dilaniava.
 
ANGOLINO VANEGGIO XD
Dopo un secolo che non sono riuscita a scrivere una cicca eccomi tornata :D! *si sente il verso di un’aquila*
Mi rendo conto che questa fic sta diventando un minestrone, ma chi se ne frega. Tra i miei personaggi folli, una lingua antica, un’Ombra ancora non meglio identificata, ecc… ecc… chi ci capisce qualcosa è bravo!
Spero che qualcuno sia arrivato alla fine di questo capitolo, che a momenti per lunghezza batte l’Iliade, rimanendo sano di mente… ^^
  
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