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Autore: ScandalousLaRabiosa    04/06/2012    2 recensioni
Erano passati vent'anni, ma Piccolo ancora non l'aveva dimenticata: quel profumo di miele, le labbra rosse, gli occhi profondi.
Dopo vent'anni aveva deciso di rivederla, sperando che tutto fosse rimasto come allora; ma, in realtà, molte cose erano cambiate.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Piccolo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciondolò appena le gambe dal Palazzo del Supremo, mentre osservava da lì Honey.

Non la spiava, controllava solo che non le accadesse nulla di male, come quasi tutte le sere, del resto.

La ragazza si trovava bene in quella casetta, ed era più facile vederla sorridere, adesso.

Vi ci si era trasferita da una settimana ormai e non era più tornata a casa, portandosi dietro una valigia con i suoi vestiti dietro, la prima volta.

Dal giorno in cui la ragazza l'aveva baciato, l'aria si era fatta più tesa e lei parlava meno, ma comunque continuavano a vedersi, perchè la questione non era del tutto risolta.

Honey non cercava più un contatto come quello, anzi, evitava proprio di toccarlo se poteva, forse perchè pure lei era tremendamente imbarazzata.

Ma anche lui era imbarazzato? Il figlio del grande Al Satan imbarazzato?

L'ha fatto solo per ripagarmi per la casa, quindi non devo preoccuparmi... si continuava a ripetere per smettere di pensare al bacio e alla bella sensazione che gli aveva fatto provare. Però tutto era inutile: ogni volta che ci ripensava,e ora anche quando vedeva Honey, il sangue veniva pompato più velocemente e sentiva uno strano solletico sul petto.

Forse un po' imbarazzato lo era.

Sospirò.

Ecco che, alla solita ora della notte, usciva e andava a piedi fino in città, entrava in casa sua dalla finestra e poco a poco portava via un po' della sua roba, come il portatile, piuttosto che un libro, un pigiama, la roba del bagno...

Giustamente doveva vivere con la sua roba.

Entrava ad un'ora dove suo padre sicuramente dormiva, però Piccolo non si sentiva sicuro e preferiva osservarla quando andava, nel caso fosse successo qualcosa, o con suo padre o con un animale feroce sulla strada del ritorno.

E poi, quando arrivava alla casetta e si infilava a letto, lui era più sicuro e andava a riposare senza problemi.

Anche quella sera era sicuro che sarebbe andata così, eppure sentiva che non doveva andare a riposare. Non ancora.

Honey percorse tutta la strada a ritorso per uscire dai boschi.

Per essere un umana era davvero coraggiosa, pensò Piccolo. Sapeva che nessun umano avrebbe percorso un bosco come quello al buio e per un così lungo tratto, eppure lei, così minuta e debole, lo faceva senza problemi. Probabilmente sapeva che c'era ben di peggio che essere attaccati da un animale.

-La stai ancora osservando?- gli chiese una voce alle sue spalle.

Era così preso dai suoi pensieri che non si era nemmeno accorto dell'arrivo di Dende.

Quelle parole così sicure, però, significavano una cosa:-Allora tu sapevi...

Dende annuì e gli si avvicinò:-Scendi sempre alla stessa ora ogni giorno sulla Terra e non torni prima di sera. E poi ultimamente torni così felice...

Piccolo lo bloccò con uno sguardo perplesso:-In che senso “felice”?

-Nell'unico senso possibile: quella ragazza ti fa stare bene.

Dende, per quanto giovane fosse, vedeva molto più in là di lui. Non a caso ora era il supremo!

E aveva ragione: Honey gli faceva provare belle sensazioni mai provate prima. Magari Dende sapeva anche di quali emozioni si trattassero...

-Onestamente trovo sia molto carina.- commentò Dende.

Anche se lui era un nammecciano, riusciva a vedere la bellezza umana, cosa che lui non si era mai procurato di cercare, visto che il genere umano non gli era mai interessato. Almeno fino a quando non aveva conosciuto Honey e i suoi tristi occhi scuri. Quegli occhi che trovava avessero una bellezza unica, quelle piccole labbra rosse, i denti perfetti,la pelle rosea come quella di un neonato, i lunghi capelli boccolosi e morbidi...

Il cuore riprese a martellargli nel petto, dandogli falsamente fastidio.

-Se lo dici tu.- rispose seccamente. Non amava parlarne con altri. Ciò che c'era, se c'era, tra lui e quella ragazza, restava tra lui e Honey. Non erano affari degli altri!

-Lo sai bene anche tu, Piccolo.- continuò.

-Da quand'è che ti sei fatto così impiccione?- gli chiese quasi divertito.

Il supremo fece spallucce:-E' solo che mi fa strano vederti innamorato. Sono curioso di sapere come ti senti, visto che io non lo sono mai stato.

A quelle parole il nammecciano più grande si fermò con un'espressione stordita in viso.

Dende se ne accorse subito:-Sei innamorato, no?

-Innamorato?- chiese quasi non avesse mai sentito quelle parole, sperando con tutto se stesso di aver capito male.

-Bè, io non lo so come ci si sente, eppure tu mi sembri così... così felice per non esserlo.

Piccolo rimase in silenzio.

Lui? Innamorato? Possibile?

Un incremento dell'aura di Honey lo distrasse da quei pensieri: a casa sua le luci erano accese e l'energia di lei e di suo padre erano parecchio agitate.

No! Suo padre l'aveva scoperta!

La picchiava sempre quando faceva il minimo ritardo o anche solo per delle scemenze. Per essere scomparsa per giorni, probabilmente avrebbe fatto peggio.

-Maledizione!- imprecò prima di spiccare il volo a tutta velocità per soccorrerla.

Dende rimase lì, capendo subito cosa stesse succedendo e non cercò di fermare il suo amico.

Resisti! Resisti! Si diceva nella sua mente, inviando quel pensiero alla ragazza che ora poteva finire male.

Arrivò davanti a quella casetta in pochissimo tempo.

Senza perdere tempo, sapendo di dover intervenire, buttò giù la porta con un calcio, la quale cadde a terra con un tonfo.

Nel salotto tutto si fermò: Honey era con la faccia rivolta verso terra, mentre con una mano si massaggiava una guancia e qualche gocciolina di sangue cadeva sul pavimento.

L'uomo che invece era in piedi aveva la mano ancora a forma di pugno, facendo intendere come l'avesse colpita.

Era alto, aveva un po' di pancia sotto la cannotiera sporca. Capelli e baffi neri e pelle abbronzata. Naso grande, tutto il contrario di quello di Honey, il che lasciava intendere che di faccia avesse preso tutto dalla madre. Le braccia e le gambe forti lasciavano intendere che doveva essere molto forte. Numerosi tatuaggi spuntavano dalle braccia.

Il classico poco di buono umano, insomma.

Honey alzò gli occhi pieni di lacrime a fissarlo, mentre dalla bocca continuava a scenderle il sangue.

-Piccolo....- mormorò, probabilmente sollevata, o solamente sorpresa.

-E tu chi sei?- gli chiese l'uomo, cercando di incuitergli timore.

Ma invece gli montò solo la rabbia. Se quando gliene parlava Honey riusciva a stento a trattenersi, ora non esisteva proprio quel freno, nemmeno Honey stessa o Gohan l'avrebbero potuta fermare.

Prima che qualcuno potesse replicare o dire qualcosa, Piccolo scattò in avanti e assestò un pugno dritto in faccia al padre della ragazza, rompendogli il setto nasale e scaraventandolo dall'altra parte della stanza, rompendo alcuni mobili e lasciando il segno sul muro.

Honey urlò, inidetreggiando a terra, mentre l'uomo si accasciava a terra con un mugolio di dolore, svenuto.

Nella sala calò il silenzio, mentre la rabbia di Piccolo si sbolliva poco a poco.

Fuori, nel frattempo, si sentivano alcune voci e delle luci delle case vicino si stavano accendendo, probabilmente sentendo il rumore dello schianto.

Solo allora si rese conto di avere esagerato con la forza, ma era certo di non averlo ucciso, perchè non era questo ciò che voleva l'unica ragazza alla quale teneva.

Honey si alzò barcollando e gli andò incontro, mentre lui era immobile, non capendo perchè non riuscisse a muoversi.

Solo il lieve tocco della sua mano sul suo braccio lo fece attivare.

-E' meglio che andiamo, adesso.- disse con voce tenuta a stento ferma, ma lo sguardo deciso.

Il labbro era gonfio e sanguinava, come una narice, mentre la guancia era arrossata dal segno delle nocche del padre.

Anche la mano con cui lo stava toccando era sporca del suo stesso sangue, così caldo da farlo stare male, e da farlo quasi rilanciare contro l'uomo, pensando che quelle ferite erano state aperte da lui.

Questa volta riuscì a tenersi, ad annuire rigidamente, perchè per lei aveva già fatto abbastanza.

Prese in braccio Honey come la prima volta in cui l'aveva portata alla casetta nel bosco, pensando che l'avrebbe medicata dopo e spiccò il volo fuori dalla porta, nella notte stellata, unica testimone di ciò che era appena successo. 

  
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